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Autore: holls    14/01/2014    11 recensioni
Un investigatore privato, solo e tormentato; il suo ex fidanzato, in coppia professionale con un tipo un po' sboccato per un lavoro lontano dalla luce del sole; il barista del Naughty Blu, custode dei drammi sentimentali dei suoi clienti; una ragazza, pianista quasi per forza, fotografa per passione; e un poliziotto un po' troppo galante, ma con una bella parlantina.
Personaggi che si incontrano, si dividono, si scontrano, si rincorrono, sullo sfondo di una caotica New York.
Ma proprio quando l'equilibrio sembra raggiunto, dopo incomprensioni, rimorsi, gelosie, silenzi colpevoli e segreti inconfessati, una serie di omicidi sopraggiungerà a sconvolgere la città: nulla di anormale, se non fosse che i delitti sembrano essere legati in qualche modo alle storie dei protagonisti.
Chi sta tentando di mettere a soqquadro le loro vite? Ma soprattutto, perché?
[Attenzione: le recensioni contengono spoiler!]
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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- Questa storia fa parte della serie 'Nathalan'
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20 gennaio 2005.
« Scusa il ritardo. »
Il sorriso dal volto di Alan sparì poco alla volta, finché le labbra non assomigliarono a una linea retta. Afferrò Nathan per le spalle, scuotendolo.
« ‘Scusa il ritardo’? Mi hai fatto preoccupare da morire, Nathan! Ma dov’eri finito? »
Nathan, però, sembrava non prestare attenzione alle parole dell’altro, continuando a guardarsi intorno, come in cerca di qualcuno. Poi sembrò calmarsi e puntò il suo sguardo verso Alan.
« Devo dirti una cosa. »
Alan lo liberò dalla presa, e cominciò a respirare piano; poi deglutì, e alzò gli occhi al cielo. Sospirò un paio di volte e strinse le labbra.
« Non sono buone notizie, vero? »
Nathan si limitò ad alzare un sopracciglio: la ritenne una risposta sufficiente. I due si guardarono per un istante, uno sguardo nel quale Alan gli riversò addosso tutta la sua stanchezza per quei segreti e quelle bugie, e Nathan, dal canto suo, provò a trasmettere il suo dispiacere per l’ennesima sorpresa che gli aveva riservato.
Alan sembrò non recepire il messaggio e, anzi, alzò il braccio a mezz’asta, verso Nathan.
« Prego. Sentiamo cosa hai da dire. »
Il suo tono era ovviamente sarcastico, e quella fronte troppo rugosa gli faceva presagire poca predisposizione ad ascoltarlo. Nathan sapeva che quello era l’ultimo sbaglio che gli era concesso. Doveva giocarselo bene.
« Andiamo in un luogo più appartato? »
Alan tirò il sorriso e sbuffò.
« Siamo in mezzo a un prato, in un parco enorme. Dove lo vuoi trovare un luogo più appartato? »
Nathan alzò le mani, come in segno di resa. Il coltello dalla parte del manico, decisamente, non ce lo aveva lui. Si accorse che Alan aveva addirittura incrociato le braccia e spostato il peso su una sola gamba. Quella posizione gli sembrò il massimo dell’indisposizione; un altro errore gli sarebbe stato fatale.
Decise di sputare la sua verità in modo diretto.
« Ho fatto un accordo con un professore. Vuole pagarmi per passare una notte con lui. Ho accettato. »
Silenzio. Gelo. Uno sguardo che avrebbe potuto fulminarlo, se fosse stato possibile.
Alan era praticamente impietrito, così come Nathan, benché questi non lo desse a vedere.
« E cosa aspettavi a dirmelo? »
Non si era mosso di un millimetro. Giusto le labbra, per poter pronunciare quella frase così atona. Alan continuava a guardarlo, con occhi spalancati, sbattendo a malapena le palpebre.
Quello sguardo lo intimorì. Si sentiva un bambino che cercava di giustificare la sua marachella con la maestra. Sguardo basso, mesto, pentito.
« Sto cercando di disdire l’accordo. »
Alan si portò le mani ai fianchi, poi le alzò e camminò irrequieto, muovendosi su se stesso. Dopodiché il suo sguardo tornò su Nathan, ancora una volta schiacciato dal peso dei suoi occhi.
