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Autore: Gio_Snower    13/01/2014    5 recensioni
Rangiku è stata aggredita e violentata da degli uomini, ed è distesa nella neve, stremata e scioccata, quando, all'improvviso, arriva un ragazzo dai bellissimi occhi azzurri e dai capelli argentati che gli appoggia un capotto addosso e se ne va.
Dopo quell'episodio, i due si rincontreranno?
[INTERROTTA A CAUSA DEI TROPPI IMPEGNI FINO A DATA DA DESTINARSI, MA LA RIPRENDERÒ SICURAMENTE]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gin Ichimaru, Rangiku Matsumoto
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 6:
Ansia
 
Rangiku non riusciva proprio a capacitarsene.
Da qualche giorno si sentiva ansiosa.
Sentiva una strana sensazione dentro di sé, come un qualcosa di viscido, di sbagliato, stesse strisciando da qualche parte; come se lei l’avesse visto, ma non l’avesse riconosciuto.
Mah, sarà solo ansia improvvisa e demotivata, aveva abbozzato dentro di sé.
D’altronde mancavano solo tre settimane al festival scolastico.
Sì, in un batter d’occhio una settimana era già passata.
Ricordava ancora la soddisfazione che aveva provato quando annunciato la bella notizia a Toushirou.
 
«Hai già fatto?» chiese Toushirou un po’ impressionato.
«Sì.» rispose lei con un sorriso ferino. Si sentiva come un gatto di fronte al topo. Pregustava già lo sberleffo giocoso che avrebbe tirato a Toushirou. «Questi sono i documenti.» disse appoggiando sulla scrivania le varie scartoffie.
Toushirou le prese e le scrutò, quasi incredulo.
«Hai corrotto qualche poliziotto?» gli chiese sospettoso.
«Io? Mai.» rispose lei facendo la voce offesa.
Sapevano tutti e due che ne sarebbe stata capace, se utile al raggiungimento della sua causa, del suo scopo.
«…»
«Dai, dillo. Su.» Lo esortò lei.
«Cosa dovrei dire?» gli chiese scontroso lui.
«Lo sai.» rispose. Si stava divertendo un mondo.
«…Hai fatto un buon lavoro, Rangiku.» disse.
«Grazie, Tou-chan.» lo canzonò lei beffarda.
«Un giorno la pagherai.» disse lui a denti stretti.
Lei se ne andò ridacchiando.
 
Sì, Toushirou, l’adorabile e piccolo Presidente del Consiglio Studentesco, era decisamente divertente.
Adorava prendersi gioco di lui, quasi quanto farlo sbraitare.
Si sentiva una persona cattiva per questo, una specie di donna astuta e birichina, ma non poteva dire di non apprezzare del tutto quella sensazione.
Uscì al termine delle lezioni dopo aver svolto tutti i suoi incarichi per il Consiglio.
Il cielo era terso e l’aria era fresca sulla sua pelle scoperta.
Si toccò le labbra guardando il cielo pensierosa.
«Vorrei rivederlo.» disse sovrappensiero.
Eh? Si rese conto d’aver mormorato una cosa finora incomprensibile per lei.
Si sentì in ansia, sovraccarica come di un’energia non sua, di sentimenti non suoi, troppo complessi e pesanti per lei.
Chiuse gli occhi ed espirò forte, poi – stringendo la tracolla della borsa – si incamminò.
Si diresse verso casa, oppressa come da un peso invisibile.
Si sentiva incapace di pensare a cose concrete ed il solo provare a  respirare gli mozzata il fiato.
Si appoggiò sul muro, in preda ad un mancamento.
«Eehiii~ Belessha, vugoi venirhe a bereh cooon lo ziettoh? Shì?» Un uomo grasso e rosso in viso – visibilmente ubriaco – gli parlava soffocandola.
Lei non aveva nemmeno il fiato per rispondergli, si sentiva troppo debole.
 
 
 
