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Autore: DouglasSpunk    13/01/2014    3 recensioni
Le persone hanno paura di tutto: dell'amore, della morte, delle malattie, di soffrire, dei cani, degli squali, della velocità; perfino delle farfalle. Si ha paura di sbagliare, di provare qualcosa, di perdere qualcuno a noi caro. Paura. La paura ci spinge a fare scelte. Chi ha paura, di solito, sceglie di non vivere. Non completamente, comunque. Io, Kristen Stewart, non esulavo da quella definizione.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5

Here I am. Are you ready for this? I don't think so. Trust me. 

Fazzoletti in mano, gente. La signorina qui presente che vi parla -Elena- ha pianto. E io faccio parte di tutto questo. Quindi non oso immaginare voi. Come volte di voi sanno, questo è l'ultimo capitolo. Non disperate, ci sarà un epilogo. Ovviamente. Ma io vi consiglio di concentrarvi qui. Buttatevi a capofitto in quest'ultimo capito, scritto da Rose. Non voglio aggiungere altro se non 'Buona lettura'.

Ah e buona fortuna con i feels.

4.

I'll be waiting here

Pov Kristen

BOOM. Robert aveva sempre saputo come uccidermi. Perché faceva già troppo male così, senza che lui infierisse, ma no, non gli era bastato. Doveva per forza uccidermi... Esattamente come io avevo fatto con Bear, tornando a Los Angeles.
Dovevo andare via, stavolta per sempre. Non potevo permettere che anche lui si facesse del male.

"Senti Rob... Io vorrei davvero che", mi fermai mordendomi con forza un labbro. Zitta. Dovevo stare zitta e non parlare troppo.
"Tu vorresti cosa?" Mi sfidò a continuare. Tanto lo sapeva benissimo che non lo avrei fatto. Era una codarda io. Poi parlò lui. "Vorresti che io non ti odiassi?"
'Sì'. Non risposi.
"Vorresti che fossimo amici? Magari vorresti anche raccontarmi dei tuoi fidanzati, o stare a sentirmi quando ho da lamentarmi della scopata del momento."
'No.' Non risposi. Lui si avvicinò di più a me. Io mi tirai indietro.
"Vorresti davvero che ti perdonassi?"
'Non lo so.' Non risposi.
"COSA DIAMINE VUOI, KRISTEN? EH. COSA VUOI?"

'Che mi baci. Vorrei che tu mi baciassi.'

"Che non urli. Vorrei solo che tu la smettessi di urlarmi contro." Mi guardò esausto. Scosse la testa, deglutendo; quel movimento mi costrinse a seguirlo con lo sguardo. Ipnotico.
"Usciamo."
"Che?" Caddi dalle nuvole.
"Ci fissano." Mi ricordai del luogo in cui eravamo, guardandomi poi intorno: aveva ragione, ci stavano guardando tutti. Si calò il cappello sulla testa ed uscì rapidamente dal locale dopo aver lasciato cinquanta 
dollari sul tavolino. Mi affrettai a fare la stessa cosa.
Quando fummo entrambi fuori, lui era già nella sua auto rossa. Ed io non sapevo cosa fare. Dovevo andare con Rob? Mi voleva? Potevo farlo?
Poi tutto cambiò quando sentii vibrare qualcosa nella tasca dei jeans.

Perché sentivo così freddo? Perché il cuore batteva così forte? E lo stomaco perchè si contorceva in modo così strano? Perché non smettevo di tremare?
Non ora, Kristen. Non un attacco di panico. Non ora. Aspetta di essere lontano da Robert. Dai suoi occhi.

Perchè forse era stato quel sms, o forse il suo sguardo. Dovevo solo andare via.
"Sali o no?" E respirare. Tossicchiai, schiarendomi la gola.
"Sì. Scusa."

Il coraggio per aprire il messaggio anonimo non ce l'avevo. Credo l'avessi esaurito tutto quando mi ero seduta accanto a lui. Il coraggio se l'era mangiato la paura.
La paura non passa. Mica è come le persone o le situazioni che passano. La paura, il terrore, non passa e non va via. Puoi metterla da parte, ma quando è così reale, quando ha già ucciso, allora non va via.
La metti in un angolino, e vivi la tua vita in funzione di essa. Io avevo smesso di vivere per colpa della paura. E pensavo che questo fosse il peggio, ma non era così.
Il peggio è quando la paura si trasforma in verità, in realtà. Quando gli incubi diventano veri e tangibili, allora capisci che c'è di peggio della paura stessa: il dolore che da essa scaturisce.
Io, oramai, non avevo più paura del mio stalker: io avevo paura del dolore. Fisico o morale è indifferente.
Perché da oggi in poi, il dolore era vero. Quello di Bear, quello di Rob, il mio. Ma io me lo meritavo. Era colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia.

Non so dove, e neanche quando, avevo letto che quando un animale muore, muore con lui anche un pezzo della tua anima, della tua umanità. Che quando accade, bisogna accarezzarli e stargli accanto, non lasciarli andare via da soli; perché loro, al contrario delle persone, solo non ti lasciano mai.
E allora devi lisciargli il pelo -come aveva fatto Robert-, e sussurrargli parole dolci -come avevo fatto io-, e dirgli che è stato bravo -come avevamo fatto entrambi 'Sei stato un bravo cane, Bear. Il migliore.'-, e non smettere di stargli accanto anche quando il cuore terminerà di battere.
Sempre in quel libro c'era scritto che a volte, quando viene a mancare il tuo cane o il tuo gatto, soffri come quano perdi qualcuno di caro; forse perché siamo così abituati a ricevere coccole, così abituati a prendercene cura, che li vediamo come persone. Bear era il mio bambino. Il nostro bambino. Ed io l'avevo ucciso. Non con le mie mani, ma era lo stesso.
Speravo solo che non mi odiasse. Che non avesse sofferto troppo.

"Kristen?" Sentii la voce di Robert troppo vicino al mio viso.
Percepii l'aria fondersi con il suo profumo; usava quel Dior che io odiavo tanto. Non aprii gli occhi, non lo feci. Mi limitai a sentire le lacrime scaldarmi gli zigomi e perdersi giù per il collo.
"Ti squilla il telefono." Negai. Non volevo rispondere. O forse sì. Volevo. Volevo farlo. Volevo rispondere a quella donna, perché lo sentivo che era una donna, e volevo denunciarla.
Potevo farlo. Potevo libermene e vivere la mia vita con Robert. Tirai su col naso ed alzai le palpebre; presi il cellulare dalla tasca e risposi senza neanche sapere chi mi chiamava.
"Pronto?"
'Cristo K! Sono ore che ti cerco!" Era solo Allie.
Tirai un sospiro di sollievo. E poi scoppiai a piangere. Avevo appena perso un amico e non potevo dire 'ti amo' all'uomo che amavo. E la mia amica lo sapeva.
Quindi mi scordai di tutto; dimenticai della presenza di Robert, di quel sms, di tutto.

"È colpa mia Als, è colpa mia."
'Cosa? Perché piangi? Dio dimmi che stai bene, Kris! Qui parlano di un cazzo di incidente sul set' Il panico nella sua voce. Non riuscivo ad articolare frase che non fosse "È colpa mia."
"Dammi 'sto coso, ora." Rob me lo ordinò. Gli diedi l'iPhone, lui me lo strappò di mano, azionò il vivavoce.
'Robert?'
"Allie?" Sembrò sorpreso. "Quella Allie?"
'Sì. Che ha K? Cos'ha? Cos'è successo?' Sbattè le ciglia.
"Bear è stato investito." Esclamò lapidario.
'Oh Dio.' Mi guardò.
"Sapresti dirmi perché la tua amica continua a ripetere che è colpa sua?" Stavolta a prendere il cellulare fui io; glielo tirai via, tolsi il vivavoce ed appoggiai l'apparecchio all'orecchio.
"Ti chiamo dopo. Così ti spiego."
'Okay... Ma è ciò che penso?'
"Sì." Fui concisa.
'Cristo.'
"Lo so."
'A dopo. Sta' attenta Kris.'
"Come sempre. Ti chiamo."
'Ti voglio bene.'
"Lo so..." E lei non sapeva quanto quella consapevolezza mi faceva bene.

Chiusi la telefonata, smettendo di singhiozzare. Pulii le guance e cercai di darmi un contegno perso tempo fa.
"Mi spieghi?"
"Cosa?" Allargò le braccia, sbattendo poi le mani sul volante.
"Tutto. Tutto, Kristen."
"Rob... Sono stanca. Ti prego, portami a casa." Portami con te. A Londra. A Los Feliz. Su una spiaggia o in montagna. Ma stai con me.
Lui mi guardò incazzato. O forse solo spossato. Non lo capii.
"E dov'è casa tua?" Lo fissai. Gli occhi umidi, la pelle che ora scottava.
"Non lo so. Casa mia l'ho lasciata due anni fa." Per la prima volta ero stata sincera. Totalmente sincera. E forse lui lo capì, perché qualcosa cambiò nei suoi occhi celesti. Qualcosa s'accese.
Rimise in moto l'auto, non mi parlò e mi lasciò da Cameron.
Quando aprii la portiera disse solo: "Anche io. Anche io non so dov'è casa mia. Ma la differenza tra me e te, è che la mia, di casa, mi ha abbandonato due anni fa."

 
Robert Pov.

