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Autore: Jiulia Duchannes    11/01/2014    2 recensioni
Leonetta Tomletta Naxi Marcesca Fedemilla
Violetta Castillo è la figlia del capo delle guardie del re, promessa sposa ed innamorata del duca Tomas Heredia, la sua vita è perfetta ma basta una passeggiata in paese per sgretolare le sue certezze. L’incontro con Leon Vergas, capo dei ribelli, dà una svolta alla sua vita. I dubbi si insinueranno nella sua mente e il suo cuore si dividerà in due, una parte di lei vorrà appoggiare il rivoluzionario Vergas mossa da un fuoco interiore che non credeva di possedere, ma l’altra è ancora legata al giovane Heredia che non conosce la verità sui ribelli e su Leon.
Ludmilla, figlia del re, viziata principessa dalle pretese esagerate, innamorata del conte Heredia conoscerà invece un contadino, un poveraccio che con le sue maniere rozze e il suo modo di trattarla come una comune mortale e non una regina la farà innamorare: Federico.
Natalia, la dama da compagnia della principessa Ludmilla, Francesca sorella del vice del signor Castillo, Camilla figlia del conte Torres, Maxi braccio destro di Leon, Marco cugino di Vergas, Federico e tanti altri i protagonisti di questa ff.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~I ribelli condussero con cautela le ragazze stremate dalla corsa e dalla pura nel loro covo. Sapevano che era a dir poco rischioso portarle lì, considerando che qualcuno avrebbe potuto seguirli e nessuno se ne sarebbe accorto nella baraonda che si era creata al castello, o che le ragazze avrebbero potuto denunciarli, anche se quell’ ultima ipotesi sembrava inverosimile ai ragazzi, insomma loro le avevano salvate.

Era ben nascosto il loro rifugio, grande, ampio, una reggia sotterranea in poche parole.
Sotterranea, avete capito bene. Il covo consisteva in una specie di casa enorme e senza mura ne arredamenti a parte qualche sgabello qua e la, materassi, un tavolo e le armi rubate appese ai muri e sparse ovunque. C’era anche una cella, non molto grande, che avrebbe potuto ospitare si e no quattro persone, con quattro materassi sporchi gettati a terra in malo modo.
Fino a quel momento nessuno vi aveva messo piede nella piccola celletta.
Dove si trovava il covo? Vi domanderete.
Poco lontano dalla città, eppure in aperta compagna, tra l’erba alta, gli insetti fastidiosi e i cani randagi rabbiosi ed affamati, vi era una piccola casa. Era abbandonata oramai da anni, forse secoli, c’era una botola e un seminterrato, una cantina per vini grande quanto, se non di più della casa . Fuori i rovi dominavano il giardino,mentre l'edera si era impossessata delle pareti esterne dell'abitazione.
Il legno era ormai ammuffito.
 Nessuno vi andava mai, per paura, si diceva fosse infestata perché un lontano giorno di anni prima della nostra storia, prima ancora che Leon o qualcuno dei nostri impavidi eroi, divenisse un ribelle, i ribelli di allora avevano occupato la casa, e un gruppo di bambini, che aveva commesso l’errore di avvicinarsi troppo aveva sentito dei rumori, strani, delle voci, eppure nella casa non c’era nessuno! Come poteva essere? Sembrava che le voci provenissero dal centro della terra. Forse erano i fantasmi? Si fantasmi, morti, non c’era altra spiegazione per quella banda di ragazzini troppo curiosi.
-Dove ci state portando?- domandó Violetta,preoccupata.
-Seguiteci- rispose Leon sussurrando -dopo vi spiegheremo tutto quanto-
Marco andó ad aprire una botola,nascosta in un angolo e fece cenno agli altri di raggiungerlo.
-Entrate- ordinó a bassa voce.
Fece entrare prima le ragazze,poi i ragazzi e infine anche lui ci si infiló dentro,dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nella casa.
Chiuse lentamente la botola e raggiunse gli altri nel loro covo segreto.
Era un posto buio e sporco,con una minuscola finestrella che faceva entrare un debole fascio di luce. C'era qualche materasso,su cui dormivano i ragazzi e ad un lato erano appese tutte le armi,frutto dei loro movimenti ribelli.

-Cos…Cosa sono quelle?-Domandò Violetta lasciando la mano del giovane Vergas per indicare le armi.
-Sono armi, non ne avete mai vista una?-Rispose Leon ridacchiando divertito.
-Cosa ve ne fate delle armi?-Replicò Francesca rivolgendosi a tutti ma più in particolare a Marco.
