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Autore: OrangeTange94    15/01/2014    2 recensioni
“Piacere, sono James Potter” mi dice un ragazzino fin troppo spavaldo per la sua età, quando entro in uno degli scomparti semivuoti dell’Espresso per Hogwarts.
Almeno non si è voluto informare sul mio status di sangue, mi consolo.
“Sirius Black”, rispondo poco convinto, ricambiando la stretta di mano."
***
“Concordo con lei, signor Black. Signor Minus, ci farebbe il piacere di venire con noi?”.
“Ehm.. si.. James.. ma.. dove?” chiede Peter preoccupato quasi quanto Remus.
“In Biblioteca, ovvio!” esclamiamo in coro io e James.
È il gennaio del 1973, e io e James siamo due geni, non c’è che dire.
***
"Cinque mesi fa Jamie è diventato papà di uno sgorbietto tutto pelle e ossa, con una matassa di capelli neri in testa. Stiamo tutti sperando che almeno il carattere lo prenda da Lily, perché l’universo collasserebbe con un secondo James Potter a bordo."
Buona Lettura!!
Genere: Avventura, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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CHIEDILO AL VENTO
A Martina,
se mai capiterai da queste parti
sappi che il titolo me lo hai ispirato tu.
 
 
Io e Regulus ci guardiamo negli occhi, complici dell’ennesima malefatta tra i muri di casa. Stiamo aspettando impazienti di ascoltare la mamma e Kreacher urlare, dinnanzi ad un pentolone saltellante pieno di cioccorane. Quello che la mamma non sa è che appena la pentola si fermerà, le cioccorane non smetterano di gracidare al ritmo del nostro inno nazionale, invadendo l’intera casa.
Ci vorrà un’intera giornata per trovarle tutte ed eventualmente fermarle.
Siamo nascosti in camera di Reg, seduti per terra con le spalle contro il muro, tentando invano di riprendere fiato tra una risata e l’altra.
 Ho dieci anni, è il 1970, e sono il fratello maggiore più orgoglioso del mondo.
 
***
 
Mi cala il vecchio e malconcio Cappello Parlante sugli occhi e inizio a cullarmi con una cantilena continua nelle orecchie, pensando che mia madre, se potesse sentirmi, si Materializzerebbe all’istante il più vicino possibile ad Hogwarts per Cruciarmi e riportarmi a casa.
Non Serpeverde! Non Serpeverde!”, prego tra me e me.
“GRIFONDORO!” urla il Cappello.
Mentre mi viene sfilato dal capo, resto immobile, come congelato. Sono un Grifondoro. Sono un Black a Grifondoro!
Un sorriso a trentadue denti si fa spazio sul mio viso quando inizio a realizzare l’evento. Guardo di sfuggita il tavolo dei Serpeverde, dove noto, con una punta di orgoglio, lo stupore lasciare il posto al disprezzo sul volto di mia cugina Narcissa.
Fa parte del mio passato ormai, rifletto tra me e me, distogliendo lo sguardo e sedendomi raggiante al tavolo dei Grifondoro, che esultanti si complimentano con me.
Sono un Black a Grifondoro!
Devo scriverlo assolutamente a Reg, deve venire con me, ci divertiremmo come matti.
Mentre il mio sorriso si allarga, fregandosene altamente delle guance doloranti, faccio spazio ad un ragazzo magro, pallido e sorridente almeno quanto me, che si volta e mi porge la mano: “Mi chiamo Remus, Remus Lupin”.
Ricambio la stretta entusiasta: “Sirius Black, piacere!”.
“Una bella soddisfazione essere capitati a Grifondoro, non trovi?”, mi chiede eccitato.
“Non sai neanche quanto”, sorrido ironico, mentre di fronte a me prende posto, tra una ragazza con i capelli rossi che sembra piuttosto preoccupata, mentre si mangiucchia le unghie attendendo probabilmente lo smistamento di qualche amico, e un’altra dal viso tondo e allegro che ricambia il mio sorriso, un ragazzo minuto, col viso arrossato e ansante per la corsa che ha fatto fino alla tavolata rosso-oro, che saluta Remus.
Quest’ultimo mi guarda e spiega: “lui è Peter Minus, ci siamo conosciuti sull’Espresso”.
Mi presento al piccolo Peter, guardando la fine dello Smistamento, che vede un certo Severus Piton venire spedito tra le Serpi, e un ragazzino, dai capelli corvini spaventosamente in disordine con cui ho stretto amicizia sul treno, che si fa a malapena sfiorare dal capo dal Cappello Parlante –probabilmente anche se è semplicemente un cappello, ci avrà pensato bene due volte prima di lasciarsi sprofondare in quella matassa terrificante-, che subito ulula: “GRIFONDORO”.
Vedo un entusiasta James Potter prendere posto tra me e Remus, presentarsi a tutti i suoi nuovi compagni ed infine rivolgersi a me, sogghignando malandrino: “Lieto di rincontrarla, signor Black!”.
“Il piacere è tutto mio, signor Potter!”, gli ghignò in risposta.
James poi sposta il viso, puntandolo sulla ragazza rossa di prima che sembra trattenere a stento le lacrime: “Ehi Rossa, qulcosa non va?”, dice beffardo.
La ragazza incenerendolo risponde: “Anche se fosse, non sono affari tuoi”.
Era il primo di settembre del 1971, avevo appena conosciuto le persone che mi hanno cambiato totalmente la vita.
 
