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Autore: Kyashan    30/05/2008    2 recensioni
* Dalle ceneri di un'antica casata, si leverà l'ombra che più di tutte, avvolgerà il Mondo Magico. Si leverà il nome, che neanche i più arditi, oseranno pronunciare... * Questa è la mia prima storia, e si incentra su Lord Voldemort, ed in particolare, sugli anni precedenti alla Seconda Guerra.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non c’è molto da dire: questo è il primo capitolo della prima storia che pubblicherò qui. Non mi resta dunque che augurarvi buona lettura!

Capitolo 1 – Un ragazzo molto speciale



 - Guarda cosa gli faccio fare, Jane! -
 - Piantala, Tom! Ti prego! -
 - E’ innocuo, del tutto innocuo, guarda! -
 Jane si alzò da terra, il volto arrossato e le gote rigate da due lacrime. Le si leggevano negli occhi paura e delusione. Evidentemente, Tom, non l’aveva invitata nella sua camera per il motivo in cui lei sperava tanto.
 Guardò il ragazzino pallido dai capelli scuri che tanto l’aveva affascinata, da sempre, per il quale provava quell’interesse così forte, così meraviglioso.
 Finalmente, lui le aveva parlato, le aveva addirittura chiesto di andare nella sua stanza, perché doveva mostrarle una cosa; la sua mente aveva fantasticato, immaginando la voce di Tom che diceva di amarla, che diceva di voler stare con lei.
 Ogni sua speranza, era svanita con quel grosso, brutto ragno, che adesso si dimenava a terra, compiendo movimenti inconsulti e del tutto privi di una logica.
 E lui... lui era lì, seduto, lo sguardo fisso sulla creatura, il viso deformato in una smorfia di concentrazione e crudeltà. La sua piccola mano, tesa sopra la creatura, vibrava di potere, mentre ad ogni suo movimento, il ragno si muoveva dove Tom voleva.
 - Tom! Basta! BASTA! -
 Allora lui ritirò la mano, e la fissò, con sguardo indecifrabile. Non poteva capire. Lei, come nessun altro, all’orfanotrofio. Quel professore, lui sì. Lui sapeva, quanto fosse speciale. Lui lo aveva capito, gli aveva detto la verità. Gli aveva parlato di quella scuola, in cui, Tom lo sapeva, sarebbe diventato famoso.
 Ma non poteva parlarne con Jane, e non lo desiderava neanche; dopotutto, lei era solo una piccola, schifosa non-magica.
 Tuttavia Tom aveva sempre saputo dell’interesse che lei aveva nei suoi confronti, e allora, decise di divertirsi.
 - Io me ne vado. Domani. -
 La sua reazione fu come se l’era aspettata: lei non disse nulla, ma per un attimo rimase con la bocca aperta; serrò i pugni, e gli si rivolse con voce piatta:
 - Con quel signore, vero? Quello che qualche settimana fa è venuto a parlare con te, vero? E ti porti dietro quel grosso baule che tieni nascosto sotto il letto, vero? Quello con cui sei tornato giorni fa e che non mostri a nessuno, vero? -
 Tom alzò un sopracciglio: non si aspettava che Jane sapesse così tanto. Poi rise, di una risata priva gioia. Fredda, come il vento di Dicembre.
 - Non vado proprio con quel signore, ma vado dove sta lui. E’ un professore, di una scuola per dei ragazzi speciali. -
 Sottolineò l’ultima parola con vigore, come a sottolineare che anche lui, era speciale.
 - E noi non ci vedremo più? – chiese Jane con ansia, nella voce. Non voleva perdere Tom, benché lui, in undici anni, le avesse a stento parlato più di una decina di volte. Il sentimento che la legava a lui, le impediva di odiare, come facevano tutti, quel ragazzo così strano. Tom fece spallucce, indifferente, e riprese:
 - Non lo so, probabilmente sì, durante l’estate. Ma voglio trovare il modo di non tornare qui neanche per le vacanze… -
 Era chiaro che aveva meditato su quest’ultimo pensiero per lungo tempo, dall’espressione che assunse il suo volto. Jane non riuscì più a trattenersi: esplose in un rumoroso pianto, si voltò, ed uscì dalla stanza senza dire nulla.
 - Addio, Jane. - sussurrò Tom alla porta di legno. Poi, si alzò da terra, dimentico del ragno, che ora era probabilmente andato a nascondersi dal suo burattinaio.
 Osservò il lato del baule usurato che sporgeva da sotto il suo letto, e impose la mano destra nella direzione dell’oggetto, concentrato.
 Lentamente, il baule cominciò a muoversi, fino ad arrivare ai piedi di Tom, il quale, compiaciuto del suo potere, si chinò ad aprirlo; v’erano parecchie cose bizzarre, dentro: libri dalle strane copertine; ampolle piene di liquidi sconosciuti; boccette d’inchiostro; piume d’oca.
 L’attenzione di Tom si concentrò su una scatola minuta, dalla forma rettangolare, lunga all’incirca una trentina di centimetri.
 Il ragazzino la aprì, febbrilmente eccitato, e ne prese in mano il contenuto; ciò che stringeva nella mano minuta, era un’asta di legno, così chiaro da sembrar bianco, che rappresentava per Tom il segno tangibile del suo essere speciale.
 Si alzò di nuovo, e improvvisamente sferzò l’aria con il bastoncino.
 Esso produsse una moltitudine di scintille verdi, ed un fischio clamoroso. Le scintille andarono a colpire il muro formandovi una brutta crepa bruciacchiata.
 Tom rise di nuovo, di nuovo senza gioia.
 Poi, lo vide. Il ragno, la preda che stava tentando inutilmente di risalire il muro, per scappare alle torture che il bambino gli avrebbe impartito. Tom fece un ghigno, ed alzò di nuovo la bacchetta. La indirizzò fulmineamente contro il ragno, ed impresse in quel gesto un solo pensiero: Volontà.
 In un lampo di scintille verdi, il ragno cadde a terra, privo di vita.
 La terza risata fu più forte e spaventosa delle altre due, ed occupò per lungo tempo i sogni della piccola Jane, che qualche metro più in là, nella sua camera, piangeva sul letto.

 Tom Orvoloson Riddle, in piedi, nella sua stanza, carezzava la sua bacchetta. Tasso e piuma di fenice, tredici pollici e mezzo. 
  
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