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Autore: DonnyBoy91    11/01/2014    2 recensioni
Louis Tomlinson ed Harry Styles: due ragazzi imprigionati dalla droga. Il loro incontro in comunità, voluto dal destino, dal fato, da ciò che regola le vite umane o semplicemente voluto dal caso, sarà un incontro fine a se stesso o farà unire i loro cammini una volta per tutte?
[Louis+Harry]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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2.  Wild And Free



 

Un paio di click dell'accendino e finalmente Louis si ritrovò ad aspirare di gusto una boccata ad occhi chiusi. Incaricava Luke controllare che non ci fosse nessuno che potesse vederlo e fumava. Fumava almeno otto o nove volte al giorno e sua mamma si chiedeva sempre cosa ne facesse di quei soldi che gli portava ogni lunedì. Quando lavorava in quel negozio di giocattoli non gli era mai pesato nulla. Poteva permettersi anche due pacchetti di sigarette al giorno, pranzava fuori quando gli andava, e se aveva un appuntamento con un uomo aveva il bisogno di pagare lui il conto. Quando smontava dal suo turno serale, cacciava fuori da quella tracolla quelle bambole di pezza che aveva comprato alle sue nipotine e gli piaceva da morire vedere gli occhi azzurri delle due che si illuminavano più di due stelle. Aspirò un'altra boccata e fissò un punto indefinito nel cielo che stava iniziando a scurirsi pensando a quanto gli mancassero quei due occhi azzurri così simili ai suoi, a quelli di sua sorella, a quanto gli mancasse quel sorriso, a quanto gli mancassero quei disegni che aveva tanto maledetto perché non aveva più idea di dove ficcarli, erano diventati fin troppi per un cassetto come quello accanto al suo letto. Allora quando si era reso conto che non avrebbe più potuto rivedere quegli occhi azzurri, aveva inziato ad incollare quei fogli di carta alle pareti di camera sua, sperando che in quel pennarello azzurro che colorava il cielo avrebbe potuto scorgere quelle iridi.

Faceva maledettamente male sapere che la causa di quel turbamento e di quel dolore che affliggevano ogni giorno la sua famiglia fosse lui. I sensi di colpa gli facevano compagnia ogni notte. Il dolore arrivava dritto al cuore come un proiettile e gli capitava, spesso, di non dormire. Sapeva che, ormai nelle braccia di Morfeo, quegli occhi gli si sarebbero presentati avanti come a ricordarglielo ancora. "Sei stato tu" "E' colpa tua". La sua vita ormai gli era scivolata dalle mani, gli era caduta, lui ci aveva provato a tenerla stretta ma era andata via. La felicità era ormai un ricordo in dissolvenza, sempre più lontana, e Louis la guardava andare via senza far nulla, non era mai stato bravo a trattenere qualcuno.

 

L'ultima boccata di fumo e gettò via con tanta prepotenza il filtro, infilandosi quel cappuccio sulla testa in modo che soltanto il ciuffo rimanesse scoperto.

 

"Louis" un tono canzonatorio lo distrasse dal calciare quei sassi in quel vialetto che portavano in comunità. La signorina Thompson a braccia incrociate avvolta in una camicia che le risaltava il seno prorompente e una gonna all'altezza dell'addome si fermò al varco della porta.

Una delle solite ramanzine non era pronto a sopportarle, uno dei soliti "Potresti aiutarmi?" lo avrebbero seccato più di quanto non lo fosse già e se non l'aveva ancora mandata a quel paese era solo perché sua madre gli aveva insegnato le buone maniere.

 

"Hai incontrato Harry? Il tuo compagno di stanza?"

 

"Si" affermò Louis "L'ho visto prima"

Harry. Bel nome Harry.

 

"Puoi parlargli?" chiese e quel tono apparve più compassionevole di quanto non lo fosse già. Poi Louis la fissò e i suoi occhi non erano cupi, gelidi, come sempre. Aveva gettato via le vesti di tiranno che tutti detestavano dentro quelle quattro mura. Almeno per quel dialogo. E Louis gliene fu grato perché quella non era una delle giornate migliori.

 

"Ma non era Liam quello che si occupava di cercare di intraprendere un dialogo con i nuovi arrivati?" Louis si agitò pensando a cosa avesse mai potuto dirgli dopo che aveva cercato di evitarlo per le quattro ore precedenti.

