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Autore: violet112    15/01/2014    3 recensioni
Storia nei limiti della decenza,che non cade nel volgare.
I cliché saranno tanti e il mio amore per Jane Austen sarà quantomeno evidente.
Elizabeth Brooks,studentessa diciannovenne colta,intelligente e arrogante; William Darcy,professore ventisettenne colto,intelligente e arrogante. Una bomba ad orologeria,dunque.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Probabilmente penserete che io sia pazza a tentare di scrivere contemporaneamente tre storie. E,per l'appunto,sì,sono assolutamente folle.

Capitolo 1 – Changes are difficult. Or not?

Il momento della mia morte si avvicina.
Ebbene si,ho tentato di rimandarlo in ogni modo,con ogni espediente,con ogni sotterfugio e stratagemma. Ma quel momento è lì,dietro l’angolo,ad attendermi. A nulla valgono gli sforzi,a nulla valgono neppure i pianti,le urla,la disperazione. Mi attende,è alle porte. Ed io,seppur determinata e testarda,non posso far niente.
Da come vanno queste cose,nonostante la speranza riposta in un rapimento alieno o in una catastrofe naturale,ho la dolorosa consapevolezza che la mia vita non si prolungherà oramai per più di qualche mese.
Maturità.
Anni ed anni di problemi,di crisi,di cambiamenti,di amori,di amicizie,di pianti e di sorrisi,tutti racchiusi in una sola parola. Maturità.
Ma,in questo caso,la mia preoccupazione più grande non sono né i cambiamenti,né le responsabilità. Solo e semplicemente gli odiati e temuti esami.
Com’è possibile,per un normalissimo essere umano,benché di intelligenza al di sopra della media,studiare l’intero programma di un anno in poche settimane? Non me ne capacito e mai ci riuscirò.
Inoltre,ad aggravare ulteriormente la situazione,il professore di lettere,il mio stimatissimo signor Coen,verrà sostituito per l’intero anno scolastico da un supplente. 
Un supplente.
E  dunque,mi chiedo io,come può,un semplicissimo supplente dalla preparazione mediocre,caricarsi il peso di un programma dell’ultimo anno di liceo e,cosa più importante,di una classe sconosciuta e scapestrata?
Semplice. Non può. Ed è quantomeno illogico anche solo pensarlo.
Da divoratrice di libri quale sono è per me inconcepibile accettare un surrogato di professore ventisettenne.
Cosa sono,al giorno d’oggi,ventisette stramaledetti anni?
Sono esattamente otto anni più dei miei. Quindi nulla.
Un bambino che insegna ad altri bambini.  Improbabile,no?
Tuttavia è la realtà quella di cui vi narro. La mia inaudita e inverosimile realtà.
Ed ho l’assoluta e categorica certezza che,presto o tardi,necessiterò di uno psicologo per placare la mia imminente crisi.
Fino ad allora,però,tenterò di contenere i miei accessi d’ira e comportarmi come la Lyssa di sempre.
“Hai dormito bene,cara Lyssa?” mi chiese Charlotte,canzonatoria.
Dal canto mio grugnì qualcosa,irritata,e risposi a tono.
“Meravigliosamente,cara Char” la guardai e,alzando gli occhi al cielo,provocai in lei una risata convulsa.
“Che caratteraccio. Non cambierai mai” disse spintonandomi scherzosamente.
  • Cosa c’è di male nell’essere scontrosa,permalosa,talvolta aggressiva e indisponente? Assolutamente nulla – pensai.
“Cambierò,te l’assicuro. Ma non prima d’aver raggiunto i novant’anni e aver compreso che nella vita è necessaria dolcezza e comprensione,condita da unicorni rosa e arcobaleni” risposi io,mostrando un sorriso compiaciuto ad una Charlotte consapevole di dover battere in ritirata.
Posteggiata l’auto nel parcheggio riservato agli studenti ci avvicinammo cautamente all’interno dell’edificio,guardandoci attorno e tentando disperatamente di non attirare l’attenzione di Lydia Collins,una poco signorile ragazzina del secondo anno,i cui unici interessi potevano venir riassunti in due semplicissime e banali parole: ragazzi e popolarità.
Perché si sa,è consuetudine che ogni scuola che si rispetti debba avere la propria dose di ragazze dai facili costumi,rigorosamente accompagnate da ragazzi il cui cervello è,con molta probabilità,rintanato nei meandri delle mutande.
E,nonostante i giornalieri tentativi di fuggire da tali sconvenienti conoscenze,di sovente ero costretta a ritrovarmele di fronte.
“Non avete idea di quanto vi invidiamo” urlarono in coro le gemelle dell’orrore,Kitty e la già citata Lydia,sbucando dal nulla e scandendo con flemma ogni parola. “Un ragazzo del genere è una benedizione del cielo. Cioè,dovrete passarci l’intero anno,ve ne rendete conto?” disse Lydia,con la consueta faccia di chi è in agonia. La gemella numero due si limitò ad annuire compiaciuta,girandosi poi a ridacchiare immotivatamente con l’amica.
“Di grazia,sareste così cortesi da spiegarci di cosa diavolo state blaterando?” chiesi io,con celata irritazione. Irritazione che,per l’appunto,riuscivo a camuffare in maniera ineccepibile col sarcasmo.
“Quanto siete ingenue. Il supplente,e chi altri sennò,sciocchine” esordì Midge,degna migliore amica di Barbie.
“Sarà un anno super eccitante,non credete?” concluse Barbie,sorridendo maliziosamente all’amica.
Extraterreno,oserei dire” mi intromisi io,portandomi una mano sul cuore e schiacciando falsamente l’occhiolino alle due.
Presi per mano Charlotte e insieme ci allontanammo dalla zona minata,raggiungendo gli armadietti,finalmente al sicuro.
L’aria era elettrica,quel giorno. Utilizzando una frase fatta,come la quiete prima della tempesta,e non dopo.
I ragazzini del primo anno,naturalmente,rimanevano in disparte,spauriti e confusi,così come quelli dell’ultimo vagavano per i corridoi con aria di strafottenza e superiorità. Tutto normale,a vista d’occhio.
Ma era l’aria,l’aria che si respirava,che era diversa.
Qualcosa,quell’anno,sarebbe cambiata. In meglio,speravo.
I diciannove anni erano cominciati per me come un supplizio. La separazione dei miei,il matrimonio di mia sorella Jane,la morte del piccolo Jhon,mio amatissimo cane. Ma è dal letame che nascono i fiori,no?
E così tentavo di rialzarmi ripetendomelo di continuo ed evitando,appositamente,di pensare alla frase “al peggio non c’è mai fine”.
Perché,prima o poi,tutto giunge al termine,perfino la sfiga. O almeno così credevo,prima di conoscere il professor Darcy.
 
