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Autore: Ena_min    14/01/2014    1 recensioni
(jongkey e 2min)
“lo sai quale è la cosa più stupida da fare nella vita?? Viverla senza nessuno al tuo fianco che ti ami!!”… era sempre questo che gli ripeteva sua nonna quando ancora era viva.. ed era anche l’ ultima cosa che gli disse prima di morire...
Ripensava sempre a quelle parole.. ogni tanto gli davano il coraggio di andare avanti.. ogni tanto invece lo facevano piangere..
Ricordi tristi, ricordi strappalacrime, ricordi che vorresti solo cancellare dalla mente.... Ma vale veramente la pena di vivere la vita senza di essi?
Genere: Drammatico, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BUONGIORNOOOOOOOOOOO... Lo so, lo so... sono veramente in orrendo ritardoo!!!.. Più di due mesi sono passati.. Cattiva Ena!! Però perdonatemi veramente.. Tra scuola e tutto non ho un momento per respirare!!!! ç_ç
Ma come  potevo lasciare i nostri cari amici così?? No, non potevoo! Quindi ecco a voi un' altro emozionante capitolooo! xD
Spero veramente che vi piacciaaaa!!!
Buona lettura!




“Taemin… questa persona….questa persona ha ucciso tua madre.”
Le parole gelarono il sangue del piccolo biondo che incredulo fissava il padre inchiodato a quel letto d’ospedale.
Per quelli che sembravano interi interminabili minuti, Taemin si dimenticò come respirare. Nessuna parte del suo corpo ormai gli dava più ascolto, neanche il cuore sembrava facesse più il suo lavoro.
Taemin svenne.
Solo qualche ora più tardi riprese conoscenza. Quella conoscenza che non voleva essere ripresa perché faceva così male, faceva così schifo, così paura, così odio!
Era attaccato ad una flebo, magari pensavano che tutto era stato dovuto ad un calo di zuccheri.
Era anche stranamente calmo, ma quella siringa attaccata alla flebo gli fece capire che c’era un motivo anche per quello. Un calmante.
Si tolse la flebo dal braccio e si alzò dal letto. Un po’ frastornato, debole, con la testa che girava ancora.
Prese i pantaloni che erano stati attentamente piegati e posti sopra una sedia che faceva da arredamento alla stanza e velocemente uscì dall’ ospedale.
Sicuramente non sarebbe andato a casa. A casa c’era Minho, e nello stato mentale in cui si ritrovava era assolutamente l’ ultima persona che voleva vedere in quel momento.
Così ritornò là.
Il sole non era ancora tramontato e l’ aria fresca della sera gli faceva quasi piacere.
Non aveva ancora deciso di pensare a quello che gli era capitato qualche ora prima nella stanza d’ospedale di suo padre, e aveva deciso che lo avrebbe fatto solo dopo essersi ritrovato davanti a quella che sembrava essere la sua unica amica rimasta. La morta Amber.
La strada per il cimitero era semplice, e Taemin, sovrappensiero, la percorse in un batter d’occhio. Così si ritrovò nello stesso posto di quella mattina in cui ancora non sapeva proprio cosa gli sarebbe capitato.
Si sedette davanti alla lapide e gli sorrise un poco. A Taemin piaceva veramente tanto pensare che lei, gli stesse sempre accanto, che vedesse quando piangeva, quando sorrideva, quando era triste e quando era veramente felice. L’ unica cosa che si augurava non vedesse erano le porcate che faceva in camera con Minho.
Già… Minho.
Il biondo fece in modo che il suo cervello ripercorresse quello che era accaduto in ospedale.
Minho era entrato in camera. Lui era così felice di vederlo, gli aveva dato la forza di dire la verità a suo padre
Poi c’erano state le domande del padre. La sua faccia triste. L’ espressione di Minho. La confessione. Il suono di quelle parole dentro le sue orecchie. Il mal di cuore. Lo stomaco sottosopra. Il vuoto e poi il buoio.
Si morse il labbro inferiore e dai suoi occhi cominciarono a scendere le pirma lacrime di dolore.
Come poteva essere stato Minho a uccidere sua madre? Non si capacitava per niente di tutto ciò. Non riusciva a capire perché la sua vita gli portava solo tante delusioni. Possibile che era nato solo per piangere e per soffrire? Possibile che quando, con tutte le forze  aveva cercava di risalire quella montagna così difficile cercando di superare tanti di quegli ostacoli, c’era sempre una mano che era pronta a riportarlo giù?
Chiese tutte queste cose ad Amber. Ma lei non le rispose, come sempre. Così smise di parlare e le sue lacrime lo fecero al posto suo.
******
 