***
 
Apro controvoglia la busta sigillata con lo stemma dei Black. La grafia è quella di mia madre, Walburga, elegante e con troppi svolazzi per i miei gusti.
Tiro un sospiro e leggo.
 
Sirius, io e tuo padre siamo stati avvertiti da tua cugina Narcissa. È inamissibile. Tuo padre è rimasto scioccato, spero sarai soddisfatto. Parlerà col Preside per risolvere questo malinteso.
 
Strabuzzo gli occhi sprezzante. Accartoccio la lettera e la lancio senza troppi complimenti nel caminetto della Sala Comune. La Sala Comune dei Grifondoro. La mia Sala Comune, di cui nessuno mi priverà. Ghigno.
Immediatamente arriva un altro gufo che picchietta col becco alla finestra. Mi affaccio e gli libero la zampetta dalla lettera dove a grandi caratteri sta scritto Sirius Black.
Deve essere Reg. Apro velocemente la busta. Regulus ha buttato giù a malapena quattro righe, probabilmente per non farsi scoprire dalla megera:
 
“Caro Sirius,
mamma e papà sono infuriati. Non c’è un modo per risolvere la situazione?
Puoi chiedere al professor Silente se ti può spostare a Serpeverde?
Fammi sapere.
Regulus Black”
 
Ecco. Se il messaggio di mia madre non ha avuto alcun effetto, questo mi demoralizza molto. Dovrò parlare con Regulus. Non può pensarla come mamma e papà.
È la mattina del 2 settembre 1971, il mio primo giorno da Grifondoro.
 
***
 
È il primo settembre del 1972. Sono finalmente finite le vacanze: non sarei riuscito a sopportare un giorno in più.
James, Remus e Peter mi sono mancati più di quanto ammetterei davanti a loro.
Stiamo tornando a casa, finalmente.
Solo una cosa mi preoccupa. Lo Smistamento di quest’anno.
Dopo essere sceso dall’Espresso per Hogwarts, ho incontrato, per la prima volta in tre mesi, lo sguardo di Regulus, trascinato alle barche dai suoi nuovi, nobili e spocchiosi amici purosangue.
Avrei voluto dirgli qualcosa. Avrei voluto pregarlo di convincere il Cappello a non farlo finire a Serpeverde. Ma penso sarebbe stato tutto inutile.
Ho la conferma quando lui, mingherlino e intimorito, si avvicina alla McGranitt che lo invita a sedersi su uno sgabello posizionato davanti il tavolo dei professori.
Dopo un minuto circa, il Cappello Parlante annuncia: “SERPEVERDE!”.
Guardo mio fratello allontanarsi da me e non riesco a trattenermi dal sussurrare: “Addio Reg”.
Incrocio lo sguardo di Remus, che mi osserva ansioso, con gli occhi pieni di compresione e compassione, pronto a sostenermi.
 James, di fianco a me, mi dà una pacca sulla spalla e, procurandosi le occhiatacce di Rem e Pete, dice: “non tutti riescono ad uscire sani da una famiglia come la tua”.
“ Beh neanche tu sei uscito così bene, Jamie”, ribatto ironico.
“Se intende, signor Black, che il sottoscritto è un tipo, non so, un po’ malandrino, lo sottoscrivo e ne vado assolutamente fiero”, afferma solennemente James, facendoci ridere a crepapelle. Malandrino, penso, è a dir poco riduttivo.
 
