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Autore: Darik    01/06/2008    3 recensioni
Una esplorazione sospetta in un luogo sospetto. E si scatenerà qualcosa di terribile. Riuscirà Negi a salvare l'istituto Mahora? (Questo racconto si colloca tra l'8° e il 9° volumetto)
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Apparenze'
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4° CAPITOLO

I vapori dell’acqua avevano riempito l’aria dell’immenso bagno del Mahora, creando un piacevole tepore.

La testa di Konoka spuntò tra le varie piante di palma.

“Tutto ok, via libera!”

La ragazza andò avanti, seguita da Asuna, Negi e Shinobu.

I primi tre indossavano i costumi da bagno.

Kamo invece era stato chiuso nella loro stanza: dato il suo comportamento maniacale, non era il caso di portarlo nel bagno.

“Ah, com’è eccitante! Fare tutto cosi di nascosto, sembra un film!” esclamò Konoka parecchio emozionata.

“Più che eccitante lo definirei pericoloso” replicò Asuna “Se scoprono che abbiamo fatto entrare una persona estranea nell’istituto, il professor Nitta potrebbe farci persino sospendere”.

“Ma guarda che l’idea di portare Shinobu nel bagno grande è stata tua. Io avevo pensato alle docce degli spogliatoi”.

“Ehm…”

“E poi hai offerto a Shinobu il tuo letto”.

“Ehm…”

“E le hai anche offerto uno dei tuoi vestiti”.

“Ok, ok, sbrighiamoci a farle questo bagno e a tornare in camera”.

“Non dovete preoccuparvi. Se ci scoprono, mi assumerò io tutta la responsabilità” intervenne Negi.

“Si, la fai facile tu. Be, girati, noi spogliamo Shinobu e le facciamo il bagno. Tu lava i suoi vestiti”.

“Eh? Lavarli? Asuna, io non…”

“Stupido, ti basta usare quella… cosa… no? Se li portassimo in lavanderia, rischieremmo ancora di più di essere scoperti. Tu invece puoi farlo subito e senza lasciare tracce. In tutti i sensi”.

“Eh? Ma io non so se sono in grado di usarla per queste cose…”

“Ma stai sempre a lamentarti. Basta!”

Asuna prese Negi, lo trascinò oltre una palma, tornò indietro e poco dopo Negi si vide piombare sulla testa dei vestiti alquanto logori.

“Piglia e lava!”

“O…ok…”

Shinobu subiva tutto in silenzio, si limitava a guardare smarrita quegli estranei.

“Wah! Ma sei carinissima, Shinobu!” dichiarò Konoka.

Shinobu arrossì e cercò di coprirsi con le braccia.

“Non sentirti in imbarazzo. Su, entra in acqua” la incoraggiò Asuna con un sorriso amichevole.

La ragazza entrò, e subito Konoka, in acqua, iniziò a lavarle il corpo, mentre Asuna da dietro le faceva uno shampoo.

“Ah, accidenti!”

“Konoka, che c’è?”

“Ma senti che pelle liscia che ha questa ragazza. E come strofinarsi sulla seta!”

La giovane nipote del preside iniziò estasiata a strofinare la testa su un braccio di Shinobu, che divenne più rossa di un pomodoro.

“Mph, senti, lo so che Shinobu è molto bella, ma siamo venuti qui di nascosto. Quindi dobbiamo fare il più velocemente possibile”.

“Hai ragione, scusami”.

Ripresero con velocità l’opera di lavaggio.

Asuna, scostando dal collo la schiuma dello shampoo, si accorse che Shinobu portava una piccola collana, anzi, sembrava quasi più un collarino, molto sottile, di color grigio, posizionato alla base della testa.

“Ecco fatto! Sei cosi splendente che sembri pronta per un appuntamento. E la tua pelle è ancora più liscia! Evviva!”

Konoka riprese a strofinare la sua testa sul braccio di Shinobu, che sembrava volersi nascondere sott’acqua per l’imbarazzo.

“K-o-n-o-k-a!”

“Si, scusami. Abbiamo finito, asciughiamola e torniamo in camera. Negi, tu hai finito?”

Silenzio.

“Perché non risponde?” si chiese Konoka.

“E che ne so. Tu asciugala, io vado da quello stupidello”.

Asuna si diresse verso il punto dove aveva lasciato Negi.

Lo trovò inginocchiato per terra, e le dava le spalle.

“Negi, che stai facendo?”

“Asuna, mi prometti una cosa?”

“Ma che hai?”

“Me lo devi promettere”.

“Cosa?”

“Che non ti arrabbierai”.