 

"Louis" lo ammonì la donna "ti ricordo che quella volta che Liam cercò di parlare con Zayn tornò con il labbro superiore rotto e l'occhio violaceo"

 

Cosa avrebbe mai potuto dirgli? Di cosa avrebbero mai potuto parlare? Avrebbe dovuto principalmente cercare di fargli dimenticare il suo atteggiamento scorbutico a mensa, dirgli che quello era stato solo un momento sbagliato, magari fargli pensare che fosse una persona solare e divertente, che seguisse tutti i corsi che doveva, che stesse bene, che quella terapia stesse funzionando alla grande, che solitamente alle sei del pomeriggio non si faceva portare dell'erba, che nel mondo della droga ci era entrato per sbaglio, che dopo quel-

 

"Louis" la signorina Thompson lo riprese da quello stato di trance in cui era caduto "và da lui e parlagli"

 

"No" e poi Louis girò i tacchi percorrendo quel corridoio con più fretta che poteva, con i ricordi più belli a raffiorargli la mente perché si sa, più son belli, i ricordi, più ti levigano ciò che non puoi difendere.

L'ultima volta che ho provato a parlare con il fatidico nuovo arrivato ci sono finito a letto e per due buoni mesi ho pensato di esserne innamorato avrebbe voluto rispondergli, forse avrebbe capito. Ma come puoi pretendere che gli altri capiscano ciò che non hai compreso neanche tu? Quindi andava bene così, Louis si accontentava, non andava oltre. Andò via con la voglia di restare solo per un po', in silenzio. Uno di quei silenzi che anche l'anima di Louis si concedeva. Quei silenzi che ti creavano degli abissi nel cuore, quelli che ti facevano distruggere le cose più preziose.

 

 

Harry se ne stava lì sul letto con il viso rivolto verso il materasso del letto superiore, con una mano sull'addome e un'altra a reggere il cellulare. Gli auricolari sparavano a tutto volume Shattered. Dopo due anni ancora non gli aveva dato noia ascoltarla e quando lo faceva si immaginava in circostanze completamente diverse da quelle che viveva attualmente.

Magari si immaginava in America con una casa che potesse ospitare quanti più festini possibili, con degli amici che non gli voltassero le spalle e con un ragazzo che non lo usasse solo per scoparlo.

 

Era ciò che forse all'età di 13 anni aveva immaginato della sua vita. Harry aveva sempre amato proiettarsi nel futuro ed immagnarsi il meglio sebbene sapesse che il meglio non era ciò che dovesse aspettarsi da una vita così torturata come la sua.

Ciò che la vita gli aveva serbato fu completamente l'opposto e si malediceva ogni notte per aver solo pensato che forse ci sarebbe stato qualcosa di positivo.

 

Stare lì sdraiato sul letto ad ascoltare musica cancellava qualsiasi altra immagine dalla sua testa tranne le visioni che la musica evocava in lui.

I pensieri erano ormai qualcosa in dissolvenza, non si accorgeva del resto, tanté che non si accorse della porta che sbattè violentemente provocando un tonfo dentro la stanza, non si accorse che quel ragazzo era entrato imprecando tutto e tutti fin quando non se lo ritrovò davanti impegnato a mettere un piede nella staffa giusta mentre saliva nella cuccetta superiore.

 

Fu a quel punto che Harry si tolse le cuffie dalle orecchie arrotolandole su se stesse in modo che non si formassero nodi.

 

"Non dovresti ascoltare musica a volume così alto" disse mentre si toglieva le scarpe aiutandosi con i suoi stessi piedi "Ti si potrebbero rompere i timpani"

 

"Che t'importa" sbuffò Harry.

 

"M'importa se mi diventi sordo. Pensa se sto dormendo e tu non senti la porta. O se sto al cesso"

ed Harry a quella risposta si rassicurò pensando che allora non era muto come gli aveva fatto pensare. Poi uno scricchiolio di quelle aste del letto di ferro e quel ragazzo si sporse con la testa dalla cuccetta superiore, con i capelli a mezz'aria, lasciando la visuale dei suoi occhi, troppo lontani per essere scrutati come avrebbe voluto Harry.

"Capisci Harry?"

 

Harry. E' il mio nome.

Forse metabolizzò tardi ciò che aveva appena sentito ma fatto sta che lo fece.

 

"Harry? Come sai che mi chiamo così?" esclamò il riccio forse lasciando intravedere fin troppo lo stupore e la curiosità nel suo tono.

