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Autore: Mary P_Stark    14/01/2014    3 recensioni
Quattro sono gli elementi. Terra, Aria, Fuoco, Acqua. Quattro sono i gemelli Hamilton, depositari di questi antichi poteri. Loro sono le storie che qui narrerò, intrise di amore e magia. Winter, primo tra i gemelli, è rinchiuso in un gelido dolore da cui non vuole uscire, dopo la morte della moglie. Neppure il figlio Malcolm riesce completamente a liberarlo da questa prigione volontaria. Potrà la sua antica fiamma, Kimmy, riportarlo a nuova vita? SERIE "THE POWER OF THE FOUR" - 1° RACCONTO
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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Galleggiava leggero, senza peso, immerso in un vuoto senza fine, dove l'ombra e la luce non esistevano, dove i colori sembravano mille e più, eppure non ve n'era nessuno.

Percepiva voci diffuse, melodie ancestrali, il suono di un gong in lontananza, il pizzicare leggero di un'arpa dalle corde in rame, come quella che si divertiva a suonare a casa, per la gioia di Malcolm.

Malcolm.

Il suo dolce bambino... lui, più di tutti, avvertiva intorno a sé, da ogni direzione possibile.

Il suo odore, la sua voce, le sue risatine. Tutto.

Eppure non scorgeva nessun volto, non percepiva il tocco di alcuno, né riusciva in nessun modo a smuoversi da quel lento galleggiare nel nulla.

Dov'era?

Kimmy!

Dov'era, lei? Perché non era lì con lui?

Alla fine, non aveva mantenuto la promessa? Gliel'avevano portata via?

«K-Kymmy...» gracchiò flebilmente mentre tutto il corpo, squassato da mille e più scosse elettriche, riuscì finalmente a muoversi, a padroneggiare l'uso dei muscoli, dei nervi, delle ossa.

Una mano fresca e liscia gli sfiorò la fronte, mentre un sussurro delicato e familiare mormorò accanto a lui: «Sono qui, Winter... tranquillo.»

La mano, che tanto delicatamente l'aveva accarezzato al volto, scivolò via per raggiungere la sua, protesa e tremante e, con forza, la strinse per poi accompagnarla fino ad un corpo caldo e solido.

Non stava sognando.

A quel punto, Winter spalancò gli occhi, li volse per cercare il volto tanto amato e, trovandolo, sorrise spontaneamente prima di esalare quasi senza voce: «Sei tu... sei viva.»

Kim annuì, il volto un po' pallido e dove profonde occhiaie ne segnavano gli occhi color giada. Appariva stanca, ma anche sollevata.

A quel punto, Win si guardò intorno e, sempre più sorpreso e confuso, si rese finalmente conto di trovarsi in una camera d'ospedale, attaccato ad un monitor ECG e ad una flebo di quella che gli sembrò essere soluzione fisiologica.

Dietro la figura di Kimmy, semi sdraiato su una poltrona, l’uomo vide Malcolm.

Completamente addormentato, stringeva al petto un pupazzo di Picachu e quello, più di qualsiasi altra cosa, lo mandò in confusione.

Dalla morte della madre, non aveva più voluto giocare con quel pupazzo in particolare, perché Erin lo chiamava sempre a quel modo e, per lui, era diventato doloroso anche il solo vederlo.

Perché, allora, Mal aveva quel peluche? E cosa ci faceva lì?

Stordito e annebbiato dalla stanchezza, Winter mormorò roco: «Kimmy, cos'è...»

Bloccandosi a metà della sua strascicata richiesta, sgranò gli occhi non appena vide una stampella accanto alla poltrona di Kimberly e lei, seguendone lo sguardo, sorrise e si accomodò sul bordo del letto.

«Quella è mia. Mi servirà ancora per una settimana o due.»

Cercando senza successo di mettersi a sedere, Win fu costretto a utilizzare la pulsantiera elettronica del letto per alzarne la testiera.

Dopo aver lasciato a Kimmy il compito di sprimacciargli il cuscino, le domandò torvo: «Perché hai bisogno di una stampella? Cos'è successo?»

La donna gli sfiorò il petto con una mano, massaggiandolo delicatamente come per chetarne l'ansia e, sorridendo appena, asserì: «Diciamo soltanto che, mentre tu eri svenuto e febbricitante, io ed Erin ci siamo date da fare per salvarti.»

«Erin?» esalò lui, sempre più confuso.

«Abbiamo collaborato alla grande. E quando si sveglierà, dovrai ringraziare anche Malcolm, perché è merito suo se ci hanno trovati al momento giusto» sorrise spontaneamente lei, lanciando un'occhiata adorante al bambino.

«Che intendi dire?»

Ora seria in volto, Kim mormorò: «Non sapevamo come fare. Il carburante era uscito da un foro procurato da un colpo di fucile, così siamo rimasti bloccati a poche miglia da Wales. Con la tempesta in atto, non avremmo mai potuto raggiungere a piedi la costa, così Erin ha provato a contattare Mal, riuscendovi. E' stato lui a indirizzare i soccorsi dove ci trovavamo noi, proprio mentre il resto del gruppo dei nostri inseguitori ci attaccava.»

«Cosa?» esalò Win, impallidendo visibilmente.

