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Autore: rekichan    31/05/2008    0 recensioni
[Seconda parte de: "Double Face"] Eiji Inuzuka prese rapidamente la parola, ultimando in pochi secondi la rapida, ma efficace, presentazione di se stesso, ostentata con tale sicurezza da lasciar trasparire molto più di quanto avesse realmente detto.
Quando il secondo gemello ebbe finito di presentarsi, tutti gli occhi si puntarono su Kyuubi.
La ragazza li squadrò ad uno, ad uno con gli occhi scarlatti, facendo calare un silenzio glaciale.
«Uchiha Kyuubi.» si presentò, scostando una ciocca dalla punta vermiglia.
I suoi compagni attesero che finisse di parlare, ma la giovane non sembrava voler procedere oltre.
A conferma di questo, la sua espressione stupita quando si rese conto che aspettavano un seguito.
«Ehm…io avrei finito.»
[MPREG]
Genere: Dark, Sovrannaturale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Itachi, Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Salve a tutti

Regnava il silenzio nella grande casa degli Uchiha.

Una tensione opprimente che gelava il sangue e che toglieva ogni volta di parlare.

Non che i due fratelli avessero voglia di fare conversazione, o almeno questa non era l’intenzione del più giovane, il cui sguardo omicida era puntato sul maggiore, che si limitava a sorridere beffardo.

Seduti attorno allo tsukui della sala riunioni del clan; fino a quel momento nessuno dei due aveva parlato.

Fu Sasuke a rompere il silenzio.

«Come hai fatto a sapere del dolore al segno?»

«Ho i miei informatori, otooto.» fu la sibillina risposta «Ti basti sapere che ne conosco il motivo. E che non sono qua per danneggiare te o la tua famiglia.»

«Chiedi uno sforzo troppo grande, temo.»

«Per un po’ di fiducia?»

L’occhiata severa del fratello minore fece comparire un sorriso divertito sul volto marcato di Itachi.

Già, forse chiedeva veramente troppo.

Ridacchiò senza emettere suoni, prima di riassumere la sua classica espressione austera.

Le iridi scure, prive del mangekyou sharingan che lo aveva reso tanto famoso e temibile, si velarono di preoccupazione.

Aveva bisogno dell’aiuto di Sasuke e Naruto.

E perfino di quello di Kyuubi.

«Mi serve il tuo aiuto.»

«Cosa ti fa pensare che io sia disposto a dartelo?»

«Il fatto che tua figlia ne pagherà le conseguenze, visto che il problema riguarda i Bijuu.»

Il labbro inferiore di Sasuke sanguinò, trafitto dai denti del suo stesso possessore.

«Parla.»

Itachi ghignò.

Era facile manovrare le scelte di suo fratello.

Bastava far pressione su alcune cose a cui teneva particolarmente, e lui era sempre stato particolarmente bravo a capire quali fossero.

Maledettamente bravo.

«Conosci la leggenda delle Bestie dalle Code?»

«Ne ho una in casa.» replicò Sasuke, sarcastico.

«Bene…allora sarai così informato anche sui sigilli posti da Kyuubi no Youko sui demoni a lei inferiori, immagino.»

Il trentaseienne alzò lo sguardo sul mukenin, perplesso.

Non sapeva nulla di quella storia, e la sua ignoranza si rifletteva nell’incuriosita espressione del suo volto.

Da giovane sarebbe stato così orgoglioso da ricercare da solo le informazioni a proposito di tale leggenda, ma la presenza di Itachi, sebbene lo infastidisse chiedere chiarificazioni proprio a lui, rendeva impellente la conoscenza.

Se c’era una cosa di cui era certo, era che il suo aniki non faceva mai nulla senza uno scopo.

E, chissà perché, qualunque fosse il suo obiettivo, era meglio o tenersene alla larga, o conoscerne tutti i dettagli.

«Che sigilli?»

Itachi sorrise.

«I Sigilli del Fuoco, Sasuke. Come quello che hai sulla spalla.»

«Ehi, maledetto! Molla il mio pranzo!»

Kyuubi strappò con le bacchette il pezzo di pollo che Eiji le aveva sottratto dal ramen, proprio mentre l’Inuzuka stava per inghiottirlo.

Tenjo approfittò della sua distrazione per rubarle una verdura.

«Ehiiii! Inuzuka ladro!»

La piccola Uchiha si lanciò contro Tenjo, trasformando il pranzo in una vera e propria lotta per il cibo.

Ota sorrise.

