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Autore: WendyMoira    12/01/2014    6 recensioni
"C’erano poche cose che mi facevano più paura di mia madre incazzata. Ad esempio mia madre incazzata per aver perso un pomeriggio di lavoro a causa mia. O mia madre molto incazzata per aver perso un pomeriggio di lavoro perché io, Al e Scorpius ne avevamo combinata un’altra delle nostre. O mia madre molto più che incazzata per aver perso un pomeriggio di lavoro perché per “una delle nostre” questa volta si intendeva aver fatto saltare in aria l’aula di pozioni, con alunni e insegnante dentro. Ops."
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Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nuova generazione
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1.

Sculture di muco di Troll e calderoni esplosi

 

Ottobre 2018


Hermione Granger odiava chi le scombinava i piani; e questo perché era una donna precisa. Nota fondatrice di organizzazioni benefiche, eccellente funzionaria del ministero, madre matura e responsabile, con in testa una scansione perenne e perfetta del suo tempo e dei suoi impegni. Per lei non esisteva un piano B – a meno che esso non consistesse in “seguire il piano A”, ovvio. D’altronde, si trovava spesso a pensare con orgoglio, era sempre stata così efficiente che raramente aveva avuto bisogno di escogitare una soluzione alternativa: quasi quarant’anni e non aveva mai sbagliato un colpo.
Fu per questo che pensò che dovesse esserci stato uno sbaglio quando, in un freddo pomeriggio di ottobre, un grande gufo reale planò nel suo ufficio per consegnarle una lettera dal sigillo inconfondibile. Sospirando, chiuse il libro di Magisprudenza che aveva tra le mani - non senza aver prima piegato l’angolo della pagina con cura - e si allungò sulla scrivania nera, pronta a rimandare l’animale indietro verso il vero destinatario. Ma non lo fece.
La strega, che rimaneva stupita tanto spesso quanto sbagliava la pronuncia di un incantesimo, aggrottò lievemente le sopracciglia quando vide il suo nome stagliarsi elegantemente sulla superficie bianca e porosa. Le alzò preoccupata quando dopo due attente letture capì cosa avrebbe dovuto fare, le corrucciò e storse la bocca quando realizzò chi avrebbe dovuto incontrare.
In sostanza, ne riemerse che aveva un’espressione decisamente contrariata, tanto che stropicciò la lettera e la gettò stizzita sul ripiano di legno mancando di poco il gufo appoggiato su una catasta di libri. Gufo che, comunque, fu abbastanza furbo da non stridere in segno di protesa.
Hermione si abbandonò contro lo schienale della poltrona con aria tesa. Inspirò profondamente, considerando la situazione da tutti i punti di vista. Certo, fosse stato per lei avrebbe evitato di immischiarsi in quella faccenda, ma … lei era Hermione Granger, no? E Hermione Granger faceva sempre la cosa giusta.
Non lo aveva più rivisto, a parte qualche saluto frettoloso al binario 9 3/4, dopo aver testimoniato al suo processo. Ginny le aveva accennato alla tragedia familiare che l’aveva colpito qualche mese prima, ma da lì in poi non aveva più sentito parlare di lui. Lui era rimasto a malapena un’ombra del passato sullo sfondo della sua frenetica e brillante vita. 
E allora perché era così nervosa? Si passò stancamente una mano sul viso, sotto lo sguardo stranito del rapace. Quando finalmente si alzò e cominciò a fare avanti e indietro per la stanza la lancetta più lunga dell’orologio aveva già fatto due giri.
Hermione Granger odiava chi le scombinava i piani, era vero, ma odiava anche e soprattutto non fare quello che tutti si aspettavano che Hermione Granger avrebbe fatto. Dunque si rassettò il tailleur grigio scuro con gesti efficienti e marciò decisa verso il caminetto di pietra situato dietro la sua poltrona. Era un caminetto molto banale, spento e sovrastato da una libreria così carica che pareva poter crollare da un momento all’altro, ma lei lo squadrò come se fosse un nemico enigmatico e pericoloso.
Lo fissò meditabonda, rifletté ancora qualche secondo e infine con uno scatto fluido della bacchetta Appellò il mantello agganciato all’appendiabiti; poi prese un po’ di polvere da una ciotola sugli scaffali e, mentre l'indumento le planava delicatamente addosso, accese il fuoco.
La lettera abbandonata sopra la scrivania venne illuminata da un bagliore verde quando Hermione gettò la Metropolvere nel camino e vi ci si infilò.
« Hogwarts, ufficio della preside » scandì con determinazione la Paladina del Mondo Magico, un attimo prima di venire risucchiata dalle fiamme smeraldine.
Il gufo, rimasto solo, si levò dal tavolo sbatacchiando le ali e volteggiò via, indignato per il trattamento subito. La corrente del volo fece cadere la lettera sul pavimento di pietra, dove giacque abbandonata per tutto il resto della giornata.