Minho scoprì che Tamin era scomparso dalla sua camera poco dopo. Ma non poteva lasciare il suo lavoro. Alcune persone avevano bisogno di lui. Doveva restare lì dove era.. e sperare che Taemin ritornasse a casa. Ritornasse d alui. Perché lui aveva tanto bisogno di quel piccoletto che gli aveva rubato il cuore e che, per un destino così crudele, aveva sofferto così tanto a causa sua.
“non dirò niente a nessuno, però stai lontano da mio figlio e procurami un altro dottore. Hai rovinato le nostre vite, vederti in faccia tutti i giorni sarebbe un ulteriore punizione.”
Erano state queste le parole che il padre di Taemin gli aveva riferito poco prima che lui si congedasse.
Minho si sedette su una sedia che casualmente si trovava nel corridoio dell’ ospedale. Non vedeva il via vai di infermiere e di tutte quelle persone in visita che passavano su e giù e che lo guardavano quasi preoccupate. Minho non vedeva nulla. Il buoio gli aveva invaso i sensi e neanche più le lacrime trovavano via di fuga. Voleva liberarsi di quel peso. Voleva così tanto che tutti dimenticassero tutto. Che tutti dimenticassero l’ incidente di quel freddo dicembre.
“la donna non ce l’ ha fatta. Il marito invece non potrà mai più camminare”
Erano queste le parole che Minho ricordava di quel giorno.
Di quel maledetto giorno in cui da poco aveva preso la patente e da poco aveva compiuto i 19 anni.
Era andato a festeggiare con gli amici e come nessun ragazzo avrebbe dovuto fare, aveva bevuto e si era messo alla giuda della sua macchina.
Non era notte fonda, e a quell’ ora il via vai di macchine non era ancora terminato. Minho però era già ubriaco e anche se la strada da fare era poca, non aveva intenzione di restare nei limiti di velocità e all’ incrocio non si era fermato.
L’ impatto era stato molto violento. La parte anteriore dell’ auto di Minho era finita sul lato del passeggiero dell’ altra auto. E, il caso volle che seduta su quel sedile ci fosse la mamma di colui che sarebbe diventato il fidanzato dell’ assassino.
Se l’ era cavata con poco. Qualche punto sulla patente e tanti soldi per far zittire tutti. Il padre di Minho, il signor Choi, aveva fatto un ottimo lavoro. Nessuno aveva mai saputo chi era stato l’artefice dell’ incidente e nessuno l’ avrebbe mai saputo.
L’ unico di cui non si era preoccupato il signor Choi, era il padre di Taemin. Anche se con le gambe schiacciate dalla parte anteriore dell’ auto, dopo l’ impatto era riuscito a rimanere cosciente e dopo che Minho, quasi del tutto illeso e barcollante era uscito dalla macchina, l’ aveva visto in faccia e aveva memorizzato dentro la sua testa ogni lineamento di quel ragazzo ubriaco che gli aveva appena rovinato l’ intera esistenza.
Dopo che gli fu data la notizia della sua impossibilità di caminare, il padre di Taemin aveva fatto qualche ricerca, e nel suo silenzio, aveva memorizzato tutti i dati di Minho.
 Da quell’ episodio Minho non aveva più ripreso la macchina in mano e si era chiuso nella sua camera, a studiare e studiare per diventare un dottore. Perché lui non era come suo padre. Lui soffriva per quello che aveva fatto. Lui non dormiva la notte per i sensi di colpa che gli invadevano ogni parte dell’ anima fino a quasi divorarla. Aveva deciso che avrebbe salvato le vite. Che sarebbe stato qualcuno di rispettabile e avrebbe pagato il suo debito.
Era ritornato tante volte nel luogo dell’ incidente. Anche la mattina dopo dell’ incidente.
Era lì, che per terra, nell’ asfalto ancora rosso e pieno di segni bianchi aveva trovato il portafoglio della mamma di Taemin. L’ aveva aperto con le mani tremanti, e lì dentro aveva trovato la foto del piccolo Tae. Si era acasciato a terra alla vista di quel ragazzo delle superiori. Aveva cominciato a piangere perché sapeva che in quel momento lo stava facendo anche lui.
Qualche giorno dopo aveva fatto delle ricerche e per quasi un anno aveva tenuto sotto controllo il ragazzo. “ma cosa sto facendo.. ho percaso paura che si droghi o qualche cosa del genere? Sono un matto! Smettila Minho” si ripeteva di tanto in tanto. Ma la voglia di proteggerlo era così tanta e quando ebbe la possibilità di rimanere il più vicino possibile a quel ragazzo si era trasferito da lui.
Ora era lì, in quella sedia da solo. Con il suo ragazzo chissà dove a piangere, con la sua vita che ormai non aveva più un senso, con la voglia di combattere che ormai aveva abbandonato il suo corpo.
Immerso nei suoi pensieri, Minho non stava più vivendo.
“Oppa!!” La voce di una bambina di non più 6 anni lo fece in parte risvegliare da quello stato.
“Ciao Se Yi... come stai bellissima?” la bambina col berretto e il pigiama non gli rispose. SI sedette in braccio a Minho e si limitò a guardarlo negli occhi. Nel profondo degli occhi. Quansi come se potesse vedergli l’ anima, così come solo i bambini sanno fare.
“andrà tutto bene Oppa” disse la bimba per poi dargli un bacetto nella guancia e ritornare da dove era venuta.
Minho la guardò andare via saltellando e sorridendo. “Così tanta voglia di vivere e così poco tempo per farlo, Se Yi, facciamo cambio di posto”
*********
 
