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Autore: Hanial    12/01/2014    1 recensioni
La storia che posterò vede gli stessi protagonisti della saga di Shadowhunters e parte dalla fine dell'ultimo libro, quindi per chi non li avesse letti comunico che ci sono degli spoiler.
Nella fan fiction parlerò delle vicende viste da Clary e dei dubbi che nascono in lei dopo la 'fuga' di Sebastian:
"Portai le ginocchia al petto e vi poggiai sopra i gomiti, lasciai che le mani mi si poggiassero per metà sulle tempie mentre con le dita afferravano i miei capelli e scoppiai a piangere, un pianto isterico, come la mia voce di prima, liberatorio, perché avevo cercato di fingere che non mi importasse che Jace fosse così, disperato, perché non sapevo più quale fosse il mio posto, al fianco di Jace o di Jonathan?"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Dopo quello che era successo alle prime luci dell’alba mandai Luke in camera sua, dicendogli che stavo bene, che la crisi avuta poco prima era passata. Lui sembrò non crederci e per un bel po’ mantenne il suo sguardo indagatore su di me, puntato dritto nei miei occhi che, ormai, erano diventati bravi a dissimulare ogni emozione.
Avevo fatto molta esperienza a dire bugie, non ero più la ragazzina che solo un anno prima aveva mentito maldestramente alla propria madre solo per andare al Pandemonium…
Ah, se le avessi dato retta.
Se quel giorno non fossi andata in quel locale non ci sarebbe stato nessun Valentine, nessuna Lilith e soprattutto nessun Jonathan, ma d’altro canto potevo esserne veramente dispiaciuta?
Se non fossi andata in quel locale non avrei incontrato Jace, non avrei scoperto l’amore, mi sarei privata di certe emozioni che adesso fanno palpitare il mio cuore.
Ma hai rovinato le loro vite.
Questa voce dentro di me non voleva saperne di stare in silenzio, continuava a ricordarmi costantemente che se fossi rimasta in disparte Valentine non avrebbe trovato la coppa e di conseguenza gli altri strumenti, così molte vite sarebbero state risparmiate, anche quella di Max…
Max, era solo un bambino, non aveva fatto niente di male eppure era stata una delle prime vittime di quella stupida guerra che quel mostro, non riuscivo proprio a chiamarlo padre, aveva deciso di iniziare solo per alleviare la sua sete di gloria e di potere.
Passai molte ore a rigirarmi nel letto con quei pensieri nella testa e solo dopo essere giunta alla conclusione che il passato è passato e non può essere cancellato, mi alzai.
Andai dritta verso l’armadio e ne aprii l’anta che conteneva al suo interno uno specchio, avevo una faccia che faceva paura, due enormi lunette viola sotto gli occhi che volevano testimoniare il fatto che quella notte non avevo dormito abbastanza.
Jonathan.
Mi ritrovavo a pensarlo molto spesso da quando ero tornata a casa, quasi ogni notte vedevo il suo volto nei miei sogni, rivedevo quel sorriso gentile che mi aveva rivolto poche volte durante il mio soggiorno in quel covo con lui e Jace e ogni volta che ci pensavo sentivo il mio cuore perdere un battito, le sue parole..
Con chi dovremmo stare, se non l’uno con l’altra?
Erano marchiate a fuoco nella mia testa.
Se avesse avuto ragione?
Se il mio posto fosse al suo fianco?
In fin dei conti i miei sogni non mi hanno mai mentita, hanno sempre cercato di mostrarmi qualcosa che da sveglia non vedevo, qualcosa di importante che preferivo ignorare, come in questo caso.
Come potevo continuare ad ignorare il fatto che ogni volta che chiudevo gli occhi lui era lì con me?
Sospirai prendendo un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe, nera, semplice, una di quelle che cadeva morbida lasciando intravedere una spalla e andai in bagno.
L’unica cosa della quale avevo bisogno in quel momento era una doccia fredda, dovevo schiarirmi le idee per poter fare finta di niente una volta arrivata all’istituto, oggi avrei incontrato il mio nuovo istruttore, uno in grado non solo con il mio potere ma anche con le armi, dal momento in cui Jace non ‘sarebbe più stato di grande aiuto’, erano queste le parole che l’inquisitore aveva pronunciato.
