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Autore: violet112    16/01/2014    0 recensioni
Storia nei limiti della decenza,che non cade nel volgare.
I cliché saranno tanti e il mio amore per Jane Austen sarà quantomeno evidente.
Elizabeth Brooks,studentessa diciannovenne colta,intelligente e arrogante; William Darcy,professore ventisettenne colto,intelligente e arrogante. Una bomba ad orologeria,dunque.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Capitolo 2 Choice: this or that.

“Nel linguaggio matematico, una catastrofe è un punto critico degenere di una superficie liscia definita in uno spazio euclideo di dimensioni n,in quanto a tali punti corrispondono biforcazioni radicali nel comportamento del sistema”.

Nel mio umile linguaggio,contrariamente a quanto riportato prima,una catastrofe è spesso associabile ad un nome ed una faccia. La mia personale apocalisse,difatti,si manifesta fornita di tali requisiti. E,in previsione di suddetta calamità,esaminando le “biforcazioni radicali nel comportamento del sistema”,ho la conscia consapevolezza di aver a disposizione due sole scelte: rassegnarmi o prepararmi ad affrontarla.
E,dato che gettare la spugna non è una caratteristica propria del mio carattere,ho con riluttanza stabilito di affrontare una così immane disgrazia,dotata di una faccia – sublime – e altresì di un nome: William Darcy.
Tre settimane nell’Inferno descritto da Aligheri verrebbero considerate una gradevole vacanza,se confrontate a quelle trascorse col professor Darcy.
Non bastavano le già impegnative lezioni mattutine; no,il pomeriggio bisognava perfino integrare il programma degli anni addietro. Il tutto arricchito da un professore puntiglioso e saccente; ed è verità universalmente riconosciuta che la mia pazienza risulti spesso precaria. Malgrado ciò,mi sono ripromessa di mantenere la calma e lasciare il mondo così com’è,evitando di inveire contro quell’essere barbaro che prende il nome di William Darcy o,come l’avevamo definito io e Charlotte,la Belva.

“Quindi,Lyssa,cosa pensi del nuovo professore? Ti piace?” chiese Emma,ammiccando nella direzione del tavolo in cui si trovava Darcy,intento a bere un caffè durante la pausa pranzo.
“Se intendi professionalmente è indubbiamente ben istruito,ma l’eccessiva presunzione e la smisurata stima di sé oscurano qualunque caratteristica positiva” risposi io,addentando una brioche precedentemente inzuppata nel caffè latte.
“Bene” disse,incrociando le braccia con fare serioso “E fisicamente?”
Rimasi perplessa per quella domanda inattesa poiché,seppur conoscessi l’inclinazione di Emma nel vedere l’amore in ogni dove,non mi aspettavo che la sua perversa fantasia potesse spingersi così oltre.
“Fisicamente posso dirti che il mio nome non è Lolita e il suo non è Humbert,Emma” dissi squadrandola indignata,e ridendo poi sommessamente della sua ironia spicciola.
Vidi di sfuggita Darcy affrettarsi in corridoio,con passo rigorosamente felino ed aggraziato. Si diresse in aula e,una volta entrato,sbatté la porta con fin troppa enfasi,provocandomi un sussulto.
“Credo sia il caso di andare” disse la mia compagna,riscuotendomi da pensieri peccaminosi che,infimi,si infiltravano nella mia mente.

