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Autore: _Princess_    30/05/2008    27 recensioni
“Tom Kaulitz,” si presentò lui alla fine, stringendole la mano. Fu allora che l’attenzione gli cadde sul cartellino che lei aveva al collo. “Vibeke V. Wolner?” lesse.
“Si legge ‘Wulner’,” lo corresse lei rigidamente. “Sono norvegese.”
“Ah,” fece lui, dimostrando scarso interesse. “Posso chiamarti Vi, per comodità?”
“No.” Ribatté lei secca.
“La v puntata per cosa sta?” le chiese allora Tom.
“Non sono fatti tuoi.”
Si occhieggiarono con un accenno di ostilità. Vibeke seppe immediatamente che tra loro due sarebbe stato impossibile instaurare un rapporto civile.
[Sequel di Lullaby For Emily]
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Georg voleva dormire.

Dormire, solo dormire, e nient’altro, ronfare beatamente sepolto sotto a quintali di strati di soffici piumoni e coperte, godendosi il rumore della pioggia che scrosciava di fuori da ormai una settimana ininterrotta mentre abbracciava il morbido cuscino e si godeva il meritato riposo dopo la nottata passata in viaggio.

Aveva trascorso qualche giorno da Nicole, il che significava, come sempre, che le passate settantadue ore erano state per lui un concentrato di attività e movimento.

Poteva non sembrare, ma portare Emily al parco era un’impresa non da poco, soprattutto se dovevi sia controllare lei che fare attenzione a non farti notare dalle ragazze che passavano, ma Nicole collaborava volentieri alla mimetizzazione, visto che l’operazione prevedeva quasi sempre un bacio prolungato o almeno un abbraccio immotivato, ma pur sempre piacevole.

Fortunatamente capitava di rado che lui si fermasse da lei per più di un giorno, ed era solo per qualche miracolo che finora era riuscito ad evitare di incappare nell’invadente vicina di Nicole, la piccola, irriducibile Liesel.

Quella sera aveva fatto i bagagli, aveva dato un bacio ad una Emily addormentata e si era fatto salutare debitamente da Nicole, poi era salito sul suo taxi e si era fatto portare alla stazione, dove aveva preso l’intercity per Amburgo.

Rientrato a casa alle tre del mattino, si era buttato in doccia senza nemmeno preoccuparsi di fare piano, ben conoscendo la pesantezza del sonno dei suoi tre coinquilini, poi si era trascinato a letto e lì era rimasto fino ad ora, ed avrebbe volentieri continuato a dormire a oltranza, non fosse stato per l’insistente suono del campanello.

Cazzo, perché quei tre non alzano il culo? Se tutto va bene ieri sera se la sono spassata fino a poco prima che arrivassi io…

Dischiuse svogliatamente un occhio e cercò di mettere a fuoco la radiosveglia: mezzogiorno. Decisamente troppo presto per uno che aveva potuto chiudere occhio solo poco prima delle quattro, ma cosa doveva fare? Non si era certo aspettato che Tom o Bill si degnassero di alzarsi, ma almeno Gustav…

Si alzò controvoglia e si trascinò fuori dalla stanza, scalzo e praticamente nudo, a parte i pantaloni da tuta che usava come pigiama. Non appena ebbe mosso un passo, alle sue spalle sbucarono uno ad uno Gustav, Bill e Tom, facendo capolino dalle rispettive stanze con espressioni sonnolente.

“Ma chi cazzo è a quest’ora?” mugugnò Tom, che non portava altro che un paio di boxer, segno che nessuna ragazza, almeno stavolta, aveva allietato la sua notte, ed aveva ancora qualche residuo della macchia blu che gli era comparsa sul petto qualche giorno prima, dopo chissà quali giochetti del suo genere. Anche Gustav era nelle medesime condizioni, mentre Bill indossava il suo bel pigiama lilla (era stato azzurro, un tempo, prima di essere tragicamente lavato con una vagonata di capi rossi) firmato Disney, con tanto di asinello depresso (Eeyore, stando alla scritta) stampato sul davanti.

“E io che cazzo ne so?” berciò Georg, mentre il campanello suonava di nuovo. Si incamminarono insieme verso l’ingresso, domandandosi se per caso non si trattasse di David che veniva a sequestrarli per un impegno improvviso, come già era successo altre volte.

“Ragazzi, ma oggi non è lunedì?” fece Gustav, mentre scendevano le scale che portavano al piano di sotto.

“E allora?” fece Bill. Georg  si fermò davanti alla porta e girò la chiave nella serratura.

Gustav sbuffò.

“E allora dietro quella porta c’è Vibeke.” Disse, ma Georg aveva già aperto, e, di fatti, al di là della soglia c’era lei, la loro factotum nuova fiammante, con una faccia arcigna che li fece sussultare tutti e quattro.

Avevano tutti e quattro dimenticato che quel giorno la ragazza avrebbe cominciato a lavorare per loro.

“Alla buonora,” berciò Vibeke, incrociando le braccia. “Cominciavo a temere di dover buttar giù la porta.”

