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Autore: Arya Tata Montrose    14/01/2014    1 recensioni
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Un suono soave e acuto che a mano a mano, passo dopo passo che muoveva verso i suoi genitori si faceva più scuro e grave.
Si accorse che il paesaggio cambiava, e aumentò il passo, seguito a ruota da uno sfondo tetro e desolato e dal sinistro suono che fino a poco prima era così meraviglioso.
Intanto i suoi genitori, immobili su quella tovaglia rimanevano immobili, incoscienti del repentino cambiamento dell’ambiente.
E più lei si avvicinava più lo sfondo mutava.
Con un’ultima falcata raggiunse la tovaglia ma rimase pietrificata dallo scenario che le si perenta va davanti: la tovaglia un lago di sangue, il sole divenuto un fuoco devastatore, il prato una landa desolata, i fiori macerie e i suoi genitori orrendi cadaveri senza volto.
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Questa è una cosetta che mi è venuta in mente durante 3 ore di supplenza.
Spero possa interessare.
[SuiKa][1230 words]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karin, Suigetsu | Coppie: Karin/Suigetsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Se il tuono è dolore, il lampo è amore
 
 
 
La notte della distruzione del villaggio dell’erba pioveva e l’unica sopravvissuta era una ragazzina dai lunghi capelli color fiamma e gli occhi rossi, contornati da lenti rotonde che si riempivano delle goccioline d’acqua e sangue.
La ragazzina si era rintanata in un cumulo di macerie non del tutto bruciate, ancora un po’ calde.
Pianse tante di quelle lacrime che non rammentava più nemmeno quando avesse cominciato quella triste preghiera di salvezza.
La piccola Karin si era addormentata così, rannicchiata vicino alle ceneri ancora calde che le avevano lasciato tristezza sulle candide guance.

 
Un prato fiorito le si ergeva davanti, con i fiori colorati che riempivano l’aria di un delicato aroma. Il sole brillava e una tovaglia a scacchi rossi troneggiava in mezzo al giardino, dove già stavano banchettando i suoi genitori, felici e sereni come mai prima di allora. La piccola, contagiata da tutta quella tranquillità sorrise. Camminava felice su quel manto d’erba verdissima ridacchiando e beandosi del canticchiare allegro degli uccelli.
Un suono soave e acuto che a mano a mano, passo dopo passo che muoveva verso i suoi genitori si faceva più scuro e grave.
Si accorse che il paesaggio cambiava, e aumentò il passo, seguito a ruota da uno sfondo tetro e desolato e dal sinistro suono che fino a poco prima era così meraviglioso.
Intanto i suoi genitori, immobili su quella tovaglia rimanevano immobili, incoscienti del repentino cambiamento dell’ambiente.
E più lei si avvicinava più lo sfondo mutava.
Con un’ultima falcata raggiunse la tovaglia ma rimase pietrificata dallo scenario che le si perenta va davanti: la tovaglia un lago di sangue, il sole divenuto un fuoco devastatore, il prato una landa desolata, i fiori macerie e i suoi genitori orrendi cadaveri senza volto. La pioggia imperversava donando un’atmosfera carica di dolore. Troppo per lei.
Il cinguettio di poco prima tramutato un una lugubre e fulgida saetta di luce e suono.


 
Si alzò di scatto, sudata e ansimante.
Un’altra volta. Era ancora quell’incubo, che ogni notte di pioggia la tormentava, facendole ricordare quei momenti della sua infanzia distrutta e mai più ricostruita.
Una lacrima le solcò il viso, già provato da mille dolori, ai quali quella goccia si aggiunse. Era la goccia che però fece traboccare il vaso. Un vaso colmo di sofferenza e solitudine, sostituititi dall’acidità e dall’arroganza.
Si portò le mani al viso, coprendo gli occhi e cominciando a piangere sommessamente. Voleva svuotare quella giara che, lo sapeva, sarebbe rimasta piena.
Aveva anche sviluppato un orgoglio, in quegli anni. Era questo c he non le permetteva di sfogarsi in un modo che, forse, l’avrebbe aiutata per davvero.
La consapevolezza che Suigetsu era sveglio e di guardia, la frenò dall’urlare il suo dolore.
 
Un singulto riscosse il ragazzo dai suoi pensieri. Si voltò verso l'interno della stanza e, illuminata dalla fica luce della candela consumata, vi era una ragazza, seduta e tremante.
Scosso dalla curiosità - curiosità per quell'evento in cui, nei momenti di cattiveria, aveva tanto sperato - le si avvicinò e si sedette accanto. Si aspettava che smettesse all'istante di piangere, orgogliosa com'era, ma lei lo ignorò continuando quel triste lamento.
L'aveva preso di sorpresa, non aveva reagito alla sua presenza, e questo significava solo che stava male, molto.
 Sapeva che era orgogliosa, troppo per mostrarsi debole. Davanti agli occhi di chiunque, ai suoi in modo particolare. Non agli occhi di quel ragazzo che tanto le stava antipatico ma che, infondo, ma nemmeno tanto, quello strano ragazzo dai capelli albini le piaceva. Era l’unico che, anche se litigavano, le rivolgeva la parola senza quel tono d’ordine e superiorità. Il suo tono piuttosto aveva un che di scherzoso, con quel pizzico di sfida e simpatia che ogni volta la esortava a rispondergli. Lentamente, senza alcuna fretta, quatto quatto l’amore si era impossessato di lei.
 
