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Autore: Serpentina    12/01/2014    0 recensioni
Faith Irving è una giovane londinese non tanto normale dalla vita monotona con una grande passione per la musica e amici stravaganti. Tutto cambia quando conosce i fratelli Cartridge ed entra a far parte di una scalmanata band che movimenterà la sua vita più di quanto avrebbe potuto mai immaginare.
Dal capitolo 4:
"- Come sempre la tua sfiducia è commovente!- sospirò Brian, più divertito che offeso o preoccupato- E se invece portassi buone nuove?
- Tsk! Impossibile!- soffiò Faith, con le palpebre quasi completamente chiuse che davano al suo volto un che di serpentesco- Da quando ti ho conosciuto hai sempre fatto parte di eventi della mia vita che vanno dall’imbarazzante al deprimente, quindi…
- Dovresti essere meno diffidente, sai? Avere fiducia nel prossimo allunga la vita- asserì Brian inzuppando un biscotto nella cioccolata di Faith, che lo lasciò fare, limitandosi a fissarlo accigliata, per poi ribattere, perfida - Non se il prossimo sei tu!"
dal capitolo 7:
"Bramosa di vendetta ringhiò tra i denti e sibilò – Quale parte di “non toccare Puffy” non ti è chiara?
Brian, per niente intimidito dall'atteggiamento aggressivo della ragazza, sorrise e rispose tranquillamente – Ci annoiavamo! Tu eri di là con Abigail, ci avevi abbandonati ed... E' successo! Mi è praticamente saltato addosso, F, non ho potuto resistere! Mica è colpa mia se hai pupazzi maniaci omosessuali!
Faith, rossa dalla rabbia, gonfiò le guance e sbraitò – Puffy non è... E' una femmina, idiota!
Oh- esclamò Brian, palesemente divertito dall'ira della brunetta – Questo spiega molte cose- dopodichè, vedendo che Faith non smetteva di fissarlo con espressione truce prese il peluche e lo posò sul comodino, infine asserì serio – Puffy, sono stato bene con te, ma tra noi non può funzionare. Conserva il ricordo dei nostri momenti felici e... Addio-"
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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I’m sorry, lo siento mucho, mi dispiace tantissimo per la lunga assenza. Vi lascio al capitolo.
Grazie per la pazienza a tutti voi lettori silenziosi, e grazie a chiara_centini e ehy dude i love you, che preferiscono UF. ^^