-Credo sia venuta l’ora delle presentazioni- Sentenziò Marco non rispondendo comunque alla domanda di Fran che si innervosì visibilmente ma annuì.
-Chi comincia?-Chiese Maxi ai compagni sperando che qualcheduno di loro s’offrisse.
-Comincio io. Il mio nome è Marco, Marco Ponce de Leon e sono…- Marco sospirò- Sono un ribelle, questo è il nostro covo- Francesca strinse forte la mano dell'amica per farsi forza.
Era rimasta incantata da quel ragazzo che la pareva cosí dolce,e ora era venuta a conoscenza che era un ribelle. Era spaventata,molto spaventata. Sbiancò poi però sorrise amara, immaginando che quel giovane da cui era tanto attratta in realtà l’aveva salvata solo per poi rapirla, tenerla rinchiusa, magari ucciderla. Lo dicevano in tanti che i ribelli erano cattivi.
-Voi non siete un ribelle vero?-Chiese ingenuamente Violetta sperando tanto di avere ragione. Il perché volesse tanto avere a che fare con quel ragazzo dagli occhi smeraldo rimaneva un mistero ignoto, celato nel suo giovane cuore.
-No…Io sono Leon Vergas, il capo dei ribelli- Rispose Leon abbassando lo sguardo per poi tornare a fissare la ragazza a testa alta. Un leader non si doveva lasciar scoraggiare, o sentirsi triste per la probabile reazione di una ragazzina, per quanto bella potesse essere questa.
Violetta si sentì svenire, era un incubo, un terribile, fottutissimo incubo, si, non…non poteva essere vero!.
-State calme donzelle…non abbiamo intensione di farvi del male, se lo avessimo voluto vi avremmo direttamente lasciate bruciare vive nel castello- Disse Leon cercando di calmare Fran e Vilu.
Nata inizió a sudare freddo. L'idea dei ribelli le faceva ricordare sua madre,morta a causa loro. Stare con loro non l'avrebbe aiutata di certo a rimarginare quell'enorme ferita.
I ragazzi si accorsero che le dame stavano iniziando a preoccuparsi,perció rivolsero loro un lieve sorriso e Leon chiese -E voi invece chi siete?-
-Sono la figlia di German Castillo,il capo delle guardie. E lei é Francesca,la mia migliore amica- spiega Violetta.
-Tu sei la figlia di German Castillo?- chiese Leon urlando,ancora scioccato.
-Sí,ma perché ti stai imbestialendo?- chiese Violetta spaventata.
Se prima era preoccupata,ora era terrorizzata da lui.
Non doveva fidarsi di un ragazzo che neanche conosceva; non doveva lasciarsi incantare da quegli occhi meravigliosi,non doveva.
-Ragazzi,venite con me!- intimó Leon -E voi rimanete lí,non muovetevi di un passo!- si rivolse minaccioso alle ragazze.
-Leon,cos'hai? Perché hai fatto quella scenata?- chiese Maxi,confuso.
-Hai sentito cos'ha detto quella ragazza? Lei è la figlia di German Castillo,l'uomo che uccise mio padre! Dobbiamo rinchiuderla,dobbiamo farla pagare a quell'uomo!- rispose Leon deciso.

il sangue ribolliva ardente di rabbia nelle vene del giovane Vergas.   Era dunque la figlia dell’ assassino di suo padre quella dolce creatura dinnanzi a lui? Era dunque una sua nemica, la sua peggior nemica quella dolce donzella che aveva salvato dalle fiamme da lui stesso appiccate? Era dunque un mostro come il padre quella piccola fragile ragazzina che fin dal primo sguardo lo aveva fatto infatuare? 
Sentiva di non poter più gestire le emozioni conflittuali che senza controllo si muovevano veloci sbattendo da una parte all’altra, nel suo cuore, facendogli maledettamente male.
Sentiva che le lacrime mai versate stavano per scendere lente dai suoi occhi verdi e come l’acido avrebbero corroso la sua giovane pelle, lasciando il segno indelebile della sconfitta sul suo viso.
-Non credi che sia esagerato? Insomma,non é detto che lei sia come suo padre!- dice Marco,sconcertato dalla decisione dell'amico.
-Tutti i componenti di quella famiglia la devono pagare! Soprattutto lui. Gli faremo credere che la figlia sia morta nell'incendio,cosí finalmente imparerá la lezione,capirá quanto male si sente a perdere una persona importante!- decise Leon,urlando.