“E perché dovrei arrabbiarmi?”

“Perché io te l’avevo detto che non sapevo se ero in grado di farlo”.

“Si può sapere che cosa hai combinato?”

“Promettimelo”.

“Uff, e va bene, te lo prometto”.

Negi si girò, con gli abiti di Shinobu in una mano.

“Ma….”

Asuna allibita si avvicinò a grandi passi.

“Ma cosa…”

Prese gli abiti di Shinobu.

Che si erano incredibilmente ristretti.

“Ma cosa hai…”

La ragazza a malapena riusciva a infilare una mano dentro la maglietta.

“Ma cosa hai fatto?! Sono cosi stretti che forse non andrebbero bene neppure ad una bambola!!”

“Ma io… io te lo avevo detto che non sapevo farlo… i vestiti me li ha sempre lavati mia sorella con la magia… non è stata colpa mia… bwahhh!”

“Oh no, smettila di piangere, Negi!”

“Ehi che succede?”

Konoka arrivò insieme a Shinobu, avvolta in una accappatoio.

“Niente! Niente!” rispose prontamente Asuna piazzandosi davanti a Negi e cercando di asciugargli le lacrime con gli abiti di Shinobu, ormai buoni solo come fazzoletto.

“Sai Shinobu, penso proprio che anziché prestarti uno dei miei vestiti, te ne comprerò uno nuovo. Si, sarà decisamente meglio. Ora andiamo in camera a cenare. Via, via, via”.


La cena si svolgeva allegramente.

Konoka aveva preparato molto buoni piatti.

E Asuna e Negi si servivano con gusto.

Anche Kamo mangiava con appetito, nonostante la presenza di Shinobu lo costringesse ad usare una ciotola, per salvare le apparenze.

Shinobu invece, che stava affianco a Konoka e indossava un pigiama di Asuna, se ne stava con le bacchette in mano, guardando sconsolata quel cibo.

“Perché non mangi? Non ti piace?” domandò Konoka.

Shinobu scosse la testa.

“Forse non hai appetito?”

L’ospite fece lo stesso gesto di prima.

“E allora cosa c’è che non va?”

“Che succede?” chiese Negi accortosi della scena.

Shinobu li guardò tutti e tre, e frettolosamente andò a rifugiarsi sotto la scrivania di Asuna.

“Ma… ma che le è preso?”

“Non saprei proprio, Asuna. E intendo scoprirlo”.

Negi si alzò e andò vicino a Shinobu.

“Shinobu, che ti prende?”

La ragazza rimase immobile per qualche attimo, poi gli sussurrò qualcosa nell’orecchio.

“Come? Ti vergogni perché non sai usare le bacchette? Ma non hai motivo di vergognarti, io sono inglese e ho imparato da poco ad usarle. Se vuoi te lo insegno. Si, vieni. Sei tra amici, e non devi preoccuparti”.

Nonostante le insistenze di Negi, Shinobu non si muoveva.

“Negi, vieni qui” lo richiamò Asuna.

“Ma Shinobu non si muove”.

“Vieni qui, fidati di me”.

Negi a malincuore obbedì e tornò al suo posto.

“Asuna, non possiamo permettere che Shinobu salti la cena”.

“Certo, ma cosa vorresti fare? Imboccarla a forza?”

“No, però…”

“Le persone come lei hanno imparato a stare chiuse in se stesse, e a non fidarsi di nessuno. Lo dimostra pure il fatto che stia chiusa in un mutismo quasi assoluto. Tu le hai ispirato fiducia, ma penso perché sei un bambino. Se fossi stato adulto, mi sa che non ti avrebbe mai dato retta. Se tutto va bene, col tempo imparerà ad aprirsi e parlerà con noi tranquillamente. Basta comportarsi nel modo giusto”.

Ed ecco che Shinobu ritornò al suo posto.

Prese le bacchette.

“Mi…. Mi insegnerete davvero ad usarle?”

“Visto? Ti stai comportando nel modo giusto. Bravo Negi”.


La notte con la sua calma era ormai scesa sulla città e sull’istituto Mahora.

Conclusa la cena Konoka dormiva tranquillamente nel suo letto, mentre Shinobu stava nel letto di Asuna.

Quest’ultima si era accomodata in un futon.

E Kamo si era accomodato nel suo cesto, anche se sicuramente ad una certa ora si sarebbe alzato per andare a mettersi nel cassetto della biancheria intima di Asuna.

Negi invece era ancora sveglio, alla luce di una lampada, stava finendo di controllare le esercitazioni delle sue alunne.

Si girò verso Shinobu, che dormiva tranquillamente.