«Calmati. E' andato tutto bene, no? Siamo qui, siamo vivi e nessuno dei cattivi ci cercherà più. Erin li ha tenuti impegnati fino all'arrivo della cavalleria.»

Sorrise nuovamente, e si chinò a baciarne le labbra secche.

«Hai bisogno di burro cacao, sai?»

«Se tutto è andato bene, a te cosa serve la stampella?» replicò lui, sospettoso, pur avendo apprezzato il bacio.

Sospirando esasperata, Kim ammise: «Uno dei tizi che ci inseguiva è riuscito a sparare un colpo, ed io sono stata colpita ad un polpaccio, tutto qui.»

«Tutto qui?! Perché diavolo...» cominciò col dire Winter, prima di esalare un grugnito di dolore non appena sentì esplodergli il cervello in mille piccoli pezzettini fumanti.

«Stai buono, campione. Hai avuto un arresto cardiaco, mentre ti portavamo a Wales, quindi non fare tanto il brillante» lo redarguì lei, aggrottando la fronte.

Winter si stupì non poco, ma avrebbe dovuto comprendere fin da subito che qualcosa di strano doveva essere avvenuto.

Kim non aveva più su di sé il suo incantesimo, e lui era più che certo di non aver apportato alcuna modifica a ciò che aveva fatto, prima del suo svenimento.

L'arresto cardiaco, però, aveva annullato di fatto ciò che aveva compiuto. Per alcuni attimi, era stato come morto, perciò l'incantesimo era scomparso.

Saperlo non lo rese affatto felice, ma almeno lei era salva, ora.

Entrambi lo erano.

«Non avrei mai permesso che ti colpissero mentre eri inerme, Winter, ficcatelo bene in testa. Non sei il solo che è capace di fare il grande eroe» gli fece notare lei, sorridendogli divertita.

«Io non volevo...»

Interrompendolo con un gesto della mano, la donna replicò seccamente: «Non raccontarmi balle. Erin mi ha detto cosa stavi facendo e perché ti sei esaurito, quindi chiariamo subito una cosa finché siamo all'inizio.»

«All'inizio di cosa?»

Arrossendo suo malgrado, Kim ammiccò e aggiunse: «Della nostra relazione, mio caro. Ficcati bene in quella testaccia dura come il granito che io non voglio, né vorrò mai, un eroe con l'armatura, al mio fianco. Siamo alla pari, poteri o no. Ci si protegge a vicenda, all'occorrenza. Niente 'io sono l'uomo di casa', tra noi. O così, o non se ne fa nulla.»

Winter trovò la forza di sogghignare e, passandosi una mano tra i capelli morbidi – glieli avevano lavati? – esalò: «Ha tutta l'aria di essere un ultimatum, sai?»

«E' esattamente questo, mio caro. Io voglio Winter. Non mi interessa il Guardiano dell'Acqua, anche se la cosa mi intriga molto. Puoi accettare che io sia più interessata all'uomo, che al mago?» gli domandò lei, sorridendo maliziosa.

Attirandola a sé per un bacio, lui mormorò sulle sue labbra: «Sarò tutto ciò che vorrai.»

«Allora, sii te stesso. Non strafare solo per essere perfetto ai miei occhi. Mi piaci, pregi e non. Ti amo, pregi e non.»

Kimmy lo baciò delicatamente dopodiché, con un sorriso, gli sfiorò la fronte con le labbra e annuì soddisfatta.

«Non dovresti più avere la febbre.»

«Non me la sento. A proposito… dove siamo?» si interessò a quel punto Winter, tornando a guardarsi intorno con curiosità.

«Siamo all'ospedale di Nome. Al Norton Sound Regional Hospital. Ti abbiamo portato qui in elicottero non appena ti hanno stabilizzato, dopodiché ti hanno tenuto sotto monitor per quattro giorni prima di sciogliere la prognosi. Siamo qui da sei giorni. Pensavamo ti saresti svegliato ieri... avevi detto qualcosa nel sonno, ma poi nulla.»

Nel dirlo, l'ansia e la preoccupazione turbinarono negli occhi verdi della donna e Winter si sentì rimordere la coscienza al solo pensiero di averle fatto del male, pur inconsapevolmente.

«Malcolm?» riuscì a chiedere Win, pur avvertendo un pesante groppo in gola.

«Spring e Summer sono giunte qui con lui. Credo che ora stiano saccheggiando la mensa. Summ è diventata davvero una bellissima donna. Non che Spring non lo sia, ma Summer... Wow. Beh, è … focosa, in tutti i sensi. Tim e gli altri sono già tornati a Washington, D.C. per stilare un primo rapporto assieme alla polizia federale e, ben presto, toccherà anche a noi. Ti fanno tutti i loro migliori auguri.»

Ridacchiò, si sistemò una ciocca dei capelli mossi dietro un orecchio e aggiunse: «Non hai idea degli insulti che ti ha rifilato Summer, mentre ti portavano in radiologia per la TAC. E le lacrime che ha versato di nascosto, credendosi non vista.»

Winter ridacchiò, annuendo.

Con tono leggero e affettuoso assieme, ammise: «Summer è così. Tutta fuoco fuori, ma tanto dolce dentro. Sono contento che tu non sia stata tutta da sola, mentre attendevi il mio risveglio. La gamba come va?»