 

***

 

4 anni dopo


C’erano poche cose che mi facevano più paura di mia madre incazzata. Ad esempio mia madre incazzata per aver perso un pomeriggio di lavoro a causa mia. O mia madre molto incazzata per aver perso un pomeriggio di lavoro perché io, Al e Scorpius ne avevamo combinata un’altra delle nostre. O mia madre molto più che incazzata per aver perso un pomeriggio di lavoro perché per “una delle nostre” questa volta si intendeva aver fatto saltare in aria l’aula di pozioni, con alunni e insegnante dentro. Ops.
È giunta la mia ora, lo so. Morirò nell’ufficio del prof di pozioni per mano di mia madre.
Mugolai sconfortata, scivolando ancora di più sulla sedia.
Ciuffi di ciocche rosse mi caddero davanti agli occhi e cercai di sistemarli alla bell’e meglio. Fatica inutile, visto che i miei capelli parevano aver tutta l’intenzione di non separarsi da ciò che, nata come Soluzione Ricostituente, ora assomigliava più a una scultura di muco di troll rappreso e condito con bava di Knarl. Se proprio dovevo morire volevo conservare almeno un aspetto dignitoso e invece…
« Niente da fare, non si scolla » piagnucolai sfiorando l’isteria.
La risata di Scorpius mi distolse dagli infruttuosi e poco onorevoli tentativi estetici.
« Dai Rose, magari abbiamo un futuro come bombardieri »
Ah ah. Spiritoso, Scorp.
Il mio migliore amico, che più che preoccupato per essere stato convocato d’urgenza da un prof sembrava godersela come l’orso Yoghi davanti a un pic-nic, mi diede una pacca sulla spalla col solito sorrisone allegro. Aveva perso gli occhiali per via dell’esplosione e anche lui aveva un po’ di pozione incollata qui e lì, ma sia mai che Scorpius Mr. Sorriso Smagliante Malfoy non trovasse spassoso anche l’aver quasi demolito un’aula del castello e rischiato l’espulsione.
In realtà con i capelli biondi sparati in aria e l’espressione da scienziato pazzo avrebbe fatto ridere pure me, se non mi fossi sentita come un condannato a morte negli ultimi istanti di vita.
« Facile prenderla sullo scherzo, per te » sibilai infantilmente assestandogli una gomitata « l’insegnante di pozioni è tuo padre »
Il mio biondino preferito sghignazzò con l’aria di divertirsi un mondo.
« Eh già, perché mai dovrebbe arrabbiarsi se gli ho fatto esplodere la classe? »
In effetti …
Al, il cui ciuffo corvino non avrebbe fatto una piega neanche se fosse stato inseguito da una creatura metà McGranitt e metà Ungaro Spinato, fece capolino dietro la schiena di Scorpius e osservò con espressione critica le mie condizioni.
« Mi sa tanto che finché non ci ridanno le bacchette ti dovrai tenere quella roba calcificata sulla testa » ebbe il buon senso di constatare dopo un’accurata analisi, riscuotendomi da fantasie in cui un mega lucertolone squamoso con la faccia della McGranitt (con tanto di chignon e occhiali d’oro, s’intende) sputava fuoco sul malcapitato che le aveva finito i Zenzerotti.
L’occhiata alla ma-non-mi-dire-Capitan-Ovvio che gli lanciai dovette essere più che eloquente, perché Al si astenne dal commentare oltre e riprese a far vagare lo sguardo tra le boccette esposte sugli scaffali, affascinato.
A questa reazione gandhiana mi sentii in colpa per il mio sventurato, tenero cuginetto: obbiettivamente che c’entrava lui se si era ritrovato con un innato spirito da crocerossina, me come parente e Scorpius come migliore amico? Dei tre il povero Al era l’unico decente in pozioni ed era solo merito suo se io e Scorpius avevamo passato tutti gli esami della materia nei cinque anni precedenti. Anzi, era solo merito suo anche il fatto che eravamo tutti e quanti sani e salvi, visto che era riuscito a lanciare un incanto Protego un attimo prima che la nostra creatura decidesse che il calderone le stava troppo stretto.
« In ogni caso ci hai salvati, prima » mugugnai riluttante, mordicchiandomi un’unghia nella mia personale e stentatissima versione di “Grazie”.
La testa di Al, tutta rivolta verso una fiala scura posta sul ripiano più alto della libreria, annuì tranquillamente .
« La prossima volta non insistete e lasciate fare a me » ribatté serafico. « Avreste potuto farvi molto male »
« Si mamma » ghignò Scorpius, così intenzionato a ripetere l’esperienza che mi pareva strano non schizzasse fulmini. Fui così rapita dall'idea di piantargli un’antenna in testa per scoprire se la sua zucca vuota ricevesse la FOX che quasi non mi accorsi del pizzicotto che mi tirò sul braccio.
« Ehi Rose, hai visto la faccia di Nott quando si è trovato ricoperto di fanghiglia? »
Sorrisi mio malgrado. In effetti vedere Taddeus Nott, il più odioso e snob pallone gonfiato che conoscessi, piangere istericamente perché il suo preziosissimo cardigan su misura era diventato una melma inutilizzabile e fumante era stato uno spettacolo coi fiocchi.
« E hai visto mio padre? Mio padre che… »
« “Tuo padre che” cosa, Scorpius? » Sussurrò una voce glaciale e strascicata dietro di noi.
Ma perché?
Sentii il sorriso colarmi dalla faccia mentre un uomo alto e biondo, dal mento affilato e severi occhi grigi, si portava davanti a noi camminando piano. Draco Malfoy, detto anche Sleccata di Mucca Albina per l’impeccabile e laccatissima capigliatura ossigenata, era all’unanimità il professore più freddo e snob che tutta Hogwarts avesse mai visto. E ovviamente, la fauna femminile della scuola gli moriva dietro come un troll davanti a una clava ferrata ultimo modello in super sconto.
