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Autore: Inikos DS    15/01/2014    1 recensioni
Si avvicinò al viso dell’altro, come ipnotizzato dalle labbra schiuse che ispiravano ed espiravano, il petto che si alzava e abbassava.
- Ogni essere è così incolume nell'atto del sonno. Pensò il biondo.
Passò lievemente un dito sulla fronte del moro, delineandone il contorno e scese fino al naso dritto. Solleticò la barba che spuntava dalle guance, inspirò il suo odore.
Brad sorrise.
Il biondo timoroso si bloccò, ma le labbra di quello si richiusero, dormiva ancora; forse avvertiva la sua presenza.
Accarezzò poi le labbra, le baciò con delicatezza, l’altro non parve accorgersi di nulla.
Com'era in pace.
Un bacio ne portò un altro ed un altro ancora… era come drogato da quel ragazzo dormiente…
Improvvisamente però il braccio che lo cingeva strinse la presa, Brad aprì gli occhi.
"Ei…" sussurrò guardandolo. "Sei una visione o cosa?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve gente.
Sono tornato, si Dominick è ancora vivo.
Le vacanze sono passate purtroppo, il 2014 è iniziato.
Ho dimenticato le persone che andavano dimenticate, ho fatto quello che dovevo fare, quest’anno mi sono ripromesso di essere positivo, e sento che tutto andrà meglio.
All’interno troverete anche un piccolo pov di Krystal.
Mi scuso in anticipo per tutti gli errori grammaticali. Dobby non voleva.
E vi avverto, che in questo capitolo ho utilizzato anche un linguaggio volgare, quindi ricordate “uomo avvisato, mezzo salvato”.
Se volete siete ben accolti a lasciarmi una recensione.
Per sapere che ne pensate del capitolo, se ho commesso errori o ancora se la storia sta prendendo una piega che non vi piace, o al contrario che vi entusiasma.
Un bacio a tutti e buona lettura.
 
Ps: Questo è il pov di Brad, per rinfrescarvi la memoria, date un’occhiata al capitolo 6 e al capitolo 7.
Xx Nick.
 
 
 
 
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 I don’t want to fall to pieces
I just want to sit and stare at you
I don’t want to talk about it
I don’t want a conversation
I just want to cry in front of you
I don’t want to talk about it
‘ cause i’m in love with you.

 
 
 
 
 
Una figura avanzava nel buio della nebbia notturna.
 
<< Daniel, dove sei? >>
<< Ti prego, io devo rivederti! Dio non puoi farmi questo. >>
 
Sussurri deliranti provenivano dal povero Brad, che ormai completamente bagnato, non riusciva ad accettare l’idea che da lì a poche ore, quasi sicuramente non avrebbe più rivisto il suo Dan.
 
La figura si trovava ormai a pochi passi dal moro, incosciente di tutto ciò che si trovava intorno a lui.
 
<< Ei. >> mormorò improvvisamente.
 
Brad alzò lo sguardo verso la voce, ma io suoi occhi parvero trapassare il corpo della minuta ragazza, che lo squadrava con aria investigatrice.
 
<< Piacere di conoscerti, io sono Alison…>> continuò la ragazza, porgendogli la mano.
 
Brad rimase nuovamente immobile, perso nel nulla.
 
La ragazza si schiarì la voce.
<< Tutto ok? Ti vedo un po’ assente, per caso ti senti male? >>
 
Silenzio.
 
<< Ok, ho capito, io vado; magari ci si rivede in giro. >>
 
Il moro la guardò negli occhi, che nascosti dalla maschera di trucco si notavano appena.
 
<< O magari no. >> si affrettò ad aggiungere.
 
Detto così, girò i tacchi e riprese per la sua strada, ma appena Brad parlò quella si fermò immediatamente, come se qualcuno le avesse improvvisamente puntato una pistola al cuore.
 
<< Scusa cos’è che hai detto? >> chiese avvicinandosi di nuovo al moro.
 
Brad non sapeva se poteva fidarsi di quella ragazzina, ma tanto ormai non aveva più niente da perdere quindi…
 
<< Ho detto che ho bisogno di vedere Daniel. >>
<< Daniel. Quindi avevo capito bene. >> confermò l’altra, rivolta a se stessa.
<< Comunque scusami per prima, io sono Brad. >> disse il moro, forzando un sorriso.
<< Alison, piacere mio. >> rispose, accomodandosi sulla banchina fradicia.
<< Giusto per curiosità, ma il Daniel di cui parli tu, ha 17 anni, i capelli biondo platino e gli occhi verdi? >> chiese. Dato che non riusciva a resistere alla tentazione di sapere se entrambi stessero parlando del suo migliore amico.
 
A Brad si congelò il respiro in gola.
- Quella Alison aveva appena fatto una descrizione dettagliata del suo Daniel! Possibile che in quella città esistesse un altro ragazzo dai capelli biondo platino, di 17 anni, con gli occhi verdi e che si chiamasse Daniel?
Si era possibile, ma alquanto strano, e misterioso.
 
<< Si… Ma, non so. Il Daniel che conosci tu, è appassionato di pianoforti? >> domandò Brad, che intendeva far luce su quella faccenda.
<< Si ! Li ama, e intende diventare un pianista! >> urlò Al, quasi eccitata, da quella domanda.
 
- Oddio non è possibile! Questa ragazza conosce Daniel! Il mio Daniel. Forse c’è ancora speranza. Speranza di rivederlo ancora una volta.
 
