Anime & Manga > Pandora Hearts
Segui la storia  |       
Autore: cormac    18/01/2014    1 recensioni
{ ElliotLeo & GilbertBreak | Vampire!Au | Accenni a varie pair }
1846, Bretagna. Nella città di Sablier si intensifica gradualmente uno scontro secolare tra due fazioni: i Baskerville, una famiglia di creature
sinistre e sovrannaturali, e Pandora, un'organizzazione chiamata ad annichilirli tutti. Il confine tra amore e perdizione è tuttavia molto labile per un
Baskerville ed un membro di Pandora, che pur di salvare loro stessi sono disposti a ripercorrere le orme del fondatore che venne chiamato eroe,
cento anni prima.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville, Revis Baskerville, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eeehi belli, come state? 
Siamo arrivati al terzo capitolo, omg. Per me e la mia pigrizia, è un traguardo. Mi sono presa tutte le vacanze di Natale come pausa, e sono comunque in ritardo. Spero che abbiate passato delle buone feste, carissimi ♥
Piccolo avviso prima di iniziare! Ovviamente, non essendo presenti Abyss, Chain e cose varie, i personaggi con età improbabili sono cambiate. In pratica, nonno Break non ha 87 anni (?)
Sperando che possa piacervi, buona lettura!
- la turca
p.s. i risvolti romantici arriveranno eh! non abbiate paura (?)




The Horror we called Love;

Atto III – La Domenica di grigio e di rosso
 
 
 
Quando il sole fece la sua pallida comparsa nel cielo invernale, Leo era già sveglio da un pezzo. Aveva dormito poco e male, in un continuo altalenare tra il sonno e la veglia. Non era bastato il conforto delle lenzuola pulite e della trapunta calda: Leo, con gli occhi sbarrati nel buio, aveva riflettuto tutta la notte su come fuggire prima della venuta dell’alba. Tutto ciò che lo aveva fatto desistere era stato il ruggito del temporale al di là dai vetri. Si alzò e, avvicinatosi alla finestra, scostò le tende: il cielo grigio e nuvoloso era fenduto da dei pallidi raggi di sole, dei passeri svolazzavano qua e là, cinguettando allegri la scomparsa della neve e le fronde degli alberi, cariche di pioggia, gocciolavano sul terreno alle loro radici. Aperta un’anta della finestra, Leo venne investito in pieno volto da un’aria fresca e frizzante; in lontananza, udì le campane suonare a festa. Oh. Doveva essere Domenica. Alle sue spalle, qualcuno bussò. Il ragazzo trasalì, balbettando un avanti”. Il terrore di veder entrare Revis da un momento all’altro era immane e costante.
«Permesso» al suono garbato della voce di Elliot, Leo si rilassò. Non riuscì ad augurare buongiorno, ma si sforzò di sorridere. Aveva paura. Non di Elliot, ma di ciò che inconsapevolmente portava con sé.
«Ti ho portato qualcosa da mangiare. Non posso dire a mio padre che sei qui. Fortunatamente, ho convinto Vanessa a tacere» poggiò sullo scrittoio vicino alla finestra un ampio vassoio d’argento, sui cui erano posate, avvolte in tovaglioli di lino, due brioche fumanti; ne porse una al moro.
«In ogni caso, non puoi restare qui. Prima o poi ti scopriranno, ed io passerò dei guai» Leo tacque, portandosi la brioche fragrante alla bocca, senza però azzardarsi a morderla: aveva lo stomaco aggrovigliato. Una sgradevole sensazione di pericolo s’impossessò di lui.
«Elliot io-»
«Ho preso la mia decisione» lo interruppe il biondo. «tu mi hai mentito».
Leo si sentì morire. Mentito? Davvero pensava questo? Assieme alla paura, in lui crebbe l’indignazione.
«Mi hai aiutato, ieri, in strada» iniziò. «Mi hai salvato. A cos’è servito se ora vuoi ricondurmi dalle stesse... cose da cui fuggivo?!»
«Sono la tua famiglia! Ammetto che il nobile Revis ha inquietato anche me, ma-»
«Tu non capisci» tagliò corto Leo. «Ed io non posso spiegarti. Se non mi ascolti, mi condannerai». Elliot lo fissò per qualche istante, dubbioso.
«Perché dovrei crederti?»
«Forse non ti ho detto tutto-...» Leo gli afferrò la mano. Era calda. Il biondo avvampò. « -ma tutto ciò che ti ho detto, Elliot, era tutto vero! Ti ho nascosto delle cose, ma non ho mai mentito. Non posso provartelo senza metterti in pericolo, ma-... te lo giuro. Te lo giuro, Elliot!».
Il ragazzo tacque, basito. Leo gli aveva portato la mano al petto e gli aveva poggiato il palmo sul cuore. Gli batteva all’impazzata.
«I-Io devo pensarci» balbettò Elliot infine, dopo una lunga pausa.
«Fa’ in fretta, per favore».
Il biondo fuggì praticamente via, chiudendosi la porta alle spalle. Prese un bel respiro e si fiondò nel corridoio; sudava ed aveva lo stomaco in subbuglio. Dentro di sé, sentiva che Leo stava dicendo il vero. Si trattava solo di rischiare ogni cosa per lui. Quando giunse davanti ad una lucida porta nera, dalla maniglia argentea, Elliot fermò la sua corsa. Bussò, ma, come si aspettava, nessuno venne ad aprirgli; abbassò la maniglia ed entrò.
«Gilbert?» di nuovo, non ottenne risposta. La stanza era pulita e silenziosa, ogni cosa era al suo posto ed il letto era stato minuziosamente rifatto. Tuttavia, del suo proprietario nessuna traccia. Meglio così si disse Elliot, facendo dietrofront verso la stanza in cui aveva lasciato il suo servitore.
Ho almeno una scusa per andare a cercarlo”.
 
