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Autore: Viviane Danglars    02/06/2008    2 recensioni
[ Ora non ci sono più bugie o segreti o piani. E’ tutto dichiarato, ora, non dobbiamo più fingere. Tu non devi fingere che io non ti faccia paura, io non devo fingere di essere una brava persona, e nessuno dei due deve fingere di curarsi della felicità dell’altro. ]
» Gin/Ran; spoiler per la fine della Soul Society Arc. Come ci si poteva aspettare, né Rangiku ha capito Gin, né lui ha capito lei.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gin Ichimaru, Rangiku Matsumoto
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccola nota: uno, no, non leggo Vampire Knight, ma adoro quella frase. XD Due, se volete un sottofondo musicale per questo capitolo, cercate Air du Grand Prieur di Satie.
Buona lettura. :)


2.
Let us do the most unforgivable thing


Dove diavolo vuoi andare? »

… Una domanda lecita sarebbe chiedersi perché sono qui.
La Soul Society dorme sotto un cielo tinto svogliatamente di blu. Chiunque abbia provveduto ai colori, non si è dato un gran da fare: a metà della notte, le tinte sono slavate, la luce è forte, e ci sono molte stelle dal brillio minuscolo e penetrante, gettate disordinatamente tra nubi sfilacciate e contorte.
Nessuno fa caso a me; si potrebbe dire che sto facendo una passeggiata. Ho attraversato il muro senza problemi, ed ora cammino tranquillamente sulle tegole, senza fare rumore.
Sono vestito di bianco: se non fossimo degli shinigami qualcuno potrebbe prendermi per un fantasma. Scontato, ma vero.
Sono un fantasma che ritorna…

Rangiku mi sta sognando. Ne sono quasi certo, anche se, in realtà, non mi piace essere certo delle cose; si viene sempre smentiti. Ci si lascia cogliere di sorpresa, e si sbaglia. Ma non penso di sbagliare in questo caso.
Sento l’aria tra i capelli, ed ha un che di liberatorio. Mi fa venire voglia di estrarre Shinsou e farla respirare. E’ una sensazione piacevole soprattutto perché, da qualche tempo a questa parte, la noia mi perseguita: lo Hueco Mundo non è un grande divertimento. E’ piatto, bicromatico, gli Hollow non sono simpatici, gli Arrancar ancora meno e gli Espada si vantano troppo. Per quanto divertente sia studiarli, finiscono col risultare noiosi dopo i primi esami.
E comunque non mi trovano simpatico.
Almeno, prima di andarmene dalla Soul Society, c’era stato un po’ di movimento; quel simpaticone del Capitano Dieci aveva anche provato ad ibernarmi…
Ah, giusto. E’ stato proprio qui, qui dove sono ora. Delicatamente poso i piedi uno dopo l’altro, senza produrre alcun rumore. Sono sul tetto di questo vecchio dojo; io ero in questo punto, Hitsugaya era alla mia sinistra con quel suo bankai così appariscente, e laggiù, a terra, c’era Hinamori…
E poi sei arrivata tu. Hinamori dovrebbe esserti grata; le hai sicuramente salvato la vita. Non avevo la minima voglia di fermarmi e non avrei ritirato la mia spada se sulla mia traiettoria non ci fossi stata tu.
Osservo ancora un po’ quel punto – lo ricordo bene – prima di muovermi di nuovo. La mia velocità è tale che a malapena percepisco lo spostamento d’aria; da fuori, ne sono consapevole, sembro sparito per merito di qualche incantesimo.
Quanto tempo è passato da quando anch’io, per la prima volta, ho guardato a bocca aperta uno shinigami usare lo shunpo?
Eravamo dei bambini, Rangiku…