Quasi senza neanche accorgersene, Brad afferrò Alison iniziando a strattonarla.
<< Ti prego portami da lui, ti supplico. >>
<< Ei, ei, ei. Mi fai male! >> si lamentò la ragazza.
 
- Merda. Che cazzo sto facendo?
Disse il ragazzo ravveduto a se stesso.
 
<< Hai ragione perdonami. Non so cosa mi è preso. >> si scusò, lasciando le braccia doloranti della ragazza.
 
<< Vedi di darti una calmata bello, altrimenti non ti porterò da nessuna parte. >>
<< Ho già chiesto scusa. >>
 
Alison lo incenerì con lo sguardo.
 
<< Ok, ok. Prometto, non ti toccherò più. >>
<< L’importante è chiarirsi da subito. >>
 
- Questa tipetta è veramente un osso duro, se non mi calmo rischio veramente di farla infuriare, e allora addio Daniel.
 
<< Ricapitolando: tu ti chiami Brad e conosci il mio migliore amico.
Be mi sembrano delle basi un po’ troppo misere per farmi un’idea di te. Chi mi assicura che tu in realtà non sia un serial killer, o un malato di mente evaso da qualche casa di cura? >> disse Alison, giocherellando con una ciocca dei capelli ebano.
A Brad cadde la mascella al suolo.
 << Sembro veramente un malato scappato da una clinica strizza cervelli? >> urlò scandalizzato.
Alison fece spallucce.
<< Chi lo sa. >>
 
Il ragazzo sospirò.
 
<< Va bene, cosa vuoi sapere? >>
<< Uhm vediamo, come hai conosciuto Daniel? >>
<< Scusa se te lo dico, ma non avrebbe dovuto raccontartelo lui? Non sei sua amica? O forse mi sbaglio. >> la schernì il moro, che non intendeva rivelare tutto e subito.
<< Migliore per l’esattezza. Migliore amica. >> precisò Al guardando il ragazzo in cagnesco.
<< E per la cronaca, si me l’aveva accennato, ma poi siamo stati interrotti. >> <> concluse accennando un inchino.
 
Brad sorrise.
- Alla fine non è terribile come sembra. O forse si.
 
<< Volevi sapere come ho conosciuto Daniel giusto? >>
 
La ragazza annui.
 
<< In biblioteca, io leggevo Jane Austen, la scrittrice di Orgoglio e Pregiudizio. >>
<< Si, si, so chi è, non soffermarti su queste cose. Non m’interessa cosa leggi. >>
<< Ok, volevo solo essere preciso. >> si giustificò il ragazzo, che sentiva sempre più crescere un sentimento di simpatia verso la “piccoletta”.
<< Tornando a noi, eravamo seduti uno di fronte all’altro, lui sfogliava un libro di pianoforti. Anche se tra una pagina e l’altra si perdeva a guardarmi. Ahahahahahah. >> Brad non riuscì a trattenere le risa.
<< Cosa c’è di tanto divertente? >> lo reguardì Alison.
<< Niente, e solo che…ricordo ancora il suo viso imbarazzato, e niente. E’ strano, nessuno mi aveva mai guardato così, ed è strano che qualcuno mi trovi interessante. >>
 
Alison non disse nulla, ma si limitò a guardare il ragazzo.
 
<< Ascoltami, se Dan ti trova interessante, vuol dire che qualcosa di speciale c’è l’avrai anche tu. >>
 
Le guance di Brad si sfumarono appena.
Non sapendo se ringraziare o meno la piccoletta per il tentativo di conforto continuò il racconto.
 
<< Ho avvertito da subito qualcosa in lui, tra noi c’era un non so che di speciale. Chiamiamolo feeling o come cavolo vuoi... >>
 
Uno sguardo alle gocce di rugiada, tra le foglie del roseto.
 
<< Così, mi sono presentato.... >>
 
Uno sguardo alle nubi che iniziavano a diradarsi, sotto i raggi lunari.
 
<< Ti risparmio il discorso. >>
 
- Daniel…
 
<< Perfetto, ora posso sapere cosa ci fai qui? Al buio, sotto la pioggia e per di più senza un ombrello? >> chiese Alison.
<< Potrei farti la stessa domanda. >> ribatté l’altro.
<< Sono venuta qui, dopo esser stata in ospedale. >>
<< Cosa? Hai per caso qualche parente malato? O forse la malata sei tu! E prima accusavi me. >> cercò di sdrammatizzare Brad, vedendo il viso improvvisamente triste della ragazza.
<< No, nessun parente o quasi. Ero passata a far compagnia a Daniel. >>
 
 
- No. No. No.
 
<< Sta-ai scherzando vero? >> riuscì a balbettare il moro, prima che l’ansia si impossessasse completamente del suo corpo.
 
- Daniel no. No, lui no. Prima Krystal (che se l’era cercata), ma Daniel no.
 
Le spine si conficcarono nella gola, nel cuore.
 
<< Brad per Dio calmati. >> lo rimproverò Alison.
<< Daniel sta bene! E’ in ospedale per via di sua madre, Gabrielle. >>
 
Al ragazzo tornò in mente l’immagine di una donna dai lineamenti delicati e i capelli oro, seduta su una carrozzella.
 
 
La stretta si allentò appena.
 