Leo era impegnato a passeggiare nervosamente su e giù per la camera quando il suo padrone rientrò. Sembrava diverso, più risoluto. Che avesse chiarito i suoi dubbi? Lui lo sperava. E sperava soprattutto che la risposta fosse quella che si augurava di sentire.
«Hai fatto presto».
«Mio fratello non c’è. Lavora per Pandora» il moro inarco un sopracciglio. Doveva voleva andare a parare con quella premessa?
«E quindi?»
«Visto che tanto devo parlare con lui... pensavo... che potrei anche portarti con me, insomma. Al loro quartier generale. Lì saresti al sicuro».
La reazione di Leo fu alquanto singolare. Era felice, ma in ansia al tempo stesso. In ogni caso, i sotterranei di Pandora non sarebbero potuti essere peggio degli oscuri e tetri corridoi della magione dei Baskerville e questa era la sua unica consolazione.
 
5
 
Furono gli scossoni della carrozza, assieme alla voce del suo servitore che esclamava il suo nome a voce alta, che svegliarono Elliot. Si mise a sedere, stropicciandosi gli occhi azzurri.
«Quanto ho dormito?» mormorò. Leo emise un flebile sospiro.
«Quasi per tutto il viaggio, quindi all’incirca tre ore». Il biondo si sistemò il colletto del soprabito, prima che la sua attenzione venisse catturata dal cocchiere: aveva aperto loro la portiera e li guardava con aria allegra e cerimoniosa, facendo tintinnare un sacchetto di iuta che teneva stretto nel pugno.
«Benvenuto a Reveille, monsieur. L’edificio che cercate è in cima alla collina; sfortunatamente, Paresse non può portarvi più su, il terreno è troppo fangoso per i suoi zoccoli» Elliot sbuffò: l’idea di dover camminare, in salita e per di più nel fango non lo allettava minimamente, ma del resto, cosa avrebbe potuto aspettarsi da un cavallo il cui nome significava pigrizia? Cercò piuttosto di mettere in pratica i rudimenti di savoir faire che gli erano stati impartiti da piccolo.
«Doveva essere un uomo generoso, il precedente cliente» commentò. «Se per un solo tragitto vi ha pagato così profumatamente». Il cocchiere rise:
«In realtà, non mi ha pagato solo per la corsa. Mi ha fatto delle domande; era gentile, ma un po’ strano, se posso dire. Metteva i brividi. Ad ogni modo, con quattro bocche da sfamare, non mi sono fatto scappare l’occasione per arrotondare un po’. Se capisce cosa intendo» un brivido impazzito corse lungo la schiena di Elliot. Nella sua mente, per un attimo, si affacciò il pensiero che Revis Baskerville fosse stato lì.
«Che cosa vi ha chiesto quest’uomo?»
«Del mio lavoro. Mi ha chiesto se mi piace e se ne volessi un altro. Gli ho detto di no. Mi ha domandato se intrattenessi mai i miei clienti durante le corse: ho risposto di sì, e che sentivo anche molte cose. Più d’una volta ho ascoltato le questioni spinose dei nobili. Lui mi ha anche descritto un ragazzo, chiedendomi se l’avessi visto prima d’ora. “Se lo vedrai, te ne accorgerai” ha detto. Mi è sembrato soddisfatto; mi ha lasciato i soldi, promettendomene altri se fossi riuscito a portargli questo ragazzo, poi è sparito». Né Elliot né Leo avevano più dubbi: erano seguiti, o meglio, anticipati. Erano loro stessi ad andare incontro al pericolo.
«Chiedo venia, signore... com’era fatto questo individuo di cui parlate?» intervenne Leo, all’improvviso. Il cocchiere non parve rifletterci particolarmente, la risposta giunse quasi subito.