Entrai sotto la doccia e lasciai che il getto d’acqua mi accarezzasse la pelle, portando con sé il sudore di quella notte che mi era sembrata infinita.
Chiusi gli occhi accarezzandomi con le mani i capelli, che almeno in quel momento erano lisci e ricadevano ordinati sulle mie spalle, finalmente potevo stare tranquilla, ero sveglia, ero lucida.
Riaprii gli occhi per prendere lo shampoo e fu un momento.
Indietreggiai urtando con la schiena alla parete bagnata della doccia, oltre il vetro, reso appannato dal calore dell’acqua, lo vidi.
Era lui, non potevo sbagliarmi ancora!
“Jona…”
Non riuscii a completare il nome dal momento che appena aprii il vetro scorrevole lui era già sparito. Richiusi con forza la porta e mi lasciai cadere, piegandomi sulle ginocchia, tenendomi la testa tra le mani, ora non era un sogno, ne ero certa, ma allora perché continuavo a vederlo?
Perché era ovunque?
Rimasi lì, ferma per qualche minuto fino a quando non sentii bussare alla porta,
“Clary, tesoro, tutto bene?”
Era mia madre, la sua voce era tranquilla, ciò voleva dire che a Idris era andato tutto bene, che i membri del consiglio le avevano creduto nonostante di mezzo ci fosse suo figlio.
“Si mamma, esco tra un minuto.”
Fu solo grazie alla sua voce che mi rialzai e finii di prepararmi, mi asciugai rapidamente i capelli, lasciando bagnata qualche ciocca e mi infilai i vestiti, avevo bisogno di mia madre, di ricevere un suo abbraccio per capire che tutto quello che mi stava circondando era vero, così non appena uscii da lì corsi in soggiorno. La vidi seduta al divano, mi dava le spalle, mentre Luke era in piedi con la schiena poggiata alla parete che la guardava e annuiva a ogni sua parola, dalla sua espressione rilassata capii che non mi ero sbagliata. Accelerai il passo e le gettai le braccia al collo abbracciandola da dietro, il profumo dei suoi capelli era così dolce, sapeva di lavanda e di balsamo, come quello che usavo io.
“Mi sei mancata.”
Con la mano mi accarezzò i capelli e cercò di farmi segno di andare davanti così da sedermi al suo fianco e l’assecondai, mi misi sul divano con una gamba piegata sulla quale mi sedetti, mentre l’altra stava a penzoloni. Tenni la sua mano tra le mie mentre i miei occhi cercavano i suoi, avevo bisogno di lei, di sentirmi confortare, di avere delle buone notizie.
“Cosa ti hanno detto? Hanno creduto al fatto che tu non eri coinvolta in tutta quella storia? Che non sapevi niente dei piani di Jonathan? Sanno…Sanno dov’è?”
Lei mi sorrise accarezzandomi il viso con la mano che le avevo lasciato libera,
“Mi hanno creduta, dicono che visto il mio comportamento durante l’ascensione non potevo essere coinvolta nei piani di Jonathan.”
Si sentiva ancora un certo ribrezzo quando doveva pronunciare quel nome,
“E..No Clary, non sanno dove si trova. Tuttavia sono ottimisti, hai distrutto la sua casa quindi pensano sia più facile adesso rintracciarlo.”
“Ma non è così! Se non l’hanno fatto fino ad ora non vuol dire che non ne sono in grado? Mamma dobbiamo..”
“Noi dobbiamo lasciare che sia il Conclave ad occuparsene. Dobbiamo stare fuori da questa storia, tu devi stare fuori da questa storia.”

Lo sguardo che mi lanciò non ammetteva repliche, così, come un bambino che era stato appena sgridato da sua madre per aver combinato qualche guaio, abbassai la testa e parlai con voce sommessa,
“Va bene…”
Mi morsi il labbro, non era quello che volevo dire.