"Quindi stava da Allie?" Annuii a Tom. "Okay."
"Non te l'aspettavi. Eh?"
"No." Posò le sigarette sul tavolino e si alzò per andare a prendere due Pepsi. Niente alcol al momento. "Non pensavo potesse andare a Cannes." Mi diede una lattina ed io la aprii, lasciandola sgasare. "Insomma... CANNES!"
"Lo so. Gliel'ho detto anche io."
"E?"
"Nulla. Che era il posto più ovvio."
"E stava da Allie? La mia Allie?" Sorseggiai la Pepsi Cola.
"Non è la tua Allie, ma comunque sì, quella lei. Penso sia stata a casa sua. Allie l'ha chiamata e sembravano molto in confidenza."
"Poi Als vive a Cannes, quindi..."
"Eh, esatto."
"Senti... Ho un'idea, perchè non facciamo qualche chiamata e la rintracciamo? Così magari ci parli e lei ti toglie qualche dubbio."
Non mi dispiaceva affatto, anzi. Io volevo disperatamente sapere, perché cazzo, me la meritavo la verità, qualunque essa fosse. Se volevo davvero voltare pagina ed andare avanti con la mia vita, dovevo avere qualche risposta.
"Sì, va bene. Chiamo Lottie, lei sicuro la sente ancora."

 Effettivamente Lottie e Allie erano in contatto; avevo composto subito il suo numero di cellulare ed ora attendevo con poca calma che l'ex di Tom rispondesse.
'Pattinson?'
"Allie? Come fai a sapere che sono io?"
'Sesto senso.'
"Ma va."
'In realtà conosco il tuo numero: Kristen lo ripete spe' Si fermò, lasciandomi incuriosito. 'Volevo dire... Ti va di vederci su Skype? I telefoni non sono poi così sicuri.'
"Sicuri?"
'Sì. Sicuri. Sei ottuso?' Tom mi fece segno di accettare, accendendo già il Mac Book.
"Va bene, okay, ti mando il mio indirizzo"
'è sempre lo stesso?'
"Sì ma"
'Okay allora lo conosco. Ci sentiamo tra una decina di minuti!'.

 
Ma come cazzo?
Dieci minuti dopo stavo Cercando di far zittire il trillo di Skype. Tom si era messo da parte, non volendo che lei lo notasse.
Rivederla fu strano, però bello. Era sempre bionda con le guance rosse. 

"Ciao bionda."
'Ehilà biondastro.' Mi fece sorridere.
"Come stai?"
'Tanto assonnata. Tu però mi sa che hai confuso i ruoli: sei Edward il magnate puttaniere, no Edward il vampiro vergine.' Tom scoppiò a ridere, facendomi scuotere la testa. Allie addolcì il volto. 'Ciao Thomas.'
Gli disse sorridendo. Anche io avrei voluto sorridere così a Kristen, con serenità. Senza rancore.
"Ciao Eleonor." Entrò anche lui nell'inquadratura della web; si guardarono con tenerezza.
Forse la tenerezza di chi ha condiviso qualcosa ed ora ne conserva un bel ricordo, non l'amore. Al contrario di me e di Kristen. Perché io Kristen l'amavo.

'Okay dai Rob, passa all'attacco. Cosa vuoi sapere?' Non persi tempo.
"Kristen è stata da te in questi anni?"
'sì.'
"Perché?" Roteò gli occhi.
'Perché avevo bisogno di una brava cuoca che mi insegnasse a cucinare. Sai, agli uomini non piace la donna che scongela ma non cuoce.'
"Davvero Allie..."
'Davvero Rob...' Ero frustrato.
"Perché ripete che è colpa sua?"
'Fai le domande sbagliate. Non posso dirtelo, mi spiace.'
"Ti prego Als, ho bisogno di sapere, io sto impazzendo, capisci?" Si passò una mano nei capelli, sciogliendo la treccia.
'Kristen, lei... Sono una pessima amica.'
"Non è vero." Intervenne Tom. Lei gli sorrise.
'Sono una pessima amica perché sto per dirti alcune cose, ma le voglio bene e... Robert, Kristen è spaventata.'
"Da cosa?"
'Non chiedermelo. Davvero. Ma se tu fossi meno egoista'
"Io? EGOISTA IO?"
'Pattinson fammi parlare o metto giù.' Le feci cenno con la mano di continuare. 'Grazie. Dicevo, se tu fossi meno egoista ed egocentrico, capiresti che K è spaventata. Si dà la colpa di cose che non portano la sua firma. E se si dà la colpa per qualcosa che non ha fatto, qualcosa dovrà pur esserci sotto, ti pare?' Io non lo sapevo.
"Cosa? Cosa non va, perché?" I suoi occhi chiari si fecero lucidi.
'Non posso... Ma ascoltala Rob. Ascoltala davvero. Non farla tornare qui a Cannes. Questo non è il suo posto. Non farla diventare ciò che non è. Non farla diventare un involucro vuoto.'
"Io... Non capisco." Ammisi.
'Chiamala. Va' da lei.'
"Io..."
Non sapevo quello che dovevo fare. Che Kristen fosse impaurita lo sapevo. Che i suoi occhi non fossero felici lo vedevo. Non ero così cieco, ma non mi amava. Era andata via... Mi aveva lasciato da solo. Mi rifiutavo di soffrire ancora a causa sua. Non più.
Sentii due schiaffi colpirmi la fronte.

"Pronto? C'è qualcuno qui dentro? Svegliati Pattinson, Kristen ti ama!" La risata di Allie riempì la stanza. "Questa donna ti sta dicendo che Kristen, la tua Kristen, la nostra Kristen Stewart, quella per cui hai lasciato tutto solo per conoscerla, ti ama."
"Cazzate. Se mi amava non mi lasciava. È semplice."
'Senti Robert, fa' un po' come vuoi. Credi a ciò che più ti fa comodo, tanto la verità la conosci, in fondo. Io non ci perdo nulla, anzi, ho solo da guadagnarci una cuoca, ma ti sto dicendo di ascoltarla. Tutto qui.' E poi guardò il mio migliore amico. 'Non perdetevi per la paura. O per le incomprensioni. Non fatelo, perchè altrimenti potresti ritrovarti a capirlo tardi, quando lei si sarà già rifatta una vita, e allora sì che sarà finita.'

Pensai alle sue parole, alla possibilità di vederla fra le braccia di un altro, incinta di figli non miei e mi venne il voltastomaco.
Mi alzai dal divano, di scatto.

Tom prese il mio posto.
Incamerai aria e poi la scacciai via.

"Vai da Kristen?" Volsi lo sguardo verso Tom.

Andavo da lei? Dalla donna che mi aveva lasciato da solo? Andavo a spaccarmi il cuore per l'ennesima volta?
Deglutii.

"Torno a casa."
Uscii da casa Sturridge in tempo per sentire il padrone di casa parlare con Allie. "Come stai Eleonor? Ti trovo bene. Sei bellissima come al solito."

 
Il piano, in effetti, era quello: tornare a casa, da Kristen. Per fare che, o per dirle chissà cosa, non lo sapevo. Ma lei non rispondeva al telefono e da Cameron non c'era. Mi evitava. 
Allie e Tom avevano torto, tra me e Kristen era finita. Per davvero.
Non mi amava, altrimenti non sarebbe andata via. Perché se ami non molli, non lasci che ti si spezzi il cuore per nulla. Rischi.
Avevo abbandonato l'auto nei pressi di Los Feliz, dove avevamo comprato la nostra pima vera casa; ci ero legato a quel posto, era stato il nostro rifugio per così tanto tempo che quando era stata venduta, ci stetti di merda.
Poi avevo cominciato a camminare, da solo, col cappuccio della felpa calato fino al naso.
Erano le otto di sera e qui il sole stava tramontando; c'era odore di pioggia, un inglese lo riconosce quel profumo. Ne avevo ispirato il più possibile.
Mi ero ritrovato a percorrere strade già fatte... Con lei. Mai mi ero accorto che con Kris ci dividevo pure i vicoli delle grandi città.
Io e Kristen, in effetti, condividevamo tutto: dagli amici alla carriera, dai cani ai ricordi. Persino i fans.
E come puoi scordarti di quel tipo di persona? Ci sono  alcune persone che non si lasciano andare, che non si scordano, anche se lo vuoi, anche se ci provi con le unghie e con i denti. Semplicemente non vanno via, nemmeno con il tempo.
E poi, come facevo a scordarmi di lei se ogni volta, con i miei amici, in una conversazione qualsiasi, ci infilavano lei? Come facevo ad andare avanti se devi per forza vederti o sentirti per delle pratiche burocratiche?
Come facevo a non amarla se ancora ci pensavo? Se ancora quelli che mi circondavano, in me e lei ci speravano? Se ancora le canzoni le dedicavo a lei?
Come potevo innamorarmi di qualcun'altra, farla stare bene e baciarla, se c'era Lei? Come potevo piangere, ridere, vivere un altro amore se poi tutte le mie lacrime, le risate e le canzoni se l'era prese Kristen?
Non potevo. Io ero fermo a lei. Sarei sempre stato fermo a lei; il resto sarebbe cambiato, ma io a lei, forse, mai avrei rinunciato. Non per davvero, comunque.
Però ci avrei provato a vivere senza di lei. Me lo dovevo.