«Aveva gli occhi viola. Non me li scorderò mai! M’incutevano timore, ma erano dannatamente belli. Magnetici, oserei dire. E i capelli! Neri come le penne di un corvo. Ed effettivamente, riflettendoci meglio... » fece una pausa. Leo sentiva il suo sguardo curioso su di sé. Provò l’irrefrenabile desiderio di nascondersi.
«Tu assomigli molto al ragazzo da lui descritto» il moro impallidì. Elliot, dietro di lui, era bianco come un cencio.
«Sei tu, vero?» domandò l’uomo. Leo deglutì in risposta. Prima però che riuscisse a replicare nulla, il biondo venne in suo aiuto.
«Quanto ti ha promesso se gliel’avessi portato?»
«Diecimila, monsieur».
«Diecimila...!»
«Dovete capirmi, monsieur. Ho una moglie e tre bambini: ho bisogno di quel denaro»
Elliot sospirò. Sapeva che si sarebbe pentito, in futuro, di quello che s’apprestava a fare (o comunque, suo padre gli avrebbe dato modo di pentirsene), ma non aveva alternativa. Se quel cocchiere avesse parlato, per loro sarebbe stata la fine.
«Ve ne offro il doppio!» sia Leo che l’uomo sgranarono gli occhi.
«Io sono Elliot Nightray, figlio del duca Bernard Nightray. Vi offro il doppio per il vostro silenzio» il cocchiere era sbalordito. Sia di avere davanti l’erede dei Nightray, sia che la sua parola avesse un tale peso. Allargò un sorriso smagliante.
«Paresse farà uno sforzo e vi porterà in cima alla collina. Per ventimila, potrei portarvi anche in cielo, monsieur».
 
6
 
Più si avvicinavano alla sommità, più l’edificio che conteneva il quartier generale di Pandora si stagliava, imponente e solenne, di fronte a loro. Elliot calcolò che doveva essere grande come villa Nightray, se non di più. Il cocchiere non aveva mentito: il cavallo affondava gli zoccoli nel fango e faceva molta fatica a trainare la carrozza. Erano quasi in cima quando l’uomo gli assestò un paio di frustate abbastanza violente da farlo muovere più velocemente. Il quartier generale era una grande costruzione risalente al secolo scorso; non sembrava avere cent’anni, forse a causa della straordinaria cura che era stata impiegata nel ridare l’intonaco, o nel rifare le tegole e potare le aiuole. Sotto un porticato, l’andirivieni di uomini abbigliati tutti alla stessa maniera (vale a dire di nero e di bianco, con una spilla a forma di croce appuntata sul petto, in prossimità del cuore) attirò l’attenzione di Leo. Qualcuno, durante il proprio tragitto, sbirciava con curiosità i nuovi arrivati.
«Leo» si riscosse. Elliot sembrava fiducioso e risoluto, con una sicurezza che il moro avrebbe tanto voluto avere.
«La mia famiglia alleva membri di Pandora da generazioni. I miei fratelli, Gilbert e Vincent, ne fanno parte. Prima di loro, anche Claude... ed Ernest... prima che morissero. Ed anche per me presto arriverà il momento».
«Sai di cosa si occupa Pandora?» domandò Leo, all’improvviso. La sua voce aveva qualcosa di strano, alle orecchie del biondo. «Sai il perché di quelle pistole e di quelle croci?» concluse.
«Sono l’organizzazione di difesa nazionale. Le pistole occorrono per forza. Quanto alle croci... sono solo spille. Un simbolo, un ornamento. Non sono importanti» Leo sospirò, ma non aggiunse nulla.
«Entriamo, dai. Si prepara a piovere di nuovo» mormorò Elliot, rivolgendo un’occhiata alla minacciosa coltre di nubi in procinto d’avvicinarsi.
 
