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Autore: Luce_Della_Sera    15/01/2014    5 recensioni
Alessandro e Maria hanno dieci anni, e sono molto diversi: per questo motivo, non si trovano affatto simpatici. Ma tutto cambia quando la loro maestra decide di farli diventare vicini di banco …
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’improbabile amicizia

“Alessandro, basta, smettila di chiacchierare!”
“Uffa, sempre con me ce l’hai, maestra!”, protestò sbuffando il bambino, sentendosi chiamato in causa per l’ennesima volta in pochi minuti.
“Non ce l’ho sempre con te, ti riprendo solo perché disturbi. Se tu mi ascoltassi quando spiego, non avrei motivo di rimproverarti! Sarà sì e no la decima volta che ti richiamo, senza contare tutte quelle dei giorni passati … non puoi continuare così!”
“Veramente io …”
“Sai cosa facciamo? Adesso ti sposti, e ti metti vicino a Maria”.
“Cosa??? Ma proprio adesso???”
“Sì, adesso”.
“Maestra, ti prego … sto zitto, non dico più niente, ma non farmi mettere vicino a Maria! Non spiccica mai parola, è una noia mortale!”
La diretta interessata inarcò le sopracciglia, ma non fiatò, anche se la situazione la preoccupava: perché l’insegnante voleva metterle vicino un tipetto come Alessandro? Lei odiava i bambini scalmanati come lui, non lo voleva al suo banco! Pensando che, dato che parlava poco, le sue parole avrebbero potuto cambiare la situazione, si decise a dire la sua.
“Maestra, non puoi!”, esclamò.
La voce le usci più bassa di quanto avrebbe voluto, ma sortì comunque un effetto insperato: tutti gli altri bambini, non abituati a sentire la sua voce tranne che in rarissime occasioni, drizzarono le orecchie e cominciarono a fissarla.
“Ecco, lo vedi? Pure a lei non va bene!”. Alessandro lanciò alla compagna uno sguardo colmo di un sentimento parecchio vicino alla gratitudine: era chiaro che la bimba aveva parlato per puro interesse personale, ma sentiva che grazie a questa sua complicità inattesa forse potevano spuntarla! “E poi, dove si mettono Valerio e Silvia, se noi ci mettiamo al banco insieme?”, chiese ancora all’adulta, cercando di farle capire fino a che punto la sua imposizione fosse insensata.
“Mi spiace, ma ormai ho deciso: dovete stare vicini. Così magari non dovrò interrompermi spesso per far notare a qualcuno a caso che deve prestarmi attenzione! I vostri amici possono mettersi vicini a loro volta.”
I due alunni, che per qualche attimo erano stati alleati, sentendo quelle parole assunsero un’espressione scoraggiata; dopo qualche attimo però essa si tramutò in rabbia, tanto che appena il primo ebbe trascinato il suo zaino lì dove gli era stato ordinato di andare, ci fu un piccolo battibecco.
“Brava,complimenti! Per colpa tua adesso mi trovo costretto a condividere il tuo stesso tavolo, e chissà per quanto tempo, poi! Detesto le femmine, specie quelle obbedienti e perfettine come te. Bella punizione che mi tocca subire! E’ la peggiore che mi abbiano mai dato, avrei preferito di gran lunga una nota di demerito”.
“Oh, ma che vuoi?” bisbigliò l’altra, indispettita. “Pensi che a me faccia piacere stare vicino a uno che non sa tacere un secondo, non sta mai fermo e non rispetta le docenti?”
Le docenti? Ma parla come mangi, stupida! Leggere ti fa male: invece di perdere tempo con i libri e imbottirti di paroloni, dovresti svegliarti e parlare di più. Sembri quasi sempre una statua di cera!”
Maria aprì la bocca per ribattere, ma decise di lasciar perdere: era inutile tentare di far ragionare un testone del genere! Decise quindi di rinchiudersi nel mutismo che le era tanto familiare, e osservò il suo nuovo compagno di banco mentre, con fare irritato, apriva il quaderno di matematica: rimase basita quando vide che nella prima pagina c’era una sorta di cornicetta bicolore, e due paroline che attestavano la sua fede calcistica. A quanto sembrava, tifavano per la stessa squadra!
“Sei … sei della Roma?” balbettò, incapace di concentrarsi sui numeri che la maestra aveva trascritto alla lavagna appena qualche istante prima.
“Sì, perché? Non dirmi che sei romanista anche tu!” le rispose lui, stupito.
“Sì, lo sono!”
“Ma come? Il calcio ti piace?”
“Certo, e anche tanto! Guardo le partite tutte le domeniche. Perché?”
“Beh … perché il calcio è da maschi!”
“Ne sei sicuro? I miei genitori non me lo hanno mai detto, quindi credo che alla fine non sia una cosa così negativa per una ragazza!”
I due bambini si sorrisero: la scoperta di una passione condivisa li fece immediatamente sentire più disposti l’una verso l’altro, e sembrò dissipare il gelo che c’era sempre stato tra loro, annientando la diffidenza e l’antipatia che si erano dimostrati nei precedenti quattro anni di scuola.
Lui era il capetto della classe, quello che trascinava tutti gli altri, quello vivace; lei invece era studiosa, tranquilla, pacifica, osservante delle regole: non potevano esistere due individui più diversi, eppure quel giorno vennero gettate le basi per un’amicizia che, seppure inaspettata e apparentemente alquanto improbabile, sarebbe presto diventata forte e duratura.

 

  
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