«Il proiettile è entrato e uscito. Ha fatto un gran male, ma non è stato difficile rimettere a posto la gamba. Hanno controllato che il tessuto della tuta non fosse penetrato dopodiché mi hanno ricucita, bendata, messa sotto antitetanica e via, più veloce di prima!»

Rise allegra, ma una lacrima le sfuggì ugualmente e Win la raccolse con un dito, spiacente.

Sospirando tremula, Kim abbozzò un sorrisino.

«Ho avuto paura, pur sapendo che Erin era lì fuori a difenderci. Non volevo morire, dopo averti finalmente ritrovato. Quando ti abbiamo portato qui, vederti inerme in quel letto, apparentemente indifeso, mi ha quasi spezzato in due. Non voglio mentirti proprio su questo. Non voglio apparirti più coraggiosa di quanto non sia.»

«Dimostri un coraggio immenso anche solo ammettendolo. E così, mi hai protetto con il tuo corpo, prendendoti una pallottola al posto mio... che dire?» le sorrise Winter, carezzandole il viso con il dorso della mano libera dalla flebo.

«Come si può non amare una donna così?»

Kimmy rise sommessamente, commossa più di quanto volesse apertamente ammettere dalle parole proferite dell'uomo.

In quel mentre, Malcolm aprì gli occhi e li scrutò insonnolito per alcuni attimi prima di balzare come una molla dalla poltrona e strillare: «Papà! Papà, sei sveglio!»

Win si illuminò in viso, mentre Kimberly si scostava un poco per permettere a Mal di avvicinarsi per abbracciare l'uomo.

Un attimo dopo, Spring e Summer fecero il loro ingresso nella stanza, armate di ogni genere alimentare mai inventato sulla faccia della Terra.

Non appena la bionda gemella vide il fratello ormai desto, e Mal tra le sue braccia, lanciò in aria tutte le merendine e le patatine fritte confezionate e si catapultò a sua volta verso il letto con uno strillo eccitato. 

Summ, più contenuta, si piegò per sistemare il disastro appena operato dalla sorella e, strizzando un occhio a Kim, sorrise lieta e sollevata.

Vi furono baci, abbracci, battute e gomitate e, dopo aver ricevuto un quadro completo di ciò che era avvenuto mentre lui era stato privo di conoscenza, Winter esalò impressionato: «Beh, siete stati bravissimi, non c'è che dire.»

Tutto contento, e con il suo enorme Picachu stretto tra le braccia, Mal disse eccitato: «La mamma ha detto che Kimmy è stata molto coraggiosa. Ti ha protetto per tutto il tempo in cui è rimasta da sola e, anche quando lei è tornata, non ti ha mai lasciato un attimo.»

Kimmy carezzò la testolina bruna del bambino, che le sorrise spontaneamente quanto affettuosamente e, ammiccando all'indirizzo di Winter, commentò: «Beh, mi hai scoperta. In effetti, ho preso la tua armatura ed il tuo scudo e ti ho protetto fieramente.»

«Non ne dubito» sorrise fiero l’uomo, prima di notare lo sguardo accigliato di Summer, in piedi alle spalle di Spring.

«Kimmy, perché tu, Mal e Spring non andate a cercarmi qualcosa che non abbia acidi grassi e conservanti di dubbia origine? Vorrei sgranocchiare qualcosa di cui ci si possa fidare e, da quel che hanno portato le mie sadiche sorelle, sembra vogliano spedirmi al Creatore prima del tempo.»

Recependo al volo il messaggio, Kim annuì con un gran sorriso e, circondate le spalle del bambino, ammiccò a Spring.

«Vedrai che qualcosa ti troveremo. Pronto per la missione, Mal?»

«Prontissimo!» esclamò il bimbo, tutto contento di potersi rendere utile.

«Riusciremo di sicuro a scovare qualcosa, Win. A dopo» gli sorrise Spring, accodandosi al gruppo.

Rimasti finalmente soli, Summer si avvicinò al letto e, dopo essersi sistemata nervosamente una ciocca di capelli ondulati dietro l'orecchio, accostò le mani al capo del fratello per aggiustargli il ciuffo con gesti secchi e meccanici.

«Di certo, se volevi testare le nostre coronarie, ci sei riuscito.»

«Scusa» mormorò lui, sorridendo sghembo.

Sedendosi sul bordo del letto, la sorella sospirò pesantemente e ammise: «Non pensavo che Erin avrebbe contattato Mal. Temevo che una cosa del genere avrebbe potuto ferirlo, invece guardalo. Tutto contento di averla vista, e non molla mai Kimmy. Le sta perennemente accanto.»

«Si piacciono» assentì Winter, suo malgrado soddisfatto.

«A Kimmy non pesa l'aver saputo di Erin, a quanto pare. E neppure l'aver saputo di noi» decretò Summ, giocherellando con le unghie tagliate cortissime.

Quel giorno, portava lo smalto rosso fuoco che più le piaceva.

«Da quel che ho capito, Erin le ha parlato molto di voi due, e del rapporto che vi legava. Voleva essere sicura che non si sentisse a disagio, e credo ci sia riuscita» gli spiegò la gemella, meditabonda.

«Ed io ne sono lieto.»

«Sei felice, quindi? Kimmy è quella giusta?» volle sapere Summer, ancora dubbiosa.