« Avanti, dimmi » insistette sarcastico.
La sua versione trent'anni più giovane e trenta volte meno depressa lo fissò ebete, mani affondate nelle tasche, con il sorriso speranzoso di chi sta per fare una domanda molto molto stupida.
Oh, no.
« Mio padre, che è un uomo meraviglioso, non ci toglierà punti e non ci metterà in punizione, vero? » tentò infatti due secondi dopo.
“E io sono Babbo Natale” pensai mentre “l’uomo meraviglioso” calava con tutta calma il suo fondoschiena Purosangue dietro la scrivania e guardava il figlio con tanta durezza che se Scorpius fosse stato meno coraggioso - o meno idiota - sarebbe scappato.
Calò un silenzio teso durante il quale il prof spostò lo sguardo a contemplare allucinato il panorama della finestra, evidentemente sfinito per aver appena trascinato di peso tutti i suoi studenti in infermeria.
No, dico, sembravamo appena usciti da un’esplosione nucleare e quello si doveva accorgere in quel momento che esisteva un Platano Picchiatore nel giardino di Hogwarts?
Perché non te lo abbracci, se ti piace tanto?
Come se mi avesse letta nel pensiero il suo sguardo spiritato scattò su di me.
Oh no, oh no, non me, non so mentire.
Girai il viso dall’altra parte sforzandomi di avere un’aria ingenua, da chi è capitata lì per caso. Oh insomma, sono ricoperta da capo a piedi di pezzi di feltro ancora bollenti e grumi di pozione che esplodono qui e lì, ho una scultura moderna in testa e mezzo sopracciglio bruciacchiato… perché mai dovrei centrare qualcosa con l’esplosione della sua aula?
Credibile, vero?
« Weasley, hai dieci secondi per spiegarmi quello che è successo »
E ti pareva.
Le mie orecchie ovviamente presero fuoco.
« Io non c’entro, professore » tentai sicura di me quanto un cammello al Polo Sud. « la pozione ha fatto da so … »
« Weasley. Uno, due … »
Gli scoccai un’occhiata indispettita.
Diamine, odiavo quel pinguino borioso più di quanto lui amasse il gel per capelli, il che era tutto dire.
« Tre, quattro, cinque … »
« Albus non c’entra » sospirai infine, rassegnata. « È che io e Scorpius volevamo migliorare un pochino la sua…ouch! Scorpius che cavol… cioè nostra, nostra pozione ma, ecco, sembra non aver funzionato troppo … bene. Al ci ha salvati all’ultimo, con un incanto di protezione »
Il professor Malfoy alzò un sopracciglio con l’aria di chi non sa più dove sbattere la testa platinata e io mi appiccicai un’espressione di innocenza finta tanto quanto il naso, le tette e, be’, praticamente il tutto di Rita Skeeter.
Poche balle, in realtà io e Scorpius avevamo giocato come al solito a quello che noi chiamavamo l’Allegro Alchimista. Il fatto è che eravamo così negati a pozioni da non poter manco sminuzzare decentemente una radice, così ogni volta Albus, prima di fare il lavoro per tutti e tre, ci dava un po’ di ingredienti innocui per tenerci buoni … solo che, ecco, quella volta poteva darsi che fossimo più annoiati del solito, che al nostro miscuglio si fosse aggiunta una goccia di bile di salamandra e che il risultato, per caso, fosse scivolato nel calderone di mio cugino.
Il mio sorriso si fece più ampio, nel maldestro tentativo di non apparire troppo colpevole, e il professor Malfoy si massaggiò le tempie esasperato.
« 30 punti in meno a Grifondoro e a Serpeverde » biascicò poi, secco « e 30 punti in più a Serpeverde perché Potter ha evitato un genocidio ».
Oh, cavolo, appena lo saprà Molly mi truciderà. Dopo che mi avrà prima uccisa mia madre, ovviamente.
Serrai la mascella, mentre Scorpius sorrideva soddisfatto e Albus, accortosi solo in quel momento della presenza del professore, mormorava un “buongiorno prof” a mezze labbra.
« Più un mese di punizione per tutti e tre» concluse infine Sleccata, con l'esuberanza della pelliccia di volpe di mia prozia Muriel.
Un mese?!
Malfoy Senior incrociò le braccia con pacata espressione di sfida, fregandosene altamente di aver rovinato la nostra vita sociale e, be’, vitale, vista la reazione che avrebbe avuto mia cugina. Disperata, cercai il sostegno dei miei altri due compagni di sventura, ma Al era perso nel meraviglioso mondo delle fialette di vetro e Scorpius mi guardò con aria indifferente, facendo spallucce. Grazie tante, lui era sempre in punizione, ma io non potevo stare un mese senza Quidditch!!
« Ma professore non è stata colpa nostra! » proruppi concitata. « Be’, forse un pochino ma … »
Il professor Malfoy lanciò un sorriso appena accennato nella mia direzione, sbalordendomi più di quanto avrebbe fatto Hagrid in tutù rosa che insegnava danza classica a un Ippogrifo.
« Non aggravare la tua posizione, Weasley. Per stavolta non convoco i vostri genitori » dichiarò. « Ma la prossima volta non sarò così clemente. Non fate mai più una cosa del genere »
Oh, fantastico!
Le mie viscere, fino a quel momento contratte dall’ansia, si rilassarono decisamente: almeno sarei vissuta fino alla maggiore età. Forse.
« Ci aveva detto lei di fare una pozione, prof » scherzai, ritrovando la mia solita linguaccia.
« Professor Malfoy, Weasley », mi corresse lui con un’occhiata severa « E comunque vi ho detto di seguire una specifica ricetta, non di buttare dentro roba a caso »
Touchè.