Sembra davvero che qualcuno abbia usato pennellate distratte di colore lunare e bluastro sulle mura della tua stanza. Prima i miei piedi, poi le mie dita si posano sul bordo della finestra. Stai dormendo; ma sembri infastidita dall’improvviso venir meno della luce della luna.
Scivolo dentro, sul pavimento, e poso la mia arma senza distogliere lo sguardo dalla tua sagoma sotto le coperte. Ho cercato un ripiano qualsiasi, senza guardare cosa vi fosse sopra, ma quando rivolgo un’occhiata distratta in quella direzione rimango per un istante a fissare la mia mano – è bianca come gesso, in questa luce, sottile come se fosse fatta soltanto di ossa – e la mia lama sul tessuto rosa della tua sciarpa, piegata con cura prima di andare a dormire. Sorrido. I nostri oggetti sono posati l’uno vicino all’altro, come se dovessimo unirci pacificamente nel sonno, e svegliarci assieme l’indomani. Come se ci fosse anche solo un briciolo di tempo, o di normalità.
Sposto di nuovo lo sguardo sulla tua sagoma nel letto, avvicinandomi lentamente, intruso in un luogo che non è mio. La vorresti, la normalità, Rangiku? E’ forse questo che ti sto sottraendo infilandomi nei tuoi pensieri? Vorresti molti amici, divertimento, e ogni tanto un Hollow da abbattere per poi berci su…
La tua vita com’è ora, è già così. Hai già ciò che vuoi, è già tutto perfetto. Ma allora perché ti disturbi a chiamarmi con i tuoi desideri?
Sussurro parole chinandomi su di te, incuriosito dalla possibilità che ti svegli. Potrei morderti, ucciderti, rapirti. Sono curvo su di te come un mostro che spaventa i bambini nella notte, grottesco e dai molti artigli, già pronto a rubarti il respiro. Ma preferisco farti qualcosa che non potrai negare di avere desiderato.
- Gin… - sussurri aprendo gli occhi. Poso l’indice sulle tue labbra. La luna proietta l’ombra del mio dito, innaturalmente lunga, sulla parte sinistra del tuo viso. Quasi copre il piccolo neo che hai sul mento.
Quel neo è un dettaglio che mi è sempre piaciuto.
Per un istante, i tuoi occhi sono annebbiati dal sonno, e paiono di un azzurro più scuro. Li posi su di me e sono certo che sei semplicemente felice di vedermi. Potrebbe essere come quando eravamo bambini, ricordi?, ed io mi occupavo di te, e ti svegliavo al mio ritorno, e anche allora eri felice di vedermi.
Ma in un istante il tuo sguardo si indurisce, l’azzurro è nascosto dal muro ostile delle tue ciglia nere e non ti curi della mia carezza sul tuo labbro inferiore mentre ti volti di scatto, una sola mano allenata che corre a raggiungere Haineko e la solleva puntandola al mio collo.
Non mi muovo, e non parlo, e sono sicuro che questo ti irriti particolarmente. Hai reagito come deve fare un vicecapitano del Gotei 13 di fronte ad un nemico, ma vuoi veramente colpirmi, ora che te l’ho lasciato fare? Non credo.
- Cosa fai qui? Cosa vuoi? – sibili, premendo di più la lama. Si trova sotto la mia nuca, sopra il collo, anziché puntata alla gola. Come mai? Non volevi che ci fosse qualcos’altro tra noi due, mh?
- Perché fai queste domande, Ran-chan? – rispondo, con un briciolo di curiosità.
Non lo sai cosa voglio, Ran-chan?
Qualcosa muta nella tua espressione, la tua fronte è corrugata, e i capelli sono spettinati. Li sento, mi sfiorano i polpastrelli mentre ritiro la mano dalla tua bocca, dal tuo mento. Prendi un brusco respiro quando smetto di toccarti, ma non ti muovi, se non per stringere con più forza – è un segno di insicurezza, Rangiku, non lo sai? – la mano sull’elsa della spada.
- Vattene – sibili. La tua voce è roca, bassa.
Io sorrido, non posso davvero farne a meno, credimi, e poso dieci fredde punte di dita sulle tue clavicole, strappandoti un sobbalzo di sorpresa.
So perché sei sorpresa. E’ divertente sapere che chiunque altro lo sarebbe quanto te.
Tra i tuoi colleghi shinigami, sia che pensino al nostro rapporto solo come una vecchia amicizia, sia che ci credano amanti – il che di solito si accompagna ad una scarsa stima di te, sfortunatamente – nessuno ha mai intuito la verità. Non ce n’è uno, tra quegli integerrimi paladini della giustizia, che ci abbia concesso il beneficio del dubbio. Che direbbero se sapessero che il provocante luogotenente Matsumoto è sentimentalmente coinvolto con qualcuno al quale è riuscito, al massimo, a strappare una carezza, un bacio, un qualche gesto sempre sporcato dalla fretta, dall’ambiguità, dall’incomprensione?
Ti chiedi perché vengo da te solo ora, Rangiku?
La risposta è semplice.
- Vattene – ripeti. Sento i tendini sotto le dita; il mio tocco è qualcosa di simile ad una carezza, ma non è gentile, sul tuo collo, sulla scollatura del tuo kimono.
- Non dovresti chiedermi di andarmene, Ran-chan… sarebbe meglio che mi catturassi o mi uccidessi, non credi? -
E’ vero, ma non vuoi farlo, per questo non rispondi.
Oh, Rangiku. Non è meraviglioso? Non senti quanto è meglio, ora?
Ora non ci sono più bugie o segreti o piani. E’ tutto dichiarato, ora, non dobbiamo più fingere. Tu non devi fingere che io non ti faccia paura, io non devo fingere di essere una brava persona, e nessuno dei due deve fingere di curarsi della felicità dell’altro.
Che tu mi desideri, Ran, che io ti desideri, è sempre stato ovvio, ma non siamo mai stati altruisti, noi due. Ti ho protetto dalla fame e dal freddo e forse lo farò ancora in futuro, e tu mi hai dato i tuoi sorrisi, e carezze col palmo morbido delle tue mani, e insieme abbiamo trovato calore nella nostra piccola casa di legno, ma sarebbe sciocco chiedere a noi stessi qualcosa di più. Io non lo voglio, Ran. Non mi serve. Non dobbiamo fingere di essere persone per bene.
Non dobbiamo fingere che ci importi di qualcos’altro, di qualcun altro. Possiamo essere noi stessi; io non ti voglio diversa. Non dobbiamo fingere. Andiamo bene così.
Mi chino, sfuggendo al tocco freddo di Haineko sul collo, senza preoccuparmi della spada perchè so bene che tu non reagirai. Poso le labbra sul tuo sterno.

Ran, facciamo la cosa più imperdonabile di tutte.
   
 
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