Giunte finalmente in classe ci preparammo per l’inizio ufficiale del secondo mese di scuola. Prima ora: naturalmente,letteratura inglese.
“Brooks” mi salutò George,la cui popolarità superava di gran lunga l’intelligenza.
“Williams” ricambiai,distogliendo lo sguardo e sedendomi accanto a Charlotte.
Tra me e il suddetto ci fu una storia,in passato. Due anni di tira e molla,dal primo al terzo anno,conclusi con la decisione comune di mollarci e dimenticare. Il tutto non mi procurò alcuna sofferenza o delusione,ciononostante averlo vicino mi suscitava,ancora,una certa agitazione.
Posizionati i libri sul banco adiacente a quello di Charlotte,distolsi lo sguardo da un Williams in piena contemplazione della mia figura.
“Ancora Williams?” domandò Char,sottovoce.
“Non esiste nessun “ancora Williams”,Char. Tra noi è finita tanto tempo fa. E,finanche dovesse scatenarsi sulla terra una catastrofe nucleare e restassimo solamente io e lui,preferirei accoppiarmi con un qualche tipo di vegetale; il che,come ben sai,è quantomeno improbabile” risposi,sistemandomi i capelli con veemenza e non poca agitazione. La breve risposta della mia amica fu uno schiocco di lingua,come a smentire le mie supposizioni.
Ponendo così fine al discorso piantai gli occhi fuori dalla finestra,osservando le nuvole cariche di un temporale imminente,il che,a pensarci bene,rispecchiava a pieno il mio umore.
Tutti gli studenti,nel frattempo,estremamente sovreccitati per l’arrivo del nuovo professore,restavano in piedi a parlottare e spettegolare tra loro. – Ormoni – pensai con un ghigno.
E fu allora che arrivò,in tutta la sua incredibile e inumana bellezza. Bello,giovane – mediocre – aggiunsi tra me e me.
Pelle diafana,capelli nero corvino,labbra carnose,occhi non verdi,non marroni,ma di pura ambra. Un metro e ottanta circa di assoluto splendore,spiacevolmente coperto da semplici jeans e camicia nera.
 