Arrivai a 'casa' mia mentre le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere. E fu lì che la vidi, a 'casa' mia. Nel mio giardino.
Era seduta a gambe incrociate sull'erba, accanto al posto dove avevamo seppellito Bear.
L'aveva presa proprio male. Non si era accorta della mia presenza, quindi ne approfittai per guardarla, per ascoltarla; stava parlando al nostro cane, credo, mentre distrattamente accarezzava Vanilla. 
Bernie doveva essere nella sua cuccia.
"Credimi Bear, se avessi saputo non sarei tornata. Se avessi saputo lo avrei evitato. Non credevo ci saresti andato tu di mezzo. Sono una stupida, io... Scusa Bear, se solo potessi tornare indietro"
"Ma non si può." La interruppi, lei rimase impassibile. Immobile nel suo tremolio. "E poi, cosa avresti potuto fare? Non l'hai investito tu. Smettila di accollarti colpe che non sono tue."
"Tu... Tu non sai niente, okay?" Mi avvicinai a lei, di fretta, eliminando la distanza. Ancora non si mosse.
"E allora perchè non me lo dici, eh?" Si passò due dita sulle ciglia, così da asciugarle dalle lacrime o dalla pioggia. Poi si alzò.
Era così piccola.
"Non posso. Scusa se sono venuta qui, volevo solo, beh, stare un po' da sola con lui."
"Come sei entrata?" Puntò lo sguardo verso la cassetta postale -finta-, e sorrise. Lo feci anche io.
"La chiave l'abbiamo sempre nascosta lì..."
"...tanto nessuno avrebbe mai cercato nel posto più ovvio." Continuai io, lei annuì.
"Già."
"Me l'hai insegnato tu."
"Lo so. Perchè é ancora lì?" La fissai. Gli occhi lucidi e rossi, il timore a renderli meno verdi.
"Non lo so. Forse speravo tu la usassi." Per un attimo la vidi sbiancare, aprire la bocca e non mandare via nessun soffio d'ossigeno.
"L'ho usata, in effetti."
"L'hai fatto."
"Vanilla è bellissima." Sorrisi alla cagnolina così simile a Bear; era per quello che tempo fa l'avevo regalata a Kristen. Le feci una carezza, lei sembrò gradire.
"È una peste. Roba che mi ha rotto due divani in neanche un mese. Predilige quelli di cotone." Rise.
Accadde così, dal nulla. Lei rise. Una risata sincera, vera, di quelle belle. Non la sentivo ridere da anni. Probabilmente l'aveva fatto con altre persone. Senza di me.
Quel pensiero, quel tarlo che non andava via, era come un cancro.

"Perché te ne sei andata?" Un lampò squarciò il cielo. Kristen represse un gemito di terrore. Da quando aveva paura dei tuoni?
"Io devo andare. Sta piovendo e" la fermai semplicemente stringendole un braccio nel mio pugno.
"Ferma." Le intimai, calmo.  "Dimmi perché sei andata via." Mi fissò implorante. Ma no, volevo delle risposte.
"Ti prego."
"No."
"Lasciami andare."
"No." Cercò di liberarsi, ma non sarebbe andata da nessuna parte.
"Robert."
"Hai un altro?"
"Ti ho già detto che non ho nessuno", non le credevo.
"Ma qualcuno ti avrà toccato, no?"
"No." Si stava arrabbiando. Sorrisi.
"Non ti credo. Lui ti chiama 'Piccola'?
"E loro, mh? Le puttanelle che ti scopi ti chiamano 'Amore'?"
La strattonai, fino a farla sbattere il seno contro il mio torace. Abbassai il viso verso il suo. Stavolta non c'era paura nei suoi occhi, ma solo gelosia. Era gelosa. Oh, lo amavo.
"Perché mi hai lasciato?"
"Perchè non ti amavo più."
"Balle."
"Libero di non crederci." Le sorrisi sghembo.
"Hai un altro?"
"Oh sì. Diversi. Il mio preferito ha i capelli rossi." Mi leccai un labbro, lei fece lo stesso.
"E dimmi, lui lo sa che cambi umore ogni due minuti?"
"E le tue troie lo sanno che ascolti canzoni stupide sotto la doccia?"
"Oh, e lui lo sa che sculetti quando cucini?"
"E loro lo sanno che Katy ha scritto una canzone su di noi?"
"E lui ha mai visto il modo in cui ti spogli? Ti sei mai spogliata per lui, come hai fatto per me?"
"E loro lo sanno che quando sei felice fischietti, e quando sei nervoso suoni il piano?"
"E lui lo sa che quel tatuaggio è mio?" 
"E loro lo sanno che vorresti tuo figlio avesse gli occhi verdi?"
"No. Non lo sanno perché con loro non ci parlo, ci scopo e basta." Sbuffai dal naso. "Anzi, ora neanche più quello."
"Perché no?"
"Perché ti amo!" Sgranò le sue iridi ora verdissime. Allungò la mano libera verso il mio viso. Serrai le palpebre aspettando lo schiaffo. Schiaffo che non arrivò. Il dolore, il bruciore fu peggiore. 
Poggiò il palmo sulla mia guancia come a volermi accarezzare.
Pioveva ancora.

"Robert, io"
"Dimmi perché." Fissai le mie pupille nelle sue. "Dimmi perché mi hai lasciato." Abbassò lo sguardo.
"Non ti amavo."
"Ridillo, però stavolta guardandomi negli occhi." Lo fece, mi guardò e poi lo disse.
"Non ti amo Robert. Altrimenti come avrei fatto a lasciarti?"
Le persone mentono di continuo. Lo fanno sempre, chi meglio, chi peggio. Chi per abitudine, chi per difesa. Lei lo stava facendo. Mi stava mentendo con gli occhi incatenati ai miei.
"Non ti amo." Bugia.
Lo riconobbi da quello stesso sguardo che osava dirmi una bugia. Se ami e guardi davvero, allora lo sai.
"Se c'è una cosa che ho sempre saputo su di te è il modo in cui menti; arricci le labbra, e gli occhi prendono sfumature strane. Io so quando menti, lo sapevo quando mi dicevi che amavi Michael.
Lo sapevo quando quel porco ti chiamava e tu facevi finta di nulla. Lo sapevo quando ripetevi che andava tutto okay, ma poi tremavi per il minimo rumore. Lo so quando menti Kristen. Quindi, per favore, 
smettila di dirmi cazzate."
"Io non voglio."
"Cosa non vuoi? Sii sincera per una buona volta."

Si fece più lontana, la lasciai fare; se davvero voleva andare via, non l'avrei fermata. Ed infatti, questo feci.
La lasciai andare via, voltarmi le spalle ed aprire il cancelletto. Avevo perso ancora una volta.

Poi esplose. Come una furia tornò indietro, tuonandomi contro.

"IO NON VOGLIO CHE TU TOCCHI E SCOPI ALTRE DONNE!" Sorrisi.
"Ed io non voglio che baci qualcuno che non sono io."
"Non voglio che ti sposi. Mai. Con nessuna." Mi diede una spinta.
"Non voglio che tu abbia dei figli che non portino il mio cognome." La urtai.
"Non voglio che tu esca con quelle troie. Neanche devi pensare a loro!" Uno schiaffo.
"Non voglio che tu smetta di amarmi." Le ghermii il mento fra l'indice ed il pollice, stringendolo.
"Anche io. Anche io voglio che tu non smetta di amarmi."
"Non credo smetterò mai di farlo, Rob." Feci scontrare le nostre fronti, toccandole poi gli zigomi con impazienza.
Volevo baciarla. Volevo le sue labbra. Volevo lei.
"Piove. Ti prenderai qualcosa."
"Anche tu."
"Io sono più forte di te." Abbassò la testa fino ad appoggiarla nell'incavo del mio collo.
"Rob..."
"Sh."
"Non ridere di me, ma, chi te l'ha regalato quel portafogli?"
"Che?"
"Tu... Avevi un portafogli nuovo, e... Te l'ha regalato lei? Dylan dico." Cercai di guardarla in viso, ma lei non me lo permise.
"No. Dylan non mi ha mai fatto un regalo." Annuì. "L'ho comprato un paio di mesi prima che tu tornassi."
"Okay... E lei? Lei.."
"Lei cosa?" Stavolta ci riuscii a staccarla dalla mia pelle per vederla in volto.
"Lei, insomma, lei rispose al telefono quando sono andata via."
"Come?"
"Hai capito."
"Avevi chiamato?" Si morse un labbro.
"Non una sola volta, a dirla tutta." Sospirai.
"Era lì perché avevo bisogno di qualcuno che ti odiasse, e lei beh, lei ti odia, quindi..."
"E tu? Tu mi odi?" Ci pensai, e sì, forse sì.
"Kristen Jaymes Stewart, io ti amo troppo per non odiarti." Le baciai una tempia, scoprendola accaldata. "Entriamo, mi sa che ti sta salendo la febbre."

Le presi la mano e la portai all'interno di casa mia, al caldo. Bernie le fece qualche festa, Kristen sorrise.
"Io vado a prendere qualcosa per asciugarci."
"Va bene." Andai in bagno, afferrai qualche asciugamani e tornai in salotto.
La trovai all'entrata, stava passando in rassegna le foto che avevo messo sugli scaffali: io e Tom, io e i ragazzi, io e i miei genitori, io e Marlowe, i cani. Io e lei no. Non c'eravamo più. 
Prese fra le mani una cornice vuota. Quella che una volta ospitava una nostra fotografia. Non l'avevo più trovata.
Tirò fuori dalla tasca dei jeans un foglio piegato varie volte su se stesso. Lo spiegò e riconobbi subito i soggetti: eravamo io e lei.

"L'avevi tu." Sobbalzò. "Quella foto, l'avevi tu." Lei annuì. "L'ho cercata ovunque..."
"Davvero?"
"Sì. Volevo, beh, volevo bruciarla o qualcosa del genere."
"E allora perché?"
"Cosa?"
"Perché l'hai tenuta?" Indicò la cornice. La guardai negli occhi.
"In caso tu volessi tornare a casa." Deglutì.
"E... E se volessi? Se io non ci riuscissi a starti lontano? Se mi mancasse ciò che avevo, le tue braccia, se... Se io avessi cambiato idea? Se volessi tornare a casa?"
"Sarò lì ad aspettarti."

