E fu beato oblio
Esci
dalla mia testa, Ginny Weasley!
Pensò Harry Potter dandosi un leggero colpo in
testa. Sapeva di non poter pensare a lei: doveva dimenticarla, come se
non
fosse mai entrata nella sua vita. Il semplice fatto che il suo cuore
battesse
più velocemente quando la pensava poteva metterla in
pericolo e Harry non
poteva permetterlo. Perché l’amava, davvero. Molto
più di quanto quella ragazza
potesse credere. Tentò di pensare ad Hogwarts o al
Quidditch, tentò di
ricordare la Coppa del Mondo a cui aveva assistito
nell’estate tra il suo terzo
e quarto anno, tentò di tornare con la mente al Ballo del
Ceppo, ma niente; qualunque
suo pensiero, anche il più stupido, prendeva la forma di una
ragazzina di
appena sedici anni, coi capelli rossi, gli occhi marroni e il profumo
di fiori.
Esci
dalla mia testa, Harry Potter!
Pensò Ginny Weasley, prendendo a pugni il suo
cuscino e trattenendo un urlo di rabbia. Sapeva che non le era concesso
anche
solo pensare al suo amato, poiché quest’ultimo
aveva ben pensato di piantarla
in asso dopo essersi accorto di essere un pericolo per la sua
incolumità. Ma chi se ne frega,
per mille Ippogrifi! Urlò
una voce nella testa della giovane e lei sbuffò, buttandosi il
mal capitato cuscino
in faccia. Voleva pensare ad altro: ai vestiti, al Quidditch, ad altri
ragazzi,
ai combattimenti. Ma ogni suo pensiero prendeva la forma di un ragazzo
di quasi
diciassette anni, con i capelli neri che sembravano non aver mai visto
un
pettine, gli occhi color verde smeraldo, l’animo da
Grifondoro e quella
cicatrice, quella dannata cicatrice a forma di saetta che –
per quanto potesse
essere bella anch’essa per quell’innamorata di
Ginny – aveva rovinato la loro
vita.
Ginny
sistemò il cuscino sotto di lei e, senza nemmeno curarsi di
infilarsi il
pigiama, cadde nelle braccia di Morfeo.
Per
Harry, invece, dormire non fu così semplice. Oh, no. Non era
certo colpa del
russare di Ron. Magari fosse stato così. La
realtà era che non riusciva a
smettere di pensare a quella ragazza.
Chi
sei tu che, con arroganza, ti diverti a
impersonare i miei desideri più segreti?
Sbuffò,
fissando il paesaggio che si poteva intravedere dalla finestra. Non che
si
vedesse un granché, sia chiaro. Ormai era notte, Harry
suppose che fossero le
due o le tre. Il tempo era volato mentre la sua mente si rifiutava di
elaborare
qualsiasi cosa che non c’entrasse con Ginny, con le sue mani
morbide, i suoi
occhi penetranti e lo sguardo duro ma raggiante.
Ripensò
al loro primo bacio, nella Sala Comune: davanti al fratello della
ragazza che,
felicissimo, innalzava la Coppa e al suo ex ragazzo, Dean, che sembrava
voler
spaccare qualcosa. Non si rese conto di niente in quel momento,
semplicemente
la creatura che aveva nel petto prese il sopravvento e lo spinse a
poggiare le
labbra secche su quelle umide e morbide di Ginny.
Ricordò
con un sorriso amaro tutte le volte in cui l’aveva trovata a
baciare ininterrottamente
i suoi ragazzi, tutte le volte in cui voleva prenderli e lanciar loro
dei
Cruciatus.
Si
passò una mano fra i capelli in disordine mentre, con un
tuffo al cuore,
ricordava il funerale di Silente quando, fra il dolore e il buon senso,
lasciò
andare l’unica cosa che aveva davvero voluto in vita sua.
Verso
le 03:20 Ginny Weasley si svegliò di soprassalto. Aveva la
sensazione
d’angoscia e di pesantezza nello stomaco che si sente sempre
dopo aver avuto un
incubo. Ma non ricordava nemmeno cos’avesse sognato.
Ricordava il nulla, come
se nel suo sogno non ci fosse stato niente. Nemmeno Harry. Forse era
quello il
motivo che l’aveva reso un incubo.
Si
alzò a mezzo busto e si scostò, silenziosamente,
le coperte da dosso. Si alzò
in punta di piedi ed entrò nella camera di suo fratello Ron,
dove dormiva anche
Harry. Il suono della porta che si apriva fu quasi impercettibile e
nessuno dei
due ragazzi se ne accorsero. Perlomeno, Ron era preso completamente dal
suo
sonno.
Invece,
nell’altro letto, Harry non c’era. La ragazza
alzò lo sguardo, riuscendo a
notare una figura appostata davanti alla finestra e lo riconobbe. Si
avvicinò
al Prescelto e, silenziosamente, gli prese la mano e la strinse.
Harry
non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi fosse: il tocco fragile e
delicato
di Ginny Weasley era ben riconoscibile, per non parlare del profumo di
fiori
che lo inebriava ogni qualvolta che si trovava accanto a lei.
Le
lasciò la mano, solo per poggiarla sulla sua spalla e
stringerla a sé. Nascose
il viso fra i suoi capelli rossi ed inspirò
l’odore fresco di essi, chiedendosi
se – dopo quella volta – avrebbe potuto farlo
nuovamente. Avrebbe vinto contro
Voldemort? Sarebbe riuscito a condurre una vita normale con la sua bella
Ginevra? Gli sarebbe piaciuto sposarsi, avere tre figli: magari con i
capelli
rossi e costantemente in disordine. Magari con gli occhi verdi, con
il
carattere dei Malandrini. O forse sarebbero stati tranquilli, diversi
da lui.
Non avrebbero avuto nessun peso sulle spalle, nessuna missione, nessuna
ricerca. Niente di niente.
Voltò
leggermente lo sguardo per guardare la ragazza che, ad occhi chiusi, si
impegnava ad accarezzare i capelli neri del suo amato. Poi, come
risvegliatasi
da un sogno, avvicinò di più il suo viso e
baciò il ragazzo con una dolcezza
quasi sconosciuta.
Ti
amo, Harry. Pensò
Ginny con una nota di tristezza, cosciente che quello sarebbe
potuto essere l’ultimo bacio che si sarebbe scambiata con
Harry prima della
fine della guerra, o anche l’ultimo e basta.
Ti
amo, Ginny. Pensò
Harry, senza il minimo desiderio di allontanarsi dalla rossa.
Continuarono a baciarsi per quelli che potevano essere minuti, ore. A
loro non
importava. Il tempo, il mondo intorno a loro si era fermato.
E
fu beato oblio.
LUMOS!
Fanfiction nata così, di getto. Si è scritta praticamente da sola. So che può sembrarvi smielata, lo è anche per me. Ma mi piace così. L’amore tra Harry e Ginny è stupendo così, smielato e tormentato. Un amore quasi impossibile, ma pur sempre un amore. Per questo li amo così tanto e ho amato scrivere questa one-shot. Spero piaccia anche a voi.