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Autore: ArwenNymeria    17/01/2014    0 recensioni
- So che può sembrare scontata, la solita storia su un Sangue di Drago e forse è così...Ma non fermatevi ai primi capitoli perché questa storia è leggermente diversa e spero vi piaccia. I primi capitoli sono un po' il prologo di tutto ciò che arriverà dopo. Vi ringrazio in anticipo. -
Molto tempo è passato dalla vittoria di Ulfric e dalla sconfitta di Alduin. E' la 5 Era in Skyrim e dopo numerosi problemi di vario genere si è ristabilito una sorta di equilibrio. Eppure qualcosa sta per minacciare di nuovo Tamriel, qualcosa che tutto il popolo sperava sopito per ancora molto tempo.
"Fu così che lo comprese.
Fu così che crollò tutto come un castello sotto il peso degli antichi draghi. Tutto era sempre stato chiaro, a un passo dalla sua comprensione, eppure Ros aveva sempre negato l'evidenza forse solo inconsciamente, rendendo così la scoperta più dolorosa di un pugnale nel ventre."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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http://www.youtube.com/watch?v=YPZtRmx1Dyk

    5E 177 – Primo Seme




Un contadino, un fabbro e due cameriere della locanda erano in piedi davanti alla bambina. Il fabbro teneva le braccia incrociate sul petto, una delle donne aveva una mano sul cuore, con un'espressione addolorata. Il fuoco scoppiettante al centro della locanda scaldava le ossa della ragazzina ancora tremante, ma non di freddo.
«Povera piccola, nessuno ti ha detto di non aggirarti da sola per i boschi?»
La piccola aveva i capelli arruffati, di un nero talmente profondo da sembrare quasi frutto di un sortilegio.
«Mi chiedo solo cosa dovremmo farne di lei. Lo Jarl non credo abbia voglia di ascoltare una delle numerose storie sugli orfani», bofonchiò il fabbro.
Una delle guardie entrò dalla porta cigolante della locanda e si avvicinò agli altri.
«Qui non si parla di un'orfana qualunque», proseguì una delle donne, quella che fino ad allora era stata in silenzio, con un'aria dura, da vera Nord, «qui si parla di una bambina spuntata dal nulla che è sopravvissuta a due mannari e ha usato la Voce per difendersi.»
Tutti gli adulti nella stanza si guardarono, il contadino scosse la testa e il fabbro guardò il soffitto con aria pensierosa.
«Dovremmo portarla dallo Jarl, il ritorno di un Sangue di Drago non porta nessuna buona nuova.»
Le parole del contadino parvero raggelare ognuno, persino il grande fuoco intorno al quale si erano stretti.
«Oh suvvia, non spaventatela, mi sembra già fin troppo esangue. Piccola,», la donna che fino ad allora la aveva guardata con fare preoccupato si chinò di fronte a lei e le pose le mani sulle ginocchia ora coperte da un paio di braghe consunte.«Potresti ripeterci il tuo nome?»
La bambina strinse i denti e guardò uno ad uno i presenti, si soffermò più a lungo sulla guardia che la fissava algida dietro alla celata dell'elmo.
«Io...Io mi ricordo che mi sono svegliata in una grotta qui vicino. No, non era una grotta, era un tumulo. C'erano draugr, draugr ovunque... Io ho dovuto gattonare senza respirare per poter fuggire. Non so chi mi abbia lasciata lì.»
Fu allora che la bambina cominciò a singhiozzare e si portò le mani annerite sul viso.
La donna si rialzò in piedi e si avvicinò all'altra, bisbigliando qualcosa, poi si diresse verso una delle stanze.
Il fabbro aprì le braccia muscolose dopo essersi lisciato i baffi, poi le lasciò cadere lungo ai fianchi.
«D'accordo avete vinto, portiamola dallo Jarl, ma vi avverto, se vi sbatte fuori a calci io non mi impunterò. Ora torno al lavoro, quelle lame non si forgeranno da sole.»
Il Fabbro si avviò scuotendo il capo e non la degnò nemmeno di uno sguardo, una volta all'esterno tirò la porta a sé facendola scricchiolare e sbattere al contempo.
«Posso scortarvi dallo Jarl, è meglio non indugiare», suggerì la guardia che era stata in silenzio fino ad allora.
Gli altri sembrarono convinti, il tempo di prendere qualche lepre appena cacciata dal sacco da porgere come dono e lasciarono la locanda.