 
<< Si, mi ricordo di lei, l’ho vista ieri nel primo pomeriggio. >>
<< Come? >>
<< Ah giusto, non ti ho detto che io e Dan, siamo usciti. O meglio ho incontrato lui al bar, era insieme a sua madre e delle amiche.
Così gli ho fatto fare un giro nell’azienda dove lavoro, la Musical Notes e…>>
<< Cosa? Lavori veramente alla Musical Notes? >>
Alison non poteva credere alle proprie orecchie.
Ricordava tutte le volte in cui Dan aveva provato invano a trascinarla dentro con lui, ma non erano mai entrati.
<< Si, ma io non svolgo una delle mansioni più brillanti…sai lavoro nel magazzino. >>
<< E pur sempre un lavoro, quindi evita di fare la vittima. >> dichiarò Alison risoluta.
Quella frase, così a bruciapelo lasciò di stucco Brad.
 
- Devo smetterla di fare la vittima. Quindi è così che mi comporto? Da vittima? Questa ragazza mi sta aprendo gli occhi.
 
<< Hai ragione devo smetterla di fare la vittima. E accettare questa vita. >>
<< Si, ma non devi abbandonarti ad essa. Ricorda sempre che devi essere tu a scrivere il tuo destino e non viceversa. Perlomeno alla fine di tutto, anche se sbagliato avrai qualcosa su cui piangere. >>
Impulsivamente Brad allargò le braccia intorno al gracile corpo di Alison, che sorpresa dall’improvviso atto di affettò, venne presa in pieno.
 
<< Grazie Alison, veramente grazie. Stai facendo molto più di quanto possa fare una sconosciuta, conosciuta soltanto da qualche ora. >>
Confessò, mentre le lacrime riprendevano a scendere.
Alison sorrise:
<< Sono felice anch’io di averti trovato, Brad. Ma cosa avevi promesso prima? >>
<< Oh giusto. >> disse il ragazzo, sciogliendosi subito dall’abbraccio.
<< Mi perdoni? >> chiese timido.
<< Certo che si. >> rispose la mora gentile, porgendogli un fazzoletto.
 
Brad spolverò via  le gemme dal viso.
 
Alison si voltò, e si accovacciò per afferrare qualcosa dalla siepe.
Un gattino nero, dal pelo leggermente umido si dimenava tra le braccia della ragazza.
<< Shh, sta calmo. Ora ti scaldo un po’. >>
 
Brad osservava la scena, la telefonata di Alistair ormai pareva appartenere ad un passato remoto.
 
<< Gabrielle, ha avuto un malore. Ora è caduta in coma. >> Confessò Alison riportando il discorso a prima.
<< Sono anni che la malattia la perseguita. Io spero solo che si riprenda, non riesco ad immaginare Daniel senza di lei. Lui la ama, più della sua stessa vita. Lei è tutto per lui. >>
 
 Il micio giocava con un filo della felpa della ragazza.
 
- Coma? No, non è giusto…
 
<< I medici che dicono? >>
<< Non sanno nemmeno loro cosa dire. Si spera in un risveglio miracoloso. >>
 
< Miao, Miao. >
 
<>
 
<< E Daniel? Lui come sta? >>
<< Sta… Va avanti, ci prova, ci crede, si aggrappa con tutte le sue forze alla speranza. >>
<< Perché devono sempre essere le persone buone a soffrire? Non è giusto.
Anche se conosco appena Daniel, so che lui non si merita tutto questo. >>
<< E’ la vita. >> disse solo Alison.
<< Comunque io ora devo tornare in ospedale da Dan. >> aggiunse adagiando il micio riluttante sulla panchina.
<< Gattino, è stato bello conoscerti, fai il bravo mi raccomando. >>
< Miao. >
 
- Giusto ! L’ospedale! Alistair. Krystal…
 
<< Brad che hai fatto? Hai una faccia… Cioè anche prima era sconvolta, ma adesso. >>
<< Niente, e solo che mi sono appena ricordato il motivo che mi ha spinto fin qui. >>
<< Ah giusto. Prima dovevi dirmelo. >> esclamò Alison ravveduta.
<< Te lo racconto strada facendo. >>
<< Perché vieni anche tu, in ospedale? >>
<< Si credevo l’avessi capito, devo vedere Daniel, e inoltre devo far visita ad una persona. >>
 
- E che persona…
 
 
 
 
 
 
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<< Quindi se ho ben capito, adesso sono in compagnia di un pazzo, che ha tentato di fare fuori la sua aguzzina/fidanzata? >> esclamò Alison ridendo.
 
Una risata amara.
Dato che non c’era nulla di divertente in tutto ciò che Brad le aveva appena raccontato.
Ma doveva ridere.
Le risate avevano il potere di alleggerire il carico depressivo, che si andava accumulando con il passare del tempo.
 
<< Si hai ben capito. Ma sono stato costretto in un certo senso. >>
<< Ed hai fatto bene. >>
 
Brad la guardò stranito.
 
<< Nel senso, hai fatto bene a ribellarti; certo avresti potuto utilizzare una modalità meno aggressiva e rischiosa, ma l’importante è averci provato. >> si affrettò a spiegare la ragazza.
<< Si ma ora… Sono in mezzo ai guai peggio di prima. Verrò sbattuto in galera capisci? E nessuno verrà ad aiutarmi. Nessuno. Sono solo e marcirò in carcere da solo. >> mormorò avvilito.
<< Ecco ora rinizia a fare la vittima. Tu non sei solo. Hai Daniel, hai me, hai tua sorella, che quando crescerà fidati, verrà a cercarti.
E poi meglio piangere in carcere per qualcosa fatta da te ma sbagliata, che piangere immaginando una cosa mai fatta. Afferri ciò che voglio dirti? Mi sto ricollegando al discorso di prima. >>
<< E’ strano. >>
<< Cosa è strano? >>
<< Essere qui con te, sapendo di essere ad un passo dalla galera. E anche tu sei strana, avrai si e no quanto? 13 anni? E ragioni con la testa di una di trenta. >> confessò Brad, guardando Alison che ammirava la punta dei suoi stivaletti borchiati.
<< Ne ho 16. E non so se prendere questa cosa come un complimento, perché in un certo senso stai dicendo che quando avrò 30 anni, ragionerò con la testa di una di 44 anni. >>
<< E come ragionano le donne di 44 anni? >> domandò il ragazzo, guardandola curioso.
<< E io come faccio a saperlo? >> brontolò l’altra.
<< Sei incorreggibile, ma anche matura ed intelligente. >>
<< Oh mi si sta sciogliendo il cuore. >> sussurrò la ragazza con voce sarcastica. << Sei davvero uno che ci sa fare con le dolcezze, ora capisco perché Dan, è caduto ai tuoi piedi. >>
 