Lasciò cadere a terra la fotografia e corse verso di me, finendo la sua corsa sulle mie labbra.
E fu fuoco e ghiaccio, quello dei nostri corpi; il mio più freddo del suo.
E furono urla e sussurri, quelli dei miei 'perché', e i suoi 'non posso'.
E furono baci e morsi, i suoi e i miei.
E fu casa. Fummo noi.

Kristen pov.

Io non volevo, non volevo davvero metterlo in pericolo, ma lui, quella frase, quel suo modo di amarmi, mi avevano fatta cedere.
Perché io a casa ci volevo tornare, perché a me le sue braccia mancavano, perchè lo amavo, perché stare senza di lui mi faceva così male da sentirmi quasi mota.
Ed ora, con le labbra sulle sue, non riuscivo a pentirmene. Come poteva essere sbagliato tutto questo?
Potevo dirglielo; potevo davvero. Così da essere libera e combattere insieme a lui. E con la frenesia che contraddistingueva quel giro di baci e morsi, mi decisi a parlare.
"Guardami,"mi chiese; lo feci. Racchiuse il mio volto fra le sue mani, mi lasciò un bacio sul naso, poi sulle sopracciglia, su per lo zigomo.
Ridacchiai. Così felice.
"Mi fai il solletico." Rise anche lui.
"Lo so." Mi fissò. "Sei bellissima."
"Anche tu." Lo era, oh se lo era. Lo baciai, strusciandomi su di lui.
"Ferma." Mi ammonì. "Non fare certi movimenti. Sono un uomo, e a te, lo sappiamo bene, non resisto. Lo sai." Gli lasciai una carezza languida all'inizio della mascella, poi giù, sul pomo d'Adamo.
"Perché dovresti fermarti?" Deglutì.
"Perché non voglio fare sesso, Kristen." Alzai la testa, di scatto, guardandolo.
"Perché no?" Non mi voleva? Dio ero così sciatta?
"Perché la prima volta in due anni voglio solo... Sentire. Sentire te, in un letto, e stare in silenzio o a parlare, decidi tu. Non mi sono spiegato, eh?" Gli sorrisi, per poi baciarlo lievemente.
"Ho capito."
Dove avevo trovato il coraggio nel lasciarlo andare?
"Voglio sentirti pelle contro pelle. Per fare l'amore abbiamo tutta la vita."
E lui perchè s'era innamorato di una come me? Cosa avevo di speciale? Nulla.
Lui lo era.

"Perché piangi?" Mi pulì il viso con i due pollici. Per Bear, piangevo. Piangevo per le strette di mano che ci avevo legati. Piangevo per le lacrime mai asciugate ma lasciate seccare.
Piangevo per la paura.
Piangevo per il coraggio mancato.
Piangevo per quel ti amo rinnegato.
Piangevo per tutto, forse anche per le urla tenute strette dentro; portate a marcire, a morire, ad implodere.
Piangevo anche per quell'aiuto non chiesto ma che desideravo più di quanto desiderassi Robert.
Piangevo per le volte in cui avevo tremato nel letto, rannicchiata nel piumone, cercando riparo da rumori, porte sbattute, incubi, sms.
Piangevo per la libertà che stavo riassaporando.
Piangevo perché l'amavo quest'uomo.
"Piango perché mi hai aspettato." Sorrise.
"Prima o poi si ritorna sempre a casa propria." Lo baciai ancora. E ancora.
"Grazie." Tolsi la maglia, sbottonai i pantaloni. Lui fece lo stesso.

Rimanemmo in intimo. Andai a stendermi su di lui, adagiando l'orecchio sul suo cuore che tamburellava forte.
'Mi sei mancato.'

 Restammo così per ore. Senza muoverci, senza parlare. Con gli occhi chiusi e le braccia strette intorno ai nostri corpi. Lo amavo così tanto.
Fu lui a spezzare il silenzio venutosi a creare.
"Perché sei andata via?" Mi chiese con la voce roca ed assonnata.
"Ne riparliamo domani, Rob."
"Ma io voglio saperlo ora." Sospirai.
Come si dice che vieni minacciata di morte? Come si dice che per colpa tua sono successe solo cose brutte? Non ce lo scrivono un manuale su questo.
Ed io avevo il terrore che lui, saputa la verità, mi avrebbe odiata. Non poteva odiarmi. Non ora.

"Non odiarmi quando te lo dirò." Aprì gli occhi.
"È così brutto?" Annuii. Lo fece anche lui. "Allora non lo voglio sapere."
"Come? Io credevo che"
"Non oggi, Kristen. Domani sì, domani mi dirai tutto. Facciamo così, facciamo finta che questa sia l'ultima notte al mondo. Okay? Facciamo finta che sia così, che domani il mondo finirà. Ti va?"
"Ma"
"La vuoi passare con me l'ultima notte della tua vita?"
"Sì."
"Perfetto. Allora non c'è altro da dire. Se domani saremo ancora vivi, allora mi spiegherai tutto. Ora no. Ho passato troppi giorni della mia esistenza a chiedermi perché mi hai lasciato, e sai cosa? Ora non mi importa. Ora sei qui. Domani torniamo alla realtà, ma adesso, per il momento, che nè dici di baciarmi e scordarci del mondo?"
Lo feci. Lo baciai per un'infinità di volte e mi dimenticai del mondo... Fino a quando il cellulare squillò.
Fino a quando non vidi un'ombra fuori dalla porta finestra.
Fino a quando non sentii la voce del mio aguzzino. Era camuffata, era finta, al contrario della mia paura.
Fino a quando non ricevetti l'ennesima minaccia, fino a quando non venni colpita dall'ennesima verità, fino a quando non ebbi l'ennesima condanna.
'La bestia non ti è bastata?' Singhiozzai. 'Vuoi che muoia anche lui?'
"Io, io glielo dirò." Ne ero convinta. La sentii ghignare.
'Che stupida sei. Diglielo pure se vuoi, fallo. Sarà ancora più divertente poi. Il primo a morire sarà lui, lo vedrai abbandonare la vita con i tuoi stessi occhietti... E poi toccherà a tutti quelli che ami. La biondina, la francesina, ecco, morirà per seconda.'
"Tu non torcerai loro neanche un capello."
'Ma davvero? Oppure sai cosa?' Sentii un rumore fuori dalla porta, come se qualcuno volesse entrare. Sobbalzai impaurita.
Avevo il cuore a mille, lo stomaco in fiamme.

'Oppure 'BOOM!' potrei uccidere solo te. '
"Tu... Tu non puoi. Non farai del male a nessuno."
'Vogliamo provare? Sapevi che Tom Sturridge ama cucinare scalzo?' Deglutii a vuoto.
'Va' via troia. Torna a Cannes, restaci e vedrai che nessuno si farà male.'
Staccai. Buttai l'iPhone sul divano e caddi. Caddi ancora. In ginocchio, rannicchiata su me stessa.
Cosa dovevo fare? Dovevo svegliarlo? Tanto la mia decisione era già stata presa.
Era un brutto scherzo. Stavo perdendo ancora una volta ciò che avevo già perso tempo fa.
Non potevo dirgli di nuovo addio, lasciarlo. Come potevo? Mancavano cinque giorni alla fine delle riprese, e c'erano le interviste... C'era tutto un mondo dopo.
Come potevo?  
Lui... Non ancora una volta. Non adesso.
Dov'era tutta quella spavalderia che mi aveva invaso pochi minuti fa? S'era preso anche questo?
Bear, la relazione mia e di Rob, me. Aveva appena cancellato anche me.
Mi alzai da terra; le ginocchia ressero, poi tremolarono. Tutto girava, come su una giostra. Bruciavo. Ogni passo che facevo verso quel letto era come cadere, bruciare e diventare cenere pronta ad essere 
soffiata via.
Lo stavo rifacendo.
Indossai i miei jeans, presi la sua maglia. Lo guardai dormire. Gli accarezza le labbra, poi le baciai.
"Non odiarmi Robert, ma smetti di amarmi. Smettila di aspettarmi... Ed io non smetterò mai di amarti. Perdonami se puoi."
Slacciai il cinturino dell'orologio che avevo comprato per lui; volevo darglielo da sempre, era il momento che fosse suo e non mio.
Lo lasciai lì, sul comodino.

'CI RITROVEREMO SEMPRE.'

 Robert pov.

L'avevo sentita andare via. Era stato un rumore a svegliarmi, poi la sua voce. Non ci avevo capito molto, in effetti.
Ma sapevo che mi aveva appena lasciato, ancora. E come sempre, forse, non l'avrei rincorsa. Anche dopo tutte quelle parole; magari avevo capito male io. O no.
Ero più propenso per il 'no'. Io... L'avevo sentita. Quindi al diavolo, avrei scoperto cosa c'era sotto questa faccenda. Lasciandola andare. Per il momento o per la vita, questo era tutto da decidere.

Mi evitò all'inizio. Neanche mi parlava, o guardava. Poi parlò con Cat, e lei cambiò atteggiamento. Almeno in parte. Non le chiesi spiegazioni, Kristen neanche sedeva al mio stesso tavolo.
Nelle scene in cui eravamo insieme diventava un'altra: cambiava. Più volte mi era sembrato di avere la mia Kristen fra le braccia, non Vivian. Forse per lei fu lo stesso.
I cinque giorni più strani della mia vita.