 
Capitolo 20: Un cavaliere per la Meringa

La fantasia preferita di Brandon Bailey prevedeva un divano (o un letto), lui, naturalmente, e una lei molto sexy, coperta solamente da un grembiule da cucina, che lo imboccava tenendolo dolcemente tra le braccia… prima che l’atmosfera si scaldasse e diventasse esplicitamente a luci rosso fuoco.
Per questo motivo, quando si ritrovò sdraiato su un divano con la testa adagiata su un morbido e accogliente seno, non potè trattenersi dall’esalare - Sono in Paradiso?
- Oh, meno male, ti sei ripreso! Scusami, scusami tanto, Brandon. Non avrei mai voluto colpirti! Mi sento una criminale… e, sotto sotto, eccitata: fare a botte è fantastico! Mi perdoni?- rispose una voce conosciuta, straripante sensi di colpa.
- M-Melanie?- esclamò Brandon, scattando a sedere come se avesse preso la scossa. Il solo pensiero della reazione di Axel, se l’avesse beccato in quella posizione con la sua cugina del cuore, lo faceva sudare freddo. Un attimo di riflessione gli riportò alla mente una sequenza di avvenimenti incredibile: Venus, una vera dea della bellezza, gli aveva fatto visitare l’appartamento, tempestandolo di domande assurde sulle sue abitudini, poi, senza che se ne rendesse conto, gli era saltata addosso; aveva opposto resistenza, almeno all’inizio, ma, proprio quando stava per cedere, era arrivata Melanie, che aveva coperto d’ingiurie lui e Venus, prima di avventarsi su di loro. - Un momento: sei stata tu a colpirmi?
- Miravo a Venus- ammise lei con un sorriso colpevole, schiaffandogli sull’occhio una borsa del ghiaccio. - Sei stato una vittima accidentale.
- Volevi prenderla a pugni? Roba da matti!
- Scusa tanto se non mi andava di vedere profanato il mio letto!- abbaiò Melanie, assumendo un’aria minacciosa.
- Il… tuo letto?- boccheggiò Brandon. - Tu… vivi qui?
- Che intuito, complimenti!
- Ma… ma… avevo capito…
- Da quando si è liberata l’altra singola lascio che Venus la usi per… divertirsi- spiegò Melanie.
- Quindi la mia possibile futura coinquilina… saresti tu.
- Deluso?- pigolò Melanie, sulle spine.
“Un po’… anzi, no, a pensarci bene, mi va di lusso!”
- Beh, Venus è innegabilmente bona- Melanie strinse i pugni e digrignò i denti. - Peccato non sia altrettanto simpatica- Melanie battè le mani e gli sorrise radiosa. - Ora, se non ti spiace… potrei avere un po’ di quella torta?- gnaulò, supplichevole, indicando una Meringata dall’aria appetitosa, poggiata sul bancone della cucina.
- Tutta la torta che vuoi.
Brandon, soddisfatto, si stese nuovamente sul divano, poi, assalito da un dubbio, chiese - Venus se n’è andata?
Melanie, per qualche strana ragione, lo scaraventò sul pavimento e sbraitò - Se ti interessa tanto corrile dietro!
- Cosa?- esclamò lui, allibito: non aveva mai visto Melanie infuriarsi, se non per un dolce venuto male. - Non voglio… cioè, normalmente sì, eccome se… P-Perché fai quella faccia?
- Perché sei un cretino!- ululò, tagliò una minuscola fetta di torta e gliela mise davanti aggiungendo con freddezza - Spero ti vada di traverso!
Venus, che aveva assistito alla scena dal bagno, sbuffò - Per l’amor del cielo, Melly, non atteggiarti a regina del dramma, non ti riesce!
- Non tutti possediamo il tuo talento recitativo, Vi- sputò sprezzante Melanie.
- Puoi dirlo forte, cuginetta!- trillò Venus. - Ho fatto credere a questo deficiente qui, come anche agli altri che l’hanno preceduto, di volerci provare con lui, e ci è cascato in pieno!
Brandon, sconvolto, balbettò - Q-Quindi n-non… non facevi sul serio?
- Ma ti pare?- rispose Venus con uno sbuffo di scherno. - Il mio unico scopo era testare la tua resistenza. Melly è una dolce bambolina, sarei venuta a vivere qui, piuttosto che lasciarla in balia di una stronza o, peggio, un maiale!
- Oh. Ok. E ho, uhm, passato il test?
- Sei quello che mi ha resistito più a lungo- lo informò Venus con noncuranza, esaminandosi le unghie. - Per l’amor del cielo, non fare quella faccia! Sei caruccio, Brady..
- Brandon.
- Quello che è. Sei comunque lontano anni luce dal mio ideale di uomo.
In risposta all’espressione interrogativa di Brandon, Melanie sospirò - Il suo uomo ideale deve avere: conto in banca ad almeno cinque zeri, automobile di lusso, immobili di lusso, possibilmente uno yatch, anche se non capisco cosa te ne faccia, Vi, dato che soffri di mal di mare e non sai nuotare, una passione smodata per gli eventi mondani, tassativamente non culturali… Rispondi a uno di questi requisiti?
- Decisamente no- ridacchiò, per poi aggiungere, dopo che Venus ebbe levato le tende - Spero che le tue pretese siano più ragionevoli, Melly.
- Mi basta che rispetti i turni di pulizia, paghi la tua quota di spese in tempo e mi avvisi in anticipo se porti ragazze a casa. E’ abbastanza ragionevole?- domandò scherzosamente Melanie.
- Sento che andremo d’accordo… coinquilina.
- Lo credo anch’io. Soprattutto se accetterai di fare da cavia per le mie creazioni dolciarie- esclamò Melanie allargando ulteriormente il sorriso.
Brandon annuì, si alzò e replicò - Inizio subito, coinquilina. Sai, questa torta è più irresistibile di tua cugina!
Arrivò, annunciato da sole e afa, giugno: il mese dell’estate, delle feste… e degli esami. Il brutto era che, se durante la festa si riusciva a dimenticare la fatica dello studio pazzo e forsennato, una volta a casa il peso dell’approssimarsi degli esami tornava più pesante di prima.