***
 
Sono casualmente appostato fuori dall’ufficio del professor Ruf, con stampata in faccia l’espressione più innocente che riesco a produrre.
Riflettendo, in fin dei conti, non sto facendo nulla di male; almeno all’apparenza e in confronto a quello che sta facendo James, all’interno della stanza, accompagnato da Peter.
Come al solito Rem ha deciso di astenersi da questo scherzo, minacciando di avvertire la McGranitt.
Quando vedo il professore comparire all’inizio del corridoio, inizio a correre nella sua direzione ululando: “Professore! Non si muova! Potrebbe essere molto pericoloso; mi hanno chiesto di appostarmi qui proprio per avvertirla: qualcuno deve.. ehm.. aver lanciato un incantesimo sulle.. ehm.. armature. Hanno mandato persino in Infermeria due studenti”, invento di sana pianta, pensando che James sarà contentissimo del nuovo piano che ho appena elaborato. Magari attuato nei corridoi che portano al Dormitorio dei Serpeverde, chissà.
“La ringrazio per la premura, signor ..?”.
“Black, professore”.
“Signor Black, ma le vorrei far notare, sebbene possa rendersene conto da solo, che non penso possano farmi nulla delle armature impazzite, data la mia condizione”, dice atono, portandosi annoiato un dito al petto.
Oh cavolo, penso, non avevo considerato il fatto che Ruf è bell’e morto da chissà quanto.
“Ehm, no in effetti.. professore mi viene in mente che volevo chiederle un chiarimento su un argomento.. che non penso di aver capito –oh magari evitato appositamente di ascoltare-“.
“ah, signor Black, per questo possiamo recarci anche nel mio ufficio”, risponde Ruf.
“Ehm.. no ma vado di fretta.. devo.. ehm.. studiare per la sua materia, professore”.
Se James non si muove, me ne vado e lo mollo qua.
“Allora mi dica cosa non ha capito”, dice annoiato il fantasma.
Nulla, professore!, vorrei rispondere, non mi ricordo neanche quando è stata l’ultima volta che sono stato attento ad una sua lezione. Se sono effettivamente mai stato attento ad una sua lezione..
“Ehm.. la.. storia.. ehm.. di come.. sono, sì.. state inventate le cioccorane, in effetti”, butto a casaccio non preoccupandomi assolutamente di capire se il professore ha afferrato che lo sto prendendo in giro. Godric mi salvi da questa situazione.
“Signor Black, sono desolato, ma quest’argomento non è parte del mio programma”, risponde seccato. “Ora se permette, vorrei andare nel mio ufficio”.
All’improvviso, sentendo una risata alla mia destra, mi volto intravedendo per un secondo una scarpa andarsene apparentemente da sola in giro. Sorrido come un ebete al professore e lo lascio passare per poi essere trascinato sotto al Mantello dell’Invisibilità da Jamie.
“James, ma secondo te, le Caccabombe possono qualcosa contro un fantasma?”, dico.
“ehm.. sono dettagli”, risponde lui dubbioso, mentre sentiamo una serie di piccole esplosioni e il Ruf esclamare: “Oh, cielo!”.
“Buon Halloween!”, dice allegro Peter, prima di darcela a gambe.
È il 31 ottobre del 1972.
 
***
 
“Sei un Lupo Mannaro, no?”, dico, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Remus, a dir poco terrorizzato, guarda desolato me, James e Peter.
“Io.. ve l’avrei detto, ma..” comincia lui.
“Ma non l’hai fatto, Rem”, afferma solenne Jamie.
“Pensavo che... voi...”, Remus si guarda in giro come se sperasse di trovare una via di fuga. Illuso: dove crede che lo lasceremo andare?
“Beh, ora che lo sappiamo, possiamo occuparci insieme di questo tuo.. ehm.. piccolo problema peloso”, ghigno io.
Ora ad essere terrorizzato è Peter, che ci guarda ansioso e supplichevole.
“Ma.. non avete paura.. di me?”, chiede Lupin intontito.
“Di te, Remus?”, dico sardonico.
“Cosa fai? Ci denunci alla McGranitt?”, mi fa eco James. Ci guardiamo complici, prima che lui dica: “abbiamo escogitato un ottimo piano, Sir, mi complimento con te!”.
“Che piano?”, chiede Lupin sbiancando.
“Non mi pare che tu ci abbia resi partecipi del tuo piccolo problema peloso –mi piace veramente questo soprannome; mi congratulerei con me stesso, se poi non dovessi dare spiegazioni del mio momentaneo attacco di pazzia-” dico io scrutandolo con sufficienza.
“Concordo con lei, signor Black”, assentisce James.
“Ragazzi.. veramente non c’è bisogno che combiniate altri guai” dice preoccupato Remus.
“Credo che sia arrivato il momento, signor Potter, di azzittire il signor... Moony–dovrebbero darmi un premio, veramente, sono un genio con i soprannomi!- e andare a studiare il nostro piano”, concludo sorridente.
“Concordo con lei, signor Black. Signor Minus, ci farebbe il piacere di venire con noi?”.
“Ehm.. si.. James.. ma.. dove?” chiede Peter preoccupato quasi quanto Remus.
“In Biblioteca, ovvio!” esclamiamo in coro io e James. 
È il gennaio del 1973, e io e James siamo due geni, non c’è che dire.
 