 Eravamo al termine delle riprese; tutti festeggiavano contenti. C'era chi si dava pacche sulle spalle, chi si congratulava per la bella esperienza.
Poi c'eravamo noi, io e Lei. La mia Lei da quando neanche la conoscevo.
Avevamo entrambi un calice di spumante in mano, Kristen ogni tanto lo sorseggiava distratta: messaggiava. Sicuramente con Allie.
Cominciai a tamburellare la punta del piede destro sul finto marmo; la stavo fissando da minuti. Ultimamente si estraniava spesso, quasi sempre. Sempre più pallida. In mensa non la si vedeva più.
Ero preoccupato. Ed incazzato; ma mi ero ripromesso che non le avrei detto nulla. Stanco. Ecco cosa. Ero stanco di essere sempre quello che rincorre. Se mi amava sapeva dov'ero.
L'avrei aspettata, non so per quanto, però.
Diedi una scrollata all'orologio, guardando l'ora: le undici di sera. Non avevo avuto il coraggio di indossare quello che mi aveva lasciato sul comò. Quell'iscrizione.
Posai lo champagne e mi versai un succo di frutta; quanto ero patetico.
Salutai i ragazzi della troupe, ringraziandoli e dicendogli che ci saremmo visti per la Premiere. Presi la giacca di pelle, non la indossai ma me la posai su una spalla, trattenendola con l'indice, ed uscii.
Fuori c'era un gazebo pieno di lucine bianche, sembrava quello di Twilight. Sorrisi ai vecchi ricordi. Quelli ci sarebbero stati sempre, e sempre li avrei conservati dentro me. Le dovevo tutto.
Sotto la struttura, appoggiata ad un pilastro, c'era Kristen. Sembrava infreddolita. Mi fece quasi tenerezza.
L'ultimo addio forse... Forse. No. No.
Buttò fuori il fumo dalla sua sigaretta, ancora l'iPhone in mano. Sembrava un salvagente. Come se potesse salvarla da qualcosa.

"Ciao." Le dissi, d'istinto. Sembrò essersi impaurita, tant'è che alzai i palmi delle mani in alto. "Sono solo io."
"Scu, scusa. Non ti avevo sentito arrivare." annuii. Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due parlò, restammo solo a guardare io la sua sigaretta diventare mozzicone e lei fissare il vuoto alle mie spalle.
Lei sembrava vuota.
Allie mi aveva chiesto di non farla divenire un involucro vuoto. Lo era già. Lo sguardo vacuo, quasi assente. Viva l'avevo vista solo poche volte. Eppure ci convivevo da mesi.
Avrei voluto chiederle cosa avesse, cosa le stava capitando, ma non lo feci e mai l'avrei fatto.
L'ultimo addio. Era un addio, di quelli civili. Ce lo meritavamo.

"Senti"
"No Rob ti prego, non"
"Non ti implorerò, Kristen. Non stavolta. È finita per te, giusto? Forse hai ragione tu. Non c'è speranza per noi due. Credo che a volte ci aggrappiamo alle finte speranze, ai piccoli dettagli, pur di non vedere la realtà, pur di non capire che è finita. Che non c'è più l'amore." Bugia. Io l'amavo ancora.
"Tra me e te è finita. Niente più Kristen e Robert. È inutile farsi ancora del male. L'ho capito quando l'altra notte ti ho sentita andare via. Andremo avanti, tu con la tua vita ed io con la mia. Torni in Francia?" 
La vidi fare cenno positivo con la testa. Gli occhi lucidi.
"Sì." La voce flebile.
"Bene. Tu in Europa ed io qui, o forse a Londra. Sto pensando di trasferirmi. Tom vuole crescere i suoi figli in Inghilterra, ed io vorrei tornare a casa." Che poi casa mia dov'era?
"Sienna è incinta di quasi tre mesi, sai?" Quasi sorrise. Asciugò una lacrima prima che quella cadesse rovinando la sua finta maschera di indifferenza.
Io lo so quando menti.
"Sperano in un maschio." Le tremò un labbro. "Chiamalo qualche volta, ne sarebbe felice. Oh poi ha anche il numero di Allie, quindi se non lo chiami tu lo farà lui."
Annuì ancora. Tremò. C'era vento e lei indossava una semplice canottiera con dei pantaloncini.
Mi avvicinai, sgranò gli occhi. Si guardava intorno. Incurante della sua stranezza, le misi il giubbotto sulle spalle magre.
Prese un respiro profondo e poi chiuse gli occhi. Non tolsi le mani dalle sua braccia.

"Mi hai dato tanto, ti devo quasi tutto. Senza di te avrei smesso ancora prima di cominciare; mi hai dato la voglia di provarci, la speranza. Se tu non fossi mai entrata nella mia vita io non sarei l'attore da Golden Globes, avrei mollato. Ho inseguito te, ed ho preso anche il sogno della mia vita. Quindi grazie. Abbi cura di te stessa." Le lasciai un bacio sulla fronte. Fermandomi un po' di più del dovuto, perché le mie labbra stavano così bene sulla sua pelle. Arricciai la bocca, corrucciai le sopracciglia. Mi allontanai quel tanto bastava per vedere due lacrime bagnarle le guance.
Le asciugai con il pollice.

"È stato bello essere innamorato di te Kristen Stewart."

6 mesi dopo, Kristen pov.

"Avanti K, devi decidere cosa indossare a quella premiere." Guardai per l'ennesima volta Allie, sperando di trasmetterle tutto il mio astio. Lei e Ruth si erano messe d'accordo per rovinarmi la vita.
"Kristeeeeen?"
"Eleonor, no."
"Non chiamarmi Eleonor. Domani devi partire."
"Ma va."
"La premiere è tra due giorni."
"Doppio ma va." Sbuffò esausta.
"Stewart, ti prego." Allie si buttò sul letto, a pancia in giù, piagnucolando cose senza senso. Mi fece ridere.
Aveva quasi ventisei anni ma pareva una bambina.
Ci pensai... Aveva ragione.

"Quello blu mi piace." Alzò la testa, con una mano tastò il materasso in cerca del vestito. Trovò il tessuto scuro, lucido.
"Questo?" Annuii. Lei sorrise.
"Preferivo quello rosso, ma anche questo mi piace. Oh, ho delle scarpe favolose da metterci sotto! Abbiamo già avvertito Jillian e vedrai, sarai una favola."
"Mh mh."
"Ci devi andare, lo sai."
"Non posso darmi malata? Come a scuola." Ridacchiò.
"No tesoro, mi spiace."
"Mhhh." Sprofondai nella poltrona.

Non volevo rivederlo. Non dopo quella frase che mi aveva detto. E non da sola.
Los Angeles mi terrorizzava.

"Dai, andrà bene. Avete poca promozione insieme. Quasi nulla." Avevo ringraziato Catherine per questo.
"Ho paura." Ammisi.
"Non averne. Ci sarà Ruth lì. E poi Cam, i tuoi.. Non sarai mai sola."
"Non ci sarai tu, e ci sarà Lui."
"Per poco." Prese fra le mani il vestito rosso che voleva farmi indossare. Lo squadrò bene. "No Stew, devi indossare questo. Cristo, tu li ammazzi tutti così!"
Ammiccai quando ebbi l'idea migliore della mia vita.
"Va bene."
"Va bene?"
"Sì. Lo metto. Non sono una fan di quel genere di vestiti, ma farò uno sforzo." I suoi occhi si illuminarono come le luminarie che avevamo in giardino. Era il ventuno Dicembre.
"Ommioddio, cioè ahhh, sarà perfetto, diremo di farti una treccia particolare, magari con un cerchietto e " La fermai.
"Calma gli animi, sorella. Io metto quel coso e tu vieni con me."
Rimase immobile per un po', poi mi mandò a cagare.
"Ma vattene un po' affanculo."
"Vive la finesse!" Le dissi nel mio francese davvero, davvero, migliorato.
"Stewart, taci."
"Dai... Che ti costa? Il biglietto lo pago io. Potresti passare il Natale a casa tua."
"Questa È casa mia."
"Lo so ma... Da quanto tempo non ceni con i tuoi?" Scosse il capo. "E poi ho bisogno di te. Dai Allie, ti prego."
"K... Io non so se"
"Tanto Tom neanche lo vedrai."
"Non si tratta di Thomas."
"Allie... Dai."
"Gli occhi da cucciolo no."
"Dai?"
"Kristen."
"Prenoto anche per te?"
"No."
"Prima classe. Pago io."
"Non mi compri con i soldi."
"...e con Jared Leto?"
"Prego?"
"Sai..." feci la vaga, "ci metto due minuti a fartelo conoscere."
E si sa che a Jared Leto, Allie proprio non resisteva.
"Va bene. Però metti il vestito rosso e ti tieni i tacchi tutta la sera."



 Los Angeles, 23 Dicembre.