Georg non aveva dubbi sul fatto che ci sarebbe riuscita, se solo avesse tentato. Non era granché robusta, fisicamente, ma gli anfibi che portava avevano tutta l’aria di poter sbriciolare un muro con un calcio nemmeno particolarmente violento.

“Ciao.” La salutò, imitato dagli altri.

Cercò di sorriderle mentre la invitava ad entrare. Decisamente non era una ragazza ordinaria, e non solo per via di quei due inquietanti piercing che aveva al labbro inferiore, o per il fatto che abbinasse abiti vezzosi - gotici, certo, ma senz'altro vezzosi - ad anifibi militari.

Vibeke entrò in casa in un fruscio di velluto, la gonna del vestito che spuntava dalla giacca in pvc, appena sopra le ginocchia, del tutto incurante del fatto che c’erano quattro ragazzi più o meno nudi che la fissavano vagamente sbigottiti.

“Non mi tratterrò a lungo,” annunciò loro, sfilandosi la giacca gocciolante ed appendendola all’attaccapanni come fosse stata a casa propria, tenendo però la sciarpa. Sul braccio destro, sotto alla manica tappezzata di squarci, si intravedeva una piccola rosa nera tatuata vicino alla spalla.“Ho parlato con Benjamin, mi ha consigliato di venire armata di anfetamine e tanta pazienza,” Li squadrò uno per uno con un sorriso affabile che risultava vagamente inquietante, visto su quelle labbra rosso sangue. “Per quanto riguarda le prime, non c’è problema, ma per la seconda credo mi sarà molto difficile reperirla.”

Georg sorrise fra sé: gli sembrava di trovarsi davanti ad uno strano ibrido caratteriale tra Bill e Tom, con la sola differenza che, contrariamente ai gemelli, lei aveva dei modi spicci e un tono molto pratico.

Nulla a che vedere con gli infantili capricci di Bill o gli atteggiamenti snobisti di Tom.

“Allora, qualcuno si degna di spiegarmi cosa dovrei fare qui dentro, esattamente?” domandò Vibeke, tirandosi su le maniche dello stranissimo abito che portava, con tutti quei lacci bordeaux e gli inserti in pizzo. Sembrava una specie di bambola dark, con i capelli come quelli di Bill. “Mi sento Biancaneve in mezzo ai sette nani, se ve ne state a fissarmi così.”

Per essere bianca, lo era sicuramente. Le mancava giusto quella massiccia dose di dolcezza stereotipata per la quale la storica Biancaneve era nota.

“Scusa,” disse Gustav, accennandole un sorriso. “È che ci siamo appena svegliati, è un po’ traumatico per noi – loro soprattutto – svegliarsi così presto.”

“Diciamo più che altro per Tom.” Ghignò Georg, ricevendo in cambio un pugno sulla spalla.

“Chiudi il becco, Hagen!”

Vibeke assunse un’aria perplessa.

“Non si chiamava Georg, qualche giorno fa?”

“Georg Moritz Hagen Listing,” puntualizzò Tom con evidente soddisfazione. “Ma ogni tanto ci piace chiamarlo Moritz o Hagen.”

Georg avrebbe volentieri preso Tom e gli avrebbe rotto il naso contro la parete, ma obbligò se stesso a trattenersi, onde evitare che Vibeke avesse subito un chiaro quadro delle persone con cui aveva a che fare. Non che desse l’impressione di essere una che si spaventava per così poco, ma comunque non era il caso di dare spettacolo.

Non ancora, almeno.

“Bene, allora,” fece Vibeke, puntando un dito verso Georg. “Hagen,” Poi indicò Tom. “Kaulitz Uno,” Poi Bill. “Kaulitz Due,” E infine Gustav, a cui sorrise. “E Gud.”

Georg e gli altri si guardarono confusi.

“Gud?”

Vibeke fece un gesto incurante.

“È norvegese,” spiegò, anche se come spiegazione era pressoché inutile. “Comunque,” proseguì poi, soffermando uno sguardo strano su ciascuno di loro. “Apprezzo molto la vostra volontà di esibire le vostre grazie, vi assicuro che è davvero un bel benvenuto,” Un’espressione maliziosa le balenò sul viso. “Ma posso permettermi, anche se a malincuore, di consigliarvi di mettervi qualcosa addosso? È pur sempre gennaio, dopotutto.”

“Hey, questa è casa mia, ok? Se voglio, vado in giro anche nudo, va bene?” bofonchiò Tom.

“Grazie, Tom, ci mancava solo questa.” Sbuffò Bill, roteando gli occhi.

Georg e Gustav ridacchiarono nel vedere come Vibeke reagì ai loro bisticci: aveva l’aspetto di una che era appena capitata in un asilo di bambini schiamazzanti.

Non vedeva l’ora che Nicole ed Emily la conoscessero. Era certo che, pur essendo così radicalmente diverse, si sarebbero trovate molto simpatiche.

“Bene, se nessuno ha da obiettare, io me ne vado a farmi una doccia,” annunciò Tom, avviandosi verso le scale. “Chiamatemi quando il pranzo è in tavola.”

“Io mi faccio un bagno.” gli fece eco Bill.

“Grandioso, entrambi i bagni occupati,” grugnì Gustav, mentre anche Bill scompariva verso il piano superiore. “Georg, sarà il caso che tu ed io ci andiamo a vestire.”

