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Autore: brenzo88    13/01/2014    1 recensioni
Derry, un sabato sera di metà luglio 1984. Il giovane omosessuale Adrian Mellon, in compagnia del fidanzato Don, viene aggredito durante il Festival del Canale: lanciato giù dal Ponte dei Baci, muore in seguito a circostanze poco chiare. [It]
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Chi era, Don?» domandò Harold Gardener in tono comprensivo.

«Era Derry», rispose Don Hagarty. «Era questa città».

(S. King, It)

 

Ancora buio. Sono passati anni: ancora buio. Viviamo di buio, è vero, ma i piccoli hanno anche bisogno di luce. Soprattutto hanno bisogno di me, la loro madre. Questo sonno mi ha lasciato senza forze, anche loro sono deboli. Il buio fuori è il buio dentro. Ancora buio, oscurità. Ancora pochi giorni. Lo spero.

Quando sono arrivata in questo maledetto pianeta era tutto diverso, molto diverso. Giovane, non avevo alcun problema. Con le strane creature del tempo riuscivo a vivere quasi in armonia. Mangiavo, mi saziavo e potevo rimanere tranquilla per molto tempo. Adesso invece ho le ossa invecchiate, fragili, logorate da lotte con i nuovi strani abitanti di questo maledetto pianeta pronto a esplodere. Non solo: io, ospite, non mi sono mai tirata indietro nel momento del bisogno. Mille volte mi sono schierata dalla loro parte, e milleuno volte sono stata scacciata, ricacciata nel buio, fraintesa, incompresa, demonizzata. A niente è valso il mio aiuto. Dov’è la loro riconoscenza, dove? Dov’è la riconoscenza per chi è intervenuto, per chi ha difeso questa merda di città come se fosse la propria casa? Qualcuno non ricorda, gli altri dimenticano. Dov’è?

Niente, assolutamente niente: rinchiusa quaggiù nel buio senza fine. Ho capito che l’esperienza non serve se il fisico non reagisce. Sono sopravvissuta per miracolo, specie l’ultima volta. L’ultima volta sono stata costretta ad aspettarlo con ansia, questo inferno di buio, addirittura costretta! Io, regina del mio tempo nel mio mondo, divoratrice di mondi, ho dovuto pregare per il buio. Mi hanno fatto male, soprattutto il fratello dell’altro. Ora però una nuova forza scorre in me. Pochi giorni. Forse. Sì. Mi sembra di sì. Invecchiata e ridestata. Devo vivere per i piccoli.

C’è freddo, muffa, ossa, gocciole d’acqua putrida. Ancora buio. Quegli ingrati ci hanno costruito una maledetta cisterna, ormai tre risvegli fa. Ma l’hanno pagata, eccome. La porta è stata di nuovo sigillata.

L’ultima volta, però, sono quasi morta. Quegli stupidi, orripilanti esseri si erano organizzati. La piccola diga, il giuramento, sangue nel sangue. Quasi morta! Per colpa di sette piccoli esemplari. Ma cosa potrei mai rimproverarmi? Da sola contro tutti loro, sono riuscita a sopravvivere. Sono riuscita a vivere.

Quando sono arrivata in questo maledetto pianeta era tutto diverso. Certo, col tempo si sono resi più pericolosi. Ricordo quando ho dovuto usare per la prima volta un fucile. Sole, polvere, silenzio, risate. Una giornata gloriosa. Erano tutti così felici. Pensavo che finalmente sarei stata accettata nonostante la mia diversità, nonostante la loro diversità. Invece: fuga, distruzione, ancora buio.

Ricacciata nel buio. Il buio, i bambini morti, le battaglie, l’odore di carne bruciata, le ali spiegate, le macchine arrugginite, il ghiaccio, i frigoriferi, la cisterna, l’agguato, l’ombra, il sangue nei rubinetti, la parrucca, le uova di pasqua, la casa del lebbroso, la barchetta. E i palloncini.

Sono pronta, ma tremo dalla paura, una sensazione mai provata. Paura del buio, paura di ciò che vi è al di fuori. Cosa sarà dei miei piccoli? Forse si salveranno, forse no. Vi voglio bene, piccoli miei, mamma vive e vivrà, con o in voi.

Ventisette anni. È tempo di ricominciare. Il buio si fa meno pesante, ma non posso più guardare giù. Ho paura. Ho fame, una fame che non posso contenere né ignorare in nessun modo. Ma loro non capiranno, no. Come potrebbero? Io ho vissuto il futuro quando ancora loro sognavano il passato. Non capiranno mai, non hanno mai capito. Stavolta sarà diverso, lo sento: sono da soli. Non c’è più lei, quella vecchia bestiaccia immonda. Sono soli, insieme. Stanno tornando. Ma non tutti lo faranno, per fortuna.

Seguirò la muffa, l’odore della morte che scorre in questa città e di cui ormai è impregnata. L’odore saprà condurmi ancora una volta verso la luce. Ho fame, piccoli miei, voi no?

Voci indistinte diventano urla. Ma non sono loro, sono altri. Muffa e sangue. Fame, fame, fame.

Un ponte, la luna. Ventisette anni. Ricomincia.

  
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