Casa Irving, ore 7:30 p.m.

- Buon compleanno, Devil! Auguri!- trillò Faith al suo nuovo amico.
- Grazie, Serpent. Stasera ti ho lasciata ai tuoi impegni mondani, ma domani festeggiamo. Come procedono i preparativi?
- Come vuoi che procedano? Ho appena smesso di iperventilare e pensare che finirò col picchiare a morte Riccioli d’oro.
- E’ già un passo avanti.
- Mi sento ridicola, Devil. Ridicola e annoiata. Mi sembra di stare sprecando il mio tempo: potrei essere la sosia di Miss Universo, Wollestonecraft troverebbe comunque difetti da irridere col suo solito sarcasmo!
- Che ti frega di lui, Serp? E’ un coglione- asserì Demon. - Si crede tanto importante quando non è degno di allacciarti le scarpe. Fa un favore a entrambi: mandalo al diavolo e spassatela!
- Non so se ce la faccio.
La conversazione venne interrotta da Führer Rose, entrata senza bussare in camera di sua figlia. Le strappò di mano il telefono, liquidò sbrigativamente Demon, ricordandosi di augurargli buon compleanno, e la trascinò a forza in bagno; non che non le piacesse lavarsi, anzi, era un'igienista, ma il solo pensiero di farsi bella, ehm, ancora più bella per quel... quel... Wollestonecraft le dava la nausea.
- Ma chi me l'ha fatto fare?- mugolò, fissando accigliata il suo corpo burroso infagottato nell'accappatoio; era convinta che chi avesse ideato quell'indumento non aveva calcolato che chiunque l'avesse messo addosso avrebbe voluto apparire decente, se non addirittura sensuale, a prescindere dall'essere o meno uno stecchino.
- Chi ti ha fatto fare cosa, cucciolo?- le chiese Rose.
- Andare a una festa elegante con quel… quel... Wollestonecraft- rispose Faith, digrignando i denti. - Di sicuro non perderà occasione per umiliarmi e farmi deridere da tutti. Dio, quanto lo odio! Bah, meglio non pensare a lui, rischio di beccarmi un’ulcera.
- Esagerata!- ridacchiò sua madre. - Capisco tu possa avere un pentimento dell’ultimo minuto, ma cerca di superarlo pensando alle qualità di questo Cedric!
- Cyril- la corresse Faith.
- Cyril! Cyril! Perché, che ho detto?- sbottò Mrs. Irving, seccata.
- Cedric. Comunque, per risponderti, quell'essere non ha pregi. Lo detesto.
- Andiamo, Faith, sii ragionevole. Se ti ha invitata un motivo ci sarà, e se tu hai accettato il suo invito anche, no?
“ Sì, ma non è idilliaco come pensi. Miracolo dei miracoli, per una volta io e quell'antipatico abbiamo stretto un accordo spinti dallo stesso, identico motivo: il denaro”.
- Forse la sua algida bellezza mi ha mandato temporaneamente in tilt il cervello… oppure, più probabilmente, mi ha fatta ubriacare per estorcermi l’assenso. E' plausibile- scherzò Faith, sogghignando mentre accarezzava la guaina modellante nella quale aveva costretto le sue forme generose: dato che sicuramente non avrebbe "festeggiato" in privato con Cyril dopo il ballo (anche solo tentare di immaginarlo la faceva scoppiare a ridere), aveva optato per dell'intimo "talmente poco sexy da farlo afflosciare a un pornodivo" (come aveva commentato mentre lo indossava, facendo infuriare Rose), ma sufficientemente robusto da contenere quella che lei chiamava "lardo informe" e sua madre "fisico mediterraneo".
Rose Irving rise ed esclamò - Attenta, cucciolo, è la stessa cosa che dissi a una mia amica quando mi chiese come mai avessi accettato di uscire... con tuo padre!
A quelle parole Faith ebbe un semi- mancamento, seguito da un conato di vomito, seguito da un secondo conato.
”Vediamo il lato positivo: i nostri figli saranno bellissimi e con gli occhi azzurri!” pensò, scatenando un attacco di panico.
- Ti senti bene, cucciolo?
- Starò a meraviglia se la smetterai di parlare di quel… quel... Wollestonecraft.
- Ok, niente più parlare di Cedric- promise Mrs. Irving, con tanto di mano sul cuore.
- Cyril- mormorò Faith a denti stretti, facendo segno a sua madre di aiutarla a entrare nel vestito. Le calzava a pennello ed era comodo, se si escludeva la cerniera invisibile sulla schiena, che senza sua madre non si sarebbe mai chiusa.
- Non ce la faccio, mamma. Credevo di farcela, di riuscire a stare nella stessa stanza di qualcuno che non sopporto, ma... non ci riesco- gnaulò Faith, scostandosi dalla fronte una piccola ciocca sfuggita dal bigodino.
- Cucciolo, non hai idea di quante volte, in futuro, sarai costretta a dividere il tuo spazio con gente che non sopporti- asserì Rose. - A volte potrai evitarlo, altre no, perciò forza e coraggio, fa vedere a questo insopportabile qualcuno di che pasta sei fatta! Non vorrai mica dargli la soddisfazione di sapere quanto ti sta sulle scatole?
Faith, colpita da quelle sagge parole, annuì, pensando che sua madre aveva, come (quasi) sempre, ragione: non avrebbe permesso a quel... quel... Wollestonecraft di renderla uno zimbello.
"Show must go on... inside my heart is breaking, my make-up may be flaking, but my smile, still, stays on".
Avrebbe fatto suoi quei versi e ripagato quel malefico biondo con una moneta che non si sarebbe mai aspettato da lei: la gentilezza.
Oh, sì. Sarebbe stata uno zuccherino. Quanto più lui l'avesse insultata e maltrattata, tanto più lei sarebbe stata una dolce fanciulla.
Si sedette alla scrivania, lasciò che sua madre le acconciasse i capelli e le applicasse primer e fondotinta, quindi completò da sè il trucco. Stese e sfumò l'ombretto, allungò le ciglia col mascara e colorò le labbra, naturalmente rosse e carnose, di rosso.
Poi, però, le vennero in mente le parole di sua nonna paterna, Beatrice: "gli uomini sono un po' come i tori... quando vedono rosso non capiscono più niente"; agitata, tolse il rossetto rosso e lo sostituì con uno neutro.. ci mancava solo che quello lì si mettesse in testa strane idee!
Si posizionò davanti allo specchio, atteggiandosi a vamp, per constatare il risultato di un'ora e mezza di preparazione, e quasi non si riconobbe.
" Ecco come sarei se ascoltassi mia madre e mi dedicassi ogni giorno alla cura di me stessa, invece di essere una ragazza a bassa manutenzione. Voglio proprio vedere se quel montato avrà la faccia tosta di darmi dell’abominio della natura, stasera", pensò, sorridendo al suo riflesso.
"I'll face it with a grin, i'm never giving in, on with the show!"

