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Autore: gooch    18/01/2014    0 recensioni
Scrivo solo quel che mi passa per la testa, e sono più che altro immagini, scene, momenti. E' solo un estratto della mia immaginazione. Una piccola scena, più o meno, quotidiana :)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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caffè


«Flavia, cosa ci fai già alzata?».
Un forte odore di bruciato lo investì appena si affacciò alla porta della cucina.
«Gesù, cosa stai combinando?» brontolò tossendo «C’è una puzza terribile».
La donna si sistemò una ciocca di capelli chiari dietro l’orecchio e poggiò entrambe le mani sui fianchi inarcando le spalle ossute.
«Volevo fare dei muffin» puntualizzò, piccata «Se torni a dormire provo a risolvere il pasticcio».
«E perché stavi facendo dei muffin?» chiese l’uomo, divertito.
Flavia gli lanciò un’occhiata di traverso, poi si voltò a trafficare nel lavello.
«Lo sai perché. Buon compleanno, Marco».
Marco sbuffò in una risata assonnata, si avvicinò alla moglie e la strinse a sé. Lei smise immediatamente di fare quello che stava facendo.
«Dai, non prendermi in giro, doveva essere un pensiero carino… giusto l’altro giorno ti sei lamentato di quanto poco fossi romantica…» disse Flavia, girandosi e guardando con finto rimprovero il marito.
«Oh, non ti sto mica prendendo in giro. Saranno sicuramente buonissimi. Sicuramente. Dovremmo offrirli al vicino, per quanto sono buoni… davvero, Campalotti ne sarà entusiasta…».
«Smettila, cretino!» ridacchiò Flavia, cercando di svicolare dalle sue braccia «Lasciami adesso, devo ripulire questo casino».
Marco, per un secondo, la strinse invece ancora più forte. Flavia aveva la pelle che profumava di pesca, era una cosa che gli era sempre piaciuta, ma non aveva mai capito se a renderla così era una crema o qualche profumo. Le baciò la punta del naso con uno schiocco sonoro e la lasciò andare.
«Grazie».
«Perché non torni a dormire? E’ presto».
«Nah» sbadigliò lui «Ormai mi sono svegliato. Preparo il caffè».
Marco si trascinò davanti alla dispensa e ne uscì la familiare scatoletta di metallo, con i due gondolieri veneziani incisi sopra che gli sorridevano ammiccando. Uno aveva la maglia di un rosso spento, all’altro non era rimasta la traccia neanche di quel misero rimasuglio di colore.
«Da quant’è che non cambiamo il contenitore del caffè?» chiese, affondando il cucchiaio nel soffice cumulo di polvere. Una zaffata di aroma si sovrappose al forte odore di bruciato.
«Da quando ogni volta che tento di buttarlo tu sei troppo affezionato a quei due cosi per lasciarmelo fare» sospirò Flavia, con finta teatralità.
«Sono due gondolieri molto carini» osservò Marco. Il gondoliere colorato aveva una mano alzata, in segno di saluto; con l’altra teneva il remo, anche se oltre alla gondola non era disegnato nient’altro, nemmeno un accenno di canale.
«E quella è pur sempre una cianfrusaglia» lo rimbeccò Flavia «Passami la moka che accendo il fornello». Marco obbedì.
«Guarda che l’abbiamo comprato insieme in quel… in quella specie di bazar, dov’eravamo? Istanbul, ecco, Istanbul».
«Appunto, cosa c’entra Istanbul con Venezia e le gondole? Solo tu avresti potuto comprare laggiù una roba simile».
Il secondo gondoliere era accovacciato e il suo naso era così rovinato che non sembrava nemmeno più un naso. Ormai era solo un graffio. Marco si chiese se chi aveva inciso quel contenitore avesse mai visto Venezia.
«Io non ho mai visto Venezia» mormorò Marco, pensieroso «Ci andiamo?».
«Sì, si potrebbe fare. Quando? Quest’estate?» gli chiese Flavia pratica, versando il caffè nelle tazzine «Quanto zucchero, Ma’?».
«Due zollette» rispose «Adesso».
«Sì, adesso te lo porto…».
«No, adesso Venezia».
Flavia si fermò un attimo e lo guardò perplessa. Scoppiò a ridere.
«Sì, adesso. Corri a fare le valige che si parte».
«Guarda che sono serio» sorrise lui, sardonico «Ci laviamo e andiamo. Prendiamo il primo treno».
«Ok» concluse Flavia, dopo una pausa valutativa «Va bene». Si fece un’alta coda stretta, sfilandosi un elastico dal polso, bevve tutto d’un sorso il caffè, senza neanche sedersi, e portò a Marco in fretta il suo. Lui le afferrò il gomito prima che se ne andasse.
«Dici sul serio? Verresti?» le chiese, divertito.
Flavia sorrise determinata, la luce negli occhi di chi ha appena accettato una sfida.
«Assolutamente».
«Non hai paura di stancarti?» continuò lui, questa volta con una punta di ansia nella voce.
Flavia si lisciò il ventre, dove da tre mesi il loro futuro primo figlio sonnecchiava in tranquillità.
«No, tranquillo» disse serena.
Marco abbandonò il caffè, ormai freddo, e schioccò un altro bacio sul naso della moglie. Era un naso minuscolo, così piccolo che in proporzione non era molto diverso dal graffio sul viso del gondoliere. Si prospettava essere un ottimo compleanno.
gooch. 
  
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