Dopo quasi un anno ero ritornato a Soul. Aveva vissuto negli Stati Uniti quanto bastava, secondo lui. E senza neanche dirlo all’ amico Jinki aveva ripreso documenti e aereo ed era ritornato nella sua terra d’origine.
Si era tinto i capelli. Ora quel biondo platino  faceva contrasto con gli occhi neri, ed era assolutamente sicuro che nessuno l’ avrebbe mai guardato storto a Seoul, visto che la metà dei ragazzi di città avevano di NON rifatto giusto la consistenza della pelle, forse.
Si era fatto fare dei nuovi documenti. Con nome nuovo e persino data di nascita nuova.
Kim Kibum, nato il 23 settembre 1990.
Il signor Choi non l’ avrebbe trovato, chissà perché, ma ne era veramente sicurissimo. Nome nuovo, capelli nuovi, l’ aspetto fisico non era neanche uno di quei tanti problemi, i lineamenti di Jong erano molto comuni. Non sarebbe stato scoperto. Lo sapeva.
La scelta del nome naturalemente non era un caso. Jong non aveva mai smesso di pensare mennemo un minuto a Kibum. E poi nel profondo del suo cuore, Jong sapeva che  era ritornato proprio per lui.
Magari per rimanere a guardarlo da lontano. Per rivedere quel sorriso smagliante e quel corpo asciutto che tanto aveva desiderato e si era fatto scappare via.
Aveva deciso che non avrebbe mai avuto contatti con lui in futuro. Dopo tutto gli aveva mentito, come poteva ripresentarsi davanti a lui  così dal nulla. Un semplice  “eccomi Bummie, scusa ma mi sono fatto un giretto negli USA” sicuramente non sarebbe stato sufficiente.
Magari si era rifatto una vita. Jong aveva sempre preso in considerazione questa cosa. Da un lato ne era felice. Sapeva la vita dura che Kibum aveva vissuto e sperava veramente che trovasse qualcuno che lo potesse rende felice…, ma dall’ altro lato, solo al pensiero di delle mani estranee sopra quel corpo così bello lo mandavano in bestia.
Il nuovo appartamente affacciava a un colorato negozio di fiori.
Era stata una delle prime cose che aveva notato quando si era trasferito lì e subito ci aveva pensato.
SI era ripromesso che appena avesse messo a posto le sue cose e avesse un momento libero, avrebbe realizzito il pensiero che aveva in mente, e quel giorno era arrivato.
Si era messo una bella felpa di lana che saggiamente copriva il bel culetto del ragazzo, e un paio di jeans che dopo qualche chilo perso, gli stava a pennello.
Avava preso il portafoglio e si era diretto dal fioraio. La ragazza che stava dietro un bancone gli sorrise cordialmente subito dopo che Jong fu entrato e altrettanto cordialmente gli chiese se poteva dargli una mano.
Jong però fece tutto da solo. Prese i fiori che più gli piacevano e ne fece un mazzo bello colorato. Il gusto per l’ abbinamento dei  colori mancava proprio al povero Jong, ma non se ne fece una colpa e senza esitare neanche un momento andò a pagare.
Uscì dal negozio soddisfatto e con un debole sorriso che gli incorniciava il volto.
Cominciò a camminare. Quanto era felice di essere ritornato nel suo paese. Perfino l’ odore dell’ aria era diversa nel luogo in cui era nato. Pieno di gente con gli occhi come lui, dove non si sentiva diverso, dove non si sentiva solo, dove, forse, si sentiva un po più felice.
Arrivò al cimitero velocemente. Amber era stata la sua destinazione.
*********
 