Il biondo sollevò la spessa e pesante maniglia d’ottone e lasciò che s’abbattesse sul legno laccato di bianco del battente per tre volte. Un uomo alto, dagli occhi color terra ed un paio di occhiali rotondi venne loro ad aprire. Li scrutò per qualche istante con un’espressione incuriosita, prima di abbozzare un sorriso cordiale.
«Buongiorno...!» li salutò educatamente, accennando un inchino.
«Mi chiamo Elliot, Elliot Nightray» tagliò corto il ragazzo.  «Sto cercando il nobile Gilbert Nightray. Gli dite che sono arrivato...» una gomitata di Leo nelle sue costole fu abbastanza dolorosa da ricordargli almeno le basi delle buone maniere. «... per favore?»
Il sorriso sul volto dell’uomo si affievolì.
«Ah... sono desolato, ma il nobile Gilbert è fuori al momento. Non è ancora rientrato» sorrise di nuovo, per poi scostarsi dall’uscio.
«Vogliate attenderlo dentro. Temo che fra poco avremo un altro temporale» appena ebbero varcato la soglia, l’uomo si richiuse la porta alle spalle.
«Mi chiamo Reim, sono un servitore della famiglia Barma. Seguitemi! Vi conduco dal nobile Oz» nel sentire quel nome, Elliot si pietrificò sul posto.
«Cos’hai, Elliot?» nessuna risposta, prima che il giovane prorompesse in un latrato inferocito.
«Non ho alcuna intenzione di essere condotto al cospetto di un Vessalius, quando ho espressamente richiesto di vedere mio fratello!» Vessalius...? Leo sbiancò, ma non disse nulla. Anche Reim era ammutolito.
«Elliot» il tono ammonitore del suo servitore lo richiamò. «Ricordati le nostre priorità».
«Eh-ehm. Se permettete, nobile Elliot, in quanto padrone del nobile Gilbert, è il nobile Oz che dovrebbe accordarvi il permesso di vedere il suo servitore» interloquì Reim. Elliot sembrò sul punto di ribattere qualcosa, ma un’occhiata del moro fu sufficiente a metterlo a tacere, seppur di malavoglia. Certe volte, Leo sapeva essere inquietante. Certamente, i Baskerville non avevano mancato di insegnargli l’arte di farsi rispettare.
«Grazie, signor Reim. Ci faccia strada, la prego».
 