“Chissà qual è il suo passato. Prima, oltre al nome, sono riuscito solo a farle dire che ha tredici anni e che è cresciuta in un orfanotrofio che poi è stato chiuso, facendola finire in mezzo alla strada. Domani parlerò di lei al preside, gli chiederò se può aiutarla”.

Improvvisamente il silenzio venne rotto da un grido orribile e fortissimo.

Sembrava la voce di una ragazza.

Anzi, di più ragazze.

Negi subito si alzò in piedi e corse fuori dalla stanza per vedere cosa stesse succedendo.

Il corridoio fuori era deserto e piuttosto buio, nonostante la luce lunare che passava dalle finestre.

Impugnando il suo bastone, si avventurò in quel buio.

Mentre camminava si rese conto di essere stato il solo a sentire quel grido, nessuna delle ragazze che abitavano nelle stanze vicine usciva per dare un’occhiata.

Neppure le sue compagne di stanze sembravano essersene accorte.

Era tutto molto, molto strano.

“Non mi piace questo silenzio e questa calma. Possibile che solo io abbia sentito quel grido?”

“Quanto sei sciocco!”

Negi si irrigidì sentendo quella voce misteriosa e cavernosa proveniente da chissà dove.

“Chi è là?”

Udì un sibilo, l’istinto lo avvertì di chinarsi, appena in tempo, prima che una lama lo colpisse.

La lama si conficcò nella parete, e Negi vide di che cosa si trattava: una lama di ghiaccio!

“Un’arma di ghiaccio?! Ma… ma allora…”

Dal buio giunse un rumore di passi.

Negi si preparò alla difesa, sperando che i suoi sospetti fossero falsi.

Non fu accontentato.

Dal buio cominciò ad emergere una figura.

Prima sembrava una bambina, poi passo dopo passo cominciò a crescere fino a diventare una donna.

Infine, illuminata dalla luce lunare che le conferiva un colorito quasi spettrale, si fermò davanti a Negi, guardandolo sprezzante.

“E…Evangeline…”

“Esattamente, moccioso”.

“Ma… ma cosa stai facendo?”

“Sto facendo quello che avevo pianificato di fare sin da quando fui imprigionata qui. E ora me ne andrò”.

“Di… di cosa stai parlando? E cosa significa che te ne vai? La maledizione…”

“Ah ah ah ah ah ah! La maledizione! Dici giusto, stupido moccioso. Tu mi hai aiutata, e quindi penso che non ti ucciderò. Forse ti terrò come schiavo personale”.

“Non… non capisco…”

“Ci credo che ti ho raggirato. Sei di un’ingenuità unica”.

“Raggirato?”

Evangeline si alzò in volo e si diresse verso il fondo del corridoio.

“Evangeline, aspetta!”

Negi salì sul suo bastone e la inseguì volando.

Una miriade di pensieri si accavallavano nella mente del piccolo mago.

Pensieri che convergevano lentamente verso un’unica, terribile, risposta.

Alla fine del volo, Evangeline si fermò davanti all’ingresso degli enormi bagni del Mahora.

Negi arrivò in gran fretta, Evangeline lo guardò ammiccando con lo sguardo ed entrò con calma.

Il mago atterrò davanti alla porta, titubante.

Si fece coraggio ed entrò anche lui.

Ma pochi secondi dopo ne uscì indietreggiando, tremante e con il viso stravolto dall’orrore.

Cadde a terra.

“N…non…non… è possibile…”

“Perché impossibile? Hai dimenticato che sono una maga malvagia?”

Evangeline apparve dal nulla alle sue spalle.

“Sin… sin dall’inizio… hai… mirato… a questo…”

“Certo. Mettere me, una vampira, in un istituto pieno di ragazze, è stato come mettere uno squalo in una piscina affollata. Per tanti anni ho dovuto attendere il momento in cui avrei potuto affondare i miei canini in quei morbidi colli, succhiare tutto il loro sangue fino all’ultima goccia e poi ammassarle in un bel mucchio di cadaveri. Ora ho potuto farlo. E tutto grazie a te”.

“M… me?” balbettò incredulo Negi che non riusciva a distogliere gli occhi dall’orribile carneficina che si parava davanti a lui.

Tra i tanti corpi erano perfettamente in mostra quelli delle sue allieve.

“Si. La maledizione lanciatami da tuo padre mi aveva privato di quasi tutti i miei poteri. Ma grazie al tuo sangue, me ne sono finalmente liberata!”

“Ma… ma io… tu… non hai mai….”

Evangeline scoppiò a ridere.