Gerog annuì.

Con un Kaulitz per bagno, in media l’attesa oscillava tra la mezz’ora e l’ora (colpa imputabile quasi esclusivamente a Bill, visto che Tom, a prendersela comoda, ci metteva al massimo un quarto d’ora), perciò potevano mettersi l’animo in pace. L’unica era vestirsi e cominciare a spiegare a Vibeke come funzionavano le cose là dentro, partendo, per l’appunto, dall’equa prenotazione dei bagni.

“Voi due potete anche restare così, non c’è problema,” commentò Vibeke in tono ammiccante. Georg si sentì improvvisamente molto più nudo di quel che in realtà non fosse. “Era Kaulitz a disturbarmi.”

“Uno o Due?”

Vibeke fece spallucce.

“Non ricordo quale fosse uno e quale l’altro.”

Georg notò che Gustav, così come lui stesso, stava praticamente per scoppiare dalla voglia di ridere.

“La principessa, comunque,” precisò poi lei. Fece una smorfia, accompagnata da un piccolo fremito di disgusto. “Chi è che ha avuto il coraggio di regalargli quel pigiama da checca in carriera?”

Domande come quelle erano ordinaria amministrazione da parte di chiunque avesse il privilegio (sventura) di varcare la soglia di quell’appartamento. Col tempo, avevano anche stabilito la Top Three ufficiale delle perplessità più simpatiche: alla numero tre si era piazzata ‘Non vi da fastidio che il vostro cane metta tanto disordine?’, ispirata per la maggior parte dalle condizioni in cui versavano la stanza di Tom e quella di Georg stesso; alla due stazionava ‘Quale delle vostre ragazze porta quella roba?’, riferita al novanta percento dei capi che Bill era solito disseminare per casa durante i suoi impellenti attacchi di panico da mise da spettacolo; la numero uno, la preferita di tutti quanti, era quella a cui nessuno aveva ancora avuto il coraggio di rispondere: ‘Oddio, ma avete avuto dei ladri?’

Insomma, a modesto parere di Georg, la confusione che regnava tra quelle quattro mura era sì un po’ eccessiva, ma non così tanto da pensare a dei ladri o, come tutte e tre le loro madri avevano supposto la prima volta, un’effrazione intimidatoria.

“Se l’è regalato da solo,” le rispose Gustav. “Siamo andati a Disney World, lo scorso Natale. Lo ha visto e ha deciso che lo voleva.”

Disney World. Georg lo ricordava bene. Emily era letteralmente impazzita per il galeone dei pirati e ci avevano messo mezz’ora a convincerla ad andare a vedere anche il resto del parco. Georg le aveva regalato un pigiama identico a quello di Bill, guadagnandosi peraltro una bella strigliata da parte di Nicole, che lo aveva accusato di starle rovinando il lavoro di una vita, viziandola così.

“Fammi indovinare, quello di ricambio l’ha preso della Carica dei 101?” suppose Vibeke.

Sia Gustav che Georg risero. Era un bel tipo, anche se la sua arguzia già manifestava i primi attriti con Tom, ma Georg se l’era aspettato: Tom aveva pochissima esperienza con le ragazze investite del dono dell’intelligenza, e, perfino dopo quasi un anno di pratica con Nicole, aveva ancora serie difficoltà a rapportarsi con un cervello femminile.

“Veramente ancora gli manca, quello,” la informò Georg. “Ne ha un paio di Armani e uno che si è disegnato lui in persona, ma quello della Carica dei 101 ancora non ce l’ha.”

“Provvederemo per il suo compleanno, però.” soggiunse Gustav, esibendo una serietà che era però tradita dallo scintillio divertito nei suoi occhi.

Si piacciono, pensò Georg sornione, guadando lui e Vibeke che si sorridevano. Sembrava un miracolo che Gustav riuscisse a farsi andare a genio una ragazza, ma forse una come Vibeke era esattamente quel che gli ci voleva: una donna che sapesse fare qualcosa di più utile e proficuo che starnazzare e svenire in sua presenza, onde evitargli imbarazzi inopportuni, vista la sua timidezza.

Strano, però, rifletté pensieroso, avrei detto che una senza peli sulla lingua come lei lo avrebbe messo in soggezione, e invece guardali…

Gustav e Vibeke stavano andando verso la cucina, chiacchierando come amici di vecchia data, lasciandolo basito nell’atrio dell’ingresso.

“Hagen, Gud chiede cosa vuoi per pranzo.” urlò Vibeke, dall’altra stanza.

Georg si obbligò a non perdere le staffe.

Promemoria: scorticare Tom appena esce da quel maledetto bagno.

“Un piatto di pasta?” urlò in risposta.

“Andata!” soggiunse la voce di Gustav.

Georg preferì continuare la conversazione faccia a faccia, onde evitare che l’intero quartiere potesse sentirsi partecipe della disquisizione del menù del lunedì mezzogiorno. Arrivato alla cucina, trovò Gustav che le mostrava cosa c’era nei vari armadietti e le illustrava per le somme che genere di cibo si consumasse solitamente.