***
 
Oggi è un giorno perfetto, come può essere solo il primo giorno di vacanze di Natale ad Hogwarts. Sono uscito finalmente da quella casa di pazzi. Non ho retto. Non ce l’ho fatta a resistere davanti all’ennesima idiozia di mio fratello.
 
“Regulus caro, puoi invitare per le vacanze qualche tuo amico”, dice dolce Walburga, guardando orgogliosa il figlio più giovane, che voltatosi verso di me, totalmente incurante dei loro discorsi,  commenta freddo: “non penso di poterlo fare con un filo babbano in casa, mamma”.
“Cos’è, hai paura di perdere la faccia, Reg caro?”, dico sprezzante.
“Ho paura che tu faccia perdere la faccia a tutta la famiglia, per le tu più che discutibili amicizie”, commenta lui incurante di quello che ha appena smosso dentro di me.
 
Mi sono sempre chiesto il perché di quell’arazzo in casa. Quando mi vedevo raffigurato lì, da bambino, pensavo fosse un modo per ricordarsi i nomi di tutti, per non dimenticare i morti e onorarli. Credevo che anche i miei figli, dopo di me, avrebbero guardato l’arazzo e si sarebbero potuti ricordare di me, provare nostalgia e affetto.
Poi sono cresciuto e, quando ho visto cancellato il nome di Andromeda da quello stupido arazzo, ho capito che più che ad onorare i morti, serve a distruggere i vivi, a tenerli legati, incatenati a credenze condivise da un paio di poveri antenati trogloditi.
Quell’arazzo serve solo a biasimare le scelte di un uomo squilibrato e le follie dei suoi discendenti.
Oggi ho visto bruciare il mio nome su quell’arazzo e morire ciò che mi lega a questa dinastia di mentecatti. Oggi sono libero.
 
“Non osare, Sirius!”, ural mia madre quando sfodero impulsivamente la bacchetta e la punto sul faccino di Regulus, che, d’altro canto, sa perfettamente che non oserò fare magie fuori da Hogwarts; in effetti non rischierò di venire espulso dall’unico luogo che posso chiamare casa.
“Perché, Regulus forse non può difendersi da solo, dall’alto del suo sangue puro?” ghigno infondendo alle ultime due parole quanto più disprezzo posso.
“Fallo, Sirius. Sto aspettando”, commenta Regulus con tono di sfida.
Mi tremano le mani dalla rabbia.
“Oh, forse stai aspettando che a difenderti arrivi quel piccolo traditore del suo sangue di Potter? Oppure quello sporco Mezzosangue di ...?”, la frase di Regulus viene interrotta dal mio pugno chiuso sulla sua guancia.
Comincio a correre verso la mia camera mentre mia madre mi urla di tornare indietro, che non posso cavarmela così per aver rovinato il viso del suo adorato figlioletto.
Inizio a gettare alla rinfusa una serie di vestiti nel baule scolastico trattenendo a stento la rabbia. Guardandomi in giro per vedere se ho dimenticato qualcosa, sogghigno posando lo sguardo sul muro: lascerò un bel ricordo del mio passaggio.
Soddisfatto comincio a scendere per le scale, senza la più pallida idea di dove andare. Voglio solo uscire da qui.
“Dove credi di andare?” urla ancora mia madre inferocita, “non oserai!”.
Non riesco a trattenere un sorriso: “oh si che oserò”.
“Sono tua madre! Torna qui!”, ulula mentre mi avvio all’ingresso passando sotto lo sguardo inferocito di una seconda  Walburga di carta e inchiostro altrettanto inquietante.
Mi volto un’ultima volta mentre mia madre  minacciosa punta la bacchetta sul mio nome sull’arazzo di famiglia.
“Non sei mia madre”, dico arrogante guardando il mio nome bruciare.
 
