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Autore: Akari_Suzuki    18/01/2014    3 recensioni
Ti svegli una mattina, ti prepari per andare a scuola, va in cucina per salutare tua sorella e tuo padre e vai a scuola. In classe la tua migliore amica ti accoglie saltandoti addosso come ogni mattina, tutto normale insomma, se non fosse per un nuovo ragazzo che tutti conoscono tranne te. Gavriel ti farà vivere la più grande avventura della tua vita o forse la peggiore, tutto dipende dalle scelte che farai, Alexia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alexia si svegliò si soprassalto, si guardò intorno spaesata e le ci volle qualche minuto per tornare completamente lucida, ma capì di aver avuto un altro incubo. Sospirò passandosi una mano sul volto e scese dal letto, le capitava spesso di fare sogni di quel genere, ormai quasi ogni sera, ma ogni volta ricordava poco e niente, sapeva di essere con la madre e insieme sorvolavano la città tenendosi la mano, ricordava perfettamente però tutto ciò che le diceva “Sei la mia bambina, non mi abbandonare” e le sorrideva raggiante, nonostante tormentasse la figlia finché tutto non si oscurava e lei si risvegliava, madida di sudore e ansimante.
Alexia infilò le pantofole, si avvicinò allo specchio sull’anta dell’armadio e si diede un’occhiata, i capelli castani lunghi fino alla spalla da un lato e fino all’orecchio dall’altra erano leggermente bagnati all’altezza della nuca, scostò la frangetta dagli occhi, anch’essi marroni, e la portò dietro l’orecchio, dopodiché si strinse nelle braccia, non le piaceva essere magra e piatta, sicuramente non qualche kilo in più sarebbe stata meglio e se li avesse presi quand’era ancora piccola probabilmente sarebbe stata più “alta” di 1.55, le venne da ridere, quando lo diceva a Daniela o Jenny, loro la guardavano sconvolta e le dicevano che invece erano invidiosissime del suo fisico. Si disse Si diresse in bagno, si lavò, si cambiò e scese in cucina, dove Crystal e suo padre stavano già facendo colazione con toast e marmellata. Si sedette accanto alla sorellina intenta a finire degli esercizi di algebra mentre mangiava la sua colazione facendo cadere delle briciole sul suo quaderno, - Avresti dovuto finirli ieri sera. – disse pizzicandole una guancia, lei alzò le spalle e bevve un sorso di aranciata, - Tu non mangi, tesoro? Posso accompagnarti io a scuola. -, suo padre abbassò il giornale che stava leggendo, in prima pagina degli articoli scritto a caratteri cubitali recitavano “Incidente: pulmino contro albero, 5 morti e autista in gravi condizioni” e ancora “Roma: donna uccisa, pirata è ragazzo di 19 anni”, lei scosse la testa tornando a guardare l’uomo, la mattina aveva sempre lo stomaco chiuso, avrebbe mangiato poi a scuola per la ricreazione. Schioccò un bacio sulla guancia della sorella e uno su quella del padre e con lo zaino in spalla uscì di casa, appena in tempo per prendere il bus che la condusse a scuola.

L’edificio non era molto grande, dopo il cancello, una stradina pietrosa affiancata da un lato dall’edificio adiacente, anch’esso una scuola, e dall’altra parte tre pini grandi abbastanza da ombreggiare tutta quella striscia dov’erano posti. Dopo alcuni metri la strada curvava a sinistra e dopo ancora a destra, alla sua sinistra c’era un cancelletto che, insieme all’imponente “Muro di Berlino”, separava le due scuole. Alexia si diresse verso uno dei due plessi, il suo era iledificio A, dove si trovavano dalle terze alle quinte, se si fermava davanti all’entrata alla sua destra, c’era l’edificio B, che invece era delle prime e le seconde.