 

***


Due ore e tante dolorosissime spazzolate dopo mi trovavo nella Sala Comune dei Grifondoro, spaparanzata sul divano a fissare un mucchio di compiti che non avrei mai fatto. Albus dormicchiava raggomitolato su una poltrona, bersagliato da decine di voraci sguardi femminili, Fred e James si pavoneggiavano lanciandosi a vicenda uno sventurato boccino sotto lo sguardo ammirato dei bambini più piccoli, Roxanne pomiciava appassionatamente con Niall Finnigan e Scorpius giocava a gobbiglie con Lily, troppo compiaciuto dai suoi sguardi languidi perché gli importasse qualcosa di perdere ogni partita.
Era tutto tornato alla normalità.
Masticai il tappo della biro, guardando con aria colpevole il foglio irrimediabilmente vuoto che mi fluttuava davanti. Elencate i dieci passi per potare il Garofano Affannante senza fargli venire un attacco d’asma. Ehm, tenersi a portata di mano un inalatore?
« Ehi, Bomba Rose » una mano robusta scacciò la pergamena e, al suo posto, nella mia visuale comparve il viso allegro e squadrato di Abraham Thomas, capitano della squadra di Quidditch di Corvonero.
E si, Bomba Rose era il nome che mi avevano appioppato dopo l’episodio di quel pomeriggio. Non commentate, per favore.
Raccolsi le gambe e Abe si buttò sul divano.
« Andiamo a nascondere le Bacchette di Liquirizia nei letti dei primini? » mi chiese esibendo il suo miglior ghigno malefico.
« Sempre a prendersela con i più piccoli, Thomas? » rimbeccai divertita. Il foglio ritornò alla carica - accidenti a mia madre e ai suoi quaderni stregati - e io lo intrappolai nel libro di Trasfigurazione, cercando di non pensare troppo alla faccia da gnomo bastonato che avrebbe fatto il professor Paciock quando la classe si sarebbe presentata senza un solo compito svolto. Di nuovo.
« Io non me la sono presa con un povero calderone indifeso, Bomba Rose. E siamo solo a ottobre, pensa cosa combinerai tra poco. » ribatté Abe, uno scintillio di arguzia negli occhi castani.
Alzai lo sguardo al cielo e gli piantai un tallone nel costato.
« E smettila, rompipalle » sbuffai. Per tutta risposta lui si scompigliò i capelli biondo scuro - rubando qualche ammiratrice ad Albus - e si accese una sigaretta.
Io e Abe ci eravamo conosciuti, o meglio, scontrati, al terzo anno, quando lui per fare il bullo mi aveva buttato i libri a terra e io avevo ricambiato dandogli un pugno in faccia. Ovviamente non gli avevo fatto niente, perché Abe era sempre stato grande e grosso, oltreché un anno più grande, ma dovevo aver destato una certa impressione perché da lì in poi mi aveva preso sotto la sua ala protettiva.
« Vuoi? »
Scossi la testa. Abe aspirò con espressione assente e poi emise ampi anelli multicolori, subito inghiottiti dal Risucchiafumo per Interni, una scatolina tonda ricoperta di pelo.
« Allora, Bomba Rose? Che mi dici? Qualcosa di nuovo sul fronte affari di cuore? »
Dietro di noi Scorpius, che aveva sempre considerato la mia femminilità più o meno pari a quella di uno Schiopodo, scoppiò in un accesso di tosse piuttosto sospetto e le mie orecchie avvamparono. Lo ignorai e crollai le spalle seccamente, mugugnando qualcosa che assomigliava a un “lasciamo perdere”. Avevo assistito ad abbastanza scenate isteriche da parte del Team delle Cugine più Grandi da decidere di posticipare il periodo La-mia-vita-è-un-disastro-meno-male-che-c’è-il-gelato ancora per un annetto o due. O per sempre. E poi io non avevo bisogno che fosse uno stronzo a gettarmi nelle seducenti spira del gelato: ci sguazzavo benissimo da sola.