Casa Venter, ore 8:00 p.m.

Abigail Venter stimava immensamente Faith, e ammirava il suo buon gusto; certo, la rimproverava di continuo perchè non dedicava altrettanta cura a se stessa, ma questo non voleva dire non fosse consapevole che il look da maschiaccio della sua amica era frutto di pigrizia e bassa autostima, non della mancanza di stile.
"Però, accidenti a lei, avrebbe potuto consigliarmi un abito più comodo!"
L'abito scelto insieme a Faith le calzava a pennello, sottolineava le curve da evidenziare e distoglieva l'attenzione da quelle da celare.
L'unico problema erano i bottoni. Sì, quel magnifico vestito che adorava non aveva la zip, bensì una lunga fila di piccolissimi bottoni, per cui era impossibile per lei chiuderlo da sola.
Abbandonato l'orgoglio dopo numerosi quanto inutili tentativi, uscì dalla sua camera e prese a vagare per la casa, pregando che un'anima pia la soccorresse.
- Aiuto! Qualcuno mi aiuti! Ma insomma!- urlò Abigail, spazientita.
Suo fratello la degnò di appena  uno sguardo, prima di informarla che i loro genitori erano usciti, per poi tornare a giocare alla PSP.
- Ti decidi a venire ad aiutarmi ad abbottonare il vestito, o no?
Il fratello di Abigail emise un sospiro di esasperazione, rispose laconicamente - No- e riprese a giocare alla PSP.
Abigail allora tornò nella sua stanza, dove rimase finchè i suoi genitori non tornarono a casa. Sua madre corse subito a controllare che fosse pronta e, quando la vide stesa sul letto seminuda, sospirò, la sgridò per non essersi sbrigata a prepararsi, le rammentò che Kyle sarebbe passato a prenderla tra dieci minuti esatti, e solo alla fine la aiutò a prepararsi.
Con la rapidità che solo le madri e le personal stylist professioniste possiedono, in dieci minuti chiuse l'abito, truccò la figlia e le fece un'acconciatura da star. Alle 9 p.m. in punto la principessa Abigail era pronta a salire sulla carrozza motorizzata diretta al gran ballo... peccato che ad accompagnarla non fosse il suo principe!