“Davvero non ci arrivi? Secondo te per quale motivo ho voluto che i miei addestramenti venissero ripagati col tuo sangue?”

Negi rimase in silenzio.

“Tutte quelle ragazze le ho uccise, godendo un mondo nel farlo”.

Il giovane mago iniziò a tremare.

“Però non avrei mai potuto farlo senza il tuo aiuto”.

I tremiti aumentarono.

“Come uno stupido, hai creduto che le tue gentilezze potessero cambiare la mia natura. Farmi perdere il desiderio di vendetta contro tuo padre”.

I tremiti si fecero sempre più forti.

“Non hai sospettato minimamente che volessi il tuo sangue per liberarmi dall’incantesimo del Thousand Master”.

Negi si chinò in avanti.

“Quindi tutte quelle stupide ragazze le hai uccise anche tu!”

“TI UCCIDERO’!!!!!” gridò Negi con gli occhi pieni di lacrime.

Una fortissima aura energetica circondò Negi, che tentò di colpire Evangeline con un pugno.

La vampira lo evitò agilmente, l’energia del pugno colpì un muro distruggendolo a distanza.

“Tutto qui quello che sai fare? Ho davvero sprecato il mio tempo con te”.

Negi come una furia scatenata cercava in tutti i modi di colpire Evangeline, i suoi colpi cominciarono a distruggere tutto il corridoio senza mai raggiungere il bersaglio.

“Oh si. Il tuo odio è magnifico. Forza, ragazzino. Mostrami il tuo odio, la tua rabbia!”

Negi riuscì ad afferrare Evangeline per il collo e la fece schiantare con forza contro una parete.

E cominciò a riempirla di pugni.

Pugni potentissimi, ad ogni colpo il corpo della vampira affondava sempre di più nel muro.

“Perfetto! Perfetto! Fammi vedere quanto sei cattivo!”

Negi si allontanò con un balzo, e furente concentrò un’immensa quantità di energia nelle mani tenendole sollevate.

Man mano che l’energia aumentava, Negi si sollevava in aria.

Infine sovrastò la vampira.

Sagitta magica….”

“Si, il tuo potere è incredibile! Rendimi più forte!”

“…series lucis!!!”

“SSSIIIIIIIII! DIVENTA ANCHE TU MIO, NEGI SPRINGFIELD!!”

Dalle mani di Negi si sprigionarono delle accecanti saette luminose, Evangeline aprì le braccia come per accoglierle.

E fu allora che il bastone di Negi, caduto a terra dopo che il suo proprietario aveva scoperto il massacro, si animò.

Si mosse fulmineo e si frappose tra Evangeline e i fulmini, assorbendoli.

Quell’evento inaspettato ridestò Negi dalla sua furia.

“Il mio… bastone?!”

“Yarghhh! Maledetto!!!” gridò Evangeline imbestialita.

Tentò di colpire il bastone che si allontanò dirigendosi verso Negi.

Lo colpì con l’estremità sulla pancia, ma senza fargli male, e lo spinse verso il muro.

E fu dentro quest’ultimo che Negi e il bastone scomparvero, come se li avesse inghiottiti.

“Non mi aspettavo il tuo intervento. Ma aver salvato lui non ti servirà a niente!”


Negi gridò, e con un gesto convulso fece cadere i fogli che aveva sulla scrivania.

Smarrito si guardò intorno.

Era nella sua stanza.

E tutto era normale.

“Fiuuuu… accidenti che incubo” commentò rilassandosi.

“Negi, che succede? Hai gridato” domandò Asuna affacciandosi dal futon.

“Niente, mi sono addormentato mentre correggevo le vostre esercitazioni e ho avuto un incubo”.

“Be, non sei stato l’unico. Anzi, sono contenta che il tuo grido mi abbia svegliato. Era un sogno davvero sgradevole il mio”.

“Mi sa che il mio lo era di più. Comunque mi dispiace averti disturbato. Ora vado un momento al bagno, tu torna a dormire”.

“Va bene, buona dormita” rispose Asuna ficcandosi di nuovo sotto il futon mentre Negi si alzava.

Il suo grido non sembrava aver disturbato Shinobu e Konoka.

“Mmm, hanno il sonno davvero pesante” pensò mentre usciva dalla stanza.

Fu per questo motivo che non sentì cosa mormorava Konoka.

In realtà era stata svegliata eccome dal grido di Negi: “Stupido moccioso, stavo dormendo cosi bene! E questa idiota di Asuna non si preoccupa minimamente di me. Mi costringono persino a dormire stando sotto questa lurida barbona di Shinobu. Ma vadano tutti all’inferno!” mormorò rabbiosa.

  
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