Oz Vessalius era un biondino ficcanaso, sempre tallonato da una ragazzina bassa e dai lunghi capelli neri, con evidenti problemi d’isteria. Questa era stata la descrizione fornita da Elliot durante i pochi metri di tragitto che separavano l’ingresso dalla saletta degli ospiti.  La realtà era molto diversa da come il biondo l’aveva descritta, agli occhi di Leo: Oz si presentava come un ragazzo (effettivamente biondo ed effettivamente tallonato da una ragazzina dai capelli neri che lui chiamava Alice) della sua età, dai vispi occhi verdi ed un sorriso allegro, che sorbiva il suo tè assieme ad un uomo alquanto bizzarro, dai capelli chiari, rasenti l’albinismo e l’unico occhio scoperto, scarlatto. Non appena Elliot e Leo entrarono nella stanza, sia Oz che l’uomo smisero di conversare e li fissarono con curiosità.
«Nobile Oz-» iniziò Reim, ma venne immediatamente interrotto.
«Tu sei... Elliot!» sul viso si Oz prese forma un sorriso gioioso, affatto ricambiato dal giovane Nightray.
«Non mi toccare» lo ammonì severamente Elliot, vedendo che l’altro era in procinto di abbracciarlo.
«Nobile Oz, il nobile Elliot desiderava chiedere il vostro permesso per vedere suo fratello maggiore, il nobile Gilbert, quando tornerà» intervenne Reim, nel tentativo di quietare l’animo già agitato del ragazzo.
«Certamente! Gil non avrà niente in contrario» rispose Oz, prima di rivolgere la sua attenzione a Leo, rimasto in disparte fino a quel momento.
«Oh! Tu sei il suo servitore?» l’altro annuì, prima di sorridere.
«Mi chiamo Leo, nobile Oz» Oz lo guardò in silenzio per qualche istante, un’occhiata eloquente che il moro non avrebbe saputo decifrare; sviò lo sguardo. In fondo, non aveva il diritto di fissare negli occhi un nobile, per di più di una tale levatura! I Vessalius erano, dopotutto, i discendenti dell’eroe.
«Piacere, Leo!» disse infine, con un sorriso. «Spero tu sia più trattabile del tuo padrone» commentò poi, scherzosamente. Elliot impallidì di rabbia e fu sul punto di dire qualcosa che fortunatamente riuscì a tenere per sé.
«Gil dovrebbe essere qui a momenti. Intanto sedetevi! Anche tu Reim, non credere di scappare. Vi ho già presentato Alice?» l’interpellata rivolse, prima ad Elliot e poi a Leo, un’occhiata incuriosita ed altezzosa al tempo stesso, prima di tornare a torturare i suoi pasticcini con le quattro punte della forchetta.
«Sei davvero scortese a non presentarmi, Oz caro» interloquì l’uomo dall’occhio rosso. «Se a qualcuno interessasse, e noto che a nessuno interessa, io sono Xerxes Break».
Reim lo fulminò con lo sguardo. L’albino sembrò non accorgersene, o perlomeno lo aveva ignorato di proposito, continuando a sorridere imperterrito all’indirizzo di Elliot e Leo.
 
