Canto VI
Risvegliatomi dal duriss’infarto
Ryoga mi riprese e la su’anima si adira:
“Non vorrai uscir da
qui morto?
Stiam visitan il loco
dei malati d’ira
Infatti, co pria qualcun
di conosciuto
Amia de la golosa coll’occhio che spira.
Onorato di far la sua
conoscenza
(tanto seguitti la saga
c’occhio benevolo e malo)
Che
dissi: “Questa gioia e reminiscenza
Ho d’incontrar l’infocato angelo
Di puilla
rossa e capel color crescenza
Che
col suo Cybot spicca il volo!”
“Stai calmino” rispose
l’essere celeste
“se
son qui è per mia volontà
E per la capacità di mozzar teste.
Quindi allontanati presto di qua
Se
non vuoi che ti conci per le feste
E finir anzitempo a soffrir nell’aldilà.”
Queste le righe da lei
pronunciate
Mentre
nuotava azzuffando nella palude
Stigia che raccoglie le anime adirate
Ed insieme a loro, più sotto prelude
Li corpi di quelle accidiose e sfrontate
Nuotean nella melmaglia
tutte nude.
“Jo,
se così ti nomei per vero,
Fammi sapere e di ciò
te ne prego
Che fecì da star qui, e come l’oscuro velo
Acquisitti .Sarai ricordata e non lo nego.”
“Fu la notte delle
accensioni del cero
E la golosa e la fanciulla venner mego
Allo spettacolo del
foco volante e baldoria
Ma un incendiario prese l’arma
E ci colpì sparan
colpo per aria
Non risparmiando né
alma né karma.
Questa fu la fine
dell’ostra storia:.
Martoriata come donna
e gendarma.”
Sentio il destin
dell’albina
Mi appogiai
al duca levante
Dal dolore l’alma era
china,
Ma riuscimmo ugual duramente
A riprender coraggio e
frattina
Per discer in un pun ancor più
dolente.