“Non sarà difficile farvi la spesa,” fu il commento di Vibeke. “Basterà riempire il carrello di tutte le schifezze più disgustose che si trovino in commercio.”

“Hai decisamente centrato il punto,” Si complimentò Georg, rendendo così nota la propria presenza. “Tu invece mangi seguendo una sana e bilanciata dieta mediterranea ogni giorno?” la provocò. Lei si limitò a raccogliersi distrattamente i capelli su una spalla.

“Sono norvegese, bello, cosa vuoi che ne sappia di piatti mediterranei?”

Georg inarcò le sopracciglia. Si appoggiò allo stipite della porta, le braccia conserte.

“Cosa cucina un norvegese, esattamente?”

“Un bel niente,” replicò lei con candore. “Per quanto riguarda la sottoscritta, almeno. A meno che non si tratti di qualcosa di precotto che basti schiaffare in un microonde per qualche secondo.”

Uno schiocco della  lingua da parte di Gustav li fece voltare entrambi:

“Ho capito l’antifona, sono l’unico qui dentro in grado di preparare un pasto decente,” Sospirò. “Resti a farci compagnia?” domandò poi a Vibeke, la quale ci dovette pensare un po’ su.

“Se resto, è probabile che a Kaulitz resti tutto sullo stomaco…” Finse di soppesare l’eventualità per qualche secondo. “Il che sarebbe delizioso, per me, ma proprio non posso. Alle due rientra il mio amato fratellone, e se non ci sono io a casa, non sa nemmeno come aprire il rubinetto.”

Georg aveva perfettamente presente il fratello di Vibeke: un ragazzo altissimo – una manciata di centimetri più di Bill – e dal fisico asciutto, con una lunga coda di capelli biondi e charme da vendere. Non riusciva proprio ad immaginarlo in vesti casalinghe.

“È un orario un po’ strano, per un DJ,” le disse. “Come mai rientra così tardi?”

Vibeke si fece da parte per permettere a Gustav di cominciare a tirare fuori pentole e pasta e restò ad osservarlo per un istante con occhi curiosi, poi si appoggiò a sedere sul bordo del tavolo e fece spallucce.

“In genere torna dalle discoteche intorno alle sette,” spiegò. “Ma tre mattine alla settimana, verso le dieci, va in palestra, e la sottoscritta dev’essere pronta a scattare, o la casa si trasforma…” Si schiarì la voce, gettando uno sguardo verso il salotto, invaso di abiti di vario tipo, lattine di Red Bull e bottiglie di birra, cartoni di pizza e altre svariate cose. “In una replica perfetta di questa.”

“Tuo fratello dev’essere uno in gamba nel creare disordine,” intervenne Gustav, trafficando con il fornello. “Per riuscire da solo a creare un’imitazione di questo posto, ci vuole del talento innato.”

Una risata scoppiò tra di loro, proprio nel momento in cui sia Tom che Bill facevano il loro ingresso nella stanza, completamente vestito il primo, in accappatoio il secondo, i capelli bagnati che gocciolavano ovunque.

“Che si mangia?” domandò Bill, prendendo posto a tavola.

“Pasta.” Rispose Gustav, trafficando con un paio di coperchi.

Tom parve sorpreso.

“Non doveva cucinare Vi?”

A Georg sembrò quasi di cogliere la scintilla collerica che si accese negli occhi di Vibeke.

“Primo,” esclamò la ragazza, piantandosi ad un centimetro da Tom, le mani sui fianchi. “Non mi chiamare mai più in quel modo,” La sua voce era un minaccioso sibilo tra i suoi denti. “Secondo, sono qui per occuparmi delle vostre cose, non di voi, e di te tanto meno!”

Georg aveva la netta sensazione che i giorni a venire sarebbero stati densi di novità per quanto riguardava il loro equilibrio esistenziale: non poteva certo prevedere come e in che misure quella bizzarra ragazza avrebbe influenzato la loro vita – perché l’avrebbe fatto, se lo sentiva – ma di una cosa era certo: viste le premesse, si poteva presagire aria di tempesta sotto a quel tetto.

Chi vivrà, vedrà.

 

***

 

“KAULITZ!” tuonò una voce ormai fin troppo conosciuta.

Tom si seppellì sotto al cuscino del divano, invocando l’aiuto della divina provvidenza affinché lo facesse scampare dall’imminente tragedia.

Sentì sbattere una porta, poi un’altra, e poi dei passi pesanti che si avvicinavano. Seduto sul divano accanto, Bill se la rideva sotto i baffi, sfogliandosi Vogue in tutta tranquillità.

“Ora la senti.”

L’insulto che Tom gli rivolse si spense in un rantolo frustrato.

“Kaulitz!” sbraitò nuovamente Vibeke, comparendo sulla soglia della stanza con una discreta quantità di biancheria fresca di lavaggio dentro un secchio. “Ho appena rinvenuto tre paia di boxer nella tua stanza, e mi devi proprio spiegare com’è possibile che uno fosse finito sopra l’armadio!”

Tom ancora non capiva perché toccasse proprio a lui essere il gemello chiamato per cognome, ma forse se l’era meritato, visto che aveva deciso di darle sui nervi fin da subito e in tutti i modi possibili. E, in ogni caso, forse era comunque meglio che essere chiamato Principessa, come invece sporadicamente toccava a Bill, per via dei suoi saltuari attacchi di pignoleria acuta.