Non ero più abituata a ... Questo.  Erano passati più di tre anni senza il cinema, senza i fotografi, senza i tappeti rossi da calpestare, l'ansia da 'piacerà oppure no?', senza la voglia di scappare dopo le domande
dei giornalisti. Senza il mio lavoro.
E mi era mancato, un po'.  Il set, quello mi era mancato di più, l'avevo capito una volta tornata a recitare.
Mi guardai ancora una volta: le scarpe alte, il tessuto leggero rosso, il pizzo del corpetto.
Dovevo scendere.
Guardai Allie e Ruth; eravamo ferme nell'auto, poco distanti dal luogo in cui si teneva la premiere. Si udivano le urla, le risate.
C'erano già tutti, da ciò che Als aveva letto su Twitter; anche Robert.
Mi sudavano le mani. Avevo paura... E per la prima volta in quasi tre anni, non avevo solo paura di chi mi minacciava, ma ero terrorizzata dal giudizio altrui. Erano anni che non mi facevo vedere e questo era decisamente un progetto rischioso, insomma... Pretty Woman!
Chi era tanto stupido da sfidare un cimelio del cinema? Noi. L'avevamo rimodernizzato, reso migliore esteticamente, ma... L'originale sarebbe sempre stato meglio. Ci avrebbero fatti a pezzi.
Oramai come attrice non valevo più niente, cazzo. Cosa mi era saltato in mente?
"Cristo! Si sentono le tue paranoie anche al di fuori del tuo cervello." Fulminai con gli occhi la mia migliore amica.
"È Facile parlare quando non sei tu che devi affrontare quelle belve affamate con dei tacchi assurdi."
"Li farai tutti secchi, Kris. Sei stata bravissima." Mi disse Ruth.
"Cioè cavolo, per forza! Con questo vestito sei una bomba, ma guardati. Ho un ottimo gusto."
"Sta' zitta."
"Andiamo K, animo!" Borbottai qualcosa, infastidita.
"Ruth, come la convincevi quando faceva così?" Allie l'aveva chiesto sottovoce, ma ero riuscita a sentirla lo stesso.
"Quando non voleva scendere? Chiamavo Rob."
"Oh perfetto. Resteremo qui dentro in eterno!" Si buttò contro lo schienale, quasi affranta.
"Sentite, io scendo e vado a vedere com'è la situazione lì fuori. Dico a Cat che tra poco scenderai." Si chiuse lo sportello dietro di lei.
Il boato che avevo sentito... L'inferno.
"Kristen, devi scendere."
"E se lei fosse qui?"
"Impossibile." Allie scosse la testa con decisione. "Siamo accerchiati da migliaia di persone, centinaia di telecamere e non so quanti poliziotti. Non farà nulla, sta' tranquilla."
Aveva ragione.
"Ho paura lo stesso."
"Lo so, ma ci sono io, okay? Andrà bene."
"Lo spero." Abbozzò un sorriso. "Scendi Als. Io ti seguo tra poco."  
Aprì lo sportello della Limousine; le sorrisi incoraggiante.
"Kay non so se..."
"Vai!" Tentennò, poi scese facendo frusciare il suo abito rosa pallido.
"Cinque minuti."
"Non di più."
Richiusi la portiera e restai sola, cercando il coraggio per affrontare quella bolgia umana.
Sospirai.
Potevo farcela. Non dovevo deludere Allie, Ruth, Cat... Rob.
Di lui in questi mesi non si era saputo molto. Però si era ripreso.
Sorrideva, rideva, viveva. Un bel cambiamento. Ero contenta che lui fosse felice, solo, beh, avrei voluto essere io la sua felicità; o almeno una parte di essa.
Ma andava bene anche così.
Non si era visto con altre donne. Non voleva più solo sesso, probabilmente stava aspettando la donna giusta di cui innamorarsi. Un giorno l'avrebbe trovata.
Fu quel pensiero a darmi il coraggio necessario a spalancare la portiera e tornare ad essere Kristen Stewart, l'attrice.

Robert pov.

Aspettavano tutti lei. Io compreso. L'aspettavo da sei mesi. Ero al punto di partenza.
"Guarda qui Robert!"
Un sorriso al fotografo.
Fingersi felice. Fingere.
Pensavo che lo scorrere del tempo avrebbe sfocato e poi cancellato il suo ricordo, il suo amore. Il mio. Gli addii.
"Qui! Rob qui!"
"Tu e Kristen tornerete insieme?"
"No."
Avevo trovato un equilibrio: lavoro, amici, famiglia, niente alcol. Ero tornato a Londra, a casa. Lei non faceva parte di quell'equilibrio. Tom l'aveva sentita spesso... Ero tranquillo.
Ero sereno per la maggior parte del tempo. Poi tornavo a letto, chiedevo il mondo fuori dalla stanza e la nostalgia tornava. Ma andava bene anche così.
"Perché no?" Perché nulla è per sempre. Neanche io e lei.
Non risposi a quella domanda. Passai oltre.
Avevo un equilibrio da mantenere, e lei, Kristen, lo metteva alla prova.
"Cosa c'è di speciale in questo Remake?"
"Kristen." Risposi. La giornalista di 'E!' rimase di stucco.  Sorrisi più a me stesso che a lei.
Faceva freschetto, però la nebbia che stava scendendo era frutto degli sceneggiatori. Ci sarebbe stata anche la neve, dicevano. La location prevedeva un pianoforte dietro il red carpet; avevano riprodotto varie scene del film. Sentii il bisogno di allontanarmi un po', giusto il due minuti; lo feci, avvicinandomi al piano e sfiorandone distrattamente i tasti.
Poi udii una voce familiare, seguita da un'altra.  C'era profumo di zucchero.
Allie. Parlava animatamente con Ruth. Probabilmente Lei era vicina.
Sorrisi. Poi chiusi gli occhi.

'Non odiarmi Rob.'


"C'È KRISTEN STEWART!" Urlò qualcuno.

'...ma smetti di amarmi.'

Qualcosa mi bagnò il naso: neve. Finta. Più o meno.
Riaprii gli occhi.

'Smettila di aspettarmi.'

L'avevo capito.
Io e Kristen per tanti anni avevamo viaggiato sulla stessa strada, ma ora, ora eravamo solo due passi che si stavano separando, andando in due direzioni diverse.
Ma smetterla di amarla... Oh questo mai.
Stavo bene, sì. Speravo lo stesso per lei.

'...e io non smetterò mai di amarti.'

Voltai il viso e la vidi. Vestita di pizzo rosso, gli occhi decisi. Bella come mai. Mia non più.
Un fiocco di neve finto si fermò sulla sua bocca. Lo scacciò via leccandosi il labbro superiore.

Oh beh, no amore, il tempo non ti ha cancellata.

Mi vide.
Ci passammo, nello stesso momento, una mano nei capelli.
Poi come se fossimo soli, come se quella bolla si fosse appena ricreata, ci sorridemmo.
Un sorriso che non scordi.

"Come mai vivi in Francia?"
"Kristen sei ufficialmente tornata?"
Mi avvicinai a lei. Non ci parlammo. Ci limitammo a rispondere alle domande dei giornalisti, fianco a fianco. Come una volta.
E la neve di scena ancora cadeva.
Quando il giro finì, Allie si avvicinò a Kristen per dirle che l'aspettavano nel teatro. La bionda mi fece l'occhiolino, ricambiai immortalato dai flash.
Affiancai Kristen. In silenzio. Fu lei a parlare; a fermarmi. Mi bloccò, ghermendo il mio polso nella sua debole stretta.
Aveva le mani fredde.
Passò un dito sul cinturino in pelle dall'orologio. Il suo. Quello che lei mi aveva lasciato.
"Lo indossi."
"Lo indosso." Cercò il mio sguardo.
"Perché?" Perché posso anche far finta di non aspettarti, ed ingannare gli altri, ma quella cornice e quella foto, ancora sono l'ultima cosa che guardo prima di dormire.
"Non ha importanza. Andiamo dentro, qui si congela."
"Okay." Nessuno di due si mosse, immobili, accerchiati da voci, occhi ingordi e telecamera.
"La mano."
"Come stai?"
"... Io bene. Tu?"
"Anche."
"Bene."
"Bene."
"Hai un fiocco di neve finta proprio qui," le tolsi il ghiaccio da sopra lo zigomo.
"Ops." Sorridemmo.
"Sei bellissima." Si morse un labbro.
"Anche tu."
"Vestito e rossetto rosso, capelli semi intrecciati, occhi luccicanti. Sembri quasi la Kristen di Cannes."
"Volevo essere bella per te quel giorno." Ammise. "Forse anche oggi."
"Lo sei sempre."
"Ci guardano tutti..."
"Lasciali fare. Stiamo solo parlando."
"Mi hai toccata prima."
"Tu stringi ancora la mia mano."
La lasciò andare.
"Scusa."
"Entriamo?" Me la ripresi quella mano. Era mia di diritto.
Fissò il nostro intreccio di dita. Poi me. Deglutì, impaurita.
"Che hai?" Ero stufa di vederla terrorizzata. Volevo sapere perché aveva paura.
"Lasciami la mano, Rob"
"Cosa? Cosa ti fa così tanta paura?" Mi chiese perdono con gli occhi, allentai la presa e lei scappò via.