Era bello vedere i suoi allievi così vivaci ed uniti.

Lo avevano beccato per strada, mentre andavano all’Ichiraku ramen e lo avevano invitato a pranzare con loro.

Stranamente, gli Inuzuka avevano offerto sia a lui, sia alla loro compagna, anche se su questa si stavano rifacendo a suon di pezzetti di ramen rubati qua e là.

Sorseggiò il brodo della propria porzione, appena in tempo per salvarsi il pranzo, visto che Eiji, avendo fallito il tentativo di sfuggire ai canini di Kyuubi, aveva disgraziatamente fatto rovesciare il tavolo con tutti i ramen.

E nonostante tutto, l’Uchiha era ancora attaccata al suo braccio, ringhiante.

«Ahia! Ota-sensei me la tolga di dosso! Mi fa male!»

Il ventiseienne, per tutta risposta, sorrise.

Il comportamento di Kyuubi gli richiamava alla mente un ricordo di anni ed anni prima, quando un semplice adolescente aveva partecipato ad un piccolo quadretto di una vita familiare ancora segreta ai più, che avrebbe visto la propria concretizzazione solo anni dopo.

Un giorno che Ota non aveva mai cancellato dalla propria mente.

Il giorno in cui il Rokudaime lo aveva assegnato alla squadra genin di Sasuke Uchiha.

*flash back*

La pioggia scivolava sul capo bruno del bambino, inumidendone i capelli.

La maglia intrisa d’acqua e il capo appoggiato contro le ginocchia, nel vano tentativo di nascondersi.

Era diventato genin, Ota Fujiki, e le dita sottili stringevano il corpifronte nuovo di zecca.

Umido di pioggia anche esso.

Aveva importanza potersi definire ninja, quando nessuno ti festeggiava per aver raggiunto quel traguardo?

Solitario, rifletteva accarezzato solo dalle lacrime del cielo e immaginava che quell’acqua e il freddo di quella pietra fossero le calde mani dei genitori.

Solo il nome era rimasto di loro.

Solo il nome inciso su una lapide.

Tuonò e Ota si strinse di più in se stesso.

All’orecchio gli giunse un gorgoglio di risatine.

Inizialmente pensò di aver confuso il ticchettare della pioggia col marmo con suoni di voci, ma quando si rese conto che non era così, attuò in fretta la tecnica della mimetizzazione per nascondersi.

«Smettila! Se ci vede qualcuno?»

Una figura bionda, confusa per via della pioggia incessante, ne scansava un’altra tenendosi i bordi della lunga tunica che indossava.

Ota si fece più piccolo contro la roccia, mentre quelli che dalle voci risultavano essere due uomini si fermavano proprio di fronte alla lapide.

Il ragazzo più alto aveva infine afferrato il biondino per la vita e lo stringeva a sé.

Adesso che erano vicini, l’undicenne riusciva a distinguerne i lineamenti.

Sconvolto, osservò il Rokudaime baciare l’Anbu Sasuke Uchiha con il sorriso sulle labbra.

«Ai shiteru, baka kitsune.»

La voce bassa e penetrante dell’Uchiha fendette l’etere, facendo percepire chiaramente le parole a Ota.

E, come essa, anche la risposta dell’Hokage giunse al suo orecchio.

«Ti amo anche io.»

La figura del Rokudaime si protese a baciare l’amante, ma questi lo fermò.

«Naruto…c’è qualcuno.»

Le iridi del biondino scintillarono dietro il sottile velo di pioggia, saettando verso la direzione in cui guardava il compagno.

Proprio nel punto in cui Ota era nascosto.

Il bambino tremò, mentre la mano dell’Hokage si posava sulla sua fronte, sciogliendo la tecnica.

«Ah, è solo un bambino.»

Ota si sentì scrutato dagli occhi scuri dell’Uchiha, che lo fissava con pacata indifferenza.

A quanto pareva, non lo considerava neanche un pericolo, visto che continuava a tenere stretto il Rokudaime per la vita.

Questi, però, si sciolse dall’abbraccio del compagno, chinandosi all’altezza dell’undicenne.

Sorrise, e Ota divenne paonazzo di fronte alla dolcezza che traspariva dal quel volto delicato.

«Come ti chiami?»

«F…Fujiki Ota.» mormorò, cercando di mantenere la schiena dritta e lo sguardo alto.

Era un ninja, adesso! Avrebbe dimostrato che sapeva comportarsi da uomo e che non aveva paura di una punizione.