 

"Non lo sapevo, ho tirato fuori un nome a caso ma con questa risposta me l'hai confermato" Harry non poteva vedere il suo viso ma, non seppe perchè, se lo immaginò con gli occhi socchiusi rivolti verso quel soffitto bianco panna e un accenno di sorriso tra le guance. Non sapeva neanche come fosse il suo sorriso. Ma se lo immaginava.

 

"Non ti credo" lo ammonì Harry passandosi una mano tra quei ricci ormai non più ricci ammaccati dal cuscino su cui si era poggiato.

 

"Cosa t'importa di sapere come lo so? Lo so" poi fece una pausa e sospirò ed Harry temè sul serio che avesse smesso di parlare. Stava iniziando a piacergli quella conversazione o forse no, ma dopo quattro ore o di più era riuscito a fargli formulare frasi che non fossero monosillabi "Quanto la fai lunga riccio"

 

Riccio. Così mi chiamava Nick. Non dirlo.

 

"Sai il mio nome, non ritieni che sia cosa buona e giusta che io sappia il tuo?"

 

"Louis, mi chiamo Louis"

 

E poi il silenzio calò in quella stanza. Ma quello fu diverso. Quello non fu uno di quei silenzi che ti distruggono dentro, ma fu uno di quelli che fanno bene al cuore e all'anima, quelli che ti lasciano riflettere, quelli preziosi, quelli del momento giusto. Uno di quelli che anche Louis e Harry si concedevano.

 

 

Harry non si svegliò di buon umore quella mattina. Quello che era successo la notte prima l'aveva lasciato sveglio ed era riuscito a chiudere occhio solo alle 6 del mattino. L'unica cosa positiva, forse, era che, al contrario delle sue aspettative, quei compagni di stanza che aveva tanto maledetto non erano così male.

 

00.47

Harry guardò ancora una volta lo schermo di quel cellulare coprendosi con il dorso della mano gli occhi per quanto quella luce fosse forte. Gettò uno sguardo alla finestra ancora socchiusa e teoricamente pensò che era arrivato il momento di alzarsi per chiuderla, era calata l'umidità della sera e constatò che dormire in pantaloncini non era stata una delle pensate migliori.

Le sue gambe però si rifiutavano di muoversi.

Come se dicessero 'piuttosto muori di freddo'.

 

Poi quel silenzio fu interrotto da schiamazzi, risate e gridolini nel corridoio, poi il rumore della chiave nella serratura e la luce accesa.

"Liam" "Liam ti stai fermo" "Liam cazzo" quelle parole vennero pronunciate da una voce calda e autoritaria che apparteneva ad un ragazzo moro. Il castano, invece, si faceva forza su di lui con un braccio intorno al suo collo mentre cercava di alzargli la maglia e solleticargli la pancia.

 

Occhi scuri, pelle color oliva, capelli neri con un accenno di biondo sul ciuffo.

 

"E tu chi cazzo sei?" esclamò aiutando il castano a togliersi le scarpe.

 

Harry fu ripreso da uno stato di trance e mentre stava per aprire bocca per pronunciare un 'Harry, mi chiamo Harry e dovrai condividere questa stanza con me stronzo', la voce acuta di Louis lo anticipò.

 

"Lui è Harry e quando entri fai meno casino la prossima volta"

 

"So parlare" lo stroncò Harry, apprezzando in qualunque caso il suo tentativo di rispondere al suo posto. Ma fino a prova contraria una bocca e delle corde vocali le possedeva ancora.

 

"Mi piaci" affermò il moro di spalle "Io sono Zayn" e poi si girò dopo aver definitivamente messo a letto l'altro, indubbiamente fatto o ubriaco.

 

"Ho portato della roba leggera" cacciò dalla tasca posteriore del jeans quella bustina trasparente "Componente?" si rivolse ad Harry che annuì prontamente. Come rifiutare dopo non aver fumato per 4 giorni? Prima che sua madre lo mandasse in quel posto, era stato occupato a pulire il garage di casa tutto il giorno e aveva avuto il tempo di fumare due o tre sigarette, ma Niall non gli aveva portato la roba. Stava impazzendo, lo sentiva, se non l'avesse portata Zayn in un modo o nell'altro ce l'avrebbe dovuta fare. Era concesso uscire da lì dentro una, due volte a settimana e avrebbe sfruttato quei due giorni per diventare una ciminiera di erba.