« Ma quale disdire, Nathan? Vai lì e gli dici che non se ne fa di niente! È tanto difficile? È così difficile, per te? Davvero è un mondo dal quale non riesci a staccarti? O forse non vuoi? »
« Non dire sciocchezze, certo che voglio! »
Alan gli si avvicinò, ma sembrò più un movimento istintivo, dettato dalla foga delle sue parole.
« E allora dimmi - ti prego, dimmelo -, cos’è che ti tiene ancora incollato a questa storia? »
I loro visi distavano poco più di qualche centimetro. Nathan poteva vedere chiaramente le narici che si gonfiavano e sgonfiavano, tanto ansimava forte. E lui, si rese conto, aveva solo una scusa banale da propinargli: la verità. Deglutì, scacciando via la paura di quegli occhi che lo guardavano e, peggio, lo giudicavano. Con quali aggettivi, poteva già immaginarlo.
« Ho la rata da pagare e lui mi ha promesso tanti soldi. Solo questo. »
« Solo questo, » ripeté Alan. « Ma non eri stato tu a dire che, con questo lavoro, guadagnavi fior di quattrini? Siamo davvero sicuri che sia solo la rata? O forse ti piace? »
Ciaff.
Senza nemmeno rendersene conto, Alan si ritrovò cinque dita stampate sulla guancia. Nathan si accorse che il respiro gli era montato tutto insieme, che quella mano si era mossa senza che fosse lui, a controllarla. Da sola, aveva deciso di schiaffeggiare Alan, con talmente tanta forza da lasciargli un segno ben visibile.
Alan si portò una mano sulla porzione di pelle aggredita, e se ne stava rannicchiato e a debita distanza, come se temesse il ragazzo di fronte a lui. Capì subito di aver esagerato e di aver osato un po’ troppo, e il pentimento per quelle parole irriverenti non tardò ad arrivare. Aveva davvero ferito Nathan, ne era certo: non solo gli aveva dato di sgualdrina, ma aveva pure affermato che gli piacesse, ricordandosi un attimo dopo della violenza che aveva subito.
Si guardarono entrambi senza parole, perché nessuno dei due sapeva cosa dire.
Ancora in parte incapace di raddrizzare la situazione con lucidità, Nathan parlò.
« Ho delle spese. Mia madre non sta bene e devo pensare a tutto io. »
Mentre pronunciava quelle parole, si accorse che la sua voce era sul punto di spezzarsi. Un po’ per la commozione, un po’ per liberare l’impeto del gesto che aveva commesso.
Alan, intanto, continuava a massaggiarsi la guancia, che cominciava a bruciare tutta insieme, rallentando mano a mano che metteva a fuoco la situazione. Si avvicinò al ragazzo, con uno sguardo realmente dispiaciuto.
« Scusami. Ho esagerato. Non volevo dire quelle cose, davvero. »
Nathan, però, sentiva qualcosa crescergli in petto, un’emozione talmente forte che, lo sapeva, era sul punto di travolgerlo. E quello tsunami inarrestabile mantenne la sua parola.
« Sono stanco, Alan. »
Lasciò che gli occhi gli esplodessero, e lacrime calde cominciarono a rigargli il viso. Prima solo qualche rivolo, poi sempre più abbondanti, come una diga che, poco a poco, si spezza del tutto, piegandosi al fiume in piena.
« L’ho capito, sono un mostro, ho sbagliato, ma sono stanco di tutto questo! Sono stanco di essere guardato con quegli occhi, di essere disprezzato così! Sono stanco di giustificarmi, di dover rendere conto a qualcuno di quello che faccio per farmi sputare solo veleno! Non ne posso più! »
D’istinto, Nathan nascose il volto tra le mani. Alan si avvicinò a lui e gli tirò un polso, per scoprire il viso.
« Ma che stai dicendo? »
Nathan si asciugò le lacrime, almeno in parte, e fissò il volto davanti a lui, frastagliato dal pianto.
« Sto dicendo che se vuoi amarmi, amami, senza rinfacciarmi ogni volta i miei errori! »
Alan prese fiato per ribattere, ma Nathan continuò.
