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Autore: Chaosreborn_the_Sad    01/06/2008    2 recensioni
Dopo un incontro per caso, accade l'impensabile. Per leggere questa storia è necessario aver letto "Untitled" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=133469&i=1), sezione Originali-Nonsense, in quanto fa da prologo per "Without Inspiration". Non ci capireste molto, altrimenti.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Without Inspiration Cap I

 

 

Nota iniziale: Prerequisito per aver letto questa storia è aver letto "Untitled", stesso autore, sezione originali, nonsense http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=133469&i=1 . Questa storia gli da un seguito ed un minimo di senso.

Altrimenti non ci capireste molto.  Alcuni personaggi sono gli stessi trovati in Namarie, che si colloca circa due anni dopo questa.

Detto ciò, vi auguro buona lettura.

 

Without Inspiration

 

Cap I 

Fa freddo la mattina presto, a dicembre. Troppo freddo.
Reprimo uno sbadiglio e salgo sull’autobus. È odioso doverlo prendere alle sette del mattino, perché ciò comporta svegliarsi alle sei, per essere pronti. Ma è il prezzo da pagare per abitare lontano dal centro della città.
Specialmente se la città è triste, come Trieste.
Prendo posto sul mezzo, che rallenta di nuovo. Alla fermata sale una ragazza.
I suoi capelli sono lunghi, di un biondo scuro che può apparir castano e mossi in modo tale da sembrare un cespuglio. I suoi occhi nocciola mi notano. La saluto.
Prende posto di fronte a me e mi sorride.
- Hai studiato fisica?- domanda.
In risposta, rido. Posso impegnarmi quanto voglio, ma il libro perderà sempre interesse, dopo qualche minuto. Sono una persona con la testa fra le nuvole, non posso farci nulla.
Quando mi chiede il motivo di tale reticenza, non dico nulla. Per risposta, osservo l’alba, fuori del finestrino. Devo ammettere che uccide un po’ la poesia, guardarla dall’autobus, ma vedere le prime luci riflettersi sul mare compensa il tutto. Infatti, anche la mia amica mira lo spettacolo mattutino.
Mentre l’autobus continua il suo viaggio, ella nota il mio sguardo perso.
- Kyle?-.
- Dimmi, Jess-.
- Che cos’hai stamattina? Sembri perso. E intendo, più del solito-.
Jessica. Ormai mi conosce così bene da carpire il mio stato d’animo all’istante. Per questo la considero mia sorella, come ella considera me un fratello.
- Nulla, pensieri raminghi- rispondo. Mi appoggio una mano sulla guancia, ricalcando il punto dove sono stato colpito, solo il pomeriggio prima.
Quella ragazza è ancora fissa nella mia mente. Quegli occhi, sono fissi nella mia mente.
- Kyle!- urla Jess, riportandomi alla realtà.
- Che cosa c’è, ora?-.
- Dobbiamo scendere-.
Smontiamo dal mezzo e ci avviamo su per la salita che porta al liceo.
Mentre aspettiamo che il professore della prima ora arrivi, Jess prova di nuovo a farmi dire che cosa mi turba. Invano.
Il professore arriva, portandoci per un’ora ai tempi di Galileo, Copernico e Keplero. Dal canto mio, sono impegnato in un disperato ripasso dell’ultima ora. Tragicamente (e come sempre accade, quando si è in queste condizioni), nel momento in cui memorizzo una formula, quella che ho imparato poco prima, svanisce. Poco male.
L’ora passa velocemente, forse troppo.
Non ha neanche suonato, che i miei compagni han già cominciato a dividere i banchi.
Puntuale come al solito, sento Therese, la ragazza alle mie spalle, dirmi qualcosa del genere: - Kyle, ho paura! Non ho studiato nulla, andrò male…-.
E, come al solito, Luke (il suo ragazzo) ed io siamo pronti a dirle che non è vero, che andrà bene, che il peggio che potrà prendere sarà un sette.
Finalmente entra il prof, felice di trovarci già divisi.
Non perde tempo, mette un plico di fogli in mano a Kimberly, un’altra nostra compagna di classe, affinché li distribuisca.
Guardo Jess ed allungo la mano.
- Tre/quattro?-.
Ella afferra la mia mano e la stringe con vigore.
- Tre/quattro- afferma. Oramai è il nostro “rito propiziatorio”. Perché entrambi sappiamo che il nostro voto sarà molto probabilmente un tre/quattro. È da aprile che siamo abbonati.