La ragazzina si era calmata, si sentiva tuttavia oppressa da quelle presenze indecise. Sentiva che qualcosa comunque sarebbe potuto andare storto e il 'peggiore dei casi' era persino più pauroso di due licantropi. “Mi uccideranno solo perché non riesco a raccontare la mia storia, devo fuggire e infilarmi di nuovo tra i boschi”, eppure l'idea non sembrava muovere in lei l'energia necessaria per mettere in atto un piano di fuga.


La casa lunga dello Jarl non era così grande come si era immaginata, ma Falkreath non era una grossa città, per cui anche gli Jarl dovevano essere modesti nei pensieri e nei fatti.
La mano della donna dai tratti aspri si pose tra le scapole e la spinse leggermente più avanti degli altri, forse per mostrare meglio l'oggetto della disputa. Gli occhi dello Jarl erano gelidi, di un azzurro così limpido da sembrare una porzione di cielo di Skyrim, racchiusa in un essere umano. Tutti gli Jarl erano Nord, non erano accettate eccezioni, questo la ragazzina lo sapeva bene, anche se non ricordava un accidenti di tutto il resto.
«Dunque?»
La voce profonda dello Jarl echeggiò nella sala, il suo huscarlo si portò al suo fianco, mentre il sovrintendente avanzò per osservare meglio la bambina e per afferrare il sacco e ispezionarlo. Il contadino e la donna indugiarono, così fu la guardia a parlare.
«Abbiamo trovato questa bambina poco lontano da qui, sul sentiero che porta a Helgen. E' stata inseguita da due mannari e ha rimediato un bel graffio.»
«Fatemi indovinare», lo Jarl interruppe la guardia e tornò ad appoggiare il mento sul pugno chiuso, mentre si metteva in una posa scomposta sul suo scranno, «è un'orfana e al più presto bisogna mandarla a Riften, ma nessuno per ora ha abbastanza septim per sfamarla così devo incaricarmene io.»
Lo Jarl guardo il sovrintendente e con un gesto della mano sembrò voler scacciare tutti dalla stanza, ma proprio mentre il sovrintendente stava per afferrare la bambina per un braccio la guardia fece un passo avanti e si mise in mezzo.
«Questa bambina ha usato un Thu'um, mio Jarl. Lo abbiamo visto tutti.»
Lo Jarl, che si era già voltato verso la brocca di vino, pose di nuovo il boccale sul tavolino e aggrottò la fronte.
«Per le menzogne potresti perdere il lavoro e anche alcuni benefici, mentre gli altri potrebbero perdere la lingua.»
La guardia si tolse l'elmo e riaprì la bocca, ma il contadino parlò per primo.
«Posso garantire che è vero, lo giuro su Talos, questa bambina ha urlato e ha spinto via la bestia come se una mandria di buoi la avesse presa a testate. Che i daedra mi portino subito all'Oblivion se non è vero.»
Lo Jarl si sporse sempre più in avanti e alla fine si alzò in piedi, scese gli scalini che innalzavano il suo scranno e si chinò davanti alla bambina.
«E così tu sapresti usare il Thu'um?»
Il silenzio calò, ora era il suo turno, era lei a dover parlare. Le parole però le rimanevano incastrate in gola e attaccate ai denti. Alla fine si arrese e annuì.
«Resta il fatto che sei orfana e sei sbucata da una foresta.»
La guardia si schiarì la voce e riprese a parlare.
«Da quanto ho dedotto dal suo racconto pare che sia stata abbandonata e non si sa come sia finita all'interno dello Bleak Falls Barrow, da lì poi è fuggita fino a giungere nelle prossimità della città.»
Lo Jarl sembrava sempre più scettico, eppure se ora era lì chino davanti a lei era per un motivo, anche solo una pallida curiosità.
«E' dalla Quarta Era che nessuno usa più i Thu'um, solo i Barbagrigia hanno questa enorme sapienza e questo controllo, l'ultimo Dovahkiin ha vissuto quasi cinquecento anni fa.»
«Mio Jarl, ma anche l'ultima volta il Sangue di Drago è stato qui, subito dopo essere fuggito da Helgen e dei suoi trascorsi nessuno sapeva niente, nemmeno egli stesso, che per anni ha cercato risposte e non ne ha mai avute.»
Dai membri della corte, rimasta ai lati lontani della Casa Lunga e in cima alle scalinate di legno, si levò un brusio sommesso. Lo Jarl si rialzò in piedi e i muscoli della mascella guizzarono al di sotto della pelle delle guance.