Un ubriacone stava importunando una ragazza.
Gin scosse la testa. Disgustosi umani.
Prese un sasso e con un sorriso maligno lo lanciò.
Il sasso centrò le chiappe grasse e flaccide del grassone.
Gin ridacchiò.
Un ululato di dolore proruppe dalle labbra dell’uomo.
La ragazza lo spinse via e si tirò su.
Fu allora che lo vide. Fu allora che lui la vide.
I suoi capelli biondi rilucevano come una corona e gli occhi azzurro cielo lo fissavano sorpresi, incuriositi.
«Sei tu.» disse lei.
«Tu?» sibilò ironico lui.
«Sì…» guardò verso il basso, verso l’ubriacone disteso a terra privo di sensi. «Grazie.» disse rialzando lo sguardo su di lui.
I suoi occhi erano come pozze profonde, come laghi ghiacciati.
«Non so di cosa stai parlando.» rispose lui con un sorriso viscido.
Lei emise un suono acuto e le spalle le tremarono leggermente.
La gola di contrasse.
«Stai ridendo?» si ritrovò lui a dire sconvolto.
«Sì…scusa…sei troppo buffo!» esclamò lei ridacchiando.
«Buffo? Ragazza, non capisco cosa tu abbia bevuto.» rispose.
Quali alcolici, o quali droghe, aveva assunto per poter anche solo pensare una cosa simile?
«Sei viscido.» disse lei.
«Grazie.» sorrise con tutto sé stesso.
Lei rise.
«E ora che c’è?» era perplesso nel profondo.
Il suo cuore per un attimo fu leggero.
Poi tornò al suo posto, pesante come un macigno, nel suo petto.
«Niente.» sorrise lei.
Il suo sorriso era accattivante, come se sapesse un segreto che solo lei era riuscita a scoprire.
Gin lo vide, e sentì il bisogno di osare, oltre il calcolo, oltre le possibilità che aveva vagliato nei pochi secondi intercorsi.
Le si avvicinò e la spinse verso il muro, lei lo fissava e non distoglieva lo sguardo fiero dal suo volto.
«Vuoi giocare?» sibilò lui.
«Perché no?» sorrise lei.
«Sei ancora una bambina.» rispose Gin provocandola, come se la stesse insultando.
«Anche tu lo sei. Ti ostini solo a finger d’esser grande.» ribatté lei, rispondendo alla provocazione.
«Non sai di cosa stai parlando.» disse lui con lo sguardo affilato quanto la lama di una spada.
«Perché, tu sì?» domandò lei.
Lui gli si appoggiò contro e con le labbra gli sfiorò l’orecchio, lasciandola senza parole.
Riprese lentamente controllo di sé e sorrise soddisfatto, quel suo sorriso era simile ad un ghigno feroce eppure, non si sa come, in qualche modo affascinante.
«Vai casa.» le disse, allontanandosi.
«Va bene.» rispose lei.
Aveva il potere di sorprenderlo e di fargli perdere di vista – anche se solo per un attimo – le sue intenzioni.
Si allontanò nella notte scura, lasciandola là a guardarlo con quello sguardo fiero che tanto lo incuriosiva.
Dopo un’ora arrivò al luogo prestabilito.
L’uomo – tarozzato, capelli scuri e dall’aria sudicia, sorriso viscido – lo guardava innervosito aspettando un suo ordine.
«Non mi hai denunciato, vero?» gli chiese.
Gin sorrise crudelmente.
«No, però ora devi fare quello che ti dico.»
«Cosa?» chiese l’altro.
«Dovrai uccidere Mizuki Ajiin.» disse Gin.
«Perché?»
«Non ti deve interessare, o sbaglio?»
«Ma…»
«Mizushima Toshio, quarantacinque anni, disoccupato, unico familiare: la madre, Mizushima Touko di settantasette anni…Vuoi che lei muoia, Toshio?» Gin sapeva manipolare le sue vittime, eppure quel giorno non ne aveva voglia, era troppo infastidito e da bravo manipolatore lunatico qual era decise che una minaccia avrebbe prodotto lo stesso effetto: farsi ubbidire.
«Ma come…»
Gin gli si avvicinò e lo toccò, reprimendo il disgusto dietro un sorriso dolce e falso, portò le labbra al suo orecchio e sussurrò: «Tu vuoi farlo per me, vero?» la voce aveva un tono sensuale ed ipnotico.
«Uccidere…» fiatò leggermente l’uomo.
«Ti sarà facile, bravo come sei. E d’altronde, tu vuoi la ricompensa, no?»
Gettò l’esca.
«Ce ne sarà una?» disse l’uomo sbalordito.
Il pesce aveva abboccato, Gin sorrise soddisfatto. 




--- Hello! ~

E rieccoci qui con questa mia FF che sta procedendo...come? Bene o male?
Mah, ditemelo voi...magari in una bella recensione...No? *guarda speranzosa i lettori*
Sto aggiornando poco perché sono impegnata, ma avendone la possibilità e lo spunto,
oltre che - magari - uno sprono di qualche recensione a capitolo, potrei aggiornare più velocemente.
Chissà!
Detto tutto, aggiorno ad almeno 2 recensioni ed aspetto con ansia i vostri commenti çç
xx Giò
   
 
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