Rimasero a chiacchierare del più e del meno finché un fragoroso tuono non li interruppe; qualcuno aveva fatto il suo ingresso nella stanza.
«Gil!» esclamò Oz con un sorriso. Gilbert aveva un’espressione spossata, era pallido oltre ogni misura e i suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie. I ricci corvini, nonostante l’ampio cappello nero, gocciolavano acqua piovana sui ricami del tappeto e sul pavimento. Anche gli abiti e i guanti erano fradici. Ciononostante, non riuscì a trattenere la sorpresa quando vide il fratello.
«Elliot...?»
«Ehi» lo salutò il biondo, di rimando. «Sei zuppo».
«Elliot, cosa... cosa ci fai qui?» la sua espressione era un oscillare dal sorpreso al contrariato, anche se Leo non avrebbe saputo dire perché.
«Sono venuto per te, idiota!» Oz seguiva interessato lo scambio di battute assieme a Break, intento a chiacchierare anche con una bambolina che teneva poggiata sulle gambe.
«Che cosa vuoi?» borbottò scontroso Gilbert. Non era affatto felice di quella visita inaspettata, anche se nessuno riusciva ad individuarne il motivo. Avrebbe dovuto essere contento di vedere il fratello, no?
«Devo- ... anzi, dobbiamo parlare con te» disse Elliot. Reim porse a Gilbert un panno asciutto, con cui si strofinò i capelli. Nonostante tutto, non tremava nemmeno un po’. «In privato» concluse il biondo. Fissò con la coda dell’occhio Oz ed Alice, guardandoli torvo. Reim, fortunatamente, afferrò al volo la muta richiesta di Elliot e si apprestò a condurre fuori i due, assieme a Break. Gilbert sprofondò nel divanetto color avorio, con un profondo sospiro.
«Avanti, ti ascolto».
Elliot iniziò a raccontare: l’incontro e l’aggressione di Leo, la conversazione che suo padre aveva avuto con Revis Baskerville, la vicenda del cocchiere. Raccontò ogni cosa, senza tralasciare alcun particolare eccetto il cognome di Leo. Non ce n’era bisogno: Gilbert l’aveva già capito da sé.
«Hai portato un Baskerville al quartier generale di Pandora, Elliot?! Tu sei matto!» il biondo non sapeva se essere più stizzito o perplesso. Perché se la prendeva tanto?
«Che male c’è?! Leo è esattamente come me! Il suo cognome non determina la sua personalità!» sbottò, artigliando il rivestimento di stoffa del bracciolo del divanetto. Lo sguardo dorato e severo di Gilbert si addolcì, e puntò su Leo.
«Non gli hai detto niente?» il ragazzo scosse la testa.
«Non ne avevo il diritto».
Gilbert sospirò, prima di rivolgersi nuovamente al fratello.
«Elliot... hai detto che ti saresti unito a Pandora un giorno. Non puoi farlo senza sapere cosa facciamo veramente» Elliot inclinò leggermente il capo.
«Di che parli?»
«L’organizzazione di difesa nazionale è solo una copertura, Elliot. Se la gente sapesse, si scatenerebbe il panico. Sai che i Baskerville, pur essendo dei nobili potenti ed ammirati, sono nostri nemici?» Elliot annuì.
«Ho sentito che sono stati coinvolti in alcuni scandali. Omicidi, prevalentemente» Gilbert gli fece cenno di tacere.
«Quello che tu sai è quello che sia Pandora che i Baskerville vogliono far sapere. La realtà è ben più ricca di crimini efferati perché tu possa conoscerla. Ti chiedo ora: cosa hai provato stando vicino a Revis Baskerville?» il ragazzo socchiuse gli occhi, rabbrividendo al pensiero di ciò che aveva vissuto. Era vivido, il ricordo di quel tocco magnetico e repellente, così elegante e gelato per essere la mano d’un vivo. Era vivido il ricordo di quel petto in cui non era riuscito a sentire un cuore battere.
«Ho avuto... paura. Non so perché, ma volevo scappare» digrignò i denti e si conficcò le unghie nei palmi delle mani. «Sono un codardo».
«Non sei un codardo». replicò Gilbert. «Te lo spiego io, perché volevi scappare: non so cosa potrei dire per rendere il mio racconto più credibile, ma è già abbastanza assurdo, quindi... lui non è umano, Elliot. Nessuno di loro lo è» lanciò di sfuggita un’occhiata a Leo, prima di proseguire.
«Puoi chiamarli vampiri o non-morti, se lo preferisci. Per noi, sono semplicemente Baskerville. Il loro nome è un ottimo sinonimo per indicare la loro natura» Elliot tacque. Se era confuso? Assolutamente sì. Se ci credeva? Assolutamente no. Era semplicemente ridicolo.
«Mi prendi in giro» si alzò in piedi, fissando torvo il fratello.
«Ti aspetti che creda a questa storia?! Leo è un Baskerville, ma il suo cuore batte! Io l’ho... » si rese conto di ciò che stava per dire ed arrossì visibilmente, ritrovando a balbettare sottovoce.
«I-Io l’ho... l’ho sentito».
«Questa è l’unica cosa che non capisco, in effetti. Ma se è davvero un Baskerville, il tuo amico potrà confermare le mie parole» l’attenzione di entrambi si concentrò su Leo.
«Non sta mentendo, Elliot. Tuo fratello dice il vero. Io sono uno di loro... ma sono ancora vivo! Per questo sono fuggito».
Leo non mentiva. Elliot lo sapeva: non gli aveva mai mentito. Eppure quella storia era semplicemente troppo assurda.
«E se fosse vero... voi cosa fate? Li cacciate? Li sterminate?» Gilbert scosse la testa.
«Tu non puoi nemmeno immaginare il poter di quella famiglia. Una montagna si sposterebbe con tanto di scuse se osasse sbarrare la strada di Revis Baskerville. Per il momento, ci limitiamo ad indagare»
«Su cosa?» domandò il biondo. Suo fratello si apprestava a spiegare, ma la risposta, inaspettatamente, giunse da Leo.
«Su l’unico uomo che abbia mai ucciso un Baskerville. L’eroe, Jack Vessalius»
«Sei ben informato» commentò Gilbert, annuendo.
«Ma- Jack Vessalius non è considerato eroe perché salvò due bambini da una villa in fiamme?»
«Quella è la versione ufficiale» Gilbert socchiuse gli occhi, come se stesse cercando di scacciare dalla mente un ricordo spiacevole. «La villa che bruciò era quella dei Baskerville».
 