«Fujiki?»

Un barlume di curiosità fece la sua comparsa nella voce del moro.

Il ragazzino annuì, orgoglioso.

Ma lo sguardo si abbassò inevitabilmente, quando incrociò quello severo dell’Uchiha.

«Sei figlio di Shota e Mariko Fujiki, per caso?»

«Sì.»

«Tieni la testa alta quando parli con qualcuno. E impara la tecnica della mimetizzazione. Ti si vedevano i piedi.»

Arrossì di nuovo e il piccolo volto dai lineamenti morbidi e femminei guardò ancora a terra, sconfortato.

Udì l’Uchiha sospirare, poi si sentì afferrare da due braccia forti e sollevare.

Quando alzò lo sguardo, si trovò faccia a faccia con quegli occhi neri che lo fissavano severi.

Naruto sorrise.

«E’ un invito a cena, Ota. E posso garantirti che Sasuke è un ottimo cuoco.»

I grandi occhi verdi del bambino scrutavano incuriositi l’ambiente.

Era la prima volta che entrava in un’abitazione tanto grande, appartenente ad una singola persona.

In breve tempo, i due uomini lo avevano trascinato nel quartiere Uchiha.

Appena avevano messo piede in casa, Sasuke era andato di filato in bagno a prendere degli asciugamani per togliere l’acqua di dosso a sé, al Rokudaime e al piccolo ospite.

Il biondino aveva fatto tranquillamente come se fosse a casa propria.

Con un sospiro di sollievo, si era tolto la tunica da Hokage, rimanendo con un paio di pantaloni scuri addosso.

Toltesi anche quelli, aveva preso il ragazzino e gli aveva tolto gli abiti bagnati, lasciando in biancheria anche lui.

«Sasuke! Porta qualche vestito per Ota, già che ci sei!»

L’Uchiha era apparso poco dopo.

Si era cambiato e, tolta la divisa da Anbu ormai fradicia, aveva indossato una lunga maglia nera e pantaloni dello stesso colore.

Tenuta assai casalinga, ma che fece sorridere il biondino.

«Come vedi, Sasuke non fa così paura.» rise, di fronte allo sguardo attonito del bambino, abbastanza sorpreso da quella versione “familiare” di un Anbu che aveva la fama di essere uno dei migliori di Konoha.

Eppure, si sentiva intimorito più da quella “normalità” che dalla versione ufficiale dell’Uchiha.

Forse perché lo sguardo severo del ventunenne si addiceva più ad un membro della squadra speciale che ad un borghese.

Naruto, invece, era diverso.

Ota era stato subito catturato da quell’aura di dolcezza e sicurezza che traspariva da tutta la persona del Rokudaime.

Vicino a lui si era sentito immediatamente protetto e il biondino suscitava in lui tanta tranquillità, pari soltanto all’inquietudine che gli incuteva il suo compagno.

«Moccioso, vieni qui. Sei fradicio.»

Tono burbero, freddo.

Sasuke si avvicinò all’undicenne, cominciando a frizionarlo con energia per togliergli di dosso l’umidità assorbita.

Occhi verdi fissi verso il basso, a fissare la punta dei piedi mentre l’asciugamano caldo premeva contro i propri capelli e il corpicino nudo e infreddolito.

Pochi secondi e, quando l’Uchiha lo ritenne asciutto, una felpa blu notte lo ricoprì da cima a fondo.

Era larga e gli arrivava poco sopra le ginocchia, ma era calda.

«Sembri tu da piccolo, Sasuke!» ridacchiò il biondino.

Gli occhi azzurri brillavano divertiti di fronte al bambino che navigava negli abiti dell’Uchiha quando aveva appena dodici anni.

Solo a quell’affermazione Ota notò il ventaglio bianco e rosso che spiccava in contrasto col blu scuro della stoffa sulla schiena.

«Non ho altri abiti per bambini, sai.»

«Bah…adesso che ne dici di asciugare anche me?»

Il Rokudaime era ancora grondante d’acqua; le ciocche dorate erano diventate color miele per la pioggia e aderivano alla pelle ambrata.

Il suo corpo risplendeva di una luce particolare.

Energia, entusiasmo.

Vita.

Ota ne era affascinato.

Come ammirò incredibilmente il contrasto che si venne a creare tra Naruto e l’Uchiha, quando questi cominciò a seguire dolcemente con le mani il contorno del corpo del biondino.