 
Un lieve sorriso le si dipinse sulle labbra, subito scacciato da un tono che squarciò l’aria spaventandola - dall’assordante rumore della solitudine e del ricordo – e si gettò tra le braccia del ragazzo, riprendendo a singhiozzare nell’incavo del suo collo.
Stupito, la strinse un po’ riluttante, ma al contempo dolce.
Quando la ragazza si calmò, Suigetsu la prese per le spalle, allontanandola a sufficienza per poter incatenare i propri occhi a quelli della ragazza.
Rubino e ametista s’incontrarono.
 Sorrise, Suigetsu, mostrando di poco quei denti aguzzi che tanto lo caratterizzavano.
- Come mai la grande Karin piange? – chiese, col tono che solo a lei riservava: dolce e premuroso.
In quel contatto fra i loro occhi, non ancora sciolto, il ragazzo vide la Karin sofferente, la ragazzina traumatizzata anni prima.
Con la voce rotta dalle lacrime che le scendevano ancora copiose sulle gote, la ragazza raccontò allo spadaccino dell’incursione nemica al villaggio dell’erba, dell’assassinio dei suoi genitori, avvenuto sotto gli occhi di quella che una volta era poco più che un’ingenua bambina, dell’incendio, della solitudine e del dolore.
Gli raccontò perfino il motivo di tanta paura nei tuoni.
 
Lui, intanto, la ascoltava comprensivo, lasciandole delle piccole carezze sulla testa, quasi volesse rassicurarla che una cosa del genere non sarebbe mai più accaduta.
Voleva davvero rassicurarla, facendole capire che l’amava. Perché era così, dal primo momento in cui l’aveva vista, l’aveva trovata particolare, diversa dalle altre ragazze. Più indipendente, autoritaria. E, da bravo masochista se ne era innamorato. Lentamente, senza alcuna fretta, quatto quatto l’amore si era impossessato di lui.
 
Così ora era lì, accarezzandole la testa rossa e scossa dai tremiti del pianto.
- forse posso farti felice. – decretò poi, in uno sprazzo d’idea.
- E come protesti mai farlo? – singhiozzò lei, sconfortata.
Nulla le avrebbe restituito la felicità, perduta anni prima in quel maledetto attacco.
- Dici? – le rispose, tutt’altro che scoraggiato.
Le prese il viso candido tra le mani fredde, facendola leggermente rabbrividire, mentre con calcolata lentezza faceva congiungere le loro labbra dolcemente.
 Rimasero così per qualche attimo, che bastò ad entrambi per comprendere l’altro, e quando si staccarono, i loro occhi erano ancora incatenati.
- No, non dico più.- riprese in un soffio la ragazza dai capelli rossi.
Un lampo attraversò il cielo, illuminandoli per un istante, senza produrre alcun suono.
- Io invece dico che se il tuono è dolore, il lampo è amore.- le soffiò in risosta il ragazzo a pochi centimetri dalle sue labbra.
 


 
Angolo autrice pazza
Salve gente! A poca distanza dall’ultima Shot, eccomi qui a scassarvi di nuovo l’anima!
Questa volta però è una SuiKa, coppia che adoro - io adoro tante coppie, eh? Si vede che sono una romanticona.
Allora, volevo precisare due cose, la prima parte è ambientata appena dopo la distruzione del Villaggio dell’Erba, mentre quella in corsivo è il sogno della nostra rossa tutto pepe.
So che Karin all’epoca della distruzione era all’esame Chunin, se non sbaglio, ma io me la sono sempre immaginata così.
So anche che in teoria il lampo è veloce, che non va lento – le ripetizioni di “Lentamente, senza alcuna fretta, quatto quatto l’amore si era impossessato di lei/lui sono fatte apposta, non è un errore, voleva simboleggiare il fatto che l'Amore viene lentamente, mentre il momento un cui te ne accorgi è, appunto, veloce e limpido, come un lampo. L’ho immaginata così e così l’ho scritta u.u
 
Ecco, questo è il risultato di 3 ore di geografia – avevamo supplenza, evviva! – quindi cuccatevelo altrimenti lamentatevi con il mio professore.
In ogni caso questa la dedico alla mia amica Sophia.
Un grande bacione a tutti, a Imo-chan e anche a Sophia.
Tata-chan <3
   
 
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