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Autore: Owhhhbomer    14/01/2014    4 recensioni
La fama non esiste, l'essere famoso non esiste, gli amici non esistono, essere nulla e la musica, esistono.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero spaventato, raggiunsi subito la ragazza e mi chinai su di lei, le afferrai la testa, la poggiai sulle mia ginocchia e nel frattempo presi il suo polso e verificai se il suo cuore battesse ancora.
Mentro ero intento a rianimarla in qualche modo, lei sollevò gli occhi sul mio volto e mi disse 'Lasciami andare. Sto bene.' con un filo di voce.
Era chiaro, non stava affatto bene, il sangue le colava per tutto il volto e i suoi respiri erano affannosi.
'Mi dispiace di averti investita, non ti ho vista e lascia perdere, ti porto in ospedale.' Dissi mentre l'aiutavo a mettersi a sedere.
'Vuoi che ti prendo in braccio? Ce la fai a camminare?' le chiesi cercando di asciugare, con un fazzoletto, il sangue che non cessava di scendere dalla sua fronte.
'Non vengo in macchina con uno sconosciuto.' Mi disse alzandosi velocemente in piedi e facendo qualche passetto in avanti molto lento ma subito dopo la vidi perdere l'equilibrio, così la presi sotto braccio.
'Ti prego, fidati di me e fatti portare in ospedale'
La vidi strofinarsi la fronte con una mano e annuire debolmente.



La feci accomodare sul sedile dell'auto e dopo essere salito anch'io in macchina, presi la strada che portava in ospedale.
Sapevo che mio padre sarebbe stato di turno quella notte così lo chiamai e lo avvisai che stavo arrivando in ospedale.
Durante il tragitto, ogni tanto controllavo la ragazza accanto a me, teneva gli occhi chiusi e si massaggiava le tempie molto lentamente, i capelli castani erano sporchi di terra e i vestiti anche.
Posai gli occhi sulle gambe della ragazza e notai che le sue ginocchia sanguinavano, d'un tratto la ragazza spalancò gli occhi e disse quasi urlando 'Valerie'
Le rivolsi uno sguardo insospettito e lei continuò 'Valerie, era dentro al locale.' disse agitandosi sul sedile e prendendo dalla tasca dei jeans il cellulare.
'Cosa stai facendo?' le chiesi guardandola per una frazione di secondo, senza perdere di vista la strada.
'Sto chiamando Valerie, dovevo tornare a casa con lei' mi rispose, ma subito dopo l'unico suono che uscì dalla sua bocca fu un urlo.
Si prese la testa fra le mani e battè i piedi per il dolore.
'Cos'hai?' urlai mentre accelleravo e le macchina davanti a me suonavano all'impazzata per la mia bravata.



Non ricevetti risposta.
In dieci minuti fummo all'ospedale, scesi dalla macchina, aprii la portiera e presi in braccio la ragazza che sembrava stesse dormendo, mi diressi verso l'entrata del pronto soccorso dove lì trovai un'infermiera.
'Michael' mi salutò quasi sorpresa, non la ascoltai nemmeno, percorsi il corridoio che portava alla stanza dove si curavano le emergenze e feci distendere la ragazza su un letto.
Mi affacciai dall'uscio della porta e urlai a Celine, l'infermiera, 'Chiama immediatamente mio padre.'
Rientrai nella stanza e la ragazza era ancora immobile come l'avevo lasciata.
Ricordai tutte le lezione prese da mio padre per fare i prelievi, punture o mettere flebo, così presi del cotone, lo bagnai con un pò di alcol e dopo aver preso anche la siringa, cercai la vena nel braccio della ragazza e inserì l'ago.
La ragazza sussultò e io le sussurrai di stare tranquilla mentre sistemavo meglio la flebo con tutti i medicinali. 
Dopo vari minuti, mio padre fece ingresso nella stanza e subito controllò le condizioni della ragazza.
'Le mie lezioni sono servite a qualcosa, allora!' esclamò riferendosi alla flebo.
Feci una smorfia e accarezzai la piccola mano della ragazza
'Esci da qua.' disse mio padre di punto in bianco.
'Cosa? No, io rimango qui.' risposi con aria quasi scioccata.
'Michael non puoi rimanere quì.' mi urlò in pieno volto.
Girai le spalle e diedi un calcio al cestino.
Uscii dalla porta e vidi Celine correre verso la mia direzione con altri tre medici dietro, li guardai mentre mi passavano accanto per poi entrare nella camera dove c'erano la ragazza e mio padre, Celine chiuse la porta ed io imprecai.