Brad sorrise, l’ennesimo sorriso da quando aveva incontrato Alison, ormai sentiva già essere sua.
La sua amica, confidente, o meglio la sua sorellina.
Quella che al momento non poteva né vedere, né sentire.
 
 
 
<< Ecco, siamo arrivati. >> Annunciò Al.
<< Credi ci faranno entrare a quest’ora? >> domandò dubbiosa a Brad.
<< No, ma so che Alistair farà di tutto per farmi passare, quindi stai dietro di me, e fai come ti dico. >>
 
- Ci siamo. Ora saprò cosa ne sarà del mio futuro. Merda, così vicino a Daniel, e non posso nemmeno vederlo. Per il momento.
Ok Brad, rilassati. Una cosa alla volta. Prima vediamo cosa ha in mente Alistair, poi penserò al resto.
 
 
<< Mi dispiace, ma questo non è orario di visite, dovrete pazientare ancora un paio d’ore. >>
Questa fu la risposta che l’infermiera diede ai due ragazzi.
<< La prego, non potrebbe fare un’eccezione? Piccola, piccola? >> chiese Alison in tono supplichevole. << E che dobbiamo vedere assolutamente un nostro caro amico. >>
<< Mi dispiace. Ma ho già detto di no. Tornate più tardi, e ora se non vi dispiace. >> concluse la donna alzandosi << Vado a farmi un caffè. >>
 
<< Vecchia megera. >> sussurrò Alison a denti stretti.
 
<< Brad. >>
Una voce fin troppo famigliare risuonò nelle orecchie del ragazzo, che si voltò all’istante.
Di fronte a lui, trovò la panciuta figura di Alistair, che lo invitava a seguirlo.
<< Veloce. >> sussurrò burbero.
Brad e Alison si affrettarono a seguirlo lungo la rampa di scale petrolio.
<< Chi è quella? >> domandò  girandosi a guardare Alison.
Quest’ultima stava per rispondere, quando Brad la batté sul tempo interrompendola:
<< Non lo so. Credo sia un’aspirante infermiera in prova. >>
Alistair rispose con un verso, poco convinto.
Alison guardò malamente Brad, stava per dire che era una sua amica, prima che lui s’inventasse quella balla.
Ormai era arrivata al suo piano, i due continuarono a salire senza degnarla di uno sguardo.
 
Tuttavia ora capiva, che Brad in un certo senso aveva voluto proteggerla, lasciandola fuori da quella storia.
 
- E’ veramente un bravo ragazzo, spero tanto che Daniel sappia tenerselo stretto.
 
 
 
 
 
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<< Dovresti asciugarti se non vuoi beccarti un malanno. >> disse Alistair, rompendo l’immobile silenzio che racchiudeva l’intero edificio.
 
Cosa? Alistair che si preoccupava per lui? In tutti quegli anni non si era mai rivolto a lui con quel tono.
 
- Qui c’è qualcosa che non quadra.
 
<< Lei sta meglio, i medici hanno detto che si riprenderà subito. E’ forte proprio come suo padre. >> esclamò orgoglioso al riluttante Brad.
<< Ora sta riposando, e voglio anzi esigo che al suo risveglio trovi te. Nonostante quello che le hai fatto, ti ama ancora. Troppo buona la mia bambina; non capirò mai perché si limita a stare con un nullafacente come te. >> confessò guardando il ragazzo con disprezzo.
 
- Ecco ora sta tornando alla normalità.
 
I due arrivarono davanti alla porta, Brad fece per entrare anche se il suo cuore gli diceva di girare i tacchi e seguire Alison.
 
Alistair gli afferrò prontamente la spalla.
<< Ora vai, ma poi noi due dobbiamo fare un bel discorsetto. >>
 
 
La stanza era completamente immersa nell’oscurità, illuminata soltanto dai lievi bagliori lunari.
Lei giaceva addormentata sul letto.
Sul comodino si stagliavano mazzi di fiori e peluche. Questo a dimostrazione di quante persone false aspiravano ad entrare nelle grazie di Alistair.
 
Quanto desiderava averla potuta uccidere.
Si una parte di Brad, forse la più oscura e malvagia voleva aver ucciso Krystal. Per sempre.
Mettere la parola fine al suo superbo cuore.
Ma dall’altro lato era consapevole, che nessuno ad eccezione del Tempo aveva il diritto di togliere la vita ad altri.
Ed il suo “averci provato”, aveva già superato ogni limite.
 
La luna le illuminava il viso e i capelli cioccolato.
Per quanto gli provocasse fastidio, non poteva negare la bellezza, quasi bionica di Krystal.
Purtroppo quest’ultima nel suo caso non serviva a niente.
No.
Poteva fungere da esca, ma poi?
 