Entrammo in classe e,data l’assenza inconsueta di Charlotte,mi sedetti in seconda fila con Emma.
“Chiudete i libri” cominciò il professor Darcy,abbandonando la cattedra e passeggiando per la classe come di consueto “Quest’oggi ci concentreremo su un autore in particolare”. Sospirai,psicologicamente impreparata per un fuori programma; passai una mano fra i lunghi capelli e,improvvisando una crocchia con le mani,presi una matita tra le labbra e feci per infilzarla tra i capelli. Mi sentì trafitta all’istante da uno sguardo furente “Signorina Brooks” disse Darcy raggiungendo,per la seconda volta in tre settimane,il mio povero banco “Le piace Nabokov?” sputò tra i denti,palesemente adirato. Compresi all’istante la motivazione di quella domanda e ne rimasi sorpresa: aveva ascoltato la mia personale conversazione con Emma. Per lo stupore mi cadde la matita dalle labbra ma,mantenendo il contegno risposi: “Molto” mentre il professore,invece di guardarmi negli occhi,fissava con insistenza le mie labbra socchiuse.
“E,dato che il suo giudizio è così importante per tutti noi,potrebbe svelarci cosa pensa dei suoi romanzi?” domandò,riprendendo a guardarmi negli occhi.
  • Se uno sguardo potesse uccidere,io sarei già morta e lui si troverebbe in galera per omicidio colposo – pensai,reprimendo l’istinto di mettergli le mani addosso.
“Quale romanzo in particolare?” chiesi invece,consapevole di dove intendeva andare a parare. Finse di riflettere,ponendo l’indice sotto il mento e strizzando gli occhi “Lolita,per esempio”.
“Desidera il mio giudizio da studentessa o quello da ragazza dotata di una testa pensante,di un cuore e di rispettive emozioni e sensazioni?” la mia era un’evidente frecciatina,colta probabilmente solo dal mio interlocutore.
Mi guardò a lungo,accennando un sorriso di sfida “Entrambi,se non le spiace”.
“Da studentessa definirei la storia scabrosa e quantomeno scandalosa dato che,pur trovandoci oramai nel ventunesimo secolo,in cui quasi nulla oramai riesce a sorprenderci,la pedofilia non deve e non sarà mai vista di buon occhio. Da ragazza dotata di un cervello invece,per quanto Humbert,da maniaco folle qual è,abbia privato Dolores della sua infanzia e,di conseguenza,anche della sua adolescenza e di tutto il resto di una vita che sarebbe potuta essere diversa,era ossessionato da lei a causa di un trauma subito da giovane. Ma l’ossessione può essere osservata attraverso due prospettive: dalla prima come malattia,dalla seconda come amore malato e malsano. Ma chi dice che l’amore debba essere obbligatoriamente sano?” mi interruppi,riprendendo fiato,e notai come tutti pendessero dalle mie labbra,perfino il giullare di corte Jason Thorpe.
“Non la credevo dotata di..” cominciò Darcy. “Intelligenza?” lo interruppi io,compiaciuta. “Libidine” mi corresse lui,sorridendo.
In quell’istante,durante quel botta e risposta,il resto della classe sembrava scomparso. C’eravamo io,lui,le mura e null’altro. Persino il banco posto a dividerci pareva nulla più che un mero ricordo. Ma l’idillio fu presto spezzato da vari colpi di tosse provenienti dai nostri indesiderati spettatori.  La lezione dunque riprese,ma quegli occhi d’ambra non smisero di guardarmi per tutta l’ora seguente.

Suonata la campanella mi alzai,pronta a tornare finalmente alla relativa pace della mia dimora,ma ancor prima di poter formulare tale pensiero venni tirata per un braccio da una mano rude “Brooks,ricordi che anche ipocrisia e superficialità oscurano qualunque caratteristica positiva” sussurrò il professor Darcy,guardandomi per un secondo e voltandosi poi,indifferente,verso la finestra. Avvampai di vergogna senza pronunciar parola e,rimasta un attimo inerme ad osservare la sua figura slanciata e definita,lo imitai,voltandomi e raggiungendo il parcheggio.

“Elizabeth,come va con i compagni?” urlò mia madre dalla cucina,impegnata a destreggiarsi tra i fornelli.
“Mmh” grugnì io,accendendo il portatile e posizionandolo sulle mie gambe.
“E col tuo George?” urlò ancora,con voce tenera.
La mia espressione vagava tra lo schifato,il confuso e l’incredulo.
“Dio,mamma,non è il mio George e mai lo sarà. Che problemi avete tutti?” urlai di rimando,sospirando pesantemente.
Il mondo pareva essersi coalizzato per minare la mia sanità mentale.
Tra me e George Williams era assolutamente e categoricamente finita. Ma gli altri,chiaramente,la pensavano in modo diverso.
Mi collegai con riluttanza su Facebook,già pronta alle centinaia di notifiche accumulate in varie settimane d’assenza.
Ma fu un messaggio ad attirare la mia attenzione.

Mr Who scrive:
Ciao,Lolita.
  
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