Io volevo andare a cercarlo! Volevo dirgli di smetterla di perseguitarmi e che se questo era un suo modo per convincermi che eravamo destinati a stare insieme, era fuori strada, ma lei non sarebbe stata d’accordo, così mi sforzai di ritirare fuori la mia maschera sorridente e sollevai il volto verso di lei,
“Ora vado o farò tardi.”
Le lasciai la mano e mi alzai per prendere il giubbino che avevo lasciato all’attaccapanni la sera prima, dopo che eravamo andati, con Luke, a mangiare giapponese.
“A dopo.”
Li salutai entrambi con un gesto della mano ed uscii.
Non appena la porta si chiuse alle mie spalle mi sentii come nel sogno di quella sera, smarrita e allo stesso tempo ansiosa, quella notte non sapevo quale strada avrei dovuto prendere per trovare Jonathan, mentre ora sapevo esattamente dove dovevo andare, alla fermata dell’autobus che mi avrebbe portata davanti la cattedrale.
Ormai era un percorso che facevo senza nemmeno guardare la strada, mi veniva quasi in automatico, non osservavo più cosa mi circondava, mi isolavo dal mondo esterno tenendo le auricolari alle orecchie, scesa dall’autobus sembrò che anche la musica fosse diventata mia nemica, la canzone che era appena iniziata era Think about you  dei Guns N’ Roses,
I think about you
Honey all the time my heart says yes
I think about you
Deep inside I love you best
I think about you
You know you’re the one I want
I think about you
Darlin’ you’re the only one
I think about you[1]
Era quello che mi stava succedendo?
I miei pensieri, i miei sogni, anche quelli erano divisi a metà, all’inizio pensavo a Jace e subito dopo mi ritrovavo a pensare a..
“Ehy!”
Portai una mano sulla fronte massaggiandomela per la botta che avevo appena dato, cosa avevo colpito? Un muro?
No, ero quasi certa che lì non ce ne fossero, eppure..
Sollevai la testa e rimasi pietrificata, davanti a me vidi una figura con delle spalle larghe, coperte da un giubbino nero che aderiva perfettamente al corpo di colui che lo stava indossando tracciandone alla perfezione i lineamenti di ogni muscolo, sulle spalle ricadevano dei riccioli color argento che portarono il mio cuore a battere sempre più velocemente, sempre di più facendo aumentare la circolazione del sangue nelle mie vene, colorandomi il volto di rosso.
Rimasi con il fiato sospeso fino a quando l’uomo che avevo davanti non si girò verso di me, i capelli erano come i suoi, ma i lineamenti del viso e gli occhi no. Gli occhi erano di un verde intenso, simili a uno smeraldo e i lineamenti erano un po’ più spigolosi rispetto a quelli di Jonathan, inoltre sul suo viso vi erano tracce di una barba che doveva essere stata tagliata da poco visto che il profumo che avvertivo, a causa del vento, era un misto tra acqua di colonia e dopobarba.
“Io..Emh..Mi scusi.”
Deglutii parlando a fatica mentre sentivo i suoi occhi studiarmi dalla testa ai piedi,
“A giudicare dal suo aspetto deduco che lei è la figlia della signora Fairchild.”
Spalancai gli occhi schiudendo la bocca, conosceva mia madre?
Quindi anche lui era un Cacciatore?
“S..Si.”
Non lo avevo mai visto prima, nemmeno a Idris o durante l’ultimo scontro, ma devo ammettere che le persone che avevo visto non erano state molte, inoltre quelli che avevo incrociato durante gli scontri erano dei volti indistinti visto  che in quelle circostanze non c’era stato il tempo di soffermarmi sui dettagli.
“Allora entriamo.”
Lo seguii verso l’istituto, come se la nuova arrivata fossi io e non lui, si muoveva lungo la strada come se tutto quello che vedeva gli fosse familiare, forse era cresciuto lì?
Eppure non mi sembrava molto grande, quanti anni avrà avuto?
Una ventina? Venticinque massimo.
Aprii la porta e non appena lui la varcò lo seguii senza distogliere lo sguardo dalla sua testa, il colore dei suoi capelli continuava a rapirmi, aveva su di me lo stesso effetto ipnotico che poteva avere il rosso per un toro.
