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Autore: B_B    18/01/2014    0 recensioni
Dal terzo capitolo:
Mi sedetti di fianco a Liam e lasciai cadere la mia testa sulle sue gambe, girandomi poi per guardarlo in faccia.
Aveva l’espressione delusa di chi sta ancora giocando ma è sicuro di aver perso. I suoi occhi nocciola guardavano ora fuori dalla finestra ora me.
Alzai una mano per accarezzargli una guancia e al mio tocco lui chiuse gli occhi con forza, come se volesse stampare per sempre questo momento nella sua memoria.
O era forse dolore?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
E sappi che non sarai più la benvenuta una volta che uscirai da quella porta!
Fu l’ultima frase che sentii urlare a mia madre prima di sbattere la porta d’ingresso con tutta la forza di cui ero capace.
Scesi gli scalini a due a due e facendo più chiasso che potevo, in modo che tutti sentissero che me ne stavo andando. E che non sarei più tornata.
Appena aprii il portone e misi un piede sul sudicio marciapiede, un brivido mi percorse lungo la spina dorsale, così chiusi gli occhi per assaporare il momento. Un senso di libertà si impossessò della mia mente e la inebriò con il suo dolce profumo, tanto che l’unico pensiero semi-razionale che partorì fu quello di correre da Liam.
Obbligai le mie Vans a spostarsi, un piede dopo l’altro e sempre più velocemente, interrompendo così la magia di quel momento.  Cominciai a correre, impaziente di arrivare a casa del mio migliore amico e non mi accorsi che nel frattempo aveva cominciato a gocciolare. Londra e il suo tempo, così uggioso e freddo ma che amavo così tanto. Nulla è meglio di un buon libro sotto le coperte, con la cioccolata fumante e le gocce di pioggia che fanno a gara a chi arriva prima sul bordo della finestra.
Libri. Coperte. Finestra.
Tutto ciò presuppone che io possieda una casa.
Mi fermai di colpo in mezzo alla strada evitando per un soffio di venire investita.
Non avevo più una casa.
Conoscevo bene mia madre e tutte le varie sfaccettature del suo intrigato carattere e sapevo che quell’ultima frase non era stata pronunciata da lei stessa bensì dalla pluri-acclamata manager che era in lei. Avevo già sentito quel tono parecchie volte prima di allora, più che altro ne percepivo l’eco che rimbombava in tutta la casa e speravo con tutto il cuore che il malcapitato a cui erano rivolte quelle parole colorite non si ostinasse a continuare quella improbabile conversazione e, dopo averle posto delle scuse degne di nota, riappendesse il telefono.

Una sola fu la volta in cui quel tono mi spaventò davvero. Avevo sette anni ed ero fissata con la cucina. Volevo fare la cuoca a tutti i costi e ogni occasione era buona per impiastricciare con farina, latte, uova, verdure e quant’altro. Quella sera avevo trovato, curiosando nei libri culinari, una ricetta per preparare il pollo con le patate ed ero determinatissima a provarla. Entrai in cucina e posai tutti gli ingredienti sul tavolo sotto l’occhio vigile di nonna Madge. Accidentalmente urtai il barattolo di vetro in cui tenevamo il sale che cadde a terra e si ruppe in una moltitudine di pezzettini colorati. Nonostante il disastro combinato, il gioco di colori del vetro rotto e del sale mi attirò come una calamita e invece di pulire, mi sedetti con la schiena appoggiata all’isola di marmo e rimasi a contemplarlo. Nonna Madge era un artista, lei dipingeva qualsiasi cosa vedesse e con qualsiasi strumento avesse a portata di mano, così corse in sala alla ricerca di un foglio e una matita, tornò in cucina e si sedette di fianco a me cominciando disegnare. Non so per quanto tempo sedemmo per terra, ma quando mamma rientrò dal lavoro e ci vide in quello stato, cominciò ad arrabbiarsi e a rimproverarci. Un momento prima si lamentava dicendo che avrei potuto tagliarmi con il vetro e che il suo prezioso pavimento di marmo rosa si fosse sfregiato, e il secondo successivo sbraitava contro tutto ciò che di sbagliato c’era nella sua vita. Fui rimproverata per quella volta che avevo dato gli spinaci al cane perché non li volevo mangiare, per quando mi ero finta malata per non andare a scuola e per quando avevo accidentalmente urtato l’anfora greca in soggiorno facendola cadere. Anche nonna si sentì le sue parole, ma quello che se ne sentì dire più di tutti fu papà. Appena mise piede in casa, mamma passò alla modalità manager arrabbiata e urlò Robert William Mels, quando pensavi di dirmi che mi vuoi scaricare per quella sciacquetta da quattro soldi che ti porti a letto? Devo pagare un investigatore privato di nuovo o hai intenzione di parlare?! Allora non capii molto bene il significato di questa frase, ma solo dal tono che mia madre usò seppi che mio padre stavolta l’aveva combinata grossa. L’ultima cosa che sentii fu il Anne ti prego, fammi spiegare strozzato di mio padre, dopo di che mia nonna mi prese per mano e mi portò fuori, al cinema. Quella fu l’ultima notte che mio padre passò a casa nostra, il giorno dopo mi disse che si trasferiva a Miami per lavoro ma che restavo comunque la sua principessina.
Principessina un cazzo, dove sei adesso eh?

