Le finestre erano chiuse, il salone illuminato dalle luci colorate dell’albero di Natale. Si accendevano, si spegnevano – vivaci; riflettevano, sulle pareti, un mucchio di palline variopinte. E tu, a gambe incrociate, piangevi.
 
“Fred! Fred, vieni qui!”
Il bambino dal maglioncino verde, gli occhi svegli e il volto spruzzato di lentiggini, si avvicinò all’obiettivo, le labbra dischiuse in un’espressione di meraviglia.
“Che cos’è, George?”
“Una macchina fotografica! Vieni qui, Fred, più vicino – guarda che sa fare!”
Il bambino dal maglioncino rosso, un sorriso smagliante sul volto, tese la propria mano fino ad afferrare quella del fratello – minuta, tesa lungo un fianco. Lo tirò a sé, lo strinse forte; schiacciò una guancia contro la sua, un dito premuto contro il bottoncino appena sopra l’obiettivo, e scattò.
 
Una goccia, calda, densa ti rigò il mento, portandoti a chiudere gli occhi e curvarti in avanti, più vicino; i due bambini, i capelli rosso fuoco, sorridevano ancora, insieme.
Erano passati vent’anni dalla morte di Fred, il tuo fratellino, il tuo migliore amico; erano passati vent’anni e non c’era giorno in cui non pensassi a lui.

Dov’è il tuo Gred, Forge?