«Bleak Falls Barrow? Quel luogo è infestato da draugr e probabilmente anche da vampiri. Come ti chiami? Come ha fatto una bambina a fuggire da lì?»
La ragazzina lo fissò con aria affranta, poi provò a parlare.
«Mi sono svegliata, alle mie spalle c'era un'enorme porta di metallo nero, su di essa c'erano molti disegni. C'erano uomini che brandivano lame, altri erano riversi a terra, alcuni correvano con le braccia alzate al cielo. Poi, grande come una montagna, un drago volava sopra di essi e sputava fuoco nel cielo. C'era buio e un silenzio assordante, ho pensato di seguire l'unica via. Il corridoio che ho preso mi ha portata in una grossa sala illuminata dalla luce che filtrava attraverso una piccola feritoia nel soffitto, tramite essa sono riuscita ad aumentare il passo, ma ho anche potuto vedere le tombe aperte dei draugr che attendevano con le braccia conserte. Uno di loro camminava avanti e indietro, quasi come proteggesse qualcosa. In fondo alla sala, in un angolo c'era un muro grandissimo. Mi sono abbassata e strisciando sulle ginocchia sono passata tra di loro, giuro che non ho respirato mentre lo facevo. Poi quel muro ha cominciato a cantare. Erano echi, miriadi di voci che intonavano un canto, forse di battaglia. Una luce illuminava dei segni su quel muro, così ho deciso di avvicinarmi. E' stato allora che mi è parso che un bagliore mi avvolgesse e mi scaldasse la pelle, un attimo dopo nella mente mi turbinava questa parola, la stessa che mi è sorta spontanea prima, non so spiegarmi il perché. E non ricordo il mio nome, mi ricordo solo una voce gridare 'Vokun! Vokun!', forse mia madre, ma non ricordo, lo giuro.»
Finalmente era riuscita a raccontare tutta la storia, senza che un fabbro la interrompesse o una donna mugolasse.
Lo Jarl annuiva, alla fine del suo racconto si portò una mano sul mento e grattò la pelle sotto alla barba bionda.
«Vokun? Non ho mai sentito un nome Nord del genere», lo Jarl rimase in silenzio qualche istante e poi riprese, «C'è solo una cosa da fare, scriverò al Re dei Re, un suo avo, Ulfric, usò il Thu'um per uccidere il rivale Re dei Re. La bambina è troppo piccola per muoversi da sola per Skyrim, quindi invieremo un messaggero sia a Windhelm che a Hrothgar e attenderemo notizie. Questo consiglio è tolto, lasciate la bambina al mio sovrintendente, voi potete tornare alle vostre faccende.»
Il contadino e la donna fecero un breve inchino, il primo lasciò la Casa Lunga dello Jarl senza troppi fronzoli, la donna però salutò la bambina con un cenno del capo.


Il Sovrintendente portò la ragazzina dalle donne di corte, incaricò una delle sguattere e la cameriera personale dello Jarl di tenerla d'occhio, lavarla e vestirla. Lo Jarl era stato chiaro, quella bambina sarebbe stata trattata con riguardo, fino a prova contraria.
La sua prima notte alla corte dello Jarl fu agitata, faticò a trovare il sonno. Nella sua testa c'erano lampi di immagini sconnesse, talvolta di monti, talvolta di stelle. Il mosaico che aveva visto sembrava aver preso vita, il drago si era staccato dal metallo e volava in cerchio sopra agli uomini di piombo che gli tiravano asticelle arrugginite mentre gli altri rotolavano a terra avvolti dalle fiamme. Il grido del drago era così forte da annodargli le budella nel ventre, le spazzava via ogni pensiero e la lasciava inerme davanti alla sua maestosità. Il frastuono proseguì chiaro, ora sentiva le grida e il rumore del crepitio delle fiamme.
La ragazzina spalancò gli occhi e balzò fuori dal letto, quasi come se il drago fosse nella sua stanza. Rimase immobile e ansimante, la stanza era più buia della morte, così decise di aprire la porta e vedere se qualcuno era sveglio.
Percorse a piedi nudi il corridoio di nuda pietra, poi in cima alla scala quasi inciampò. La stanchezza sembrava incatenargli le membra in una morsa solida, la ferita sulla schiena bruciava più del sole. Scese le scale una ad una, il legno scricchiolava sotto ai suoi passi. La Casa Lunga era avvolta nel silenzio.