 

"Loulou al posto di fare il mestruato perché non vieni qui?" fece Zayn, inarcando il labbro inferiore assumendo una faccia da cucciolo.

 

Harry si irrigidì a quel soprannome.

 

"Scendo solo per la roba e faccio finta che tu non mi abbia chiamato Loulou" e poi si girò di spalle scendendo cautelamente, mettendo con attenzione il piede in ogni staffa.

Si sedette di fianco ad Harry, di fronte a Zayn, con la schiena poggiata al ferro del letto e il braccio a contatto con quello del riccio.

 

Zayn prese le cartine dal giubbotto in pelle poggiato alla sedia e, messa sulla sua coscia, mischiò il tabacco di quelle Winston con l'erba, poi rollò e lasciando una breve scia di saliva chiuse quella canna. Poi un'altra. Poi ancora un'altra. E un'altra ancora.

 

Un click, due click e poi tutti e tre iniziarono ad aspirare una boccata come se non ci fosse niente di più rilassante al mondo. E in effetti era così. I muscoli si rilassavano, la testa diventava più leggera e gli occhi più pesanti. Harry era abituato a fumare con la testa all'indietro, poggiata da qualche parte. Gli capitava spesso in quel cortile di sedersi su quella panca su cui aveva dato il suo primo bacio, ad una donna per giunta, con la testa gettata all'indietro sulla ringhiera. Contava le stelle, sceglieva quale fosse la più luminosa e si immaginava da tutt'altra parte.

 

Tra una battuta e l'altra, dopo aver scoperto le avventure di Zayn e Liam di quella notte, dopo aver scoperto che avessero 21 e 22 anni, nel lasso di tempo di un'ora finirono tutto.

A Zayn cominciarono a pesargli gli occhi e liquidò i due con un "Non capisco un cazzo, da quanto non mi fumavo 'sta roba" salendo sulla cuccetta superiore ancora in jeans e maglietta.

 

Harry si alzò con difficoltà da quella posizione poggiandosi prima alla spalla di Louis che sussultò a quel contatto improvviso e poi al materasso del suo letto.

 

"Vado in bagno" e con le gambe che minacciavano di crollare da un momento all'altro e con il mondo sottosopra si avviò verso quella porta.

Aveva soltanto bisogno di constatare il suo stato al momento. Era da tanto che non fumava roba leggera e abusandone pensava di non arrivare a stare così. Ma era felice di trovarsi in quello stato, non riusciva a pensare a nient'altro che "Gira tutto" ed era per quello che amava stare così. Con la testa tra le nuvole, consapevole di ciò che succede fuori ma senza avere la forza per pensarci troppo.

Poi, assorto nel suo mondo, Harry non si era accorto che Louis aveva aperto quella porta e entrato, l'aveva richiusa. Si accorse della sua presenza solo quando, avvicinatosi a quelle mattonelle, sedendosi l'aveva urtato con il suo braccio.

 

A quel punto, ripresosi da quello stato di incantamento, si girò per guardarlo pregustandosi il momento in cui avrebbe aperto gli occhi e l'avrebbe visto così, a fissarlo.

Aveva gli occhi chiusi e quelle labbra rosee, sottili incitavano Harry a fare ciò che aveva immaginato di fare dal primo momento in cui aveva messo piede in quella stanza e l'aveva visto. I lineamenti ben definiti, un accenno di barba sul mento e sulla mascella lo rendevano ancora più sexy di quanto non lo era già.

 

 

Un altro tiro ed Harry lasciò che il fumo invadesse i suoi polmoni, bruciandoli e consumandoli. Al ricordare quel momento un brivido gli percosse la spina dorsale perché quegli occhi finalmente poi li aveva guardati. Harry odiava vedere. Harry amava guardare. E ci era riuscito. Da fatto, ubriaco, sobrio o quel che poteva essere quegli occhi se li sarebbe ricordati in qualunque caso. Perché gli occhi bisogna guardarli sempre, ci si affoga dentro, ci si perde, non si sa più dove si è.*

 

 

E Harry lo sapeva. Louis aprì gli occhi lentamente e Harry fissò le sue ciglia folte che si muovevano su e giù. Poi saldò quelle iridi azzurre nelle sue smeraldo ed Harry stava per rompersi. Come un vaso, stava per frantumarsi in cocci. Aveva i contorni rossi e le palpebre pesanti. Harry guardava quegli occhi con attenzione, talmente tanto da forse saper raccontare quanto misurasse la circonferenza della sua pupilla. O che forma avessero. O addirittura avrebbe saputo contargli le ciglia. Non riusciva a decifrarne il colore, ancora. Quegli occhi meritavano di essere scrutati nei dettagli, nel profondo. Lì dentro potevi scorgerci un abisso e nel momento esatto in cui sorrise, Harry si irrigidì.