Winter scoppiò a ridere e, attirando a sé la permalosa gemella, le baciò le guance dopo averla stretta in un forte abbraccio, mormorandole poi all'orecchio: «Lei è sempre stata la sola, Summ. Non avere timore per il mio cuore, non stavolta.»

«Oooh, e piantala!» sbottò la sorella, sciogliendosi imbarazzata dall'abbraccio. «Volevo solo...»

«Lo so, Summer. Non c'è bisogno che tu dica nulla.»

Conosceva fin troppo bene la scorbutica gemella, tanto tenace e forte da apparire indistruttibile, quanto dolce e generosa nel momento stesso in cui la famiglia aveva bisogno di lei.

Non era mai stata d'accordo con il matrimonio combinato tra lui ed Erin e, i primi tempi, era stato quasi impossibile trattenerla dall'insultare zia Brigidh.

Alla fine, però, aveva accettato la donna che gli Anziani avevano posto al fianco del gemello, e aveva iniziato ad apprezzarla e amarla come una sorella.

Aveva pianto senza ritegno, alla sua morte, e aveva giurato su quanto aveva di più sacro che, a costo della sua vita, avrebbe sempre difeso Malcolm, che lei adorava.

Ed ora era lì, ligia alla promessa di prendersi cura del nipote a qualunque costo.

Ma era turbata, e Winter glielo fece notare.

Accigliata, Summer ammise: «Ho provato a contattare Autumn per bloccare la tempesta sullo Stretto e per farci dire da lui dove ti trovavi, ma mi ha sbattuto il telefono in faccia non appena ha saputo di Kimmy. Mi spieghi, una volta per tutte, cosa c'è stato tra voi due?»

Sbuffando, Winter scrollò le spalle e mugugnò: «Lo sa il cielo cosa passa per la testa di Autumn. So soltanto che lui ce l'ha con me da dieci anni a questa parte, anche se il fattaccio è accaduto poco tempo dopo la morte di Erin. Non chiedermi di più, Summ, perché non ho idea del perché sia così inferocito con me.»

«Ti avrà pur detto qualcosa, mentre vi prendevate a pugni sotto il portico, quella primavera di tanti anni fa, quando Erin morì» precisò Summer, cocciuta.

«Che mi odiava, che io avevo avuto tutto e lui niente, che il Fato era stato ingiusto e cose così. Se tu ci capisci qualcosa, spiegamelo, perché io non lo so.»

Sbuffò, si passò una mano sul volto stanco e mormorò: «Schiaccerò un pisolino, ora. Poi mi spiegherai cos'è successo ai cattivi.»

«Riposa, fratello, per quello ci sarà tempo» gli promise lei, chinandosi a baciarlo sulla fronte.

Win chiuse gli occhi, sorridendo leggermente e, nell'uscire dalla stanza, Summer mormorò: «Autumn, ascoltami bene. Fai un'altra cazzata simile e, gemello o non gemello, io ti ammazzo.»

Neppure cinque secondi dopo, il cellulare della donna squillò e, fermatasi che fu in un angolo della sala d'aspetto, accettò la chiamata.

«Se vuoi replicarmi qualcosa, sappi che non te lo permetterò. Abbiamo rischiato di perderli entrambi. Dici di voler tanto bene a Malcolm, eppure hai permesso che suo padre ci lasciasse quasi le penne. Non me ne frega un cazzo di quello che c'è stato, o c'è ancora, tra te e Win. Se uno di noi ha un problema, ci si coalizza.»

«Non siamo i quattro moschettieri, Summ, ricordalo» sentenziò gelido Autumn.

«No, siamo molto di più, cretino che non sei altro! E ora che Mal sa di poter usare il suo dono, verrà Iniziato. Sarà l'apice che mancava al Pentacolo di Potere, la quadratura del cerchio, la congiuntura finale. E io ti impedirò di dargli un ulteriore dolore, credimi. Tu evocherai il potere degli Antichi, quando Malcolm riceverà l'investitura a Guardiano dello Spirito, a costo di trascinarti per i capelli fino a New Orleans.»

«Winter come sta?» le chiese per contro Autumn.

«Dovresti saperlo, visto che governi l'Aria,… e qui è pieno di normali!» gli ringhiò contro, inferocita.

Il gemello allora le rispose serafico.

«Non hai detto tu che devo comportarmi bene? E le persone per bene chiedono sempre come stanno i propri cari.»

«Fai pure il furbo, Autumn, ma prima o poi avrai bisogno di noi, e allora pregherai che Winter sia più generoso di quanto non lo sei stato tu con lui. E sta bene, ora, ma di certo non grazie a te! Per fortuna, Erin è riuscita a contattare Mal, altrimenti non saremmo mai arrivati in tempo.»

Imprecò senza tanti complimenti, mentre Autumn cadeva in un silenzio sospettoso.

«Ora ti saluto, fratello.»

«Come può...» gracchiò il gemello, ora non più spavaldo come in precedenza.«... Erin... è morta...»

«Se non ti fossi allontanato così bellamente dalla famiglia come invece hai fatto, e nel momento di maggior bisogno, aggiungerei io, avresti saputo che Winter ha legato il suo spirito all'acqua. Ora è una fata della bruma e, a quanto pare, può parlare sia con Malcolm che con Kimmy, oltre che con Winter» gli spiegò gelida Summer, tamburellando un piede sul linoleum verde e nero che ricopriva il pavimento.