 
Era da praticamente un anno e mezzo che non andava a trovarla. L’ ultima volta ci era stato con Kibum.
Il biondo gli aveva raccontato la sua triste storia e lo aveva presentato al sua sorella. Jong aveva visto tutte le foto che avevano insieme. Aveva visto i suoi vestiti a casa di Kibum, ogni tanto la sognava anche. Era come se Amber non se ne fosse mai andata e anche lui avesse avuto l’ opportunità di conoscerla!
Quando era negli USA ogni tanto parlava anche a lei.
Gli chiedeva di proteggere Kibum, e di avere un occhio di riguardo anche nei suoi confronti. Ormai la considerava come il suo angelo custode e sicuramente non poteva permettersi di non andare a farle visita.
Entrò nel cimitero e con passo spedito arrivò fino al luogo in cui la piccola Amber riposava.
Da lontano però vide la sagoma di un ragazzo dai capelli biondi proprio davanti alla lapide in cui era diretto.
Per un attimo non si mosse.. ma poi pensò che era meglio nascondersi e subito si mise dietro ad un arbero che faceva una grande ombra.
“Quello è Kibum.” Disse fra se e se.
“non posso farmi vedere qua” continuò pensando a tutto quello che aveva fatto a quel ragazzo.
Il desidero di guardarlo era così forte però… il desiderio di vedere, di abbracciarlo, di stringerlo forte era così tanto, che non ce la fece e uscì dal nascondiglio per vedere meglio.
Fù solo allora che si accorse che quella persona davanti alla lapide non era Kibum.
“Taemin…” disse.
Si ricordava di lui. Della sua storia, di quando aveva litigato con Minho, di come aveva cercato di metterlo in guardia dal signor CHoi.
Lo vide piangere. Lo sentì singhiozzare e qualcosa dentro di lui gli disse che non poteva stare con le mani in mano.
Forse il signor CHoi aveva scoperto tutto e ora stava perseguitando anche lui? Forse era successo qualcosa a Kibum? Cosa era successo?
Voleva sapere tutto così tanto che velocemente si mosse e arrivò alle spalle del biondo.
“Taemin..” gi sossurò cercando di non spaventarlo.
Il ragazzino si voltò incuriosito e vide Jong dietro di lui che gli sorrideva anche se con aria preoccupata.
Taemin non lo riconobbe subito.. Gli ci volle un po per capire a chi, nei suoi ricordi,  appartenevano quegli occhi neri e quel naso grande.
Ma quando riuscì a ricollegare il tutto, il suo animo, stranamente, si sentì più sollevato.
“Jong hyung!!!!” disse con la voce rotta dal pianto.
SI alzò da per terra e lo abbracciò. Non disse nulla.. e in quel momento neanche JOng voleva sapere niente.
Ricambiò l’ abbraccio e fece in modo di farlo sentire protetto.. perché era sicuro che in quel momento, il piccolo Tae, avesse avuto bisogno solo di qualcuno che gli dicesse che sarebbe andato tu
tto bene.


Grazie per aver continuato a leggere la mia ff..
Vi prometto che cercherò di pubblicare al più presto!!
Intanto se avete voglia potete lasciarmi una piccola recensionee.. Ormai sapete quanto amo essere commentata! xD
Grazie tantee!! alla prossima!

 
  
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