Tiro fuori uno specchietto dalla tasca: “James?” sussurro.
Dopo pochi minuti vedo il mio migliore amico comparire nello specchio: “Ehi, Padfoot, dimmi”.
“Puoi venire a prendermi?”, chiedo, mentre l’amarezza e il dolore prendono il posto della precedente spavalderia.
È il luglio del 1976.  
 
 
 “Moony, dov’è Prongs? Dovevamo andare a Hogsmeade insieme oggi ma non è nel suo letto”, chiedo assonnato scendendo in Sala Comune, e trovando Remus ancora dietro al libro di Trasfigurazione Avanzata.
“Credo che sia con Lily, Sirius”, dice lui distratto.
Mi sembra di essere appena stato colpito in pieno stomaco da un Bolide.
“Scusa.. Lily chi?”, chiedo sicuro che la risposta non mi piacerà affatto.
“Ehm.. Lily Evans, Sirius” dice lui, ora accortosi del mio cambio di tono.
“Padfoot”, riprende gentile, “qualcosa non va?”.
“Ti sembra forse che qualcosa non vada, Moony?”, gli rispondo acido.
“In realtà è proprio quello che penso.. sbaglio?”.
“Beh se ommetti il fatto che io e Prongs avevamo almeno uno o due piani per questo fine settimana e che lui ha preferito passare la giornata a sbavare invano dietro alla Evans, si Moony, sbagli”, ringhio tornando nella mia stanza. Poco male, penso,  avrò più tempo per dormire.. e pensare a come fargliela pagare a James.
È il 1978 e James non ha la più pallida idea di dove sarà finito il suo letto, quando tornerà dalla sua romantica passeggiata.
 
***
 
“È inammissibile signor Potter! Un duello in Sala Comune! Come le è saltato in mente?”, abbaia la McGranitt.
“Beh professoressa..” comincia James.
“Non osare interrompermi, Potter; e in quanto a te Black, far cadere un baldacchino dalla Torre di Astronomia, poteva seriamente far del male a qualcuno!”.
“Forse  era mia intezione, professoressa”, dico ammiccando verso il mio compagno.
“COSA?”, la McGranitt strabuzza gli occhi in maniera così comica che a malapena io e James tratteniamo una risata.
“Bene, se così stanno le cose.. mi trovo costretta a togliere 20 punti..”, comincia lei.
“ma Professoressa! Non era un vero e proprio duello! Non si è fatto male nessuno in fin dei conti e, per di più, saremo superati dai Serpeverde se lei ci toglie altri punti”, la interrompe Prongs ragionevole.
“Lei come lo chiama il far volare una poltrona addosso ad un suo compagno di casa e colpire inoltre due studenti del primo anno, signor Potter? Era una domanda retorica ovviamente: per quanto arguto possa essere, non mi aspetto che capisca”, commenta la McGranitt, prima di aggiungere: “tolgo 10 punti a Grifondoro; non mi fate pentire e andatevene prima che cambi idea”.
Io e Jamie non ce lo facciamo ripetere due volte e ringraziando la professoressa con un sorriso, sgattaioliamo fuori dal suo ufficio.
“Grazie mio carissimo Padfoot” mi fa Prongs strafottente.
“Non c’è di che, James.. per cosa?”, chiedo.
“Beh, perché stanotte e la notte a seguire, e quella dopo ancora, ti sei così gentilmente offerto di lasciarmi il tuo letto per fare le ninne”, ghigna lui.
“Ce lo giochiamo a duello?”, ribatto io.
“Nel Parco tra venti minuti” mi fa in risposta.
“Ottimo!”.
Lo guardo allontanarsi fin troppo soddisfatto mentre si infila qualcosa in tasca.
Oh.. Merda!
Non trovo più la mia bacchetta.
 
***
 
Caro Padfoot,
io e Lily per una volta siamo concordi e tu non rovinerai questo magico momento! Sarai il padrino di Harry. Non accetto scuse.
Non vorrai costringermi a manomettere la tua motocicletta, giusto?
Con amore, Prongs.
 