Non si diede nemmeno la pena di spostarsi il braccio dagli occhi per risponderle.

“Che vuoi, non ho mica tempo di badare a dove butto la roba mentre sono intento ad intrattenere una ragazza.”

“Ho dovuto togliere uno strato di ragnatele che erano diventate tutt’uno con il cotone!” esclamò lei, la voce che si faceva acuta, come ogni volta che si infuriava con lui, cioè sempre.

Era la loro assistente personale da neanche due settimane, ma ci aveva messo poco (niente) a sentirsi in diritto di dettar legge, dentro e fuori le mura domestiche.

Va bene, forse Tom non aveva esattamente contribuito a farla sentire la benvenuta e rispettata, dicendole che non la pagavano per ciarlare, ma per sgobbare, però trovava ingiusto che Gustav si fosse beccato un nomignolo come Gud – che, a detta di Vibeke, significava ‘Dio’ in norvegese – mentre lui doveva sorbirsi una lunga serie di epiteti molto affettuosi o, se gli andava meglio, il proprio cognome. Non che il tutto non fosse ampiamente ricambiato, da parte sua, ma odiava i favoritismi ingiustificati.

C’era da riconoscere che, però, anche Georg aveva una bella gatta da pelare con lei: da quando Vibeke aveva scoperto il suo nome completo, aveva iniziato a chiamarlo Hagen, cosa che per lui era alquanto snervante, ma che compiaceva e consolava Tom almeno in minima parte.

“Ricordami di mandarti dei fiori per dimostrarti la mia gratitudine.” Le rispose, mentre poteva quasi percepire lo sforzo di Bill di non ridere. Se gli fosse scappato qualcosa, Vibeke non si sarebbe fatta molti problemi a prendersela anche con lui. Strano ma vero, Bill non sembrava piacerle più di quanto non le piacesse Tom.

“Perfetto,” disse lei, facendo per andarsene. “Mi piacciono le ortiche raccolte di fresco.” Gli comunicò.

“Avrei detto le rose.” Disse Tom, indicando il tatuaggio che le si intravedeva sotto la rete nera delle maniche della maglietta.

“Le rose sono belle, ma pungono.”

Tom la guardò di traverso.

“Le ortiche no, vero?”

“Ma tutti sanno che le ortiche pungono. Le rose invece sono così belle che ci si dimentica che hanno le spine.”

Tom inarcò le sopracciglia. Non solo quella ragazza era strana, ma faceva anche dei ragionamenti strani. Non vedeva l’ora che Georg e Gustav rientrassero dalla palestra per tenerla distratta e, soprattutto, lontana da lui. Sotto quell’aspetto, Bill era ben poco utile, visto che la rifuggiva come un gatto rifugge l’acqua.

“Come siamo finiti dalle mie mutande a parlare di spine?”

“Viene piuttosto spontaneo, se l’interlocutore sei tu.” Replicò Vibeke.

“L’ho già detto che ti amo come un cane ama le sue zecche?” sbottò lui, imbronciato.

“Sono stata io a dirlo a te, poppante, giusto l’altro pomeriggio.”

A grandi linee, la struttura tipica delle loro conversazioni abituali era quella: uno di loro partiva col criticare qualcosa che aveva fatto l’altro (a scelta tra: sistemazione e collocazione degli indumenti, riordinamento generico dell’appartamento, tipologia dei generi alimentari della spesa), seguivano una serie di botta e risposta amichevoli quanto una serie di randellate sul naso, ed infine un’anima pia (Georg e Gustav per la maggior parte delle volte, spesso chiunque ci fosse nei paraggi, raramente Bill, fondamentalmente restio a rimetterci un capello o la sanità mentale, anche a discapito dei propri timpani) giungeva a dividerli.

Tom aveva sin da subito etichettato Vibeke come soggetto altamente psicolabile, nonché pericolosamente anomalo.

Non era mai stato un tipo refrattario alle belle ragazze, ma lei era una questione a sé, che francamente non riusciva a comprendere, da qualunque punto di vista la analizzasse. Abituato com’era a Nicole – così gentile e dolce – si era ritrovato di punto in bianco ad avere a che fare un’invasione territoriale di estrogeni di una tipologia a lui sconosciuta, e questo lo aveva reso diffidente e radicalmente indisponente.

Il fatto era che decriptare Vibeke era un’impresa così faticosa che si era visto costretto a gettare la spugna prima ancora di averci veramente provato. Da che aveva messo piede in quella casa, Tom non la aveva mai vista imbarazzarsi di fronte a qualche dettaglio non proprio puritano – la sua scorta secolare di preservativi, per dirne una, ma anche il semplice fatto di raccogliere il loro intimo in ogni angolo della casa e sbatterlo in lavatrice come se fossero stati calzini – e più passavano i giorni, più lui si chiedeva perché, anziché una stramba goth dagli occhi bicromi, non avessero invece preso una dolce vecchiettina che preparasse loro lasagne tutti i giorni.