“Oh Micheal!”
Era la voce di Maryse che giungeva da poco lontano. Mi voltai verso le scale con aria ancora incredula e la vidi avvicinarsi con lo stesso passo di Izzy, aveva i capelli corvini legati in uno chignon e le braccia leggermente aperte distese verso avanti, segno che conosceva la persona che mi aveva guidata dentro l’istituto.
“Maryse.”
“Sono contenta che tu sia arrivato così presto, ti aspettavamo per oggi pomeriggio.”
Lui si voltò mostrandomi il suo profilo e il mio sguardo ricadde sulle sue labbra che si erano sciolte in un sorriso amichevole,
“Ho fatto il prima possibile, non vedevo l’ora di conoscere la mia allieva.”
Sentii i suoi occhi poggiarsi su di me e sussultai, come se mi fossi appena risvegliata da un lungo sogno, non turbolento come quelli che facevo in quel periodo.
Sollevai l’indice della mano destra e lo puntai verso di me incredula,
“Io?”
Lo sentii scoppiare in  una fragorosa risata e scuotere la testa per poi passarsi una mano tra i capelli,
“Certo signorina Fairchild, proprio lei”
Maryse continuava a spostare lo sguardo da me allo sconosciuto e solo dopo aver sentito le parole di lui sembrò pensare che, finalmente, fosse giunto il momento delle presentazioni,
“Clary lui è Micheal Lovelac, il tuo istruttore.”
La mia faccia stupita di poco prima, di quando lo avevo urtato, comparve nuovamente sul mio volto, quello era il mio istruttore?
Deglutii a fatica cercando qualcosa da dire, ma l’unica cosa che riuscivo a pensare era che sarebbe stato difficile trovarmelo ogni giorno davanti, specialmente per quei tratti che condivideva con lui.
“Quindi è lui.”
Mi voltai di colpo sentendo una voce molto familiare provenire dal piano di sopra, il suo tono era freddo e diffidente, così come lo sguardo che lanciò al signor Lovelac non appena arrivò al mio fianco.
“Io sono Jace.”
Sembrava un leone che studiava la sua preda prima di avventarsi su di essa per divorarla,
“Ho sentito parlare di te, Jace Herondale.
Spero ti sia ripreso dopo gli ultimi avvenimenti.”
“Alla perfezione.”
Tra i due c’era una leggera differenza, Micheal sembrava tranquillo, quasi come se non gli importasse che Jace lo stesse guardando con uno sguardo omicida, mentre Jace non aveva paura nel mostrare che non gradiva la sua presenza in quel luogo.
“Maryse ti avevo detto che potevo continuare a farle da istruttore.”
“Jace smettila, ne abbiamo già parlato.”

La voce di Maryse sembrava stanca, come se avesse dovuto affrontare quell’argomento almeno una decina di volte prima di allora.
“Ma..”
“Smettila!”

Ed ecco il tono di una madre che non ammette repliche, come quello che aveva usato la mia poche ore prima,
“Mi dispiace interrompere questo momento di intimità familiare, ma è il caso che io e Clary incominciamo ad avviarci verso la sala degli allenamenti, abbiamo perso anche fin troppo tempo.”
Sentii qualcosa toccarmi la schiena proprio dietro la vita e abbassai lo sguardo per poi vedere che ‘quella cosa’ altri non era che la mano di Micheal che mi invitava a proseguire verso le scale.
Lo aveva fatto apposta?
La sua era una provocazione nei confronti di Jace?
Mi voltai per incrociare lo sguardo di quello che doveva essere il mio ragazzo e vidi che anziché ricambiarlo stava guardando Micheal con uno sguardo tutt’altro che amichevole, come un leone che avrebbe preso a morsi il braccio che mi aveva toccata.
 
[1] Penso a te tesoro, ogni volta che il mio cuore dice sì. Penso a te dentro di me ti amo più di ogni altra. Penso a te sai che sei la persona che voglio. Penso a te cara, sei l’unica. Penso a te
  
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