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Autore: _smokjn    12/01/2014    0 recensioni
J ha bisogno di fonti per scrivere il suo articolo sull'autolesionismo per il giornalino della sua scuola. Incontra Demi che le darà una mano raccontandole la sua storia.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER ONE.

Appena arrivata a casa poggiai il portatile sul letto, lo aprii e immediatamente entrai su Facebook. Avevo trascorso tutto il tragitto per arrivare a casa ripetendo tra me e me il nome di quella ragazza. Non solo avrebbe potuto salvarmi dall'ennesima sfuriata del caporedattore del giornale, ma, già dell'apparenza, quella ragazza avrebbe potuto diventare mia amica. Continuavo a scorrere tra le dozzine di 'Demi Lovato esistenti sul social network più usato sul pianeta, quando ad un tratto mi apparì di nuovo quel bel visino avanti agli occhi. Le scrissi un messaggio: 'Ciao, sono la ragazza dello “scontro” tra Kingsway e la A4. So che con questa richiesta sarò sicuramente troppo invadente per essere una perfetta sconosciuta, ma ti ho aggiunta perché avrei davvero bisogno di qualche informazione, anche non personale, sull'autolesionismo. Mentre raccoglievi i tuoi libri ho notato le cicatrici sul braccio sinistro e.. ti chiedo di raccontarmi qualcosa. Dovrei scrivere un articolo per il giornalino della Virginia High School, niente di importante. Se non sei disponibile ti capisco, aspetto una tua risposta, xx.'

Inviai subito e iniziai a tamburellare con le dita sul letto, quando mi squillò il telefono.

-Jay, sei tornata a casa? Ti è venuta qualche idea? Se non scrivi qualcosa entro venerdì Mike ti sbrana, lo sai.-

­-Stai calma, ho tutto sotto controllo, devo solo aspettare la risposta di una persona e scriverò l'articolo più bello della nuova edizione del giornalino, davvero.-

-Certo come no, e chi sarebbe questa persona? Potrei saperlo?- Apparì un quadratino rosso con il numero uno sull'icona dei messaggi, Demi mi aveva risposta, così feci per chiudere la conversazione al telefono.

-Al momento no, ma credo proprio che la conoscerai al più presto, ora devo andare, scusa tesoro.-

Riattaccai e aprii il nuovo messaggio, diceva 'Fortunatamente per te è una storia passata, quindi non avrò problemi a raccontarti qualcosa, a patto che però la storia rimanga anonima, ho già subito casini del genere e non ne vorrei altri tra i piedi.'

La mamma mi chiamava di sotto per la cena e io scrissi solo 'Vediamoci domani, alle 11.00am da Starbucks a Kingsway. Grazie mille per aver accettato.' e chiusi il portatile correndo di sotto.

DEMI'S POINT OF VIEW.

La sveglia segnava le cinque e trentacinque e io non avevo dormito nemmeno un minuto quella notte. C'erano state solo lacrime su lacrime. Continuavo a mentire a chiunque vedesse i tagli. 'è stato il mio gatto', 'è storia passata' dicevo, ma non era niente vero, e nessuno se n'era mai accorto. Nessuno aveva mai notato il mio disagio in quella società fatta di chili di trucco, un fisico perfetto o una famiglia perfetta.

Io non ero mai stata all'altezza. Il mio carattere, il mio corpo, il mio modo di essere me stessa, erano sempre stati oggetto di presa in giro per chiunque mi conoscesse, non andavo bene a nessuno, e ora sarei perfino diventata il soggetto di un articolo di giornale, quasi ad essere un fenomeno da baraccone. Mi alzai dal letto, mi infilai una felpa, un paio di jeans e le dr. Martens, presi la borsa ed uscii. Rovistai in quest'ultima e trovato il pacchetto di Marlboro vi sfilai una sigaretta e l'accesi. Erano le sei del mattino e per la strada non c'era anima viva, ma camminare da sola e godermi l'alba in pieno inverno mi aiutava come in quei momenti nessuno sapeva fare.