I palmi erano distaccati dalla pelle bronzea di qualche centimetro, ma l’Hokage teneva gli occhi socchiusi, come se lo stesse accarezzando.

E mano a mano che il moro faceva scorrere le mani su quel fisico asciutto e longilineo, Ota poteva vedere la pelle asciugarsi al calore che gli arti emanavano.

Il contrasto che creavano quelle mani pallide sul corpo dorato era paragonabile soltanto a quello tra i capelli e gli occhi scuri dell’Uchiha e i fili biondi e le iridi cerulee del Rokudaime.

Tutto in loro era opposto, ma Ota percepì come i due fossero immagini contrastanti di uno stesso specchio, facce di una stessa medaglia.

C’era un calore antico che proveniva dai due uomini, un sentimento che si era propagato nei secoli per giungere fino a loro.

Un brivido gli salì lungo la schiena.

Ota aveva la peculiare capacità di “sentire” le cose.

Il suo clan era possessore di una particolare tecnica del controllo del chakra tramite le spade.

Facendo roteare le katane ad altissima velocità, riuscivano ad eludere gli attacchi che prevedevano l’utilizzo dell’energia in questione.

Colpi come il chidori o il rasengan, basati sull’accumulo di grandi quantità di chakra, o il Juken degli Hyuuga erano perfettamente inutili contro gli esponenti del clan Fujiki.

E tutto era basato sul semplice utilizzo di una katana.

Si creava un feeling tra lo spadaccino e la sua lama, tale che con la distruzione di una, anche l’altro avrebbe subito un grave danno.

Ota non era ancora in grado di maneggiare la spada adeguatamente, ma percepiva il debole flusso che dipartiva dalla mano all’impugnatura.

Guardando i due, si rese conto che tra il biondo e il moro esisteva lo stesso identico rapporto.

Nessuno senza l’altro.

Legati da volontà più grandi di loro.

Legati dal filo rosso delle leggende che intrecciava i loro cuori.

E, con suo sommo terrore, Ota percepì un legame di sangue.

Un legame maledetto.

«Ahia! Maledetto Uzumaki!»

Il bambino si riscosse da quella sottospecie di trance all’urlo dell’Uchiha.

Il Rokudaime aveva morso l’avambraccio del ventunenne, rimanendovi saldamente attaccato con i denti, nonostante le proteste del compagno.

Riuscì a scollarselo di dosso solo dopo svariate proteste e colpi in testa, ma nonostante questo il segno dei dentini aguzzi rimase sul muscolo del braccio, rosso e livido sulla pelle candida.

«Bah…guarda cosa hai combinato…»

«Sai che sono segni d’affetto, tesoro.»

«Tsk…»

Naruto rise, poi guardò verso Ota.

Lo sguardo dolce, ma severo, fece arrossire il bambino che chinò il capo.

«Ota, per favore, non parlare a nessuno di quello che hai visto stasera. Ci metteresti nei guai.»

«Va bene, Rokudaime.»

«Naruto, odio le formalità.»

Nuovo rossore e un lieve sorriso.

«V…va bene, Naruto-sama.»

«Oddio come sei duro, mocciosetto! Naruto. Punto e basta.»

«Sì, a capo e lettera grande, baka kitsune.» sbottò Sasuke, dando un’energica strigliata sulla testa del compagno.

«Porti rispetto, Uchiha! Non si fa la “saponetta” al suo Hokage!»

In tutta risposta, il moro afferrò il ragazzo per il collo, costringendolo ad abbassarsi e sfregò rudemente le nocche tra la capigliatura bionda.

«Ahi! Ahi! Teme Sasuke! Lasciami! Questa me la paghi!»

«Magari in natura.»

«Scordatelo! Ti manderò in bianco per mesi dopo quest’umiliazione pubblica!»

«Ma se c’è solo Ota?» replicò Sasuke, lasciandolo però andare.

«Peggio! Traviamento di minorenne!»

«Tsk.»

Ota trattenne a stento una risatina.

Era strano vedere quelle figure così austere in pubblico, lasciarsi andare completamente una volta rinchiuse dentro le mura domestiche.

Strano, ma piacevole, e al bambino sembrò di essere ritornato ai tempi felici in cui abitava con sua madre e suo padre.

«Aaaaah, povero piccolo!» proruppe ad un tratto il Rokudaime, scompigliando la testolina bruna dell’undicenne. «Come farai con questo sensei maniaco?»

«S…sensei?»

Naruto ghignò.