Si fermò per qualche secondo sulla soglia,tenendo con la mano la borsa a spalla contenente i libri,e ci osservò uno per uno con insistenza. Le studentesse trattennero il fiato,gli studenti sbarrarono gli occhi. Dal canto mio,invece,imbarazzata da quell’atteggiamento e,specialmente,dalla bellezza di costui,mi voltai ad osservare ancora una volta il panorama fuori dalla finestra,con l’estrema convinzione che quello non raggiungesse neppure la mediocrità intellettiva.
Avvertii dei passi,un leggero tonfo sulla cattedra,e ancora passi,che si interrompevano di momento in momento. Stava.. Passeggiando?
“Non ci sarà asineria,impreparazione o ignoranza in questa classe. Non ci sarà impertinenza,arroganza o disinteresse. Chi dimostrerà di possedere capacità superiori,che non si limiteranno al ripetere a memoria le lezioni,supererà l’anno. Al contrario,chi non sarà in grado di soddisfare questa banalissima richiesta,verrà sbattuto fuori senza alcuna clemenza. Mi auguro di essere stato piacevolmente limpido e di aver chiarito,come meglio vi aggrada,ogni sorta di dubbio” esordì d’un fiato il professore,poggiando una mano sul banco di Mary,la quale,trovandosi in prima fila,era vittima diretta della follia di ogni insegnante.
“Dimenticate il programma” proseguì lui “Studieremo gli autori inglesi che più stimoleranno il vostro esiguo intelletto”.
Esiguo intelletto? Avrei potuto arricchire quello altrui con centinaia di autori presumibilmente sconosciuti a tutto il corpo studentesco. La bomba dentro di me era ormai innescata,e avrei dimostrato a quel rimpiazzo di possedere capacità certamente superiori alle sue limitate conoscenze universitarie.
“Signorina” riprese Mr Darcy,mentre io,indifferente,ero intenta a focalizzare la mia attenzione sulle goccioline che si infrangevano sulla finestra “Stimolo in maniera discutibile la sua attenzione?” domandò,avvicinandosi a passo svelto agli ultimi banchi.
“Lyssa” mi richiamò Charlotte sottovoce,attirando la mia attenzione.
Una mano si poggiò sulla superficie del mio banco,e il professore si piegò alla mia altezza. Mi voltai,piantando gli occhi nei suoi,e una scarica attraversò il mio esile corpo. Quegli occhi erano così,così – arroganti,autoritari,altezzosi – belli.
Mantenni alla meno peggio la compostezza “Prego?” chiesi,sostenendo il suo sguardo magnetico.
“Mi spieghi come dovrei riuscire a suscitare il suo interesse. Magari,sbattendola fuori seduta stante?” chiese con presunzione,distogliendo gli occhi un istante e mostrandosi dunque titubante.
Era guerra.
“L’interesse è qualcosa di relativo,non crede?” dissi io,spintonando leggermente il banco ed alzandomi “Se proprio devo uscire,non credo sarà un grosso problema. Sto morendo di fame” conclusi,sorridendo falsamente e mantenendo la posizione d’attacco.
“Bene,ragazzi” esordì lui “Questo è ciò che non dovete fare. Grazie per l’improvvisazione,signorina..?”.
“Brooks” risposi esitante,non comprendendo a pieno il senso della frase.
“Adesso si sieda,signorina Brooks” concluse,sottolineando con enfasi il mio cognome.
Ci guardammo per un ultimo istante,prima di riprendere le nostre postazioni e cominciare la prima lezione ufficiale di un nuovo e complesso programma e,inconsapevolmente,di una nuova e complessa vita.

 
  
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