“Che ore sono?” chiese Bill, mentre Vibeke si metteva in un angolo del grande salotto a riempire lo stendibiancheria.

“Ora di pranzo,” disse Tom, il cui stomaco cominciava a dare le prime avvisaglie di necessità di rifornimento. “Hey, Vi, che c’è di buono da mangiare?”

Kaulitz, cosa ti ho detto in merito agli appellativi da rivolgermi?”

“Che non vuoi essere chiamata Vi.” Cantilenò lui. Già la conosceva, quella solfa.

“E quanto volte te l’ho ripetuto?”

Tom sbuffò, girandosi su un fianco per voltarle le spalle.

“Ho perso il conto al cinquantadue.”

“Settantanove.” Rispose Bill prontamente, senza staccare gli occhi dalla sua rivista.

La cordiale replica di Tom fu una cuscinata in faccia, che strappò a Bill uno strillo stizzito.

“Ma sei scemo?”

Il contrattacco alla cuscinata fu un esemplare lancio di Vogue, che lo colpì in piena fronte, proprio mentre si tirava su.

“Vaffanculo!” grugnì, massaggiandosi la parte lesa. Bill poteva anche essere un fallimento, in quanto a forza bruta, ma sull’artiglieria pesante andava forte.

“Allora, che si mangia?” domandò Bill, ignorandolo.

Vibeke sistemò una maglietta rossa, che Tom riconobbe come propria, su uno dei fili, senza curarsi di eliminare le piccole pieghe che si erano formate.

“Gnocchi ai quattro formaggi.” Rispose asciutta.

Le ci era voluto un cospicuo aumento del compenso che avevano concordato all’inizio, perché si convincesse a fare anche da cuoca, di tanto in tanto, ma alla fine aveva acconsentito. Si era così rivelata tutt’altro che microonde dipendente: nonostante le sue stesse premesse, Vibeke se la cavava abbastanza bene ai fornelli, una volta acquisite le nozioni fondamentali della cottura della pasta. A quanto pareva, in casa Wolner non se ne mangiava, per via dell’intolleranza al glutine che sia lei che BJ avevano avuto fin da piccoli, ma aveva imparato in fretta, e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, si divertiva a cucinare.

“Ma io volevo la pasta!” si oppose Bill.

“Lascia stare,” gli disse Tom, sventolando una mano. “Non le fai cambiare idea, tanto. I suoi prediletti hanno richiesto gli gnocchi, e gnocchi avranno.”

In quell’attimo si sentì una chiave inserirsi nella serratura e, qualche scricchiolamento dopo, la porta d’ingresso si aprì.

“Casa dolce casa!”

Quando si levò la mano dalla fronte dolente, Tom riuscì ad individuare Georg che entrava, seguito da Gustav. Entrambi avevano in mano i soliti borsoni blu e rossi della palestra e l’aria stanca.

Il viso di Vibeke si illuminò all’istante. Piantò bucato e stendibiancheria e corse incontro a Gustav, prendendogli giacca e borsone con premura.

Fin dal primo giorno, non aveva mai cercato di nascondere la propria manifesta preferenza verso di lui, così come, sul fronte opposto, non aveva mai nascosto la propria manifesta insofferenza verso Tom, cosa che lo mandava alquanto in bestia, visto che non aveva fatto assolutamente niente per meritare un simile trattamento.

A parte la disumana, masochistica perseveranza nel rivolgerti a lei chiamandola ‘Vi’, gli ricordò la parte di sé che provava del piacere perverso nel metterlo di fronte ai fatti concreti.

E allora?, ribatté lui, sulla difensiva, lei continua a chiamare Georg ‘Hagen’, anche se sa che a lui non piace!

Vibeke prese tutta la roba di Georg e Gustav ed annunciò che l’avrebbe messa subito in lavatrice.

“Fate in tempo a farvi una doccia, prima del pranzo,” li avvertì. “Vi metto tutto in tavola e scappo, ci vediamo venerdì.”

“Ma anche no.” Mormorò Tom fra sé, senza preoccuparsi di non farsi sentire. Dapprima si stupì della mancanza di una risposta immediata, ma una frazione di secondo più tardi Vibeke gli arrivò davanti con una mano nascosta dietro la schiena e, prima che lui potesse rendersi conto delle sue intenzioni, gli vuotò in faccia quel che restava in una delle bottigliette di bevande vitaminizzate che Gustav e Georg si portavano in palestra.

“Ti amo anch’io, Kaulitz.” Gli disse poi, soave, e se ne andò via, portandosi dietro i due borsoni, mentre il resto dei presenti si sganasciava dalle risate.

Tom balzò in piedi, fumante di rabbia. Si tolse la maglietta bagnata, praticamente strappandosela di dosso, marciò oltre Georg e Gustav con tutta la dignità di cui poteva disporre qualcuno con la faccia e i capelli grondanti di liquido appiccicaticcio all’arancia, e irruppe nel locale lavanderia, dove Vibeke stava caricando la lavatrice.

“Lava anche questa.” Le ordinò, sbattendole la maglietta sotto il naso.