Casa Wollestonecraft, ore 8:30 p.m

- "I am an anti-christ, i am an anarchist, i don't know what i want but i know how to get it, i want to destroy passers by, 'cause i wanna be in anarchy! "
- Cantare "Ananrchy in the U.K" in una casa di conservatori? E' questa la tua idea di ribellione adolescenziale? Fa pena!- esclamò caustico Vyvyan, apparso come dal nulla dietro la porta del bagno, dove suo fratello Cyril stava dandosi gli ultimi ritocchi per essere impeccabile.
Interrotto durante un'attenta riflessione, concernente un problema di importanza nazionale, ossia "dopobarba o non dopobarba?", il maggiore sbuffò, irritato dalla presenza di quel piccolo rompiscatole, e rispose - Farti i fatti tuoi no, eh, Vyv?
- Che ci vuoi fare... ho preso da mamma- rispose il minore, rivolgendo al fratello un sorrisetto furbo. - Adesso schioda, devo pisciare.
- Vattene- sbraitò Cyril, aprendo la porta. - Devo decidere se mettere il dopobarba, ok? E devo ancora aggiustare il cravattino!
- Niente dopobarba, è meglio. A Faith dà fastidio.
- Che ne sai tu di cosa piace alla Irving?- sbottò Cyril, tentato di cospargersi di dopobarba: se la Irving lo detestava, ne avrebbe messi litri. La voce della ragione, però, gli rammentò che non sarebbero stati soli, ed essere ricordato come il Presidente del Consiglio degli studenti più... olezzante della storia non era certo nei suoi piani.
- Spiacente, non svelo le mie fonti- replicò con sussiego il tredicenne. - Ti basti sapere che, se volevi tenerla lontana, hai trovato un buon modo: non può soffrire i ragazzi imbevuti di profumi artificiali e simili, le piace il... aspetta, com'era? Ah, sì. Il naturale profumo di pulito.
Cyril sbuffò una seconda volta: pensare che la Irving avrebbe potuto trovare rivoltante il suo odore lo metteva in agitazione, poi capì che, grazie a doccia e deodorante, non avrebbe puzzato come un cavernicolo, e si tranquillizzò.
- Quella è tutta matta- commentò, sistemandosi il cravattino: avrebbe preferito di gran lunga una cravatta, ma c'era un dress code da rispettare, e non poteva essere proprio lui a non rispettarlo.
- Tu non sei da meno... senza offesa, eh!
- Sei mio fratello, dovresti essere dalla mia parte- asserì Cyril, lasciando il bagno a Vyvyan.
- Lo sono!- ribattè Vyvyan. - Ma Faith mi è simpatica, e non capisco perchè non ti piace. Non in quel senso, in generale.
Cyril sospirò, alzando gli occhi al cielo. Non sapeva che risposta dargli, per cui glissò su quella domanda imbarazzante.
- Non dovevi andare in bagno, Vyv? Allora vacci, e zitto!

Casa Cartridge, ore 9:00 p.m.