-Per me ha ragione Marco. Non deciderlo cosí su due piedi,pensaci un attimo. Queste ragazze sono innoque,se avessero voluto ucciderci l'avrebbero gia fatto non credi?- chiese Maxi perplesso.
-Non ho bisogno di pensarci,quelle ragazze verranno rinchiuse e basta! Rassegnatevi!- disse Leon per poi tornare dalle dame.
-E ora voi verrete in cella,dove sarete rinchiuse per l'eternitá!- intimó Leon,puntando il dito contro le ragazze.
-Non credi che sia esagerato? Insomma,non é detto che lei sia come suo padre!- dice Marco,sconcertato dalla decisione dell'amico.
Intanto le ragazze erano terrorizzate dal cambiamento del ribelle. Solo un secondo fa era stato cosí premuroso,pensava Violetta,e ora le voleva spedire dritte in prigione.
Nata osservava Leon,poi i ragazzi dietro di lui,che avevamo un'espressione ben diversa. I due guardavano il pavimento rassegnati,forse Leon aveva trattato così anche loro.
Ma sapeva che non li avrebbe mai trattati tanto male come aveva fatto con loro.
In quel momento sentí una debole spinta,si giró e vide il ragazzo dagli occhi castani che la aveva salvata poco prima. E ora la stava mettendo in prigione.
Le venivano le lacrime agli occhi,ma cercò di trattenersi. Non doveva dimostrarsi debole,doveva essere forte per una volta nella vita.
Il ragazzo la condusse dentro alle sbarre a malavoglia,le diede un ultimo sguardo e se ne andó tristemente. Non capiva perché avessero dovuto rinchiuderle,erano solo ragazze innocenti! Ma d'altronde,il capo era Leon,ne lui ne Marco avrebbero potuto farci nulla.
Nello stesso momento Marco e Leon arrivarono nella minuscola cella,situata in un angolino del nascondiglio,con Violetta e Francesca.
Marco lasció delicatamente la mano di Francesca per farla entrare,al contrario di Leon,che sbatté Violetta con una forza tale da farla sbattere contro la parete.
Dopo di chè i due tornarono da Maxi.
-Vilu,stai bene?- chiese spaventata Francesca all'amica,che era quasi in lacrime.
-Sí,tutto bene. Solo non capisco perché quei ragazzi ci abbiano salvate per poi sbatterci in cella!- rispose Violetta.
-Questo non lo so,ma so che dobbiamo trovare un modo per uscire da quí!- disse risoluta Francesca.
Violetta annuí e andò a sedersi su una piccola seggiola in legno nell'angolo della cella,seguita da Francesca.
Nata invece era seduta per terra con la testa tra le mani. Di tanto in tanto qualche lacrima fredda e solitaria scendeva sulle sue guancie.
Avrebbe preferito morire nell'incendio,piuttosto che rimanere rinchiusa con dei ribelli,pensava.
-Sai chi é quella ragazza?- sussurró Francesca a Violetta.
-Non saprei. Mi pare di averla vista alla festa.- le rispose indifferente l'amica.
-Vieni con me- disse Francesca,prendendo Violetta per mano e conducendola da Nata.
-Ciao,io sono Francesca e lei é Violetta. Tu chi sei?- chiese Francesca sorridendo all'altra,che invece aveva il viso bagnato dalle lacrime.
-Sono Natalia,la dama di compagnia della principessa Ludmilla Ferro.- rispose Nata,togliendo le mani dal viso e guardando timidamente le altre due.
Le due sorrisero a Natalia,sapevano quanto era pesante vivere con la principessa Ferro e ora dovevano aiutarla. Certo,dopo essere uscite da quella prigione.
Intanto,in uno dei tanti castelli del re Rodrigo Ferro era riunita tutta la gente che era riuscita a salvarsi dall'incendio.
Tra questi c'era il signor Castillo,preoccupato perché non trovava piú la figlia.
Sapeva che non era morta nell'incendio. A dire la veritá non ne era sicuro,ma voleva convincersi fosse cosí.
Sua figlia non poteva essere morta,non doveva. Era troppo importante per lui.
Aveva visto tanta gente chiudere gli occhi per sempre e non gli era mai interessato nulla,ma per la prima volta nella sua vita era spaventato dalla morte.
Girovagava per il castello,chiedendo a chiunque trovasse per la sua strada se avesse visto Violetta,ma ovviamente le risposte che ricevette furono soltanto -Non l'ho vista- -Non so dove sia finita- -Non la conosco-.
Era sempre piú preoccupato,ma cercava di rassicurarsi inutilmente; non avrebbe mai ritrovato la figlia.

  
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