«Come, non te l’ho detto? Sasuke Uchiha domani avrà il suo primo incarico come maestro jonin. E tu, Ota, sarai nella sua squadra.»

Ota alzò lo sguardo attonito verso Sasuke.

Il moro sembrava impassibile e indifferente al tutto.

Ma quando gli occhi verdi incrociarono quelli neri, le labbra del suo futuro maestro si piegarono in un sorriso appena accennato.

E Ota non ebbe alcun dubbio che fosse un sorriso di benvenuto.

*fine flash back*

«Kyuubi-chan!»

La voce del Rokudaime mise fine al litigio dei genin, distogliendo Ota dai propri pensieri.

«Kaa-san!» urlò la dodicenne, saltando al collo del biondino con le guance e i vestiti sporchi di brodo di ramen.

«Ciao piccola! Come è andato il primo giorno da kunoichi?» Domandò, alzando poi lo sguardo sullo scempio che era stato fatto al povero Ichiraku ramen.

Alzò perplesso un sopracciglio, interrogando Ota con lo sguardo.

«Che è successo qui? Passato un tornado?»

«No, sua figlia dimostrava il suo affetto ai propri compagni di squadra!»

«Se quello è affetto! Il morso sanguina!» piagnucolò Eiji, tenendosi il braccio.

Kyuubi, per tutta risposta, gli fece la linguaccia da dietro la tunica della madre.

Naruto sorrise, prendendo tra le mani il braccio leso e curando il morso.

In effetti sia lui che Sasuke avevano sempre sospettato che Kyuubi fosse cannibale.

In fondo, la volpe aveva dimostrato più volte la sua passione per la carne umana, ancora prima di diventare tale.

Sin da quando era sigillata nel corpo di Naruto, la kitsune suscitava nel biondino una vera e propria voglia di mordere chi gli stava attorno.

In seguito, l’Hokage aveva mantenuto quell’abitudine, facendola propria, ed era ben consapevole che la maggior parte delle cicatrici che deturpavano il corpo di suo marito, parte le bruciature del segno, erano causate non tanto dai combattimenti, quanto dai suoi denti acuminati.

Sempre a sentire Sasuke, anche quando Kyuubi aveva preso il controllo del suo corpo non faceva altro che mordere, ma entrambi avevano sperato che la loro bambina perdesse quella malsana abitudine di mangiare la gente.

Non era stato così, e adesso anche Naruto aveva le sue belle cicatrici di morsi sulle braccia.

«Ci farete l’abitudine, ragazzi. Perfino Sasuke che è notoriamente un brontolone si è rassegnato.»

«Mordete anche voi, Rokudaime?» domandò Tenjo.

Naruto sorrise.

Quei bambini erano proprio Inuzuka D.O.C.

Strafottenti, irrispettosi, ma con un grande cuore come il padre e una dolcezza nel volto e nello sguardo che potevano aver preso solo dalla madre.

Doveva passarli a trovare prima o poi.

«Da qualcuno deve pur aver preso, no?» ghignò, scompigliando i capelli biondo-rossicci della figlia. «Beh, adesso vai a lavarti Kyuubi. Sei tutta sporca di ramen. Tuo padre dovrebbe essere a casa.»

«Sì, è a casa. Ma…»

«Ma…?»

«Nulla.»

Kyuubi scosse la testa, e corse via.

Se avesse parlato a sua madre dello zio, avrebbe protestato terribilmente e poi, forse, quell’uomo se ne era già andato.

E la dodicenne voleva vedere suo padre da sola.

Naruto interrogò i presenti con lo sguardo, come a chiedere che cosa fosse preso a sua figlia, per scappare via in quel modo.

Fu Eiji a dargli la risposta.

«Credo sia preoccupata per il signore di oggi che è andato via con vostro marito.»

«Un signore?»

Tenjo annuì.

«Sì, un signore tutto vestito di nero! Assomigliava tantissimo al signor Uchiha.»

Un brutto presentimento si fece strada in Naruto.

«Questo signore…ha detto chi era?»

«No, ma Uchiha-san lo ha chiamato Itachi se non sbaglio.»

Il biondino sgranò gli occhi, sconvolto.

Balbettò qualche parola di scusa, poi si allontanò di gran carriera.

Doveva indirre lo stato d’allarme, a causa della presenza di un mukenin di livello S in città.

E, per quanto il suo desiderio più grande fosse correre a casa a proteggere suo marito e sua figlia, non poteva esentarsi dal suo dovere di Hokage.

Konoha al primo posto, la famiglia al secondo.