Sollevai le gambe dalle cosce di Abe e mi alzai stiracchiandomi. Tra sculture di muco di troll e calderoni esplosivi, quella era stata una giornata abbastanza pesante da farmi desiderare di andare a letto presto.
Guardai intorno e abbracciai con lo sguardo quella che potevo considerare una famiglia allargata. Mi si scaldava il cuore ogni volta che pensavo a loro, anche se non avrei mai sparso tanto miele su quella progenie di invadenti e maldestri cugini che mi ero ritrovata e che erano sempre stati il sostegno più importante, specialmente quando i miei avevano divorziato. Li passai in rassegna nella mia testa, uno ad uno. Victoire, incantevole e dai capelli di argento fuso, che per me era stata la sorella maggiore con cui confidarsi a cuore aperto; Molly, la seconda più grande che nonostante il ruolo di guida morale della banda riusciva a essere dolce, ogni tanto; Dominique, priva della malizia che caratterizza le ragazze belle come lei e perennemente persa nel suo mondo incantato di uccellini e corone reali; Fred, Roxanne e James, i peggiori combina guai della scuola; Lucy e Lily, l'inseparabile e spietato duo che gestiva il traffico di prodotti Tiri Vispi Weasley e di altro, la prima spirito libero dotato di una grinta che le faceva sempre ottenere quello che voleva - piercing al naso compreso - e la seconda, di un anno maggiore, non avvenente come lei ma foriera di un fascino sottile, nascosto nel perenne ghigno calcolatore e nel savoir-faire di una donna di mondo; Louis, signorino volubile e freddo di Corvonero così vizioso e caparbio che riusciva a fargli cambiare idea solo mio fratello Hugo, quando non era troppo impegnato a far innamorare ogni ragazzina con il suo animo profondo e filosofico, che nessuno si sarebbe mai aspettato dal figlio di Ron Weasley; e infine Al, un cosino bassino e magro, dalle orecchie un po’ a sventola sotto i capelli nerissimi e arruffati e gli occhi grandi e verdi, molto miti, che aveva una voce stranamente profonda per il fisico minuto e un’aria da cherubino distratto che faceva perdere la testa alle ragazze più grandi. Molti credevano che Al fosse un po’ strano e non avevano tutti i torti ma, nonostante questo, si fidavano tutti di lui: se avevi bisogno di un consiglio o di una mano per un compito in classe sapevi dove andare. In sostanza, Al era finito per diventare uno strano incrocio tra il saggio Gandalf e una rubrica per cuori spezzati di Strega Moderna.
A condire la massa vergognosamente smielata che era diventata il mio cuore ci si mise Scorpius, il mio migliore amico, il mio compagno di avventure. Non avrei saputo fare a meno di lui, anche se ultimamente si stava comportando in maniera un po’ strana con me. Per inciso, queste cose da diabete non le avrei mai dette a nessuno. Anzi, chi fosse sventuratamente venuto a conoscenza di tali ripugnanti stucchevolezze sarebbe stato conseguentemente evirato ma nella mia testa non potevano ancora esserci Orecchie Oblunghe, no?
Sospirai soddisfatta e gridai un "buonanotte" che sovrastò appena il baccano infernale. Dal divano Abe mi lanciò un “Notte, Bomba Rose” che per un attimo mi fece rimpiangere l’iscrizione al partito Rose&IceCream-Forevah, ma mi scrollai di dosso quella buffa sensazione e trotterellai allegra verso il dormitorio.
Avevo già iniziato a salire le scale di pietra quando udii Scorpius esclamare qualcosa come: “Rose non è una donna!”, scatenando un coro di risate.
La massa cioccolatosa del mio cuore si ghiacciò istantaneamente, provocando un’inusuale fitta di dolore nello stomaco.
Era tornato tutto alla normalità.
O forse no?