Il mio cellulare squillò, lessi il messaggio di Tom: 'Sienna è in travaglio!'.
Un sorriso sincero.
Poi vidi il panico sul volto di Allie.
Poi Cassie, l'assistente del set. Quella che aveva trovato Bear morto. Un luccichio strano.
Un urlo fra le urla.
"K! HA UN COLTELLO!"
Non ci misi poi molto a capire che quella donna volesse colpire Kristen.
Non ci misi poi molto a correre verso di lei; la presi fra le braccia. Me la strinsi contro.
NON LEI.
IO MA NON LEI.
Il mio corpo a farle da scudo.
Poi le lacrime.
"DEVI MORIRE PUTTANA!"
Poi un colpo.
Io ma non lei.
Poi un suono strano.
Colpisci me.
Poi il cuore che martella.
Non lei.
Poi il pianto di Kristen.
"Rob! Cristo no, no, no"
Poi un dolore lancinante al fianco.
"Che gli hai fatto? Cosa. Rob amore, Rob"
Gliel'avevo detto che l'avrei aspettata sempre?
Poi la neve che diveniva di colore rosso. Come le sue labbra, il suo vestito, il mio sangue.
"Rob! Rob amore, Rob! No, no, no." Voci indistinte.
"Perché ti sei messo in mezzo? Ti ho lasciato per evitare che succedesse questo, per evitare lei ti facesse del male. Dio, Rob, rispondi!"
 Ci avete mai pensato al modo in cui la vostra vita avrà fine? Io sì.
Speravo sarei morto da vecchio, nel letto, con mia moglie accanto; magari andarcene insieme. Sempre un attimo prima di lei, perché sono egoista e preferirei morire prima di poter sentire la mancanza di chi amo.
Ma in realtà, avevo sempre pensato che sarei morto in un cavolo di incidente stradale; la mia guida lasciava davvero a desiderare.
Però il punto è un altro: Ai tempi, quando lessi Twilight, pensai che il miglior modo per andarsene fosse proprio quello di morire proteggendo chi ami.
Nel 2008 pensavo di non avere nessuno per cui valesse davvero la pena morire; forse la mia famiglia o Tom.
Poi conobbi Kristen.
Poi mi innamorai di lei e allora trovai quella persona per cui sarei morto davvero, senza rimpianti.
Mi sarei buttato nel fuoco pur di salvarla.
Mi sarei preso una coltellata pur di farla  vivere.
E l'avevo fatto.
Il coltello aveva davvero trapassato la mia pelle, i miei muscoli.
Il bianco della neve si sporcava di rosso per colpa del mio sangue.
Avevo paura della morte. Anzi. Forse no. Non proprio... Era diverso.
Quando muori, dopo un po' vieni dimenticato. Io, da puro egoista quale sono, avevo sempre avuto paura di questo.
A me non faceva paura la morte, ma il fatto di poter essere dimenticato.
La gente va avanti, le memorie vengono scalfite dal tempo.
Eppure, eppure, se fosse servito a salvarla, allora me ne sarei presi altri cento di colpi. Per la sua vita ero disposto ad essere dimenticato.
"Sai, sai perché indosso il tuo orologio?" Non rispose.
Parlai lo stesso. "Ci ritroveremo sempre." Citai l'iscrizione scritta dietro la cassa. "Lo speravo... E quindi ti ho aspettato. Perché ti amo."
Una lacrima. Poi due. Avevo sonno.
"Tu mi ami."
"Io ti amo."
"Anche io ti amo." Sorrisi.
Lo sapevo che mi amava. Ora lo sapevo.
Tutti hanno bisogno di una persona per cui morire, per cui ridere o versare lacrime.
Kristen Stewart era quel qualcuno per cui morire.
Kristen Stewart quel quel qualcuno per cui vivere.

Come ci si sente quando si muore? Quando si capisce che è finita?
Forse sparisci, forse ti senti trasparente o come se ti stessi sciogliendo.
Gli occhi diventano vitrei, vedi più.
All'inizio, magari, vanno via solo i colori: c'è solo il bianco e il nero.
Nel mentre, vorresti anche muovere le mani ma non ci riesci. Sono pesanti.
Sono di qualcun altro? Perché non rispondono ai comandi?
Il cuore tenta di battere ad un ritmo veloce; sembra che voglia trapassare il petto. Sembra stia battendo per poi fermarsi.

Mi sentivo come se stessi avendo un attacco di panico.
Respira, mi dicevo. Fallo.
Ma i polmoni non lo volevano.

Apri gli occhi Rob. Fallo idiota.
Se le palpebre sono pesanti fregatene, e torna da lei.
Ha detto che ti ama. Focalizzati su di lei.
Te lo ricordi quando l'hai vista in tv? Eri sul divano, annoiato, insieme a Tom.
Ti ricordi come ti sei sentito?

'Vado in America, Tom.'
'Per quell'attrice?'
'Per lei. Per me. Non lo so. Se non ci provo non lo saprò mai.'

La testa gira? Pensa che sei di nuovo su quel set, sotto al gazebo, lei sui tuoi piedi. Eri felice, vero?
Apri gli occhi, non stai morendo. Ti ha solo sfiorato. Concentrati. Fallo per lei.
Sei stanco? Non puoi dormire. Devi aprire gli occhi.
La ami?
La vedi la prima volta in cui avete dormito insieme? Fissati su quella sensazione e poi lasciala andare.
C'è lei accanto a te, non vedi? Non la senti?
Ha la mano nella tua, c'è la neve finta.
Te lo ricordi quanto eri felice quando lasciò Michael?
Te lo ricordi quanto eri felice quando ti baciava?
Apri gli occhi.

'Ciao. Sono Robert Pattinson... Quello che t'ha appena baciato.'
'Kristen Stewart. Quella che ti ha appena scelto.'
'Lo so chi sei.'
'... Bel lavoro Robert.'
'Rob. Rob va bene.'

Apri gli occhi. Va tutto bene.

'Cioè non hai mai bevuto la birra?'
'Sì che l'ho fatto Rob!'
'Ma quella non è birra. Questa lo è. Bevi ragazzina. '
'è buona.'
'Lo so. Come hai fatto senza di me, Stewart? Come.'
'Beh... Non lo so Proprio.'

La neve. C'è la neve. E c'è Kristen che ti chiama.

'Ciao.'
'Ciao.'
'Come stai?'
'Bene. Tu?'
'Da quanto non mangi?'
'Che?'
'Sei troppo magra.'
'Io mangio.'
'Si vede... Ero venuto qui per'
'Rob?'
'CHE C'È?'
'Non lasciarmi.'

Te lo ricordi il sapore delle sue lacrime mischiato a quello della sua bocca? No? Allora apri gli occhi, le sue labbra sono proprio sulle tue.
 E quando alzai le palpebre, esattamente così mi ritrovai.
Come la bella addormentata, ma al contrario.
Erano tornati i colori: il rosso sbiadito del suo rossetto, il verde acceso dei suoi occhi.
Sorrise. Poi scoppiò a ridere. A piangere. Mi baciò a stampo: una volta, due, tre fino a non contarle più.
"Ciao." Mi disse.
"Dove siamo?"
"In ospedale. Sei stato accoltellato, ma stai bene, davvero. Hai una ferita al fianco sinistro; l'hanno messa a posto con qualche punto di sutura. Sei svenuto, hai battuto la testa e Oh Robert!" Mi si buttò fra le
braccia, piangendo. "Ho avuto così tanta paura che quella pazza ti avesse ucciso! Perché ti sei messo in mezzo? Stavi mandando a puttane tutti i sacrifici fatti per salvarti, razza di idiota."
Cercai di connettere meglio; avevo la bocca impastata.
"Ma di cosa stai parlando?"
Singhiozzò.
"Io... Tre anni fa più meno, ho cominciato a ricevere dei messaggi minatori. Poi gli sms sono diventati vere e proprie minacce. Cameron trovò l'auto rotta, casa nostra non era così sicura e l'unico modo per farla smettere, per far restare tutti vivi, era andare via e lasciarti."
"E l'hai fatto." Mi stropicciai gli occhi con il pugno chiuso.
Cominciavo a capire.
"Sì... E tu sei stato bene. Eri vivo, Rob, ma poi non ci sono riuscita. Mi mancavi tanto, ti amo, capisci? E sono tornata e Dio, se non l'avessi fatto ora... Lei ha"
Compresi. Non ci voleva molto a fare due più due.
"E lei ha ucciso Bear." Strinsi il lenzuolo fra le dita.
Kris annuì.
Ora capivo. Capivo il perché del suo colpevolizzarsi per la morte del nostro cane.
Capivo il perché della sua paura.
Capivo tutto.
Se n'era andata per salvare me e chi amava.
"Non è colpa tua, ma di quella psicopatica." Scosse il capo.
"È colpa mia Rob, se io"
"Stai zitta. Se quella donna è pazza mica è colpa tua? Dovevi dirmelo."
"Non potevo... Se tu fossi morto io, Dio Rob come avrei fatto?"
"Dovevi. Perché cazzo te ne sei andata? Perché non me l'hai detto?"
"Perché ti amo." Rispose.
Fu in quel momento che capii di essere vivo. Vivo per davvero.
 
Due giorni dopo, 25 Dicembre -Kristen Pov.

"Okay Rob, basta, smettila, hai dei punti di sutura!"
"Capirai. Solo sei. Sono a casa da ieri!"
"Ah. Ci rinuncio. Vaffanculo. Sei stato accoltellato neanche due giorni fa."
"Kristen", mi posò le mani sulle spalle, "Sto. Bene."
"Lo so. Per fortuna."
"Ed è la mattina di Natale."
"So anche questo."
"Il nostro primo Natale da ... Beh, da anni, quindi ti va di goderci il momento?"
Lo guardai, e per un momento lo vidi riverso a terra, col la camicia diventata rossa e la giacca squarciata.
Per fortuna quel coltello non aveva provocato danni seri, ma solo tanto spavento.
Cassie... Ce l'avevo avuta sotto al naso per così tanto tempo che pensandoci, era quasi ovvio.
Ossessionata da Rob.
Nel suo appartamento avevano trovato muri interi rivestiti da foto di Robert... E mie. Con la testa cerchiata di rosso.
Era in galera.
L'incubo era finito. Potevo tornare a vivere.
"Oh?"
"Eh?"
"Stewart, tu non mi ascolti."
"certo che ti ascolto."
"Ah, ah. Ovvio. E cosa stavo dicendo?"
"Eeh. Eh." Non ne avevo idea.
Lui incrociò le braccia al petto. Un sorriso impertinente sul viso.
"Ti ascolto."
"Non farò sesso con te." Aveva quello sguardo. Ed era da ieri che ci provava, quindi beh, era quello. Per forza. Doveva.
"Mh... E dire che ti avevo chiesto di fare colazione, ma se vuoi fare sesso il mio corpo è a disposizione."
"Ah. Ah. No. Hai una ferita!"
Roteò gli occhi.
"Kristen." Si alzò dal letto, togliendosi poi il maglione color ruggine. "Io. Tu. Sesso. Ora." Scoppiai a ridere e poi lo tirai verso di me, su di me.
Sul letto.
Lo baciai. Fece lo stesso. Con la bocca scese sulla pelle del collo: morse e succhiò.
"Niente succhiotti"
"Sta' zitta." Mi tolse la maglia senza distaccarsi dalla mia pelle.
"Dio quanto mi sei mancata." Disse quando anche il reggiseno fece la stessa fine della maglia.
"Anche tu", ammisi ansimando. Le mani nei suoi capelli, poi più giù, a tracciare il solco della spina dorsale.
Un gemito. I pantaloni tolti; i miei e i suoi.
Ripercorsi con le dita la sua schiena: i muscoli definiti, la pelle calda. La garza che copriva la ferita.
Se Cassie l'avesse ucciso... No. Sarei morta con lui.
Dopo avergli detto delle minacce lui mi aveva abbracciato.
"Dimmi che non andrai più via."
"Non andrò più via." Un bacio.
"Dimmi che non mi nasconderai più nulla." una carezza.
"Non ti mentirò."
"Qualunque cosa, qualunque, la affronteremo insieme."
E poi entrò in me.
Oddio che sensazione fantastica. Dio. Come avevo fatto a lasciarlo?
Spinse. Ansimò.
Seguii i suoi movimenti. Gemetti.
Le mani intrecciate, le gambe avvolte ai suoi fianchi, le labbra incollate alle sue.
"Non smettere di baciarmi."
"Non ho mai smesso di aspettarti, ed ora che ti ho, pensi che io lasci le tue labbra?"
La paura scivolò via.
E poi furono sorrisi, e furono risate, e furono gemiti, e furono sospiri, e furono scuse.
Venimmo insieme. Come la prima volta. Come l'ultima.
E fu nuova vita.