Cosa se ne fa il pavone della sua bellezza, se poi non è in grado di volare libero nel cielo?
 
Così era Krystal, bella ma vuota.
 
 
Ma non era sempre stata così.
No.
Ricordava ancora il giorno in cui la conobbe.
Il maledetto giorno.
Lui aveva avuto si e no, 14 – 15 anni.
Era al mare con suo padre Jean, che conversava con degli amici.
Julia era rimasta a casa, per via dell’influenza della piccola Angy.
 
Lei era lì, circondata da tutti i truzzetti che a turno le facevano la corte. Vanitosa come sempre, indossava un custode di Blumarine e gli occhiali da sole di Fendi. 
Tutti la adoravano come una specie di principessa indiana.
Tutti tranne lui.
E fu questo a scaturire l’interesse verso lui in Krystal.
Come mai quel ragazzo non la guardava? Elogiava? Desiderava?
Così senza pensarci due volte si era avvicinato a lui, e dopo un breve attimo di timidezza, era già amicizia.
Lei era ben acculturata, e raccontava a Brad tutti i suoi viaggi nel cuore di Parigi, o sulle raffinate gondole veneziane.
 
Gli anni passarono e l’amicizia tra i due divenne sempre più solida, Brad percepiva già che l’interesse di Krystal verso di lui, si era già spinto oltre l’accettabile.
Ma non aveva idea di come spiegarglielo.
Così lasciava correre.
Ogni volta che Krystal si avvicinava più del dovuto, lui la respingeva educatamente.
 
Poi un giorno arrivò la notizia che cambiò per sempre la ragazza.
Sua madre Eliza, nobildonna, era fuggita di casa con un ricco canadese.
Krystal non resse il colpo.
Sua madre l’aveva abbandonata.
Aveva abbandonato lei. La bella, ricca e corteggiata Krystal, abbandonata dalla propria madre?
Non riuscendo a trovare un modo di sfogarsi, divenne fredda. Rigida. Acida.
Se prima chiedeva ora pretendeva.
Se prima indugiava ora faceva.
Senza chiedere il permesso a nessuno.
E quando i genitori di Brad lo cacciarono di casa, lui solo com’era si rivolse a lei, la sua unica ancora di salvezza dalla miseria.
 
I ricordi facevano male. Bruciavano
Bruciava odiar così tanto una persona alla quale una volta aveva voluto bene.
Bruciava, aver mentito e continuare a mentire a Krystal e a se stesso.
Qualcosa doveva cambiare, e come aveva detto Alison, doveva essere lui a cambiarla.
 
- Perché? Perché? Ho dovuto incontrarti? Perché sei così subdola? Ti odio Krystal, ti odierò per sempre.
L’ultima frase gli scappò in un sussurrò alquanto sonoro.
 
Krystal si girò su un fianco.
<< Brad. >> sussurrò guardandolo con dolcezza.
 
- Cazzo. Perché non sto mai zitto.
 
<< Ei, come stai? >> chiese mentendo, come ormai aveva imparato a fare.
<< Un po’ meglio, grazie. Vieni qui voglio baciarti. >>
Il ragazzo si avvicinò riluttante a lei.
<< Mi sei mancato. >>
 
- Come può dire e fare queste cose, se sono stato io a spedirla qui?
 
<< Senti, riguardo a prima, so che tu non volevi farlo. E mi dispiace forse è colpa mia ti sto pressando troppo. Tuttavia non avresti dovuto… E ora dovrai pagarne le conseguenze. >>
 
- Non si smentisce mai.
 
<< Il carcere vero? Quanti anni? >> chiese Brad.
<< Niente carcere. >> disse quella.
<< Come? >>
<< Ho detto niente carcere. Non sopporterei di starti lontano nemmeno per un giorno figurati per anni. >> ammise sorridendo.
 
- Mi fai schifo.
 
<< Allora? Quale sarà la mia punizione? >>
<< Nessuna punizione. >> annunciò gioiosa quella.
 
- Ma che? Anche lei è strana, cosa stanno architettando?
 
In quel momento la porta si spalancò, fece il suo ingresso Alistair, nascosto da una pianta di lavanda.
<< Tesoro mio. Sei sveglia, ne è arrivato un altro da parte del figlio del nostro caro vecchio amico, Claus il notaio ricordi? >>
<< Si vagamente, ma sinceramente non mi interessa, puoi poggiarla là. >> << A quanto pare, hai già tutto quello di cui hai bisogno. O forse mi sbaglio? >>
<< No papi, non ti sbagli. Ci sei tu e c’è Brad, non manca nessun’altro. >>
 
Entrambi si voltarono a guardare il moro.
Poi Krystal prese nuovamente parola.
<< Sai pa’ stavo  giusto per annunciare a Brad di quella cosa, prima che tu entrassi. >>
<< Ah, allora perdonami piccola mia, tolgo subito il disturbo. >>
<< No, no. Resta anche tu, questo renderà tutto più emozionante per Brad. >> esclamò entusiasta.
 
- Di cosa stanno parlando?
 
Alistair non smetteva di fissarlo , e Krystal di sorridere.
<< Cosa volete da me? >> chiese Brad sulla difensiva.
Il non sapere lo stava irritando.
 
Krystal prese parola:
<< Io e papà, anzi io ho deciso, che dato il nostro rapporto dura da anni, dato che tu non puoi più vivere in quell’appartamentino stantio e pieno di muffa. >> fece un respiro.
<< Ho deciso di…>>
 
- Ti prego non dire quella parola. Ti prego Dio, non dirla.
 