 

***


Era mattina presto, a Hogwarts. Il castello dormiva sprofondato nel silenzio e un’adolescente scarruffata si rimirava irrequieta negli specchi del bagno femminile, emettendo ogni tanto qualche sbuffo spazientito. Quella ragazzina, ovviamente, ero io.
Ma per il tanga di Merlino, quel bastardo di Scorpius me la paga.
Avevo passato la notte insonne, a rigirarmi inquieta per il nervoso. Ero davvero così poco femminile da meritare lo scherno di Scorpius?
Sì, avevo un fisico atletico, non uno sinuoso e tutto curve, ma non mi avevano mai scambiata per un maschio!
E da quando il suo parere mi importava, poi?
Ma per il tanga, il reggiseno, il baby doll e i bigodini di Merlino.
Mi sporsi verso lo specchio e arricciai il naso per la centesima volta. Il mio volto ricambiò il mio sguardo con sospetto: occhi castani, troppo scuri sulla pelle bianca e ricoperta di lentiggini, viso tondo, naso dritto, bocca un po’ a cuore e capelli rosso scuro lisci come spaghetti.
Non sarò Dominique ma non sono brutta. Credo.
“Rose non è una donna!”
Oh, al diavolo! Solo perché non riducevo la mia gonna a una cintura e non provavo ad appiccicare le mie labbra su quelle di qualsiasi essere - umano e non - di genere maschile non voleva dire che non potessi essere femminile anche io.
Piegai le ciglia con la bacchetta e passai un po’ di burro cacao sulle labbra, assaporando l’odore di vaniglia e cannella. Mi sentivo pienamente autorizzata ad avercela con il mio migliore amico e a tramare vendetta per quella notte di sonno perso. Stupida Serpe.