«Non... capisco...»

Com'era possibile una cosa del genere? E perché mai Kimberly poteva udirla?

Scrollando una spalla con noncuranza, Summer mugugnò infastidita: «Da quel che mi ha detto Kimmy, sono cugine neppure troppo lontane e, grazie a questa stretta parentela, è in grado di parlare con lei.»

Autumn non disse nulla, si limitò a bofonchiare un saluto alla gemella prima di sbatterle il telefono in faccia.

Anche quello aveva avuto. Il Fato era stato davvero troppo generoso, con suo fratello.

E questo non poteva davvero sopportarlo.

Con rabbia, scagliò contro il muro dell’ufficio il suo nuovo cellulare – che si frantumò in mille pezzettini – e imprecò al cielo tutta la sua frustrazione ed il suo dolore.

Neppure il conforto di poter ancora udire la sua voce. O di incrociare il suo sguardo.

In tutti quegli anni, Erin non era mai apparsa a lui.

Ma appariva – e parlava! – a Kimberly.

No, non gliel'avrebbe mai perdonata. Neppure in mille anni.

 
≈≈≈
 
Magdaleine Bennett, alias Big Mama, alias capo sezione del reparto spedizioni scientifiche del NOAA, scrutò per diversi secondi i due scienziati dinanzi a sé senza nulla dire.

Si limitò unicamente a tamburellare pensosa le unghie laccate sulla lucida scrivania di tek.

Tutto, nell'ufficio della donna, rispecchiava il carattere di chi vi risiedeva.

I bellissimi paesaggi dipinti in stile neoclassico si miscelavano perfettamente coi mobili dalle linee raffinate, che richiamavano in tutto e per tutto quelli scelti da Nancy Reagan per il marito, ai tempi in cui era stata First Lady.

E questo la diceva lunga anche su quanta autostima potesse contare Big Mama.

Seduti entrambi su comode poltroncine in elegante broccato color crema, Winter e Kimberly attesero pazienti che Magdaleine parlasse per prima.

All'improvviso, l'interfono suonò e la voce della segretaria di quest'ultima interruppe quel silenzio opprimente.

«Ho in linea suo marito. Glielo passo?»

«Digli che lo richiamo io. Prima, devo finire qui.»

Spense l'interfono, intrecciò le mani fresche di manicure e, infine, si rivolse ai suoi due sottoposti asserendo: «Di certo, non mi aspettavo un simile risultato, inviandovi sullo Stretto. Ho appena saputo dalle autorità competenti che il presunto capo della banda di trafficanti d'armi, in cui siete incappati per mera sfortuna, è uscito dal coma. Blaterava su una donna di ghiaccio che li ha attaccati, e robe simili. Di certo, avrà ben altre visioni, una volta rinchiuso in un carcere federale americano. Altro che fatine delle nevi.»

La notizia sollevò entrambi e Kimberly, incuriosita, domandò alla donna: «E' sopravvissuto solo lui?»

«In quattro, stando a quel che sappiamo. Il resto della banda è sparpagliato per mezza calotta artica, chi dinanzi al campo base, chi sotto il ghiaccio, chi incastrato in un autentico dedalo di denti di ghiaccio. Di certo, questa campagna illegale gli è andata decisamente male. Pare che quei tizi contrabbandassero da tempo, e che le autorità russe fossero sulle loro tracce già da un bel po'» spiegò loro Big Mama, battendo una mano su una sottile carpetta giallognola.

«Qui c'è un resoconto sintetico di ciò che possiamo sapere di loro, oltre a quello che hanno raccontato alle autorità i vostri colleghi.»

Rivolgendo poi uno sguardo orgoglioso a entrambi, aggiunse: «Grazie alle chiavette USB che avete portato con voi, ci sono prove sufficienti per incriminare Boris e la sua ghenga per almeno mille anni di carcere, e quella riguardante i dati ricavati dalle carote di ghiaccio è già nelle mani dei tecnici. Nonostante tutto, siete riusciti a portare a termine il lavoro, e non ci avete rimesso la vita.»

«Avrei preferito una noiosa spedizione, a questo» sospirò stancamente Winter, scuotendo il capo con aria esasperata.

Big Mama ridacchiò comprensiva, annuendo.

«Lo avremmo voluto tutti, Hamilton, ma possiamo almeno dire che il vostro lavoro non è andato perduto e, per merito vostro, i cattivi sono stati presi. Quanto al processo, e alla conseguente notorietà, beh… durerà qualche mese, poi ve ne libererete per qualche altro scandalo. Ci vorrà solo un po’ di pazienza.»

Afferrando la mano di Win, Kimberly annuì  nell'osservare il volto del loro capo farsi di nuovo imperscrutabile e non più divertito e, con calma, ammise: «Cercheremo di fare finta di niente e di essere estremamente professionali.»

«Hamilton?» domandò allora Big Mama, fissandolo con i suoi penetranti occhi scuri.

Annuendo a sua volta, Winter asserì convinto: «Vedrò di non sbarellare, promesso. Come la mettiamo, però, con quel che ho combinato?»

Kim lo fissò basita, chiedendosi se per caso l’incidente avesse lasciato degli strascichi nella mente dell’uomo.

Turbata, guardò di sottecchi Big Mama, chiedendosi cos’avrebbe detto in merito.