<< Sposarci. >>
 
- Sposarci…
SPO.SAR.CI.
Scannerizzamento della parola in corso.
Legarsi per sempre a Krystal, per tutta la vita.
Avere dei figli da lei.
Subire tutti i giorni, 24 ore su 24 le sue odiose tirannie.
Il privarsi per sempre di un’esistenza da uomo libero.
Da uomo gay.
Da Gay.
 
 
<< Allora che ne dici? Avevo in mente già la data, voglio fare in un periodo invernale tipo dicembre, sotto la neve. Io con un magnifico vestito in pelliccia e raso di Vera Wang, tu in smoking naturalmente non bagnato.>>
Rise come una bambina, che sa di aver trovato il suo giocattolo preferito.
 
Brad non riusciva ad emettere alcun suono.
Questo era molto peggio della galera.
No, non avrebbe mai accettato.
Lui amava gli uomini.
A lui piaceva il cazzo!
Cristo Santo!
No.
Non con Krystal, con tutti fuorché lei.
 
I due continuavano a fissarlo in attesa di una risposta.
 
Solo tre lettere uscirono secche e acide dalla bocca, anzi dal cuore del ragazzo.
<< MAI. >>
 
 
 
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- Quindi quello sarebbe l’accordo di cui gli aveva parlato Alistair per telefono eh?
Il matrimonio.
Che oltraggio. Che schifo.
Fanculo stronzi!
Mi hanno intrappolato.
Si mi hanno incatenato.
Soggiogato come un bambino …
Come sempre manipolato da quei schifosi esseri.
No, non sposerò mai Krystal.
Mai e poi mai, al costo di marcire in carcere per il resto della mia esistenza.
A costo di vendermi l’anima al diavolo in persona.
 
Aperta la porta del gabinetto ospedaliero, Brad si aggrappò al lavabo, aprì il rubinetto e si sciacquò il viso.
Lo specchio lo guardava.
Qualcuno lo guardava dallo specchio.
Se stesso.
Capelli ebano.
Occhi ambra.
Lacrime.
Rabbia.
Dolore.
 
- CAZZO DIO, PERCHE’ MI FAI QUESTO?
 
Smettila di fare la vittima.
 
Le parole di Alison gli risuonavano nella mente come il ritornello di una canzone.
 
- Ma allora che cazzo devo fare? Cosa devo fare. Se questo mondo c’è l’ha con me! Io non ci riesco.
 
I rovi lo stavano distruggendo.
 
- Daniel…aiutami, ti prego.
 
 
 
 
 
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I capelli umidi si erano asciugati ad eccezione di alcune ciocche ancora umide.
La costosa giacca e la camicia erano ancora bagnate, compresi i calzoni, i boxer e i calzini.
La cravatta l’aveva persa, non ricordava dove.
Sicuramente si sarebbe preso un’influenza, ma questo non interessava a Brad.
Perlomeno non in quel momento.
 
L’unica cosa che ora il suo cervello captava era la parola:
Matrimonio.
La faccia di Krystal che gli ripeteva in continuazione:
“Ho deciso di sposarci”
“Ho deciso di sposarci”
 
- Lei lo aveva deciso.
Da sola.
Nella normalità era la coppia a scegliere, di comune accordo di sposarsi.
Ma non con Krystal.
No, la loro non era una coppia “normale”.
No, in una coppia normale il compagno non era gay.
No, in una coppia normale il compagno non odiava la sua donna.
No, in una coppia normale la donna non trattava il suo compagno come un burattino.
No, in una coppia normale non c’erano segreti, inganni, obblighi.
No.
La loro non era una coppia. Era pura finzione, era possessione, malattia, corruzione, paura.
Era una la più tragica delle commedie.
 
Dopo aver passato tutta la mattinata a rimuginare su quelle parole, Brad aveva deciso di intraprendere la ricerca di Daniel.
 
Non era tornato a trovare Krystal, non avrebbe resistito al desiderio di strangolarla in quel letto, fino a sentire il rumore delle ossa che si frantumavano sotto le sue dita, e a scaraventare Alistair lungo le scale, fino a vedere il suo corpo a pezzi.
 
Ammetteva a se stesso di essere un po’ troppo sadico a pensare quelle cose, ma era il buio a pensare per lui.
 
- Ok, ora basta pensare a loro, devo trovare Daniel, prima che sia troppo tardi.
 
 
Non sapeva da dove cominciare.
 Si maledisse per non aver chiesto il numero di telefono ad Alison, e non aveva idea di quale fosse il cognome di Gabrielle.
 
- Certo Alison mi ha detto che è in coma, quindi reparto rianimazione.
 
 
 
Sceso al piano rianimazione iniziò la ricerca.
Controllò stanza per stanza, trovandosi davanti i volti diversi di infiniti sconosciuti.
Quelle persone, erano lì a combattere tra la vita e la morte, attaccate ad un respiratore che le manteneva legate all’anima e al corpo;e lui Brad si lamentava della situazione nella quale si era cacciato.
Da solo.
Alcuni si giravano a guardarlo straniti.
Si chiedevano come mai un ragazzo in smoking zuppo dalla testa ai piedi faceva irruzione nelle loro stanze, per poi chiedere scusa e uscire.
 
Entrato in una stanza trovò una signora sulla sessantina, piangeva accovacciata accanto al corpo di un ragazzo.
Brad fece per uscire, dato che non c’era traccia di Gabrielle, ma improvvisamente la donna alzò il viso.
Gli occhi erano colmi di lacrime, e mal nascondevano una profonda malinconia.
Brad, non riusciva a muoversi era come ipnotizzato da quel dolore, che in parte sentiva suo.
 