Ma quanto, in quel momento, avrebbe voluto invertire quell’ordine!

«Tou-san?»

Kyuubi si affacciò appena alla porta, incrociando lo sguardo di Sasuke.

Il trentaseienne sospirò, quando vide gli occhi scarlatti della figlia velati di lacrime.

La bambina, nel ritorno a casa, si era lasciata andare a quel pianto che prima aveva trattenuto e i residui delle lacrime salate erano ancora cristallizzati sulle sue gote.

«Vieni pure, Kyuubi.»

La kitsune deglutì, avvicinandosi appena al padre.

Percepiva ancora la sua rabbia e non sapeva come comportarsi.

Fortunatamente, Sasuke era molto più empatico di quanto ci si potesse aspettare.

«Continueremo dopo questo discorso, Itachi-san.» mormorò, alzandosi e conducendo la figlia fuori dalla stanza, chiudendo lo shoji dietro di sé.

Itachi socchiuse appena gli occhi, concentrandosi sui suoni delle loro voci.

Kyuubi singhiozzava, mentre Sasuke le sussurrava parole di conforto, stringendo a sé il corpicino acerbo.

Sospirò, in preda a un vago senso di malinconia.

Nonostante tutto, Sasuke era riuscito ad uscire dal baratro in cui l’aveva trascinato, lasciandolo da solo nella propria oscurità.

Un’anima inquieta che cerca la solitudine, ma che vuole compagnia nella stessa.

Ma Sasuke aveva trovato la luce, lasciandolo a marcire da solo nel buio, senza regalargli neanche la pace della morte.

Per fortuna, in quella notte senza fine, anche lui aveva trovato la propria stella.

Sorrise, ripensando a lei.

Lei che attendeva il suo ritorno.

Eppure, non riusciva a capire se fosse peggiore la sensazione di solitudine completa provata precedentemente, oppure l’aver trascinato la donna che amava con sé.

Si scostò una ciocca scura dal viso, con la mano destra.

Un arto inesistente, ricostruito con un addensamento di chakra nero.

Come l’oscurità che lo circondava.

Sasuke rientrò nella stanza, sedendosi di fronte a lui.

Un lampo interrogativo, negli occhi di pece, alla vista della mano.

«Il tuo regalino di tredici anni fa, otooto.» spiegò il maggiore degli Uchiha, sorridendo.

«Se non fossi stato drogato dal tuo oppio, adesso avresti la testa d’ombra.» sibilò Sasuke.

«Peccato che hai mancato il colpo.»

«Lui, forse. Ma stai sicuro che io non sbaglierò.»

Naruto era apparso dietro Itachi, circondandogli il collo con due kunai affilati.

Pronto ad uccidere.

«Naruto…aspetta!»

«Spero tu abbia una spiegazione valida, Sasuke, perché stavolta altro che in bianco per qualche mese! Ti lascio in astinenza anni!» ringhiò il Rokudaime.

«Sasuke, dici a tuo marito di mettere via quegli stuzzicadenti, per favore?»

Il più giovane dei fratelli sospirò, alzando gli occhi al cielo.

«Fosse per me lo lascerei fare. Naruto…la spiegazione c’è.»

«Ovvero? Dai che forse la pena si riduce a qualche settimana. Giusto per averlo portato in casa.»

«Due giorni!»

«Otooto, io avrei due kunai puntati al collo.»

«La mia vita sessuale è più importante della tua esistenza, quindi taci.»

«Sì, anche io ti voglio bene otooto.»

«Sasuke…questa motivazione?»

«Sta per scoppiare un’altra guerra tra i Bijuu. Se così sarà, Kyuubi sarà la prima a farne le spese. Itachi, anche se sembra strano dirlo, è qui per aiutarci.»

«D…davvero?»

Sasuke annuì.

I kunai caddero a terra, mentre Naruto si lasciò cadere sulle ginocchia.

Kyuubi…la sua Kyuubi, la sua bambina…

Sasuke gli si avvicinò, abbracciandolo.

«Stai calmo, Naruto. Staremo in guardia e non permetteremo a nessuno di toccare nostra figlia.»

Naruto annuì, lasciandosi andare all’abbraccio del compagno.

Nonostante le rassicurazioni, era agitato.

Un’ombra aleggiava sulla famiglia, avvolgendoli a loro insaputa.

E Naruto cominciava già ad avvertire il peso della solitudine che avrebbe dovuto affrontare in futuro.

Solo.

Di nuovo.

   
 
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