Immaginando scene in cui ricoprivo Scorpius di burro di arachidi e lo gettavo tra le fauci bavose di Thor II, raccolsi la borsa e sgattaiolai via. Ormai era giorno e non potevo fare altro che scendere, aspettare la colazione e ingurgitare quanti più caffè possibili per sopravvivere indenne alle lezioni.
Maledissi la biancheria sadomaso di Merlino uno scalino dopo l'altro finché dopo un ultimo balzo l'arco di ingresso della Sala Grande si stagliò davanti a me. La penombra delle mattine invernali dilagava incontrastata nel salone, dove le quattro tavolate delle Case si estendevano in tutta la loro lunghezza, perpendicolari al piano rialzato dove pranzavano i professori. Sopra di essi gli stendardi pendevano dal soffitto tetramente, le ombre proiettate nello scuro soffitto-cielo dalla luce che filtrava dalle vetrate.
Mi accomodai al tavolo di Grifondoro, annaspando nel buio. Assonnata com’ero anche un ripiano di legno sembrava un richiamo allettante, così sistemai la borsa a mo’ di cuscino e mi rannicchiai sulla panca in attesa delle vettovaglie. Ero sul punto di addormentarmi quando un secco rumore di passi e una voce indistinta ma strascicata, che riconobbi fin troppo bene, mi strapparono dal mondo dei sogni.
Ma parla da solo o è sonnambulo?
D’istinto mi tuffai sotto il banco, pregando Morgana, Gesù e la Coca Cola che il professor Malfoy e la sua chioma ossigenata se ne andassero in fretta. Naturalmente era chiedere troppo.
« Vattene, Helena »
Helena?
Una voce spettrale e triste rimproverò con dolcezza il professor Malfoy.
« Non fare così, Draco »
Rimasi di stucco. Non c’erano Helena ad Hogwarts e, soprattutto, non mi ero accorta che ci fosse un’altra persona.
« Se non vuoi aiutarmi puoi anche andartene » ringhiò l’uomo con un rantolo sommesso, come quello di una bestia ferita.
« Io non posso » rispose la donna. « Lo sai …lei non vuole questo »
« IO lo voglio! » ululò Malfoy Senior, facendomi sobbalzare « Io ho bisogno di lei ».
Iniziai a sudare freddo e mi raggomitolai, aggiungendo Circe, Barabba e Ricciocorni Schiattosi alla lista di santi a cui votarmi. Non lo avevo mai visto, anzi sentito, così fuori di sé.
Che cosa hanno fatto, messo fuori produzione il suo gel per capelli? Per tutti i sederi con la Spruzzolosi del mondo, se mi becca ora mi appende tra le altre bandiere.
Frugai nella borsa alla ricerca di qualcosa - un guaritore del San Mungo, una teaser di millemila volt, un esorcista - che potesse aiutarmi ad affrontare le ire di un professor Malfoy parecchio incazzato.
Ma un tonfo sordo bloccò la mia caccia a metà: a meno che non mi sbagliassi di grosso, il professor Malfoy era caduto in ginocchio. E stava piangendo.
« Lui ha bisogno di lei » bisbigliò, distrutto.
Un cubetto, anzi, un milione di cubetti di ghiaccio mi scivolò nelle viscere con un blop. Sbiancai, il volto contratto in una smorfia inorridita: che lui fosse…?
« Lui ha bisogno che tu sia forte » asserì la donna misteriosa in tono materno e, allo stesso tempo, pieno di dolore. La sua voce sembrava antica millenni.
Il professor Malfoy si alzò di scatto, trattenendo convulsamente il respiro. bofonchiò qualcosa che non capii, poi se ne andò via.
Il sole cominciava pigro a sorgere, un brusio allegro si avvicinava.
Scattai in piedi ma ero sola.
Non avevo sentito la donna allontanarsi.

  
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