Dopo aver trovato il posto per parcheggiare la macchina, vidi per terra dalla parte del passeggiero, un telefono, mi ricordai dell'amica che la ragazza citò prima di sentirsi male, così digitai il numero scritto sul display.
Dopo vari squilli, mi rispose una voce rotta dal pianto 'Leah! Dove diavolo sei?'
'A dir il vero, io sono Michael e la tua amica è in ospedale.' dissi mentre camminavo per rientrare dentro l'edificio.
'Cosa?' urlò la ragazza dall'altro capo del telefono.
'In quale ospedale sei?' chiese subito dopo.
'Al St. Vincent's Hospital'
Non ricevetti risposta, la ragazza riattaccò subito dopo.
Dopo essere arrivato nuovamente al pronto soccorso, mi sedetti su una poltroncina blu in sala d'attesa e cominciai a guardarmi in giro, c'era un silenzio tombale ed erano solo le undici di sera. Dopo vari minuti, una ragazza riccia con gli occhiali e i vestiti tutti bagnati per la pioggia, fece il suo ingresso nella stessa stanza in cui mi trovavo io.



Mi alzai e le andai incontro porgendole una mano per presentarmi, ma la ragazza poggiò le mani sul mio petto e mi spinse facendomi indietreggiare.
'Cosa diavolo è successo?' mi chiese urlando. Le tappai la bocca con una mano e cercai di farla calmare in qualche modo.
'Sediamoci e ti spiego, però non urlare per favore.'
'Non voglio parlare con te, dov'è Leah?' mi urlò in pieno volo.
'Ti ho detto di non urlare, la stanno controllando!' le risposi andandomi a sedere mentre la mandavo a quel paese nella mia mente, che caratterino questa tipa! E' all'ospedale, mica al mercato.
Si sedette accanto  me e cominciò a guardarmi, era tutta rossa in volto, forse per rabbia, forse perchè aveva pianto o non so perchè, ma sembra che stesse fremendo, come se avesse voglia di uccidermi e questo mi spaventava a morte.
'Ti spiego' cominciai a parlare, ma subito lei mi interruppe 'Non c'è bisogno che spieghi, sei uno stronzo, hai investito la mia amica e appena si riprende, stai certo, che ti faccio a pezzetti.' dice tirandomi uno schiaffo.
Questo è il limite, mi alzo dalla poltroncina e la guardo infuriato.
'Ma come ti permetti? Non mi conosci neanche, se vuoi una camomilla puoi chiederla all'infermiera, è a tua disposizione.'
'Prenditela tu la camomilla, stronzo.' urla nuovamente puntandomi un dito contro.
'Ti ho detto di non urlare e stai un pò zitta.' urlai a mia volta innervosito e infastidito. Che nervi!