7
 
Quando la conversazione poté dirsi terminata, Gilbert chiese a Reim di sistemare Elliot e Leo in una stanza per ospiti, mentre lui si fermò a parlare con Oz e Break. Leo aveva la netta sensazione che stessero parlando di lui. La stanza in cui il servitore dei Barma li condusse era ordinata e pulita; le lenzuola profumavano di lavanda e le tende tirate celavano due finestroni ampi, dal telaio di legno. Un unico letto, dalla trapunta blu notte, occupava da solo gran parte dello spazio. A muro era sistemata un’alta scaffalatura, su cui troneggiavano in bella mostra file di tomi dalle copertine dai colori smorti.
«Sono desolato per l’inconveniente, nobile Elliot, ma non abbiamo altre stanza disponibili».
Oh, magnifico. Avrebbero anche dovuto dormire assieme. Leo non sembrava granché entusiasta. Quando Reim fu uscito, si rivolse al suo padrone.
«Russi?»
«Ma che domanda è?!» sbottò il biondo.
«E’ stato un viaggio faticoso, quello di oggi. Vorrei dormire stanotte» commentò scherzosamente Leo, sedendosi sul bordo del letto. Elliot si sistemò al suo fianco, con un sospiro.
«Ti ho portato con me con l’intenzione di far arrestare chi ti insegue, ed ora scopro tutto questo. Credevo di poterti aiutare. Credevo che, come mio servitore, saresti stato al sicuro. Ma come posso tenerti nascosto dai Baskerville, io da solo? Come posso combatterli?»
Elliot si sdraiò, nascondendo il viso nel cuscino. Mai a Leo era parso così vulnerabile. Avrebbe voluto abbracciarlo e sussurrargli che non ce n’era bisogno, che li avrebbe combattuti da solo, ma sarebbe stato sconveniente. Si limitò a poggiare la propria mano su quella di Elliot, in un muto cenno di conforto.
Tu puoi farlo, Elliot.
 
8
 
«Ripetilo un’altra volta, per favore» lo scherno si celava dietro la voce vellutata, seppur arida, di Revis. Passeggiava su e giù per la sala; Adrien, la guardia cittadina, lo tallonava, supplice e piagnucolante.
«Elliot Nightray, ha detto di chiamarsi. Aveva una spada con sé. E poi, se fosse stato davvero lui, avrei ucciso il figlio di un duca. Non ho potuto fare niente» mormorò. La paura gli attanagliava lo stomaco e gli strozzava la voce. Il ticchettio del tacco degli stivali di Revis sul marmo chiaro del pavimento non faceva che aumentare la sua pressione.
«Ma ho obbedito ai vostri ordini, mio signore! Come ho sempre fatto! Datemi un’altra opportunità, ve ne supplico. Vi porterò il ragazzo!»
«Mio caro Adrien, » iniziò il capo dei Baskerville, con un sorriso ombroso che tradiva un’immane disgusto verso l’uomo che lo pregava in ginocchio di risparmiargli la vita. «tu sei solo uno dei tanti tagliagole; non sai adempiere un incarico che non preveda il tuo coltello da macellaio conficcato nel cranio di qualcuno. Ed io lo voglio vivo. Non ho chiesto un cadavere»
L’uomo chiuse gli occhi, iniziando a pregare sottovoce un Dio in cui non aveva mai creduto.
«Hai ragione. Hai obbedito ai miei ordini. Sei sollevato dal tuo incarico e da questa tua miserevole vita terrena, mon cher».
Prima che l’uomo potesse fuggire, o balbettare qualcosa, Revis era piombato sul suo collo: affondò i denti bianchi ed aguzzi nella carne, lacerò la giugulare ed i legamenti e massacrò ogni lembo di pelle, fino a scoprire il bianco delle ossa. Il sangue usciva a fiotti, e quando il Baskerville l’ebbe abbandonato sul pavimento, egli ricadde in una pozza del suo stesso sangue.
 
Rimase lì, mentre il liquido già iniziava a rapprendersi, per un buon quarto d’ora; quando Revis tornò, ordinò che quello spettacolo fosse sgomberato e che il pavimento fosse lavato di ogni traccia di sangue. Diede disposizione che il cadavere fosse caricato su un carro e abbandonato nel primo lurido vicolo a disposizione, senza alcuna sepoltura: così Revis Baskerville si sbarazzava dei rifiuti.
Una donna, una vecchia massaia, fu la prima a trovare il corpo: urlò e svenne. Prima della polizia sopraggiunsero altri passanti; rovistando il cadavere maciullato,  tra le pieghe dei suoi vestiti, trovarono una lettera. Sulla carta, con una grafia sottile ed elegante, era scritto:
 
Così trapassa Adrien, la guardia cittadina.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pandora Hearts / Vai alla pagina dell'autore: cormac