« Ho fatto una cazzata, lo so, ma che potevo fare? »
Alan non rispose. Continuava a guardare Nathan, in preda al pianto. Ogni tanto allungava una mano, per poi ritrarla subito dopo; avrebbe voluto dirgli che non era un mostro, che era lui a essere sbagliato e incapace di dire le cose giuste al momento giusto. Ma sapeva che non sarebbe servito, perché aveva commesso troppi errori, in passato, con quel ragazzino lì davanti a lui, e non sarebbero state le parole a lenire il suo dolore. Vederlo piangere gli faceva male, e si sentiva ancora più in colpa sapendo che era per causa sua. Perché lo capiva che Nathan stava cercando di farsi perdonare in tutte le maniere, e che ci soffriva, nel pensare a ciò che aveva fatto.
Così Alan aspettò che si sfogasse del tutto, che si asciugasse i lacrimoni col polsino del maglione che si intravedeva da sotto il cappotto. Avrebbe voluto far scorrere il dorso della sua mano su quella pelle arrossata, per scacciar via ogni lacrima lui stesso; e invece finì col porgergli soltanto un fazzoletto, che Nathan accettò con riluttanza.
Il ragazzo si asciugò il viso e si soffiò il naso, riacquisendo un aspetto dignitoso. E poi, quegli occhi ancora un po’ arrossati lo guardarono.
« Mi dispiace, Alan. Quando mi hai baciato ero così felice, non sai quanto! Non pensavo davvero che sarebbe mai potuto succedere, toccavo il cielo con un dito. Ma adesso ho capito. Tu non riuscirai mai a perdonarmi e io non riuscirò a rimanere con te, sapendo che mi rinfaccerai a vita i miei sbagli. Se andrà avanti così, non so quanto potrà durare. »
« Che cosa? »
Fu una risposta improvvisa. Come qualcosa che sta per precipitare e che di istinto afferri. Non ti rendi conto della situazione, se sia stata la scelta più giusta. Hai solo impedito che quel qualcosa cadesse nel vuoto, inesorabile.
Nathan teneva la loro storia appesa a un filo, e Alan l’aveva stretto forte prima che precipitasse.
Solo dopo qualche secondo si rese conto di tutto ciò che l’altro gli aveva detto.
« Non puoi dire così. Non ora che le cose si stanno rimettendo a posto. »
Nathan abbassò le palpebre per qualche istante, poi le riaprì lentamente.
« Non ce la faccio più. Non sopporto più tutto questo. »
Alan si avvicinò a lui, stringendogli il viso tra le mani.
« Concedi un’altra possibilità alla nostra storia. A noi. »
Alan accostò la sua fronte a quella del ragazzo. Erano talmente vicini che le punte dei loro nasi si sfioravano.
« Ti prego, Nathan, non… »
Si interruppe bruscamente e le parole gli morirono in gola. Chiuse e riaprì gli occhi, respirando profondamente, poi lasciò adito a un sussurro.
« Sei davvero importante per me. »
E ti amo, avrebbe voluto dirgli, con quella voce a un passo dal rompersi. Ma quelle parole non gli uscirono.
Continuava a scavare nello sguardo di Nathan, in cerca di quella luce che gli avrebbe concesso la grazia, ma non ne trovò traccia.
« Un’altra possibilità. È l’unica cosa che ti chiedo. »
Nathan gli prese le mani, che ancora cingevano il suo viso e, con delicatezza, le scostò.
« Non lo so, Alan. »
« L’ultima, ti prego. Hai ragione, continuo a condannarti quando non sei sincero e a rinfacciarti quando non lo sei stato, ma lo faccio perché… »
Perché voglio amarti senza riserve, come mi chiedi tu. Ma, come poco prima, non trovò il coraggio di far uscire quelle parole.
« Perché? »
Alan temporeggiò. Scrutò ancora quegli occhi chiari, immaginando la reazione di Nathan se avesse detto quelle parole che gli bruciavano in petto. Quante volte gli aveva confessato i suoi sentimenti, durante la loro relazione? Forse non gli avrebbe creduto.
« Perché se dobbiamo ricominciare, voglio che non ci siano segreti, tra di noi. »
Nathan non rispose. Ogni tanto assottigliava lo sguardo, segno che era in preda a una lunga catena di pensieri. Lo stava studiando, stava cercando di capire quale fosse la soluzione più giusta. Poi, dopo qualche secondo, decise di dare forma a una minuscola parte dei suoi pensieri.
« Ci voglio pensare. »
Alan non disse nulla. Era riuscito a evitare che Nathan facesse sprofondare la loro storia in un baratro nero, in fondo al quale si sarebbe sgretolata senza pietà.
Andava bene così. Era un inizio, almeno.