- Ben! Non provare a sfuggirmi!- strillava, invano, Heather, decisa a dare un’ultima occhiata a suo figlio, prima che uscisse di casa. Stufa di rincorrerlo, sbraitò - Bernard Porter Cartridge, ti ordino di fermarti! Abbi pietà di chi ti ha messo al mondo, adesso costretta a inseguirti sui tacchi.
Il cuore filiale di Ben, mosso a pietà, lo indusse a fermarsi e accogliere la supplica di sua madre.
- Allora? Sono presentabile?
- Sei bellissimo, Ben- rispose Heather, commossa. - Il mio bambino è così cresciuto!
- Ben? Sei ancora qui? Non si fa attendere una ragazza, specialmente se carina come Samantha!- tuonò James Cartridge, comparso in corridoio insieme al suo primogenito, Brian.
- Tesoro, hai visto com’è bello stasera il nostro Ben?- chiocciò Heather, aggiustando il colletto della camicia del figlio. - Un amore!
- Sì, sì, è l’ottava meraviglia del mondo, ma non può restare qui a farsi ammirare, è in ritardo!- replicò James, più pratico e meno emotivo della consorte.
- Ti suggerisco di scappare finchè sei in tempo, se mamma riesce ad abbracciarti è la fine!- gli sussurrò all’orecchio Brian.
Ben seguì il consiglio e si avviò alla porta, ma venne fermato da suo fratello, che gli mise in mano una confezione di preservativi. Piacevolmente sorpreso da quella insolita manifestazione di affetto, Ben abbracciò frettolosamente Brian e corse per le scale: non vedeva l’ora di sentire sotto le mani il volante della sua Mercy.

Elizabeth I Comprehensive School, ore 10:30 p.m.