Magdaleine ricambiò quello sguardo curioso e, aprendosi in un sogghigno divertito, intrecciò nuovamente le mani sotto il mento.

«Oh… e così la dottoressa Clark è al corrente di tutto.»

«Sì» assentì Winter, sorridendo a Kim, che sgranò sconvolta gli occhi.

«Bene, meglio così. Comunque, quel che compare nei resoconti sono spaccature nel ghiaccio e crepacci, tutto perfettamente compatibile con l’ambiente in cui vi trovavate. Nessuno ipotizzerà mai che quel che è avvenuto fosse di origine… soprannaturale. Inoltre, basto io ed il mio intuito eccezionale, per attirare l’attenzione.»

Win sorrise divertito, bene sapendo a cosa si riferisse.

Dopo la segnalazione ottenuta da Malcolm, Big Mama si era impuntata come un panzer in carica contro il nemico e aveva letteralmente obbligato i soccorritori a puntare in un’unica direzione.

Quando infine li avevano trovati, le lodi per lei si erano sprecate e, quando qualcuno le aveva chiesto come avesse capito dove cercare, si era limitata a nicchiare.

Magdaleine se lo poteva permettere.

Con un sogghigno, la donna smosse una mano davanti a sé con noncuranza e borbottò: «Ora sparite dalla mia vista, piccioncini. Non dico che non mi faccia piacere vedervi così felici e sorridenti, ma troppo miele mi fa alzare la glicemia, e non ne ho di certo bisogno! Fuori!»

Non appena furono fuori, di fronte alla piccola scrivania di Melanie Ann, la segretaria personale di Big Mama, Winter esalò un sospiro a metà tra l'esasperato ed il sollevato.

 Kim, al contrario, lo prese sottobraccio e commentò a voce bassissima: «Ma come fa, lei, a saperlo?»

Winter attese di essersi allontanato a sufficienza prima di dirle: «Forse non sai che Big Mama è una strega.»

«Eeeh?!» gracchiò Kim, facendo a scoppiare a ridere il suo uomo.

Nel prendere l’ascensore per recarsi ai piani inferiori, dove si trovavano i garage sotterranei della struttura, Win ammise con un sorrisino: «Ebbene sì. Sai, vero, che Magdaleine è argentina? Beh, a quanto pare, è qualcosa di più di una semplice nativa del sud America. E’ legata al culto del candomblé, un’antica religione proveniente dall’Africa e, per quel che ne sappiamo io e Summer, lei è una sacerdotessa o qualcosa di simile. Con noi non si è mai voluta sbottonare molto, in merito, ma ci ha riconosciuto subito come persone… speciali, così abbiamo dovuto vuotare il sacco, almeno con lei.»

Kim, semplicemente, si limitò a spalancare la bocca con aria scioccata e, quando raggiunsero finalmente il parcheggio sotterraneo del NOAA, Winter la accompagnò alla sua auto.

«Naturalmente, lei non ha dei veri e propri poteri, è più una spiritista, una consultatrice di oracoli, per così dire.»

«Oh. Mio. Dio» esalò Kimmy, raggiungendo con passo caracollante la sua auto per poi aggrapparvisi con forza.

Lui le sorrise benevolo, dandole un bacetto sulla tempia, e la donna lo fissò senza sapere bene cosa dire, o come reagire.

Non era ancora del tutto convinta di comprendere pienamente la portata del suo potere e cosa significasse, per lui, trattenersi dal fare con esso tutto ciò che desiderava.  

Ma aveva iniziato a capire e, con il tempo, anche quel lato oscuro di Winter sarebbe stato limpido, per lei.

Sapere che anche Big Mama era legata alla magia, però, la sgomentò un po’.

Quante altre persone, nel suo universo personale, non erano ciò che sembravano?

Scosse il capo, preferendo non rimuginarci proprio in quel momento e, sorridendo debolmente a Winter, mormorò: «Facciamo che ne parliamo un’altra volta, eh?»

«Tutto quel che vuoi» le promise lui, aprendo per lei la portiera dell’auto.

Meglio badare al suo lato umano, piuttosto che al suo lato divino e indistruttibile. Era decisamente più semplice da trattare.

Alle stregonerie avrebbe pensato più tardi.

Salita che fu sulla Ford, ammiccò a Win – che la stava osservando dall’esterno della vettura – e gli domandò: «Mal è già a casa, o deve ancora tornare da scuola? Non ricordo che lezioni aveva, stamattina.»

L’uomo le sorrise brevemente prima di dire: «Arriverà alle quattro. Perché?»

Lei si limitò a scrollare le spalle, ma Win decise di insistere.

«Dovete fare qualcosa?»

«No, è che...»

Tentennò un attimo, ma alla fine ammise: «Mi piace averlo attorno. E' un bambino adorabile, e gli voglio molto bene.»

Win non poteva che essere lieto della cosa, e sapeva perfettamente che anche Malcolm adorava Kimmy.

Nonostante le sue paure più recondite, aveva apprezzato il fatto che lei avesse iniziato a dormire qualche volta da loro.

Winter aveva temuto che un cambiamento del genere potesse ferirlo, visto soprattutto il ritorno nella sua vita della madre – anche se solo come fata della bruma.

La reazione di Mal, come al solito, lo aveva sorpreso. E in positivo.