Anziché aggredirlo verbalmente com’era suo solito fare, lei raccolse la maglietta e la posò sullo sportello della lavatrice senza battere ciglio. Si portò i lunghi capelli neri dietro all’orecchio sinistro, e solo allora Tom notò, dopo due settimane, l’incredibile sfilza di piercing che lo ornavano. Al destro invece portava solamente un minuscolo cuore in argento.

“Com’è che hai un quintale di piercing a sinistra e uno solo a destra?” le chiese.

Lei interruppe per un attimo il trasferimento degli indumenti dai borsoni al cestello e si voltò verso di lui.

“È  simbolico,” gli disse. “Ho messo un cuore di metallo in corrispondenza del mio cuore vero, e gli altri hanno una storia particolare che non credo tu abbia voglia di stare a sentire.”

“Non per rovinarti la simbolica trovata, ma il cuore sta a sinistra.”

“Ho gli organi disposti in modo speculare rispetto al normale,” dichiarò Vibeke con disinvoltura, tornando alla propria occupazione. “Si chiama destrocardia: il mio cuore è a destra.”

Tom non sapeva se dicesse sul serio o meno. Gli venne da domandarsi se questo potesse comportare qualche problema di salute, ma, a guardarla, non si sarebbe affatto detto.

“E il cervello ti è finito nello stomaco?” la stuzzicò.

Lei sorrise ironicamente, senza degnarlo della minima attenzione.

“Può darsi. Sempre meglio che in mezzo alle gambe come il tuo.”

Tom si portò una mano sul cavallo dei pantaloni, ghignando in pieno compiacimento.

“Sta benissimo lì dov’è, credimi.”

“Certo,” convenne lei, convinta. “Probabilmente si sentirebbe smarrito in una landa desolata come il tuo cranio.”

“Il mio cranio è molto sexy. Chiedi a qualunque donna, etero e non, ti diranno tutte quanto sia interessante la testa di Tom Kaulitz.”

“Non ci vedo niente di interessante in un pallone gonfiato pieno d'aria e di sé.”

Tom trattenne una sonora imprecazione.

Non la reggo!

Un brivido di irritazione lo scosse lievemente.

Dio, quanto non la reggo!

Tom stava per andarsene, ma la voce di Vibeke lo trattenne:

“Kaulitz.”

“Che vuoi?”

Un sorrisino impertinente si formò sulle labbra di lei, che reggeva in mano la sua maglietta.

“Impara a dire grazie.”

“Vaffanculo, Vi!” Ruggì, accompagnandosi con un dito medio sollevato, e se ne andò, portandosi via un asciugamano con cui asciugarsi il viso.

Cazzo, quant’è odiosa!

Andò dritto nella propria stanza, afferrò una maglia pulita a caso e la indossò, poi fece lo stesso con un paio di scarpe e un giubbotto, infine tornò come una furia nell’ingresso e cercò le proprie chiavi sul tavolino dell’ingresso.

“Hey,” esclamò Bill, accoccolato sul divano, ancora immerso nelle sue auliche letture. “Dove vai?”

“A farmi fottere!” rispose Tom, appena prima di sbattersi la porta alle spalle.

Intendeva in senso piuttosto letterale.

 

 

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Note: capitolo scandalosamente pietoso, lo so, ma è un raccordo introduttivo alla storia vera e propria, quindi vi concedo di essere spietati, ne avete il diritto, dopotutto. Ah, quasi dimenticavo: per il tempestivo aggiornamento si ringrazia Ladynotorius e la sua gentile pressione! XD

Passiamo ai ringraziamenti decenti, che è meglio…

Ladynotorius: mia cara MS Ambassadress (termine inventato al momento, ma che tuttavia potrebbe anche esistere), meno male che hai ‘restaurato’ la recensione, perché l’ho semplicemente adorata! Io faccio scompisciare te, tu fai scompisciare me, siamo pari! Ti iscrivi anche tu al club “Adotta un Benjamin”? XD

Isis88: danke! Continua a seguire Vi & Co, e vedrai che riderai sempre di più!

piscula: ti dirò, nella vita reale (ma anche nella finzione), Vibeke è un personaggio che sta facilmente sulle scatole, ma è fatta così, poveraccia, che ci dobbiamo fare? A suo modo, sa essere simpatica anche lei.

Purple Bullet: se sei come Vibeke, ho una proposta da farti: sposami! XD spero non ti spiaccia se ho già una moglie e diversi concubini (tra cui i quattro fanciulli di cui sopra), so che a qualcuno può dare fastidio. XD

BabyzQueeny: e grazie anche a te!

btb: ecco, mi fa piacere sentire che la pensi così, per me è davvero importante che i miei lettori capiscano i sentimenti che mi impegno a mettere in quello che scrivo. J

Sarakey: spero di non aver deluso il tuo entusiasmo iniziale con questo pseudosquallore di capitolo. ^^” Come vedi, i punti di vista saranno numerosi, in modo che ciascuno abbia il giusto spazio e la giusta voce.

CowgirlSara: non vi si può mai nascondere nulla, a voi MS, avete l’occhio fino, ormai.