Dopo circa un'ora vedo entrare mio padre nella sala d'attesa, ha l'aria stanca e mani ancora un pò sporche di sangue.
'La ragazza sta bene, ha solo qualche lesione al ginocchio sinitro, per fortuna la testa è apposto. Abbiamo fatto una tac ed è tutto nella norma, i giramenti di testa sono dovuti alla perdita di sangue, ma tra quattro, cinque giorni dovrebbe riprensersi del tutto.' Annuncia mio padre sorridendo in fine.
'Ora sta dormendo però se volete, potete entrare.' Dice per poi scomparire dalla nostra vista.
'Io vado da lei, tu lascia tutti i dati all'infermiera sennò non possono ricoverare Leah.' dico alla ragazza seduta sulla poltroncina.
Cammino per tutto il corridoio ed entro nella stanza silenziosamente, come annunciato da mio padre, la ragazza sta dormendo, così prendo una sedia e la metto accanto a letto, dopo essermi seduto comincio ad osservarla e noto che la ragazza è magrolina, non alta più del metro e 60, ha i capelli castani e ha indosso una maglietta grigia con sopra disegnato un albero e sotto c'è una scritta 'ED SHEERAN' 
Le prendo la mano anch'essa più piccola della mia e comincio accarezzarla dolcemente, i sensi di colpa stanno prendendo il sopravvento su di me, sono così dispiaciuto di aver investito questa bella ragazza, ma anche se fosse stata brutta, mi sentirei ugualmente in colpa.



Noto che pian piano apre gli occhi e subito il suo sguardo ricade sulla sua mano posata sulla mia, mi guarda dubbiosa e si sistema meglio sul lettino.
'Tu chi sei?' mi chiede debolmente.
'Non ricordi niente? Hai fatto un incidente, o meglio, io ti ho investito.' dico facendo un accenno di sorriso.
'Mi hai portato tu in ospedale?' chiede guardandosi le ginocchia piene di fasce, rispondo di si e lei mi sorride e mi ringrazia.
Ha gli occhi castani, tenedenti al verdi e le si formano delle fossette sulle guance quando qualsiasi suo muscolo facciale si mette in funzione.
'Io mi chiamo Michael' dico facendo ricadere l'attenzione di nuovo l'attenzione su di me.
'Io sono Leah.' mi risponde sorridendo 'Quando potrò tornare a casa?' mi chiede subito dopo.
'Ti devono ricoverare, devi stare qui per quattro, cinque giorni, devi stabilizzarti del tutto.' la informo
'No, devo tornare a casa al più presto.' Comincia a dire agitandosi e cominciando a tremare.
La prendo dalle spalle e cerco di tenerla ferma, le accarezzo la guancia e le sussurro piano piano 'Ascolta, ti farò stare qui il meno possibile però devi stare calma perchè se ti agiti, non ti posso aiutare.'
'Non hai il potere di fare niente' mi dice abbassando lo sguardo.
'Mio padre è primario di questo ospedale.' le dico tranquillamente tornando al mio posto
'Non posso rimanere qui perchè tra una settimana, ho un concerto a cui non posso mancare e devo esercitarmi, non posso proprio stare qui, devo passare l'esame e devo studiare.' disse guardandosi le mani.
'Che esame?' le chiedo.
'Per il decimo anno di conservatorio, devo prendere il diploma di chitarra ed è importantissimo per me.' Dice con tono quasi disperato.


Il nostro discorso viene interrotto dall'entrata di Valerie che non esita ad andare ad abbracciare l'amica, si rifugia nel suo petto e dice 'Pensavo ti avesse preso Scott, ho avuto tanta paura, Leah'
Silenziosamente, come sono entrato, esco dalla stanza, ma prima di varcare la soglia, guardo per l'ultima volta Leah, lei fa altrettanto e mi sorride, mima con la boca un 'ci vediamo' io le faccio l'occhiolino e mi dirigo verso il corridoio per andare all'ufficio di mio padre però prima una domanda mi passa per la testa: Chi era Scott?















Spazio autrice:
Dio, che fatica! Ciao a tutte ragazze, mi scuso per il ritardo ma questo capitolo l'avrei dovuto pubblicare la settimana scorsa, ma sapete, il mio modem ha deciso di morire quindi mi trovo qui a pubblicare questo capitolo dal computer di mia sorella.
Ho cambiato il nome alla storia perchè ho in mente molte cose, che nel corso del tempo scoprirete.
Cosa ne pensate? Vi prego, fatemi sapere se vi piace perchè sennò non avrebbe senso continuare.
Appena avrò il nuovo modem, aggiornerò il prima possibile. :)
A presto.
  
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