Cinque mesi fa Jamie è diventato papà di uno sgorbietto tutto pelle e ossa, con una matassa di capelli neri in testa. Stiamo tutti sperando che almeno il carattere sia di Lily, perché l’universo collasserebbe con un secondo James Potter a bordo.
Sono stato a trovarli poco tempo fa, ed Harry ha tentato di agguantarmi un dito e di ficcarselo in bocca. Ha ancora gli occhi bluastri e semichiusi, ma i riflessi sono quelli di un vero giocatore di Quidditch, come continua a sostenere il padre.
Stavo pensando di regalargli una piccola scopa giocattolo per il compleanno, mentre Remus vuole optare per qualche libro per bambini che insegni al marmocchio a leggere.
Sono sicuro che apprezzerà più il mio regalo.
Peter fa visite sempre più frequenti ai genitori lontani, anche se Rem crede che non stia molto bene; in effetti è più pallido e smunto del solito, ma credo che sia più che normale di questi tempi.
Solo io e James sembriamo tranquilli e fiduciosi, in effetti; con Silente al nostro fianco siamo più che sicuri di poter sconfiggere Voldemort. E poi non siamo riusciti ad ucciderci a vicenda in sette anni di scuola, ormai nessuno potrebbe farci fuori.
È il dicembre del 1980 e sono felicissimo per James e Lily, e soprattutto per il fatto che ora siamo sicuri che i discendenti dei Malandrini torneranno ad Hogwarts a far danni.
 
***
 
Non ho il tempo di avvertire Remus. È una corsa contro il tempo.
Forse sarei dovuto rimanere con Harry. Ma Rubeus mi ha assicurato che Albus si prenderà cura di lui. Tornerò il prima possibile, mi prometto.  
Non posso ancora crederci. James.
Dove diavolo sei finito. Perché? Perché, Peter?
Noi eravamo i Malandrini. Noi eravamo amici, Peter. Cosa è successo?
Dimmi il perché, se un perché c’è.
 
“Piacere, sono James Potter” mi dice un ragazzino fin troppo spavaldo per la sua età, quando entro in uno degli scomparti semivuoti dell’Espresso per Hogwarts.
Almeno non si è voluto informare sul mio status di sangue, mi consolo.
“Sirius Black”, rispondo poco convinto, ricambiando la stretta di mano.
 
Non ho mai pianto, nemmeno quando sono stato cacciato di casa, o quando ho perso le tracce di Regulus e ho creduto che fosse morto; non ho mai pianto e non penso ci sia alcuna ragione per farlo ora, perché non può essere successo.
Parliamoci chiaramente, James non può essere morto.
Probabilmente è il suo ennesimo scherzo di cattivo gusto. Mi comparirà davanti a momenti tenendo un braccio in spalla a Peter e, ridacchiando di me, mi dirà: “ci sei cascato di nuovo eh, Padfoot? Non impari mai”.
No, James, non imparo mai.
Ma c’è sempre tempo per farlo, no?  
“Peter?”, sussurro. Sei lontano, ma so che puoi sentirmi Peter. Su forza, dov’è James? Diamoci un taglio con questo stupido gioco.
Ma quando Peter si volta, pur in mezzo alla gente, pur così lontano, io vedo nei suoi occhi morire le mie speranze. L’hai tradito. Ci hai tradito.
No! No! No! Ti prego, Pete, No! Dimmi che non è vero. Non lui. Non il mio migliore amico.
Ha la bacchetta sfoderata, mentre la mia non ho neanche la forza di pensare a dove diavolo sia finita.
“Perché, Peter?”, dico ora rabbioso.
Non risponde ma mi guarda fisso, il piccolo e indifeso Peter. È terrorizzato da me, e forse pure da quello che ha fatto. Ma no, non c’è più spazio per la compassione Pete.
Quando mi accorgo di aver sfoderato anch’io la bacchetta, è già tardi.
“Non puoi capire”, dice mentre lo vedo tagliarsi un dito e ululare dal dolore, attirando l’attenzione di almeno una dozzina di Babbani esterrefatti.
Tu, James, saresti stato più veloce di me, l’avresti fermato, l’avresti fatto ragionare e forse persino perdonato. Perché tu eri sempre pronto a farlo, con tutti. Ma io no. Io sono Sirius Black, e per quanto possa tentare di nasconderlo, nelle mie vene scorre lo stesso marciume che scorre nelle vene dei molti Mangiamorte.
L’ultimo debole “Perché?”, muore sulle mie labbra, mentre Peter sparisce dentro una nube di fuoco e tutto intorno a me muore gridando vendetta.
È buio, James, ma sto ancora aspettando di sentire la tua risata compiaciuta.
Ci sono cascato. Ora basta.
Sono i primi di novembre del 1981 e credo che il mio migliore amico non ci sia più.    
 