Noia.
Già il suono faceva intuire il significato della parola.
Noia.
Ecco cosa stava provando Faith in quel momento.
Quattro lettere, una consonante e tre vocali, due sillabe: N-O-I-A. NO-IA. NOIA!
Emesso l’ennesimo sospiro depresso, mandò mentalmente a fanculo Cyril, intento a godersi le ovazioni del pubblico per la (doveva ammetterlo) memorabile performance dei Tidal Waves.
“Stacy’s mom, she’s got it going on. She’s all I want, and I’ve waited for long. Stacy, can’t you see, you’re just not the girl for me…”
Non l’aveva minimamente considerata, lo stronzo, se non per ridere di lei. Come promesso, non era andato a prenderla, obbligandola a scomodare suo padre per avere un passaggio e non dare spettacolo in metropolitana (senza contare il rischio di sporcare l’abito). A differenza dei suoi amici, che l’avevano salutata entusiasti, con baci e abbracci, non l’aveva sfiorata nemmeno di striscio (non che le dispiacesse!), limitandosi a fissarla con una strana espressione, come se non sapesse cosa dire.
“Gli ho tolto le parole di bocca? Devo fare veramente schifo!”
Irritata dal suo silenzio, gli aveva chiesto - Che problemi hai, Wollestonecraft?
- Sembri proprio… una meringa con le gocce di cioccolata.
Faith, accantonati i buoni propositi, aveva sbottato - Cominciamo bene!- e gli aveva voltato le spalle per raggiungere l’Aula Magna, trasformata in elegante sala da ballo per una sera.
Caso strano, Wollestonecraft non l’aveva seguita subito, era rimasto fermo per una manciata di secondi.
“Se non lo conoscessi, e non sapessi che è praticamente impossibile, potrei pensare che ci è rimasto male, ma cosa pensava avrei fatto? Nessuno con la testa a posto ringrazierebbe chi gli dà della meringa!”
- Ti stai annoiando?- le chiese Ben, apparso dal nulla con due calici di Mimosa in mano.
- Un intuito degno di Sherlock Holmes, complimenti- sibilò Faith, senza staccare gli occhi da Cyril. - Odio questa canzone.
- Se può consolarti, anche io. E’ stato Andrew ad insistere per metterla in scaletta- rispose Ben, ammirato dalla capacità di Faith di ingerire il cocktail in un sol sorso senza sporcarsi.
- Fa niente. Sta per finire, grazie al cielo.
- Un’altra ancora e hanno finito.
- Che gioia- sibilò Faith con evidente sarcasmo.
- Cyril è il tuo cavaliere per la serata, non vuoi concedergli almeno un ballo?- chiese Ben.
- Ora come ora, gli concederei più volentieri un calcio nelle palle- ringhiò. - Non ho un corpo da modella, non l’ho mai avuto e mai l’avrò, ma cazzo, doveva proprio offendermi in pubblico dandomi della meringa?
- Cyril ti ha chiamata… meringa?
- Meringa con le gocce di cioccolato- precisò Faith, stringendo convulsamente la gonna del vestito.
- Allora non voleva offenderti- asserì Ben.
- Cosa?
- Cyril stravede per le meringhe. Sono il suo dolce preferito.
Prima che Faith riuscisse a replicare irruppe Samantha, fasciata in un abito simile a quello di Abigail, ma molto meno casto, arpionò Ben come un rapace e lo trascinò a ballare, lagnandosi di aver sentito la sua mancanza nei tre minuti in cui si erano persi di vista.
Si guardò intorno, in cerca di Abigail, ma non la vide da nessuna parte. Agitò nervosamente un piede, arricciò le labbra nella sua migliore espressione scocciata e giocherellò con le perline della pochette, gentile prestito di sua madre. Faith non possedeva pochette, o borsette-gioiello, le reputava inutili e scomode; prediligeva, invece, borse comode e capienti, capaci di contenere il mondo, se necessario.
- Abby è tornata a casa- la informò Kyle, sedutosi accanto a lei. - Le era venuto mal di testa.
- Mal di Samantha sarebbe più corretto- ribattè Faith con una smorfia.
- Bingo. Ho cercato di convincerla a rimanere, ma non ha voluto saperne. Come darle torto? Al suo posto sarei volato in Patagonia, pur di non vedere il mio ex ragazzo con una tr… ehm, una come Sam.
- Da persona non coraggiosa, concordo. Fanculo l’onore, meglio una ritirata strategica che un’onorevole disfatta!- asserì Faith, scrutando la sala in cerca, stavolta, di Cyril.
- Cy è in bagno- disse Kyle, indovinando ancora una volta i suoi pensieri. - L’ho visto entrare, ehm, ecco… con Agnes. Mi dispiace.
- Perché? Mi ha fatto un favore. Se si fosse comportato da vero gentiluomo, mi avrebbe costretta a fare altrettanto, invece, comportandosi da stronzo, mi ha autorizzata a ricambiare. Finalmente posso andarmene.
- Perché vuoi andartene?- le chiese Kyle, sorpreso. - Ti stai forse annoiando?
- Tu e Ben dividete un cervello in due, per caso?- scherzò Faith.
- Eh?
- Lascia perdere. La risposta alla tua domanda è sì, mi sto annoiando.
- Lo credo bene: non mi sembri il tipo che si diverte a stare in un angolino- commentò Kyle. - A dire il vero mi sto rompendo parecchio pure io. Potremmo andare…
- In un posticino appartato? O, magari, a casa tua? Senza offesa, Kyle, ma per chi mi hai presa?- soffiò Faith.
- Non ho quel genere di intenzioni, giuro!- si difese lui, esibendo un’espressione di pura innocenza. - Volevo solamente farti svagare un po’. Abby mi ha detto che ti sei reinventata monaca di clausura per il C.A.S.E., pensavo che distrarti ti avrebbe fatto bene.
Faith incrociò le braccia sotto il seno e rispose – Di nuovo senza offesa, ma non mi fido.
- Capisco che, dopo Brian, ti sei fatta l’idea che siamo tutti stronzi, ma vorrei ricordarti che sono amico di Abby, non mi sognerei mai di… non riesco neanche a dirlo!
A quel punto Faith si arrese. Alzò le mani e ridacchiò - Lo credo bene! Se solo ci provassi, Abby ti inseguirebbe fino in Antartide armata di fucile a canne mozze!-. Si alzò in piedi, tese solennemente la mano a Kyle e disse - Andiamo, mio prode, la notte è ancora giovane e voglio godermela!
- Questo è lo spirito giusto!- trillò Kyle, la prese sotto braccio e si avventurò con lei nella notte (premurandosi, però, di inviare un sms a Cyril).
- Ehi, Kyle- chiese Faith mentre passeggiavano, storditi dalle luci dei locali ancora aperti, - A Cyril piacciono davvero le meringhe?
 
Aloha!
Rieccomi qui, dopo una lunghissima assenza. Sorry.
Questo è il penultimo, o terzultimo capitolo della storia. Ne manca uno solo, che potrei decidere di spezzare per alleggerirlo, dato che è piuttosto lungo e denso. Vedrò cosa mi dice il cervello.
Ho pubblicato una sorta di seguito di UF, stavolta nella sezione Romantico, se vi va dateci un’occhiata e fatemi sapere che ne pensate.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2390258&i=1
Ciao! ^^
   
 
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