Non solo si era dichiarato felicissimo ma una mattina particolarmente uggiosa, con il cielo che ribolliva minaccioso, si era presentato insonnolito e turbato alla porta della sua camera da letto e aveva chiesto di poter entrare.

Si era infilato in mezzo a loro subito dopo aver ricevuto un invito caloroso da parte di Kim e, con un sospiro e un sorriso, si era stretto a lei mormorandole un 'ti voglio bene, Kimmy' che, per poco, non aveva spezzato il cuore a Winter.

Non aveva più parlato con Erin per chiederle come si sentisse nel vederlo assieme a Kimberly, né aveva più accennato a Kimmy di lei, della moglie-fata che poteva interagire con loro e, adesso, anche con Mal.

Era bastato vederle una mattina, nel giardino di casa, in una giornata nebbiosa e fredda.

Avevano riso e scherzato assieme, sorridenti entrambe e accomodate su un cumulo di neve fresca e ammucchiata su un lato della casa.

Non aveva mai domandato a Kimmy di cosa avessero parlato, lei ed Erin; gli era bastato scrutare i loro volti.

Sereni.

Fieri.

Complici.

In quel momento, però, Winter le domandò: «Tu ed Erin... va tutto bene?»

Kimmy gli lanciò un rapido sorriso, annuendo e, giocherellò con i guanti di pile bianchi e blu.

«Ho rimuginato parecchio sulla cosa perché, dopo la situazione di pericolo in cui ci siamo trovati, tutto era tornato alla normalità, e la sua presenza mi metteva in qualche modo a disagio. Così le ho parlato per chiarirmi alcuni dubbi. Non volevo che lei pensasse che io volessi usurpare il suo posto in famiglia, o nel cuore tuo o di Mal.»

«Ebbene?» si informò lui.

A quel punto Kim ridacchiò e ammise: «Mi ha dato dell'idiota.»

Winter strabuzzò gli occhi, sinceramente basito.

«Primo, mi ha detto che tu sei vedovo, e quindi il ruolo di moglie è vacante, indipendentemente dal fatto che lei sia una fata e che tu,... noi possiamo vederla quando vogliamo. Secondo, Mal mi vuole bene come io ne voglio a lui, e di questo lei è felice. Indipendentemente dal fatto che Mal potrà sempre vedere lei, e non me, come madre, il punto focale è un altro. C'è amore tra di noi, e questo era ciò che lei desiderava più di tutto.»

«Perciò, sei tranquilla?» insistette lui, giusto per stare tranquillo.

Annuì, sicura di sé, e asserì: «Sì. Il fatto che Erin sia nelle nostre vite, in qualche modo, completa il quadro, non lo guasta. A volte, magari, mi imbarazzerò lo stesso, ma sarà piacevole parlare con lei, quando qualcosa del vostro essere così speciali mi lascerà dei dubbi. No, non ci saranno problemi, davvero.»

«Ne sono felice. Quando legai il suo spirito alla bruma, desideravo che un giorno Mal potesse di nuovo parlare con lei, interagire con sua madre. Davo per scontato che io non avrei mai più avuto una compagna al fianco che potesse aiutarlo a crescere, che potesse fargli da madre. Quanto mi sbagliavo!»

Rise, quasi scioccato all'idea di non dover passare il resto della sua vita da solo.

«Per questo lo portavi in luoghi con l'acqua?» si informò allora lei, sorridendogli dolcemente.

«Te lo ricordi» mormorò lui, annuendo. «Era più facile vederlo, per Erin. Inoltre, speravo che prima o poi capitasse anche a lui. Evidentemente, la paura ha permesso al suo dono di risvegliarsi prima del tempo, permettendogli di vedere Erin e percepire me.»

«Mal ha detto di aver sentito anche me. E' possibile?» gli domandò Kim, incuriosita.

Annuendo, Winter le spiegò ciò che significava essere il Guardiano dello Spirito. «Quando Mal sarà Iniziato e potrà cominciare a padroneggiare il suo dono, potrà percepire ogni essere vivente su questo mondo, sia esso animale o vegetale. Inoltre, sarà in grado di leggerne i pensieri – se parliamo di fauna, s’intende – e, nel caso, plasmarli. In qualche modo, è affine al potere di Spring, anche se lei può agire sul corpo, non sulla mente. E' un dono dalla portata immensa, e crea un equilibrio con i quattro Elementi che governiamo noi gemelli. Il suo sarà un training davvero massacrante, lo so già adesso, ma sono contento di poter dire che avrà anche te, al suo fianco.»

«Ce la metterò tutta per essergli d'aiuto perché credimi, dal tuo fianco non me ne andrò mai più. Quando te ne andasti la prima volta, ero troppo piccola per oppormi. Ora sfodererò gli artigli se qualcuno tenterà di frapporsi tra noi, fossero anche i tuoi nonni o i parrucconi che ti obbligarono a sposarti.»

Lo disse con tono così perentorio, definitivo, che Winter non poté che scoppiare a ridere, felice che lei la pensasse a quel modo.

Neppure lui avrebbe permesso che qualcuno si intromettesse.

Già una volta si era lasciato manipolare, e tutto perché era stato troppo giovane e ligio al dovere per affrontare pienamente il problema.

Ora, aveva al fianco la donna che, fin da bambina, aveva amato.