Lasciò che il suo sguardo seguisse Nathan, mentre si allontanava.
Il ragazzo si girò solo una volta. Il tempo di vedere quello sguardo supplichevole e, sotto sotto, speranzoso.
E poi, dopo essersi voltato, continuò per la sua strada.
 
***
 
Non aveva mai visto Alan in quello stato, né lo aveva mai visto supplicare qualcuno in quella maniera. Probabilmente, se avesse potuto, si sarebbe anche inginocchiato. Gli si era quasi stretto il cuore nel vederlo in quel modo, così innamorato nonostante tutte le bugie che gli erano state raccontate. Osservando la situazione sotto quell’ottica, riuscì anche a trovare una giustificazione a tutte quelle frasi acide e rancorose che ogni tanto scappavano ad Alan e una punta di vergogna gli si dipinse sul viso, perché, forse, non aveva totalmente il diritto di prendersela come aveva fatto.
Ma ancora una volta, capì, erano in torto entrambi. Lui per non aver lasciato completamente il suo vecchio mondo, Alan per averlo fatto sentire un mostro con parole indelicate.
Si sentiva confuso.
L’unica cosa di cui era certo era che, per fare un passo avanti verso Alan, doveva prima fare pace con se stesso e dare un taglio alla sua vecchia vita.
 
Fu lieto quando vide Brucknam uscire dalla porta dell’aula; avrebbe smesso, almeno per un po’, di ripensare a quanto accaduto poco prima.
Sospirò e si alzò dalla panca su cui era seduto, dirigendosi verso di lui. Il professore lo fissò con uno dei suoi soliti sguardi maliziosi, ma Nathan non cedette.
« Nathan, che piacere vederti. Cosa ti porta qui? »
Nathan si guardò intorno, aspettando che l’orda di studenti si dileguasse. Brucknam lo fissava ancora con il suo sorriso malizioso, ma, notò Nathan, sembrava quasi che avesse la bava alla bocca, forse pregustando già l’anteprima di ciò che avrebbero fatto insieme. Si sentì quasi spogliato, come se le mani di Brucknam stessero scorrendo su tutto il suo corpo, soffermandosi solo sulla sua intimità. E la sentì violata, ancora una volta. Tornò a concentrarsi sugli studenti, ma con quella sensazione di sporco che non voleva abbandonarlo.
« Sono venuto qui per disdire il nostro accordo. In modo definitivo. »
Quel sorriso sporco si ampliò, così come il senso di ribrezzo che albergava in Nathan.
« Anche l’altra volta sei venuto per lo stesso motivo, o sbaglio? »
« Stavolta è diverso. Non sono più interessato. Né a lei, né a questo lavoro. »
Approfittando di quel momento di solitudine – sul pianerottolo c’erano solo lui e Brucknam -, il professore allungò una mano verso la sua guancia. La stessa che Alan aveva toccato poco prima.
Nathan si spostò, senza indugio, rifiutando quel tocco.
« Oh, ma davvero? Non avevi qualche problema con la retta? »
« Ho già trovato un modo per pagarla. E poi, non è una questione di soldi. Mi sembrava di averlo già detto. »
Sperò che il bluff sulla retta reggesse. Brucknam non voleva togliersi quel sorriso dalle labbra, e Nathan cominciò a esserne seriamente infastidito.
« Nemmeno se ti offro il doppio? »
« Non mi interessano i soldi. Non voglio più ripetermi. Si trovi qualcun altro per passare la notte. Arrivederci. »
Lo guardò un’ultima volta, con uno sguardo che non ammetteva repliche.
Aveva chiuso davvero con quella vita.

 

Salve a tutti! E insomma, le cose non sembrano andare bene per i due piccioncini, anche se Nathan si sta impegnando, quantomeno per se stesso. Ma Alan resterà a guardare o proverà anche lui a far qualcosa? Lo scoprirete martedì prossimo! XD
Come sempre, ringrazio tutti coloro che mi seguono e recensiscono, mi rendete davvero felice e, inoltre, le vostre ipotesi su vari aspetti della storia mi divertono molto! XD Per cui, se vorrete farvi avanti e vincere la vostra timidezza, ne sarò immensamente felice *____*
Alla prossima ^____^
ps. scusa Silvia, forse ti aspettavi qualcosa di più eclatante, ma alla fine è uscito così ç___ç
   
 
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