***
 
Non ci sono più notti e giorni da un bel po’ ormai. Il mio pane quotidiano è vedere il cadavere di James, il cadavere di Lily, il cadavere di Harry.
Harry.. avevo promesso di tornare. Di proteggerti.
Ore infinite o pochi secondi. E continuano le grida e il buio non muore mai.
Forse ora piango. Forse no.
Ci sono le sbarre alle mie finestre; l’avresti mai detto, Jamie? Alla fine sono riusciti a riprendermi Orion e Walburga; ma tanto loro non sanno quanto sono testardo.
Brucia il mio nome sull’arazzo e nel cuore di mia madre. Mi ha cancellato.
Ma non riesco ancora ad uscire da questa prigione maledetta. La megera mi avrà lanciato una Maledizione senza che io potessi accorgermi.
Ma tanto tu e Remus ve ne accorgerete, verrete a prendermi, lo so.
Peter no. Peter è stato cattivo. Fa male ancora. Peter è morto nel mio cuore. Io ho bruciato un nome sul mio personale arazzo stavolta.
Resta lucido, Padfoot, mi sussurra James nell’orecchio, hai promesso di prenderti cura di Harry, ricordi?
“Io.. credo di averlo dimenticato Jamie.. l’ho dimenticato! Non sono un buon amico, no..”, dico piagnucolandomi addosso.
C’era una cosa importante. Una cosa importante che devo assolutamente ricordare.
Cosa hai fatto Sirius? Mi chiede Remus, come hai potuto ucciderlo? Era il tuo migliore amico!
No, Remus, fermo, io mai... non.. nessuno è morto!
Ehi, Sirius,tu sei morto, mi sibila Peter. Ma non è lui forse, è la sua voce, sì, ma viene da una foto. Guardo meglio l’immagine di quella famiglia così felice e lontana.
Il topo mi fissa.. non ha un dito..
Spero tu riesca a sentire il ringhio sordo che nasce dalle mie viscere, Peter.
Sirius Black non perdona.
 
***
 
Harry mi ha visto, ne sono sicuro. Forse l’ho spaventato, ma non resistevo all’idea di poterti ritrovare nel suo viso, James.
Per fortuna i suoi occhi sono di Lily, altrimenti non sarei riuscito a trattenermi dal corrergli incontro scodinzolando.
Harry è salvo, Jamie. Harry è vivo! È un ragazzo bello e sveglio, ti assomiglia. Assomiglia a Lily. Avete lasciato una grande parte di voi qui, e ringrazio il cielo per questo.
Lo guardo andare via sul Nottetempo e penso che anche se fosse l’ultima cosa che faccio, James, Harry sarà salvo.
***
 