Passai la mattinata a fotografare il cielo, la fotografia era la mia passione, avevo lavorato in un duro per procurarmi la mia bambina, una nikon eos1100d, l'oggetto più prezioso che possedevo, dopo l'amuleto della mamma. All'interno avevo messo la sua foto, con quella di papà. Mi mancavano. Dopo il loro incidente la mia vita non aveva più un senso. A diciassette anni fui costretta ad abbandonare la scuola per trovarmi un lavoro degno, ben pagato, e che mi permettesse almeno di subaffittarmi una stanza in uno squallido appartamento nel centro di Londra, visto che la nostra casa fu messa all'asta. Le mie coinquiline erano due sorelle, non sapevo molto di loro, mi bastava sapere i loro nomi e quante volte a settimana avrei dovuto fare il bucato. Non mi davano granché fastidio, avevamo orari diversi, incontravo una di loro una volta ogni tanto, nel corridoio, quando dovevano andare in facoltà a dare qualche esame. Cinque mesi dopo la morte dei miei genitori mi inflissi il primo taglio. Il primo di una lunga, lunghissima serie. Soffrivo troppo, non avevo niente di ciò che desideravo. Una famiglia, un bell'aspetto, una qualifica, una casa, il lavoro dei miei sogni. A quindici anni mi ero iscritta ad una scuola privata per una specializzazione in fotografia. Il mio sogno era che le mie foto apparissero sulle copertine delle riviste più famose, ma intanto ero l'unica a conoscere dell'esistenza di quegli scatti. Guardai l'ultima che avevo scattato, e notai che in basso era segnata l'ora. 10.55am. Tra cinque minuti avevo l'appuntamento con quella ragazza e non ero nemmeno lontanamente pronta.

 

JAY'S POINT OF VIEW.

Ero a Kingsway avenue da già dodici minuti, e di Demi nemmeno l'ombra, così decisi di entrare da Starbucks e aspettare lì. Mi sedetti al solito tavolo, aprii il laptop e nell'attesa giravo un po' il web.

Una voce dolce e affettuosa mi salutò con un 'ciao' e solo a quel punto alzai lo sguardo dallo schermo. Era lei, Demi, con il suo sorriso che ti da gioia stampato sul viso.

-Ehi, finalmente, pensavo mi avresti dato buca- Le risposi io.

-Scusa, il fatto è che ho pensato tutta la notte a elaborare qualcosa da dirti, non ho chiuso occhio. La verità è che ci sono ancora dentro, ti ho mentito. Scusa. Non so perché l'ho fatto, lo faccio con tutti. Mento, dico che è storia vecchia, che ho smesso di torturarmi, ma non ci riesco mai davvero. Ecco cosa devi scrivere nel tuo fottuto articolo, che chi si infila due dita in gola, o una lametta nella pelle, anche per una sola volta, dopo non riesce più a tornare indietro. Non ci riesce, perché farsi del male, rimane l'unico sollievo nella vita- Demi scoppiò in lacrime, si alzò dal tavolo e scappò via. In quel momento capii che aveva bisogno di qualcuno, che non cel'avrebbe fatta senza l'aiuto di qualcuno vicino a lei. In quel momento capii che quel qualcuno ero io, così scattai d'impulso dalla sedia, afferrai il portatile e correndo lo infilai nella borsa.

-DEMI, DEMI TI PREGO ASPETTA- Urlavo il suo nome, facendomi spazio tra la folla presente sul marciapiede, finché non afferrai la sua borsa.

-Demi non fare così, anche se mi hai appena conosciuta puoi fidarti di me, puoi sfogarti, puoi piangere sulla mia spalla, puoi chiedermi aiuto, tutto ogni volta che vuoi, ci sarò. Ma ti prego, non allontanarmi, hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te, sono qui io- Tentai di tranquillizzarla, l'ultima cosa che volevo vedere era il suo sorriso spegnersi sul suo volto lasciando spazio alla tristezza e alle lacrime.

-L'ultima cosa di cui ho bisogno è la tua pietà, non ho bisogno di te, né della tua spalla, né di qualcuno che mi aiuti. Non sono malata, e nemmeno pazza. Me la cavo benissimo da sola- A quanto pare lei non ne voleva sapere di me, ma ormai ero in quella faccenda e non potevo far finta di niente e lasciar perdere, c'era la felicità di una ragazza in gioco.

Vidi cadere un biglietto dalla sua borsa, diceva 'Bar da Joe, 77esima strada. DEMI'. Era il suo cartellino, a quanto pare lavorava in un bar. Pensai che le sarebbe servito, e che si stava recando proprio lì, così salii su un taxi e ci andai anch'io.

  
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