«C'è nessuno?», pensò di aver solo bisbigliato, ma la sua voce si espanse nella sala principale come un'onda.
Tutti stavano riposando, non voleva sapere cosa le sarebbe accaduto se per sbaglio avesse svegliato lo Jarl nel cuore della notte.
L'aria si era fatta soffocante, abituata com'era al fresco delle ultime notti nella foresta, quel fuoco acceso le si era stretto attorno alla gola come un serpente.
Passo dopo passo raggiunse la porta di ingresso, voleva solo prendere una boccata d'aria e le guardie avrebbero anche potuto scortarla se proprio avessero avuto timore di una sua fuga.
Quando aprì la porta però ogni facoltà di pensiero si schiantò con un tuffo attraverso la gola e le esplose nel petto. Un senso di vuoto e poi di terrore la colse.
La città era silenziosa, fumo nero si levava dai tetti, alcune fiamme quasi spente stavano divorando ciò che rimaneva di un orto. E c'era sangue, sangue ovunque. I soldati giacevano al suolo in pose inumane, ad alcuni mancavano parti del corpo. La bambina alla vista si ritrasse e vomitò. Aveva così paura che non ebbe nemmeno il coraggio di chiamare qualcuno. La voce le si era spenta, quasi come l'aria era spirata dai suoi polmoni senza più ritornarvi. Si allontanò dalla Casa Lunga per raggiungere la locanda, i suoi passi erano incerti e il dover scavalcare i cadaveri le faceva sentire un dolore indescrivibile al centro del ventre.
Fu allora che vide lo Jarl, era seduto contro un muretto di recinzione con gli occhi sbarrati mentre tossiva e un rivolo di sangue continuava a scendere da un lato della bocca.
La bambina corse subito verso di lui e gli si inginocchiò si fianco non sapendo assolutamente cosa fare.
Lo Jarl sembrava atterrito, non riusciva a parlare, i suoi occhi spalancati forse vedevano già la morte arrivare lenta e volevano fare di tutto per fuggire.
«Cosa posso fare io...io non lo so! Dimmi qualcosa!», le sue piccole mani si spostavano lungo il corpo dello Jarl senza davvero toccarlo.
In quel momento però la bambina si soffermò sullo sguardo di ghiaccio dello Jarl, era distante miglia eppure così vicino, fissava la notte alle sue spalle, vedeva forse l'oscurità. L'orrore di un sospetto le raggelò la schiena e le punse la ferita con mille spilli: lo Jarl non stava guardando il vuoto, c'era qualcosa alle sue spalle, ma non era la notte.
La ragazzina si alzò lentamente, tremando. Tenne gli occhi fissi sullo Jarl mentre ruotava tutto il corpo, infine raccolse tutto il coraggio che non credeva di avere e guardò. Un drago, un drago grosso il doppio di una casa era in piedi poco lontano da lei e ora aveva lo sguardo fisso nel suo, gli occhi gialli della bestia sembravano averla già divorata fino nel profondo dell'anima, il petto infuocato si gonfiava e si sgonfiava a ritmo del respiro, sembrava che qualcuno stesse soffiando sulle braci prima dell'estinzione. Il drago abbassò il collo possente e portò la testa gorgogliando davanti alla bambina e poi soffiò aria bollente dal naso. Le braccia nude della ragazzina divennero rosse, ma il dolore della bruciatura sembrò lontano. L'enorme bestia spalancò le fauci, poi un ringhio profondo le fece tremare la carne attorno alle ossa che si stavano ormai sciogliendo dal terrore. Improvvisamente il drago si ritrasse, fece qualche passo indietro, e poi spiccò un balzo pesante mentre sbatteva le ali. Lo spostamento d'aria quasi la fece cadere, eppure non riuscì a staccare lo sguardo dalla bestia che si allontanava gridando contro il cielo.
Subito la ragazzina tornò china di fianco allo Jarl, l'uomo qualche ora prima così maestoso, aveva le gambe ustionate e una ferita profonda sulla testa, doveva essere caduto mentre il drago sputava fuoco attorno a lui.
Lo Jarl sollevò a fatica le braccia, anch'esse ustionate, e con le ultime forze si sfilò l'anello d'oro da Jarl e lo consegnò tra le mani della bambina. La guardò forse come un padre, o forse come qualcuno che non aveva altra persona viva al fianco.