Fischiettavo.
Fischiettavo e sculettavo mentre cucinavo la nostra cena di Natale.
Rob era a letto e parlava con Tom; domani saremmo partiti per Londra, così da vedere il piccolo Orlando.
"Sì sto bene, cazzo Tom sei peggio di Kristen!"
"Ehi stronzo"
"Amore dai, sei pesante." Mi disse. "Comunque ci vediamo domani sera, dai un bacio a Marlowe."
Andai in stanza, poggiandomi allo stipite della porta. Eravamo a casa di mia madre, quella che non veniva mai usata.
"Come stanno?" Chiesi.
"Bene. Vieni, ti faccio vedere  il bambino." Salii sul letto, a carponi, e mi appoggiai a lui.
Guardai la foto dal suo Mac Book; il piccolo Sturridge riposava placido nella culla. Sorrisi.
"Ha gli occhi di Tom."
"È la sua copia sputata, guardalo." Gli diedi ragione baciandolo.
"Perché Orlando? È..."
Rob rise.
"Boh. Hanno la passione per i nomi brutti."
"A me piace Daniel. O Grace. Nomi semplici ma belli." Lo vidi sorridere. 
"Gracie Pattinson, oh mi piace. Che ne dici di darci da fare e concepirla?" Nel mentre cercò di slacciarmi la camicia - la sua -, che indossavo. Unico vestiario che mi aveva permesso di mettere.
"Rob eddai ho la cena sul fuoco."
"Guastasesso. Hai chiamato tua madre?" Sorrisi.
Oh com'era bello sorridere.
"Sì. È con i genitori di Allie. Festeggiano tutti insieme. Ti saluta."
"E insomma le hai detto che abbiamo sverginato il tuo vecchio lettino di quando eri piccola?" Gli diedi un pugno su un fianco.
"Ai! Cristo che dolore."
"Oddio. Scusa amore, scusa, scusa, me n'ero dimenticata!"
Scoppiò a ridere.
"Perché ridi?"
Lui alzò il lenzuolo, facendomi notare che il fianco colpito da me, era quello sano.
Mi aveva preso in giro.
"Ma brutto stronzo!" Gli saltai addosso. "Quella botta in testa t'ha fatto rintriciullire peggio di prima."
"No no, è la tua presenza che mi rende tale."
"Vaffanculo."
Mi strappò un bacio, poi scesi dal letto perché la pentola della pasta stava fischiando, segno che l'acqua bolliva.
Canticchiando una canzone stupida sentita in tv, lo lasciai solo a parlare con Tom -di nuovo-. Peggio di due fidanzati.
"Oh shake it up, shake it up the happiness."
Mescolai il sugo con un cucchiaio di legno, assaggiai.
A Rob però forse piaceva più saporito di sale.
"Rob?" Andai nella mia ex camera, solo vestita con quella camicia ridicola, ed un cucchiaio pieno di salsa fra le mani. "Dimmi se va bene o"
"Ciao Kristen!" Quella era la voce di Claire. Sua madre.
E quello era Richard. Nello schermo del pc.
Rob era in videochiamata con i suoi.
E mi avevano appena vista nuda, in pratica.
Occristo.
Divenni della tonalità più scura di rosso.
"Buon Natale" La mia sembrava più una domanda.
Rob se la stava ridendo.
Lo odiavo.
"Buon Natale anche a te, cara." Richard faceva a gara con me per il rossore.
"Dimmi Robert," Cominciò sua madre, sorridendo, "dobbiamo aspettarci l'arrivo di un altro Pattinson entro nove mesi?"
"Mamma!" Rob.
"Claire!" Io.
"Preferirei un maschietto. Tenete presente il mio nome, eh."
"Papà!" Sempre Rob.
"Richard!" Sempre io.
"Cosa abbiamo detto mai?"
"Sì, vabbè. Mamma, ci sentiamo domani quando parto. Auguri. Ciao. Addio. Buon Natale." E chiuse il portatile.
Ci guardammo per qualche secondo e poi scoppiammo a ridere.
Felici.
Sereni.
Senza paura.
La paura ti uccide. La paura ti frena.
La paura non va via, la paura si combatte.
Io avrei sempre avuto paura che lei potesse tornare, che lui potesse andare via.
Ma la paura, se decidi di viverla, allora puoi sconfiggerla.
Me n'ero andata da casa nostra con una foto in tasca; ero stata abbastanza forte da lasciarlo. Per ogni schifosissima ora della mia vita, in quei due anni, non avevo fatto altro che riguardare quella foto. Era con me, sempre.
Una volta Allie per sbaglio l'aveva lavata; messa in lavatrice.
Fu il giorno in cui decisi di partire. Di ritornare a Los Angeles.
Troppo debole da avere bisogno di Robert.
E l'avevo rivisto. Ci eravamo insultati.
Mi aveva fatto capire di odiarmi. Era un fantasma. Come me.
E quando quella sera venne a casa mia, probabilmente, c'era venuto con lo scopo di dirmi "Vaffanculo, ti odio. Va' via dalla mia vita."
Ed invece riuscimmo solo a dirci "Vaffanculo, ti amo. Facciamo l'amore."
Io e lui eravamo così.
Eppure... La paura. Ci tenevo troppo per non lasciarlo andare.
Ma Robert e Kristen, mai si lasceranno. Mai smetteranno di amarsi.
Ci avevo messo tempo a capirlo, come se stessi cercando di tirare le tende, un po' alla volta, perché altrimenti si sarebbero spezzate.
Però avevo capito.
Perché la paura è forte, ma noi lo eravamo ancora di più. Mi fidavo di noi.
Di certezze non ne avevo bisogno perché eravamo passati attraverso l'inferno, attraverso i primi amori e le delusioni, attraverso i pericoli, attraverso le fughe, attraverso porte sbattute, attraverso le urla, attraverso le foto modificate, attraverso i ricatti, attraverso le persone pazze, attraverso i silenzi, attraverso la distanza.
Avevamo battuto tutto e tutti pur di stare insieme. Anche noi stessi.

E mentre lo guardavo sorridere, così bello, con gli occhi così vivi, riuscivo solo a pensare che casa mia era lui.

"Rob?"
"Dimmi."
"Non ci siamo fatti nessun regalo." Lui sorrise.
"Il regalo più bello me l'hai già fatto. Hai deciso di tornare a casa e beh, di restarci."
"Perché ti amo." Un sorriso. Ancora.
"È per questo che ti ho aspettato, no?". Un bacio.
"Grazie per averlo fatto."
"E di che. Kris?"
"Sì?"
"Facciamo un figlio?"
Avevo sempre pensato se io io ci ero abituata a quella domanda, e lui ci era abituato alla mia risposta, perché continuava a chiedermelo?
Solo ora capivo.
Aspettava solo il momento.

"Sì."

Questo momento.
 
 
 
 

 


EH BEH. Se siete arrivate fin qui vive, vi meritate un applauso di quelli spropositati. A parte gli scherzi, io non so davvero bene cosa dire.
Questo è l'ultimo capitolo per Rose qui e lei ci teneva a dire che scrivere di questi due stronzi-barboni è tanto bello quanto doloroso. Soprattutto in questi momenti. Ma aggiunge anche che li aspetterà per sempre. Ringrazia tutte voi che avete letto -c'avete avuto un coraggio- e si scusa con voi e soprattutto con Bear per la malsana idea avuta su di lui. Sì, il lutto è colpa sua. Io ho solo trascritto u.u
Oh e testuale Rose : "Io shippo Tom e Allie, and I don't regret nothing".

Sì, beh. Tom & Allie. I miei Tallie. Li amo, anche io ma... sono una Sturridger, convinta. E nessuno, NESSUNO, mi farà cambiare idea.
Tralasciando questo piccolo particolare... Ragazze mie, io vi adoro. Adoro anche tutte le minacce lasciate su twitter con gli indiretti, adoro ognuna di voi. Anche se non vi conosco. E adoro il nostro lavoro. Non sarà stato un capolavoro epico ma... credo sia venuto fuori bene. Per me l'ultimo capitolo sarà il prossimo, l'epilogo e lì... Lì credo alla parole 'fine' piangerò davvero.  Per adesso godetevi 'Questo momento'. Fangirlate, urlate, insultate, fate quello che volete insomma. Ci risentiamo presto, I promise.

With love.
Helen & Rose.


P.S. It's an IRIE thing. I mean...
   
 
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