“COME OSI RIVOLGERTI A  HARRY?”, ruggisco. “COME OSI GUARDARLO? COME OSI PARLARE DI JAMES DAVANTI A LUI?”.
Quel viscido bastardo di Minus si avvicina al ragazzo. È come essere trascinati in un passato lontano. Siamo io, Rem, Peter e tu, o meglio Harry, nella Stamberga Strillante. Le pareti portano ancora i segni del nostro passaggio.
“Harry”, sussurra Minus, “Harry, James non mi avrebbe voluto morto... James avrebbe capito, Harry.. avrebbe avuto pieta di me..”.
E per quanto mi costi ammetterlo è vero, lui non avrebbe voluto nulla di tutto ciò. Ma io non sono lui. Lui è morto!
Io e Remus scattiamo all’unisono verso Peter per riatterrarlo.
“Tu hai venduto Lily e James a Voldemort” ringhio tremando visibilmente. “Lo neghi?”.
“Sirius, Sirius, che cosa potevo fare? Il Signore Oscuro... non avete idea.. possiede armi che non immaginate... ero spaventato Sirius, non sono mai stato coraggioso come te e Remus e James.  non volevo che succedesse... Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato mi ha costretto..”.
“NON MENTIRE!”, mi ritrovo a urlare come un pazzo e non riesco a capacitarmi che sia Peter, quel Peter che correva nei prati con noi, sotto la luna, che rideva, che ci osannava, che a volte aveva bisogno di essere protetto da noi; non ci riesco a credere.
“GLI PASSAVI INFORMAZIONI DA UN ANNO QUANDO LILY E JAMES SONO MORTI! ERI LA SUA SPIA!”.
“Lui.. lui stava conquistando tutto! Che.. che cosa c’era da guadagnare a dirgli di no?”, ha il coraggio di rispondermi non Wormtail, non lui, ma un mostro, il mostro dei miei incubi, il Mangiamorte. Il piccolo Peter è morto con James e Lily, molto tempo fa.
“Che cosa c’era da guadagnare a combattere il mago più malvagio che sia mai esistito? Solo vite innocenti, Peter!”, mi sento esclamare irato.
“Tu non capisci! Mi avrebbe ucciso, Sirius!” piagnucola lui.
E allora non mi trattengo più, è ora di farla finita: “E ALLORA AVRESTI DOVUTO MORIRE! MEGLIO MORIRE CHE TRADIRE I TUOI AMICI! NOI PER TE LO AVREMMO FATTO!”.
Remus al mio fianco è più pacato, lui non ha sognato questo momento ogni ora, ogni minuto, ogni secondo da quel giorno maledetto, e, per un breve momento, mi ritrovo ad odiare anche lui per questo.
“Avresti dovuto capirlo”, dice, “se Voldemort non ti avesse ucciso, l’avremmo fatto noi. Addio, Peter”. Finalmente alziamo le bacchette.
“No! Non potete ucciderlo! Non potete!” urla James. No, è Harry.
Io e Rem lo guardiamo stupefatti. Ha preso veramente il meglio di te e di Lily.
“Harry questa feccia è il motivo per cui sei orfano” tento di convincerlo io. “questo viscido sudicio essere ti avrebbe guardato morire senza batter ciglio. L’hai sentito. La sua pelle schifosa per lui contava più di tuta la sua famiglia”.
“Lo so”, dice lui ansimante guardandomi comprensivo, “lo porteremo al castello. Lo consegneremo ai Dissennatori, può andare ad Azkaban.. ma non uccidetelo!”.
“Harry.. grazie” riprende Peter, “è più di quello che merito.. grazie..”.
“stammi lontano!” dice Harry allontanandosi dalle mani tese di Minus, “non lo faccio per te. Lo faccio perché.. non credo che mio padre avrebbe voluto che loro.. diventassero assassini... solo per colpa tua”.
Lo guardo stralunato.
Sareste fieri di lui.
 
***
 
Sono pochi attimi che mi dividono dall’altra parte del velo.
Non pensavo di morire così, silenziosamente, leggendo la mia fine sul volto di Bellatrix. Non pensavo di morire così, lontano da tutti, emarginato, accusato di colpe di cui non mi sono macchiato. Di cui mai mi sarei macchiato.
Eppure muoio combattendo, con le urla di Harry nelle orecchie, aspettando di svanire, puff. Non penso un secondo alla possibilità di cambiare la traiettoria del mio corpo in qualche modo; accade tutto troppo in fretta.
Solo un’ultima preghiera, Remus, Silente o chiunque altro, salvatelo.
Salvatelo per dare un senso a tutto, vi prego.
Addio Harry.
 
Non rimane quasi nulla di quei quattro ragazzi seduti vicini il primo giorno ad Hogwarts. Bisognerebbe chiedere al vento cosa è cambiato.
 
 
Spazio dell’autrice:
è stata una sofferenza scrivere questa storia! Non solo per quanto ci ho impiegato ma anche per il fatto che è stata una sorta di liberazione, un modo per dire addio a tanti personaggi di questa saga che mi sono piaciuti fin dall’inizio e che mi hanno accompagnata da quando avevo 8 anni.
Eh beh.. è uscita questa ff. Spero che qualcuno si fermi due secondi a leggere e commentare. Mi farebbe piacere anche sapere se condivide il mio punto di vista sulle cose o meno.
Mamma.. mi sento così vuota e libera oraXD
 
Per quanto riguarda la storia, tutti i dialoghi della parte ambientata nella Stamberga Strillante sono presi da “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”.
  
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