Distolto lo sguardo, i suoi occhi si posarono sul ragazzo, il cui petto si alzava e abbassava a ritmo del respiratore.
Dimostrava si è no l’età sua.
Forse qualche anno di più.
 
La donna continuava a guardarlo, prese un fazzoletto e si pulì le lacrime, poi parlò:
<< Ormai sono già 2 anni che è in questo stato. >>
<< Io no-non so più che fare, l-lui è giovane, si sta perdendo i migliori a-anni della sua vita, e D-Dio sta facendo di tutto per portarmelo via. >>
Brad non sapeva che dire.
Come si curava un cuore distrutto quando quello aveva perso la speranza?
Non lo sapeva nemmeno lui…
 
<< Mi dispiace. >> sussurrò solo.
 
La donna continuava a piangere, Brad uscì dalla stanza, ma prima che chiudesse la porta alle sue spalle, la donna lo chiamò:
<< Ragazzo. >>
Brad si voltò dubbioso:
<< Si? >>
La donna si alzò e aperto un armadietto di ferro, ne tirò fuori un paio di jeans e un’anonima maglietta con scollo a v.
<< Tieni. >> disse porgendogli gli indumenti. << Cambiati o rischierai di ammalarti. >>
Brad le sorrise:
<< Grazie, grazie di cuore. Vedrà che suo figlio si riprenderà, finché c’è speranza, c’è vita. >>
<< Io credo di averla persa. >>
<< No, lei non l’ha persa, forse l’ha smarrita. Ma adesso che l’ha fatta ritrovare a me, io la farò ritrovare a lei. E così saremo in due a sperare. >>
 
 
 
 
 
 
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I vestiti gli stavano, a parte per i calzoni che gli andavano un po’ corti.
Quella signora era stata gentilissima e inoltre con il suo gesto aveva riportato in lui un po’ di speranza per andare avanti.
 
Prima di proseguire la ricerca però Brad, stanco e indebolito dagli avvenimenti susseguitesi, decise di fare una pausa e scendere al bar per prendersi un caffè e un cornetto.
 
 
 
 
 
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Nel frattempo.
Nel reparto terapia intensiva, nella stanza n 314, Krystal e suo padre discutevano su quello accaduto poco prima.
<< Non accetto un simile comportamento. >> diceva Alistair alla figlia, stranamente quieta e silenziosa.
<< Hai visto come ti ha trattata? Ti ha urlato contro, mentre tu sei qui. Per causa sua Krystal! Sua! Potevi morire, per colpa di quel ragazzo. >>
<< Papà, smettila di urlare! Ti ho già detto che l’ho perdonato. >> rispose secca. << E non devi preoccuparti, tornerà da me. Non ha nessun posto dove andare, non ha nessuno, è solo. >>
Alistair scosse la testa contrariato.
<< Io non ti capisco. Perché devi limitarti a lui, quando potresti aspirare molto più in alto? >>
<< Tu non capisci papà. Lui è mio. Fine della storia. >>
Concluse Krystal irritata.
 
 
- Brad, non puoi sfuggirmi. Tu sei mio. E di nessun’altro. Noi ci sposeremo.
 
 
 
 
 
 
 
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La sera era ormai arrivata, una volta sceso al bar Brad aveva ordinato un caffè macchiato, nel quale aveva inzuppato un cornetto alla nutella.
Seduto al tavolino era perso nei suoi pensieri, quando improvvisamente una minuta ragazza dai capelli ebano, gli si era seduto di fronte.
Alison.
I due avevano chiacchierato per tutto il pomeriggio, Brad aveva raccontato alla sua nuova confidente tutti i fatti avvenuti, dalla proposta di matrimonio, all’incontro con la gentile signora.
E Alison invece aveva raccontato a Brad, di Daniel, dicendo che al momento non era al massimo del suo umore, e che non era in vena di visite.
<< Quindi stai dicendo, che non dovrei andare a trovarlo? >>
<< Sarebbe meglio di no, l’ho visto molto freddo. >>
<< Rischierò ugualmente,  ho bisogno di vederlo. Dimmi il numero di stanza, e da prima che la sto cercando. >>
Alison però non rispose, non aveva intenzione per quanto lo volesse, di dire a Brad il numero di stanza. Sapeva che Daniel se la sarebbe presa a morte con lei.
<< Io ora vado. In bocca a lupo. >> disse soltanto alzandosi e facendo l’occhiolino a Brad.
<< No Alison aspetta, non mi hai detto il numero di stanza. >> urlò alzandosi a sua volta.
 
Tuttavia uscito fuori, quella si era già volatilizzata nel nulla.
 
 
 
 
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Brad riprese la ricerca.
Per la seconda volta.
 
 
Quella situazione lo stava stressando.
Era dalla mattina che si trovava nella stessa struttura del biondo e ancora era riuscito a trovarlo.
Krystal stava ancora aspettando un suo ritorno.
E forse Alistair gli stava dando la caccia.
Alison non aveva voluto dirgli il numero della stanza, ed ora si trovava di nuovo a punto da capo.
Avrebbe continuato a cercare all’infinito, se non fosse che in quel momento, accanto a lui passò un’infermiera, che stava parlando con qualcuno attraverso un ricevitore:
<< La signora Gabrielle Prince dice? Si è la stanza 256. >>
 
- Gabrielle Prince? Forse è lei.
Senza pensarci due volte il moro si mise alla ricerca della stanza 256.
Impiegò qualche minuto per trovarla, ma alla fine ci riuscì.
La porta era chiusa.
Brad bussò.
Nessuno rispose.
Lentamente abbassò la maniglia ed entrò.
Sul letto posto al centro della stanza, stava adagiata una donna dai capelli d’oro. Gabrielle Prince, la madre del suo Daniel.
Si guardò intorno ma di lui non c’era traccia.
Cercò in bagno, ma anche lì solo buio e silenzio.
 