Era cambiata nell'aspetto, ma dentro di sé portava ancora quella serenità d'animo e quella forza che l'avevano affascinato fin dalla prima volta.

Era la sua Kimmy.

«Non mi preoccuperei per quello, non al momento, almeno» la rassicurò lui, sorprendendola.

«Oh… e perché?»

«Qualcuno pensa che sia ora di cambiare… e non sto parlando della mia famiglia» le disse lacunoso lui, chinandosi per baciarla. «Metti in moto e fila a casa. Tra poco scoppierà una bella nevicata e preferirei saperti al riparo, piuttosto che in giro per strada.»

«D’accordo. Ci vediamo domani, allora» gli promise lei, mettendo in moto per uscire dal parcheggio sotterraneo.

Lui la osservò andare via, prendere lo svincolo a destra per uscire e infine svanire dietro il muro di cemento armato.

Fu solo la consapevolezza che presto l’avrebbe rivista a permettergli di salire a sua volta in auto con il cuore leggero; nessuno li avrebbe divisi, mai più.

Preso il cellulare, compose un numero in particolare e, dopo alcuni attimi, sentì una voce a lui familiare e cara.

Sorridendo spontaneamente, disse: «Ehi, Colin. Tutto bene, lì?»

«Se intendi dire che non è ancora scoppiata mezza Irlanda, sì. Per ora, abbiamo potuto agire nell’ombra senza essere beccati» assentì l’amico, ridacchiando. «Va da sé che, se uno qualsiasi dei Guardiani ci beccasse, finiremmo nei guai. Sai come la pensa, tua nonna, su tutta la faccenda.»

«E’ proprio perché lo so che quello che state facendo è di vitale importanza. Sean è venuto a capo di qualcosa?» si informò a quel punto Winter, inserendo il bluetooth nell’orecchio prima di mettere in moto l’auto per uscire dal garage sotterraneo del NOAA.

«Non lo so. Si è chiuso nel suo studio di Limerich e non mi ha più detto nulla. Sai come sono, questi letterati» ridacchiò il giovane irlandese, facendo sorridere Win.

«So com’è scrupoloso Sean, quando vuole. E Miranda sta bene? Mi aveva detto che avrebbe dovuto andare dal medico all’inizio dell’anno ma, tra la missione e tutto il resto, non l’ho più sentita.»

«Sta benissimo, per la verità» assentì Colin, tutto contento. «Proveremo ad avere un bambino.»

La notizia colse di sorpresa Winter che, per un attimo, restò senza parole.

«Beh, sono felice per entrambi.»

«Grazie. Anche se non credo che Lady Shaina ne sarà altrettanto lieta. Non pensi, comunque, che dovremmo mettere al corrente anche Spring e Summer di quel che stiamo combinando? Dopotutto, interessa anche a loro» gli fece notare a quel punto Colin, dubbioso.

«Non voglio che ci perdano il sonno. Sai come sono fatte» scosse il capo il climatologo, infilandosi nel traffico cittadino di quel pomeriggio inoltrato di gennaio.

«Come vuoi tu. Sei il capofamiglia, perciò ci atterremo a quel che vuoi tu, anche se penso che Mir ne abbia parlato con Autumn» ammise Colin, cauto.

Sentir nominare il gemello fece irrigidire Winter ma, il più pacatamente possibile, lui replicò: «Credo abbia fatto bene. Per quanto io e lui non andiamo d’accordo, so che non danneggerebbe mai Spry o Summ. Tenetelo pure al corrente degli sviluppi, e fatemi sapere se avete bisogno di qualcosa. Se nonna Shaina fa i capricci, dimmelo. Posso sempre dire a Summer di indebolirla, se serve.»

«Non credo che la Guardiana del Fuoco sarebbe contenta di saperlo» celiò l’altro, ghignando.

«Ci sono un sacco di cose che a Shaina non piacciono, una tra queste il potere spaventoso di Summ. Sua nipote è molto più potente di com’era lei alla stessa età, e questo la infastidisce non poco. Potrebbe tornare a nostro vantaggio già questo, visto che la indebolisce dal punto di vista emotivo, ma a volte non basta per fargliela in barba. Se avete problemi con le barriere sul grimorum , fatemelo sapere subito, e agirò» lo ragguagliò Win, tranquillo.

«Contatterò Sean e glielo dirò. Per ora grazie, Winter» asserì Colin.

«Grazie a voi. Il lavoro sporco è nelle vostre mani, dopotutto» replicò sorridente il climatologo.

«Già, ma in fondo questa Cerca serve più a noi, che a voi» gli fece notare a quel punto Colin, ridacchiando.

«Farà piacere a tutti riuscire a trovare una fine a quest’assurda bega millenaria, credimi» sottolineò Win, sbuffando.

Fin troppe persone avevano sofferto, nel corso dei secoli. Era ora di finirla.




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N.d.A.: ormai siamo arrivati alla fine di questa prima avventura. Spero di avervi fatto passare almeno qualche momento di svago, e di avervi divertito con questi nuovi personaggi.
Per chi di voi si chiedesse chi sono Colin, Miranda e Sean, verranno presentati nel corso dei prossimi racconti e avranno un ruolo abbastanza importante, pur se marginale, nel percorso portato avanti dai nostri gemelli.
Per ora vi saluto e vi ringrazio :)
  
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