Quando ormai la desolazione della notte sembrava aver raso al suolo ogni sua speranza e anche il suo coraggio udì il galoppare sommesso di un gruppo di cavalli, udì anche degli uomini gridare e alcune frecce scoccate verso il drago ormai lontano. La bambina si alzò troppo in fretta, inciampò è cadde, ma senza quasi accorgersene era di nuovo in piedi e muoveva le braccia per farsi vedere.
«Voi là! Aiuto!»
Vide due uomini smontare da cavallo, avevano armature differenti da quelle che aveva visto fin'ora. Riabbassò le braccia e strinse l'anello in una mano. I due uomini si guardarono intorno e una volta davanti a lei aggrottarono la fronte e strinsero i denti.
«Vi prego aiutatemi! Sono morti tutti! Lui è lo Jarl!», indicò loro lo Jarl che ora sembrava rantolare, ma aveva spostato lo sguardo su di loro con aria sconfitta.
«Un drago a Skyrim, di nuovo», prese a parlare uno quasi come se non la avesse nemmeno sentita, «Ha raso al suolo Falkreath, ma se ha un nido qui tornerà presto. Dobbiamo abbattere quella bestia», l'uomo che parlò aveva una profonda cicatrice sul viso che partiva dall'orecchio e si collegava al labbro superiore. Sembrava piuttosto anziano, eppure la forza nella sua voce gli toglieva almeno vent'anni.
«Portiamo via la ragazzina e lo Jarl, non so se potremo fare molto, ma forse qualche guaritore ci sarà d'aiuto. Non abbiamo tempo da perdere forza», rispose l'altro. La ragazzina pensò che fosse egli il capo, difatti quando fischiò una donna con un'armatura di pelle rossa e nera si avvicinò a cavallo. Aveva i capelli lunghi e neri, gli occhi erano rossi e infuocati.
«Porta via la ragazzina, noi pensiamo a lui.»
I due uomini presero la bambina come se fosse un sacco di farina e la gettarono sopra al cavallo della donna che partì al galoppo.


A ogni movimento del cavallo la bambina sembrava sentire la schiena aprirsi, il lento separarsi dei lembi delle ferite inferte dal mannaro. La cavalcata non fu lunga, ma per lei era durata un'eternità, era quasi priva di sensi dal dolore quando la donna la prese per i fianchi e la trascinò giù dal cavallo.
«Ragazzina? Stai bene?»
Quella donna era fredda come il ghiaccio, sembrava il prolungamento di una pietra o il vento stesso di Skyrim. Cercò di annuire, una lacrima le scappò lungo una guancia senza che potesse trattenerla.
La donna guerriera la ispezionò, la girò come una bambola e le esaminò le braccia nel punto dove sembravano ustionate solo leggermente. Infine le aprì le mani, solo allora la bambina si ricordò dell'anello dello Jarl. La donna guerriera lo afferrò e lo osservò contro la luce di Secunda, la luna luminosa di quella sera.
«Mi chiamo Serana, non preoccuparti figlia-dello-jarl, sei in mani sicure», la voce della donna era dura, ma non la spaventava, «Come ti chiami, ragazzina?»
«Non sono-», improvvisamente si bloccò udendo lo suqarcio della voce del drago in lontananza. Perché avrebbe dovuto dire la verità? Era vestita come una nobile, tra le mani stringeva l'anello dello Jarl, una ragazzina senza valore sarebbe stata gettata in un fiume come un peso morto... Ma la figlia dello Jarl? Nessuno avrebbe rinunciato a una pioggia di septim. Quando riprese fiato dopo che il drago fu di nuovo lontano guardò la guerriera dritta nei suoi occhi vermigli e sentì tremare il ventre e le braccia. «Mi chiamo Vokun, ma d'ora in poi chiamatemi Ros, come il sangue che è stato versato questa notte.»
Serana la fissò per qualche istante e poi raddrizzò la schiena salendo di nuovo a cavallo, poi le porse una mano tesa.
«Gli altri arriveranno, ora dobbiamo tornare al rifugio. Mi spiace per tuo padre, non credo passerà la notte.»
Ros deglutì, ma le porse la mano. Si convinse che non aveva davvero mentito, non aveva mai detto che quello fosse suo padre. Per di più era una menzogna che doveva garantirle la sopravvivenza. Sollevò gli occhi, Secunda non sembrava temere le tenebre che la circondavano.
Era strano il destino, in meno di una settimana si era arresa all'idea di una nuova vita, lasciandosi alle spalle solo cenere e vuoto.
  
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