- Forse è sceso al bar.
Ipotizzò Brad.
- Lo aspetterò qui, prima o poi dovrà tornare.
 
 
Il tempo camminava con la stessa andatura di una tartaruga in salita su una collina.
I secondi parevano minuti.
I minuti parevano ore.
Dopo venti minuti di attesa, la pazienza del ragazzo era già al limite.
 
- Basta, non posso restare qui senza fare niente. Vado a cercarlo.
 
Per prima cosa controllò nel bar, per poi setacciare tutte le sale di attesa.
Ma niente.
 
- Daniel, dove sei finito?
 
Ormai aveva praticamente cercato in tutto l’ospedale, ma niente.
 
Non sapendo dove cercare, Brad prese a salire la lunga scalinata onice. In tutto l’ospedale contava 5 piani
C’era anche la terrazza, ma l’accesso era sicuramente riservato al personale.
Tuttavia fare un tentativo non costava nulla.
 
Arrivato davanti alla porta in ferro battuto vide che era socchiusa.
 
- Forse ci sono quasi.
 
La terrazza era enorme ma mal illuminata.
 
- Possibile che sia venuto qui da solo?
 
Brad si incamminò, guardandosi intorno alla ricerca dei ciuffi biondi.
 
Stava per rinunciare, quando uno scintillio attirò la sua attenzione.
Lentamente si avvicinò, e ora poteva vedere chiaramente il display di un cellulare illuminato.
La figura di un ragazzo appoggiato alla balaustra con gli auricolari alle orecchie.
I capelli platino scompigliati.
 
- Daniel.
Il cuore prese a pulsare ad una velocità impressionante.
Finalmente tornato vivo.
Lentamente si avvicinò alla sua unica ragione di esistenza.
Con delicatezza racchiuse il suo corpo, nelle sue braccia possenti.
La pelle nonostante gli strati di vestiti, prese fuoco.
 
- Daniel, finalmente. Mi sei mancato… Ora basta pensare, voglio stare con te e basta.
 
Il corpo del biondo era come paralizzato.
Brad gli sfilò le auricolari, uno alla volta.
Successivamente, dato che quello non rispondeva, iniziò a voltarlo lentamente.
 
Mentre faceva ciò riusciva a stento a trattenere le lacrime, che già cadevano come foglie in autunno.
 
Finalmente li rivedeva, finalmente poteva immergersi in essi, finalmente.
Gli erano mancate quelle iridi, dolci e confortanti, quei capelli scompigliati e morbidi. Quel viso perfetto nel suo essere.
 
<< Finalmente ti ho trovato. >> sussurrò al biondo, che continuava a guardarlo taciturno.
 
- E ora cuore, parla tu per me.
 
<< Sai, ho conosciuto la tua amica Alison. Ma sicuramente te lo avrà già detto lei. >>
….
<< Ieri sera al parco, quando mi ha detto che ti trovavi in ospedale…>> s’interruppe nuovamente, come per non cercare di rievocare quel ricordo.
<< Pensavo si trattasse di uno scherzo, non volevo credere che ti fosse capitato qualcosa di così grave da farti finire qui.
Poi per fortuna, Alison mi ha detto che tu stavi bene e... >>
Brad fece un lungo respiro:
<< Daniel, devi sapere che fino a ieri credevo di averti perso per sempre, credevo che non ti avrei mai più rivisto. E oggi appena sono arrivato ho iniziato a cercarti, ma niente. La tua amica si era rifiutata di dirmi il numero di stanza, e il reparto, quindi era come cercare un ago nel pagliaio
Poi pochi minuti fa ti ho visto. Ed è…>> le lacrime scendevano copiose.
<< E’ stato bellissimo, credevo di averti perso…e invece ora sei qui, tra le mie braccia. >>
 
- Parlami Daniel, ti prego ho bisogno di sentire la tua voce.
 
 
<< Ancora per poco. >> Replicò secco il biondo sciogliendosi dall’abbraccio. << Ho capito solo ora che conoscerti è stato un grandissimo sbaglio. E ora se non ti dispiace, ho cose migliori da fare che perder tempo con un fallito come te. >>
 
Brad non poteva credere alle proprie orecchie.
Forse stava solo sognando.
Si non era realmente sulla terrazza, ma si trovava ancora nella camera di Gabrielle ad aspettare il ritorno di Daniel, e nell’attesa si era addormentato.
 
- Svegliati! Svegliati Brad!
 
No, quello non poteva essere un sogno, glielo confermava il dolore al petto, glielo confermavano le lacrime, l’aria tra i capelli, il rumore dei passi di Daniel che correva via.
 
 
 
Forse passarono secondi, minuti, ore; forse settimane, mesi, anni.
 
Il tempo in cui Brad rimase immobile esattamente come una statua, era impossibile da calcolare.
Come una statua di marmo.
Il respiro rotto.
Il cuore freddo, duro.
Le lacrime congelate.
I pensieri distrutti.
L’anima evaporata.
 
 
- Questa non può essere la realtà no. Daniel non può aver detto una cosa del genere. No non può.
 
 
 
Ma lo aveva appena fatto.
 
 
 

I don’t want to fall to pieces

 
 
 
  
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