"Perché mi guardi così?" lo riprese Louis pensando che forse avrebbe potuto leggergli nel pensiero, forse avrebbe potuto leggergli quel ho voglia di baciarti, perché indubbiamente gli si leggeva negli occhi.

 

"I tuoi occhi" fece Harry avvicinando con fatica una mano al viso di Louis carezzandogli con il pollice quella guancia morbida con una delicatezza che forse non gli apparteneva neanche "Non riesco a decifrarne il colore"

 

"Sento che potrei fare qualcosa di cui potrei pentirmene" sussurrò Louis mordendosi il labbro inferiore, quasi rompendolo a sangue. Moriva dalla voglia di assaggiare quelle labbra rosse e carnose, quelle labbra che meritavano di essere baciate fino allo sfinimento.

 

"Fallo" e si parlò di un secondo solo, poi Louis portò una mano alla nuca di Harry avvicinando quelle labbra alle sue. Poi questione di attimi: i loro respiri affannati al sapore di erba divennero uno e poi le loro labbra si unirono, mischiando quei sapori così uguali ma così diversi. Louis fece pressione sulle sue labbra, fin quando Harry non le schiuse e lasciò esplorare a Louis quella bocca così familiare. Si baciavano con ardore, con veemenza, con passione e Louis si abbandonò alle mani di Harry che gli afferrarono il viso mentre le loro lingue saettavano, si perlustravano, si esploravano. Un bacio che avvolse i due in un turbine di eccitazione e calore.

 

Harry fece scorrere le sue mani sul torace di Louis fino ad arrivare al cavallo dei suoi pantaloni già rigonfio. Sganciò quel bottone che tanto lo ostacolava e sentì Louis trattenere il respiro mentre la sua mano raggiunse la sua eccitazione già irruente.

 

"Harry" Louis trattenne un mugolio e poi portò la sua mano su quella di Harry che stava inziando a regalargli piacere "Non possiamo"

 

"Invece si" e incastrò una mano tra i suoi capelli mentre delicatamente gli mordeva il labbro inferiore "Lo vuoi" bisbigliò.


"C'è Zayn" disse Louis.

 

"Non m'importa"

 

"A me si" e la sincerità con cui lo disse, disarmò Harry che cercava di calmare il suo respiro e il battito cardiaco.

 

"Va bene così" e poi scattò in piedi davanti a Louis che lo vide allontanarsi da lui. Già, lontano. Come tutti infondo. Come Zayn. Come sua sorella. Come sua madre. Come Denise.

 

Harry pensò a quel bacio. Ancora il calore al basso ventre. Ancora i brividi a percorrergli la schiena. Ancora il suo sapore. Ancora quel respiro ad infrangersi contro il suo. Ancora il cuore a battergli come se potesse uscirgli fuori dal petto. E per un momento, dovette fermarsi. Dovette smetterla di pensarci perché quel battito avrebbe potuto svegliare Louis.


*Mi sono riferita ad una frase che mi piace tantissimo.

Note:

Buonaaaaaaaseraaaaaaaaa.
Premetto che vado di fretta e se scriverò tutte cose insensate perdonatemi. Parliamo prima del capitolo: come vedete Harry conosce Zayn e Liam, i compagni di stanza, insieme a Louis e fuma insieme a loro. Si, non potrebbero. Si, lo fanno di nascosto. 
Poi succede IL FATTO. Harry e Louis si baciano ma Louis è ancora "preso" da Zayn in un certo senso, perché tra di loro c'è stato qualcosa un po' di tempo prima e a Louis non è ancora "passato" del tutto. 
Per quanto riguarda quella Denise che ho scritto a fine capitolo, sfatiamo subito il mito: è la nipote di Louis, figlia di Lottie. (vi avevo già detto che avrei fatto essere Lottie più grande ai fini della trama della storia).


Poi volevo ringraziare chi ha messo la mia storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate e anche a chi l'ha letta e basta. 
Se vi va, lasciate una recensione così per farmi sapere cosa ne pensate. 

-Alessia

 

 

 


 

 
 

 
  
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