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Autore: Madotsuki    18/01/2014    0 recensioni
[ TMNT fan-story ]
Amore, passione, emozioni, tristezza, angoscia...
dolore.
Cosa succederà?
Shredder è veramente morto o...
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: April O'Neil, Arnold Casey Jones, Donatello Hamato, Nuovo personaggio, Shredder/Shrell/ Oroku Saki
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Furry, Spoiler!
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Quando tornarono a casa, le tre Tartarughe misero il fratello dalla maschera viola sul suo letto, preoccupate come non mai per la sua salute.

Raphael e Michelangelo in precedenza si erano sentiti in quel modo, quando Leonardo era stato ferito in battaglia e non si accennava a svegliarsi.

Ma quella volta non sarebbero bastate le parole, lo sapevano.

 

Dovevano solo sperare.

 

Si trovavano tutti sulla soglia della camera del genio, c'erano anche April e Casey, ch'erano stati informati dell'accaduto; mentre il Maestro Splinter si stava occupando di controllare la salute di suo figlio.

Il Maestro Splinter passò una mano sulla fronte di Donatello e poi sul suo petto; sembrava che il cuore stesse pian piano tornado alla sua velocità stabile.

Il padre delle quattro Tartarughe infine si girò, avanzando con il proprio bastone di legno verso le cinque figure sulla soglia.

“Allora, come sta?” Domandò April, non appena il Maestro Splinter ebbe varcato l'uscita della stanza. Decisamente preoccupata anche lei.

“Non è niente di grave, si rimetterà” poi sospirò “Per fortuna gli è andata bene, considerando il volo che ha fatto...” Si vedeva che stava davvero in pensiero per suo figlio.

“Maestro...” Sussurrò Leonardo, cercando di dire qualcosa; infatti non ce la fece e quindi Splinter aggiunse:

“Vegliate su di lui, figli miei” e piano piano scomparì per il corridoio, raggiungendo la sua stanza per rimanere da solo, e meditare.

 

Raphael rimase a guardare l'interno della camera del fratello, stringendo i pugni; mentre Leonardo successivamente chiuse la porta - “Lasciamolo riposare, ne ha bisogno” disse “Resterò di guardia io stanotte, non mi sento molto tranquillo”.

Gli altri annuirono, tranne Raphael che replicò: “Resterò io” disse, sedendosi di già sulla sedia che era stata preparata in precedenza vicino la stanza del genio.

Leonardo decise di concederglielo, in fondo, quello non era il momento adatto per litigare, soprattutto per simili sciocchezze.

“Allora io e Michelangelo controlleremo i condotti”.

Michelangelo annuì, “Non si può mai sapere se hanno intenzione di farci un agguato” proferì la tartaruga dalla benda arancione.

“E' la seconda volta che dici qualcosa di intelligente in un giorno, mi sorprendi, Mike...”

Michelangelo fece una smorfia “Eh-he, spiritoso, Raph!”

 

* * *

 

Leonardo camminava lentamente, guardandosi intorno. Sembrava tutto normale e sperava che anche dalla parte di Michelangelo fosse così.

Prese il Tarta-cellulare e fece per chiamarlo, ma un rumore prese totalmente la sua attenzione, quindi chiuse lo sportellino del cellulare se lo infilò dentro la cintura, estraendo dai foderi dietro al guscio le sue due inseparabili katana.

Si mosse furtivo verso quel rumore, e piano piano che si avvicinava esso si faceva sempre più chiaro e inconfondibile.

Magari si sbagliava, magari non era quello che pensava.

Strinse di più i manici delle spade, silenzioso e veloce come il vento.

Poi si fermò dietro un muretto e fece capolino con la testa.

Sbarrò gli occhi.


Aveva sentito bene, allora.

Ora la vedeva chiaramente, quella figura che prima era solo una voce.

Era una ragazza che piangeva.

Ma non era un'umana, Leonardo poteva chiaramente vedere il guscio dallo strano colore che portava dietro di sé: del colore dell'arcobaleno.

Anche i capelli erano dello stesso colore, raccolti in un due lunghe laterali code di cavallo, con un fiocco nero e uno bianco; mentre a quanto poteva vedere dalle mani portate sul viso coperto, la sua pelle era colorata d'arancione.
Senza dubbio era una tartaruga, ma dallo strano aspetto.

“Perché guardi?” domandò poi la tartaruga arcobaleno. Aveva smesso di piangere, ma non si era ancora tolta le mani dal viso.

Leonardo rimase sbigottito da quella domanda. Come aveva fatto a sentirlo?

Dopo qualche secondo il Leader uscì da dietro il muro e raggiunse la sua simile, mettendosi davanti a lei, portando una spada nella mano opposta insieme all'altra e porgendo una mano alla sconosciuta, chiedendosi come avesse fatto a finire lì e soprattutto, da dove venisse.

Il mutageno doveva essere scomparso, e questo non lo aiutava per niente a ragionare.

“Stai bene?” Le domandò, abbassando il capo per guardare il suo interlocutore.

La tartaruga dalle lunghe code abbassò le mani e le appoggiò sul fangoso terreno sotto di sé, portando le ginocchia sempre più verso il viso, con gli occhi chiusi - “Perché guardi, zuccherino?”

 

Perché guardi... zuccherino?

Leonardo sbatté le palpebre, non capendo: “Come, scusa?”

La ragazza aprì gli occhi, sfoderando un bell'arcobaleno luminoso dentro di essi. “Come, scusa, zuccherino?” e rise.

Leonardo non prestò attenzione alle frasi senza fondamenta di lei, restò semplicemente immobile a fissare quegli occhi, per almeno mezzo minuto.

“Perché guardi, zuccherino?” gli ripeté lei, una terza volta.

Il Leader scosse il capo e riposò le katana dietro il guscio, prendendo la tartaruga dal sesso apposto fra le braccia, come una sposina.

“Dove porti Serenity, zuccherino?”

“Leonardo ti porta in un luogo sicuro” rispose, dolce.

Non gli piaceva per niente vedere le persone in difficoltà, qualunque problema loro avessero.

E quella ragazza sembrava inerme e fragile, ai suoi occhi.

Se fosse stata ancora lì per qualche ora o forse minuti, qualche coccodrillo se la sarebbe mangiata viva, ne era sicuro.

A parte Leatherhead, s'intende.

 

* * *

 

“Leonardo non chiama” affermò ovviamente Michelangelo, fissando il tarta-cellulare da più di un'ora.

“Basta, lo chiamo” disse, ma subito dopo sentì un fastidioso rumore metallico, quindi balzò indietro appena in tempo per schivare la katana che gli stava per arrivare addosso: “Michelangelo-san?” domandò una voce.

Michelangelo sbatté le palpebre e portò lo sguardo da dov'era arrivata la katana “U-usagi?”

“Scusa, non pensavo fossi tu” affermò, avvicinandosi a lui e sorpassandolo per recuperare la spada finita con la lama incastrata sul muro.

“Che ci fai da queste parti?!” disse la tartaruga dalla maschera arancione, quasi urlando.

“Sssh, non deve sentirti” fece il coniglio, riuscendo ad estrarre la spada dal muro “Si sta nascondendo”.

Michelangelo era sempre più confuso.

“Ti racconterò tutto a tempo debito,” preferì “ora seguimi”.

Il minore dei fratelli Hamato annuì, alzando un sopracciglio.

 

* * *

 

  
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