Questo pensiero mi riportò alla realtà e mi resi conto di essere in mezzo alla strada con almeno tre simpatici automobilisti che mi ricoprivano di parole non esattamente gentili ma comprensibili, in quel momento. Mi costrinsi almeno ad arrivare al marciapiede opposto, giusto per essere sicura di non venire investita.
Non so come, ma mi ritrovai seduta su una panchina in un grande parco davanti casa di Liam.
Liam.
Presi un respiro profondo e feci mentalmente la lista di ciò che mi era accaduto in quello stravagante giorno.
Punto uno: tatuaggio.
Punto due: mamma che lo scopre.
Punto tre: mamma che butta Lessie fuori di casa.
Punto quattro: Lessie decide di andare da Liam.
Punto cinque: Lessie si rende conto di non avere una casa.
Punto sei: Lessie è seduta su una misera panchina con un barbone che le ruba la borsetta.
UN BARBONE CHE LE RUBA LA BORSETTA?
BARBONE. BORSETTA. SOLDI. CAZZO.
Ehi tu - urlai correndo verso quell’uomo- ridammi subito la mia borsetta, razza di schifoso ladro!
Quello per tutta risposta accelerò il passo, pensando che un’esile ragazza come me non potesse reggere una corsa.
'Eh no, non si frega una che gioca a pallavolo e si allena sei giorni su sette' pensai ridacchiando tra me e me. Senza sprecare troppo fiato lo raggiunsi e gli strappai di mano la mia borsetta, che lui lasciò andare con troppa facilità, quasi a farmi capire che sapeva di aver sbagliato e ora voleva il mio perdono in modo da avere l’anima in pace.
Ma Lessie non perdona, mai. Se sbagli una volta sei fuori, hai chiuso con me e con la mia vita. Immagino che questo valga anche per mia madre, allora.
Decisi di ritornare al mio precedente piano, così cominciai a camminare fino alla villetta di Liam. Mi trovai davanti ad un perfetto prato all’inglese in cui neanche un ciuffo d’erba spuntava più in alto degli altri e ne dedussi che il padre di Liam, Geoff Payne, avesse speso molto tempo in quel giardino. Mi appuntai mentalmente di fare i complimenti al signor Payne, dovevo acquistare un po’ di punti se volevo passare almeno una notte in quella casa, visto e considerato che nel frattempo non aveva smesso di piovere ed ero fradicia. Suonai al campanello e dopo pochi istanti sentii la porta principale aprirsi e vidi sbucare fuori il volto gentile della signora Payne, Karen.
Oh ciao Lessie, ma che piacere vederti cara! Su entra in casa prima che ti venga un raffreddore! mi disse con fare preoccupato. Per quanto la signora Payne fosse una donna gentile e premurosa e nonostante fosse ormai almeno tre anni che mi vedeva sgattaiolare in casa sua con Liam, ancora non ero arrivata a quel grado di confidenza tanto da darle del ‘tu’, così mi limitai a fare uno dei miei migliori sorrisi e a borbottare un “Grazie” piuttosto sussurrato.
Lessie forza, chiedi a Liam se ti presta una sua maglietta e dei pantaloncini che ora metto tutti i tuoi vestiti ad asciugare e girandosi verso le imponenti scale urlò Liam, Lessie è qui, abbi la decenza di spegnere la tv e scendi! Si rigirò sorridendomi e mi spinse letteralmente nel bagno, chiudendo la porta.

Non amavo molto avere contatti così ‘vicini’ con le persone, odiavo essere toccata dagli estranei o da chiunque non fosse nonna Madge, mamma, Jay (il mio inseparabile pastore tedesco) e Liam, e ancora di più mi infastidiva cambiarmi in case altrui, se poi ci aggiungiamo il fatto che c’era una donna dall’altra parte della porta in attesa dei miei vestiti bagnati beh, di bene in meglio.
Decisi di aspettare che la signora Payne andasse a sgridare Liam per non avermi ancora portato i vestiti –cosa che se la conoscevo un minimo sapevo avrebbe fatto nel giro di due minuti- prima di spogliarmi e nel frattempo mi guardai attorno. In ogni punto su cui posassi lo sguardo, c’erano foto appese di Liam e sua madre, Liam e suo padre, i signori Payne in abito elegante e infine una foto scattata presumibilmente durante le feste di Natale, in cui l’allegra famigliola portava maglioni rossi e un buffo cerchietto con le corna da renna. Come potevo sperare di cambiarmi qui dentro se mi sentivo osservata da ogni parte?
Per fortuna sentii la signora Payne salire gli scalini e sbraitare a Liam qualcosa a proposito dei vestiti che non mi aveva ancora portato, perciò presi un respiro e in velocità cercai di spogliarmi.
Rimasi in reggiseno e mentre mi sfilavo i jeans udii la porta spalancarsi e alzai lo sguardo verso un Liam divertito e per niente imbarazzato.
Quanto mi era mancato.



Spazio autricee c:
Buongiorno a tutti voi che avete perso cinque minuti per leggere la mia storia! 
Premetto che è la mia prima storia e che sto facendo un casino perchè non ho ancora capito come si pubblica, ma se state leggendo vuol dire che ci sono riuscita,no? 
Comunque, sappiate che mi farebbe piacere sentire cosa ne pensate, almeno per farmi un idea concreta, perché ho provato a laggerla al mio cagniolino ma lui s'è addormentato :c
Okay, ora mi ritiro
un bacio e grazie a tutti anche solo per aver letto♥
 
  
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