SusserCinderella: grazie mille! Grazie degli auguri per gli esami, sono andati benissimo!

fucking_princess: hai gli occhi bicolori?? [teen mode] Che figata assurda! [/teen mode] Mi auguro gradirai questo sequel come l’anello iniziale!

bluebutterfly: intanto, grazie per la recensione e, soprattutto, per aver riportato la tua sincera opinione. Per quanto riguarda il fatto che Vibeke si metta a fare da assistente dei Tokio Hotel, nonostante tutto, forse sarebbe poco credibile, in altri contesti, ma lei è già stata comunque scelta per essere il loro tecnico delle luci, e la questione del fare da assistente è una sorta di ‘tappabuchi’ temporaneo (fintanto che il tour non comincia e i ragazzi si dedicano a qualche breve settimana di relax), quindi io l’ho reputata un’eventualità verosimile, ma comprendo che magari per qualcun altro che legge la storia dall’esterno e non ha ancora modo di conoscere fatti e sviluppi potrebbe apparire forzato, effettivamente. In secondo luogo, purtroppo non so chi sia la Heidi che hai menzionato né a che fanfiction tu ti riferisca, ma ti posso dire che il personaggio di Vibeke è nato in un baleno nella mia testa, come contrapposizione diametrale di Nicole, e ha preso forma in relazione al rapporto che ho immaginato potesse avere con Tom. In quanto a carattere ricorda già altri due personaggi, da me profondamente amati ed ammirati, sempre di questo fandom, ossia le grandiose Mackenzie ‘Mac’ Rosenbaum di RubyChubb e Alhena ‘Leni’ Regan di Lady Vibeke (la prima, ci tengo a sottolinearlo, l’ho conosciuta solo a stesura già iniziata di questa storia). Sono del parere che serva un certo tipo di ragazza, con un certo tipo di carattere, da relazionare ad un tipo come Tom, e trovo quindi comprensibile che i caratteri di questi original characters finiscano per avere sempre qualcosa in comune. Lo considero un segno di comune interpretazione del personaggio reale a cui si intende affiancarle. Per quanto riguarda il fatto che Vibeke non abbia riconosciuto Tom, ti risponde lei stessa: Non era certa che li avrebbe saputi riconoscere, se li avesse visti uno per uno, separatamente, ma sapeva perfettamente chi fossero quei quattro ragazzi – quel gruppo.” E poi era sera tardi, era buio, ed era ubriaca, quindi vedeva decisamente appannato (credimi, so cosa vuol dire avere difficoltà a mettere a fuoco dettagli con una bella sbronza che imperversa, e soprattutto quando faticoso sia ricordarseli! ^^) Grazie mille, inoltre, di avermi fatto presente l’errore di battitura (RubyChubb, mia betareader ufficiale, sarà frustata a sangue in seguito alla svista): rileggo il capitoli migliaia di volte (dannata pignoleria), ma qualcosa mi sfugge sempre. ^^ Ovviamente grazie anche dei complimenti e di esserti presa il disturbo di recensire, apprezzo molto. Ti aspetto al prossimo capitolo. ;) (fra parentesi: mai e poi mai direi che una fanfiction è solo un lavoro di fantasia, poiché io stessa ho più volte sottilizzato su dettagli di certe storie che trovavo inverosimili. Un buon lavoro, a mio parere, dev’essere in tutto e per tutto credibile, fantasia o meno che sia.)

loryherm: carissima! Ormai non so più come dirti grazie per tutti i tuoi complimenti. Ti si vedo poco su msn, ultimamente, ma so che hai da fare, quindi ti auguro solo di trovare un po’ di tempo libero. ;)

picchia: i pensieri legati a Benjamin e roba affine sono giustificati dall’effettiva fighezza del biondo soggetto in questione. Non so se lo hai mai visto, ma merita! °ç°

Muny_4Ever: adoro vedere come certe parti ti piacciano quanto piacciono a me! Il signor batterista e i suoi bicipiti possono venire a farmi visita privata ad ogni ora del giorno e della notte! XD

Lady Vibeke: io lo so che tu in realtà hai le tue fantasie in cui immagini di essere la posto di Vi (le ho anche io, figuriamoci), quindi capisco anche l’empatia che provi verso di lei. Mia cara collega MS, pendo dalle tue severe labbra per il giudizio su questo capitolo un po’ privo di capo e coda. ^^

NeraLuna: Vibeke è il mito personale di molti, vedo, me compresa. ^^  Istituiamo un fanclub?

ruka88: Vibeke non va a vivere a casa TH, come avrai notato, ma solo a sistemare un po’ di caos ogni tanto. Però grazie infinite dei complimenti! ^^

carol22: sei sempre gentilissima! Apprezzo molto lo sforzo del recensire ad orari impossibili, so cosa significa avere difficoltà a far ingranare il cervello, in certi momenti. ^^ Grazie di tutto!

RubyChubb: mugliera, sei uno spasso, ma è anche per questo che ti amo. Non ho altro da dire, se non: MS power!

ElianaTitti: continua pure a ripeterti, il mio ego non è mai gonfio abbastanza! XD Scherzi a parte, puoi dire quello che vuoi, qualsiasi opinione per me è sacra.

Grazie anche ad _Ellie_, susisango e GodFather, che non hanno commentato, ma so che hanno letto. ;)

Alla prossima!

   
 
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