Campanella.
Intervallo.
Finalmente.
Consegno, rassegnato, ed esco dalla classe, insieme a Jessica, Jack e ad un altro paio di compagni. La conversazione verte inevitabilmente sul compito. Inutile dire che le rette dei grafici andavano in una direzione diversa per ognuno di noi e che il peso delle auto variava dai cento ai tremila chilogrammi.
Usciamo sul retro, dove incontriamo tutto il gruppo d’amici delle altre classi, raccolti sotto un piccolo portico.
Vengono estratti pacchetti, accendini girano e, dopo poco tempo, la maggior parte di noi ha la sigaretta che pende dal labbro. Tranne quei pochi che non fumano, di cui facevo parte anch’io, fino all’anno prima.
Si parla del più e del meno, si ride, pensando ai voti che il prof ci riporterà, finché Jack non ci ricorda che quel sabato sarebbe stato il suo compleanno.
- Ti tirerò diciassette volte la coda- scherza Jessica, ironizzando sulla chioma castana di Jack.
- Orco bubbetz, ti prova e te verserò Jack per tutti i cavei!- risponde Jack in dialetto, imprecando e minacciando di cospargere del Whisky suo omonimo i capelli di Jessica.
Accanto, un paio di altri ed io ridiamo alla scena.
- Organizzi qualcosa?- domanda Helena, accanto a me.
- Mah, non so. Pensavo di offrire da bere in birreria, nulla di più-.
- Ti dispiace se viene anche una mia amica, allora? Perché le avevo promesso che questo sabato saremmo andate da qualche parte assieme- asserisce la ragazza, scostando uno dei suoi riccioli bruni da davanti agli occhi color acquamarina.
- Basta che sia carina- afferma egli, con un sorriso.
Una risata copre la campanella di fine intervallo.

***

Finita. Passate le altre tre ore di lezioni, usciamo dall’edificio, pronti ad andare a prendere l’autobus per tornare a Muggia.
Mi chiedo se per caso la rivedrò. Dubito, poiché ieri stavo tornando a casa ad un’ora più tarda.
- Allora, a Jack che cosa possiamo prendere?- comincia Jessica, per avviare il discorso.
- Non saprei. Tu che cosa gli regaleresti?-.
- Non ne ho la più pallida idea. Che dici, questo pomeriggio facciamo un giro per le librerie? Si trova sempre qualcosa d’interessante-.
Annuisco. Ella tira fuori il suo fido compagno, il lettore mp3. Lo stesso faccio io con l’iPod.
Continuiamo così il viaggio, con una cuffia soltanto, parlando del più e del meno.
Per le mie orecchie passa un po’ di tutto, da Venditti e la sua “Notte prima degli esami” alla voce carica di passione di Jim Morrison.
Nelle orecchie di mia sorella, invece, passa una vasta gamma di Rock’n’Roll e Metal, abilmente assortiti.
All’altezza del cimitero di Muggia, mi domanda di nuovo che cosa mi stesse assillando, quella stessa mattina. Sospiro.
Le racconto dell’incontro, degli schiaffi. Sorride, sentendo che mi sono preso una sfilza di ceffoni destinati ad un altro. Sorrido a mia volta. Ha un che di tragicomico, rinarrare la vicenda.
Arriviamo finalmente alla stazione, dove ci sediamo sulla solita panca. La stessa dov’ero il giorno prima.
Jess mi domanda se tutto il turbamento derivi solo dagli schiaffi. Sospiro nuovamente, sorrido e la guardo.
- No-.
- Da che cosa, allora?-.
- Son come Petrarca- asserisco.
Coglie l’allusione. Mi sorride anch’ella. Mi dice che sono decisamente romantico. Forse un tantino troppo.
Le rispondo che concordo.
L’autobus numero trentadue sale sulla collina, portandoci a casa. Ci diamo appuntamento ad un’ora più tardi e ci salutiamo. Il tempo di appoggiare i libri, mangiare un boccone e rilassarsi un secondo.

 

 

 

  
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