Salutò un paio di ragazze di terza ed entrò nel plesso, salì le due rampe di scale fino ad arrivare alla sua classe e li fu praticamente assalita – Alexia! -, l’entusiasmo di Benedetta la fece sorridere, se non ci fosse stata lei quella scuola sarebbe stata solo una prigione, era la sua migliore amica che la rendeva quantomeno sopportabile – Buongiorno – ricambiò lei abbracciandola e andando a sedersi al suo posto. Lei e Benedetta erano state amiche fin dalla prima media, era sicura che l’amica avesse scelto il Pedagogico solo per stare insieme, ma lei continuava a smentire, non importava chi glielo chiedesse. Benedetta era tutto cioè che lei non era, femminile, alta, brava a scuola, estroversa, lei sosteneva che era proprio per la loro diversità che andavano così d’accordo e Alexia le dava sempre ragione. Prese fra le dita una ciocca dei boccoli rossi di Benedetta, i suoi occhi la scrutavano perplessa, ma quando le legò i capelli con un ferma code verde acido tornò a sorriderle – Grazie per avermelo riportato. -, Alexia rise con lei per poi darsi un’occhiata in giro. Come ogni mattina il quartetto composto da Veronica, Carmen e Jiulia si stavano mettendo a posto il trucco, Denise, Cristine e Melissa le stavano intorno, probabilmente in attesa del loro turno, Dany e Vincet discutevano animatamente su chi fosse il migliore nella loro squadra di calcio preferita e, dall’altra parte della stanza, Samuel, Roxana, Sharon, Hanna, Cristian e Agnes chiacchieravano, ma da li non riusciva a capire di cosa parlavano. Stava per domandare a Benedetta cos’avesse fatto la sera prima quando qualcosa attirò la sua attenzione. Contò tutti i compagni, uno, due, tre ,4 … 17, scosse il capo e ricontò e di nuovo vide 17 ragazzi, c’era un nuovo arrivato, era nascosto da Roxana e guardava fuori dalla finestra con aria annoiata, non aveva mai visto nessuno con i capelli neri, magari marrone scuro, come i suoi, ma mai neri come il carbone “Probabilmente li avrà tinti”, pensò. Se era nuovo perché era già seduto? Solitamente i ragazzi appena arrivati entravano in classe con la professoressa per presentarsi, “Che ti frega?”, si disse, giusto, probabilmente nessuno si era accorto di lui, aveva chiesto la classe e visto che i bidelli pensavano che i nuovi studenti fossero affari dei professori non lo avevano fermato all’entrata, e ora eccoli li.
 E i compagni? Perché non lo avevano accerchiato per dargli il benvenuto, così come avevano fatto con Cristine? Semplicemente perché lui preferiva stare da solo e non aveva dato retta a nessuno, no? Così si erano stufati presto ed erano tornati a farsi i fatti propri, comunque decise di chiedere a Benedetta. - Chi è quello seduto vicino alla finestra? -, sussurrò alla compagna. Benedetta alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare e lo puntò su di lei guardandola come se avesse appena parlato in una qualche lingua aliena che l’era difficile comprendere, - Gavriel -, rispose, parò come se stesse dicendo qualcosa che era ovvio, - E perché non è venuto con la professoressa? Se è nuovo, dovevano prima presentarlo, no? -, alzò un sopracciglio, questa volta non avrebbe potuto risponderle con lo stesso tono. E invece lei la guardò sconvolta, le leggeva in faccia “Mi prendi per il culo?”, scritto con gli stessi caratteri dei titoli stampati sul giornale di suo padre – Ma che nuovo e nuovo? Sta con noi dal terzo anno delle superiori! Sicura di stare bene? -, Alexia restò a fissarla con la fronte corrugata e un sopracciglio alzato, ora era l’amica a prenderla per il culo. – Non l’ho mai visto. -, Benedetta scosse la testa abbozzando un sorriso e tornò a guardare lo schermo del cellulare, così, come se avesse appena fatto una battuta, non le credeva, lei stava solo scherzando e Benedetta c’era cascata.
 Tornò a guardare il ragazzo, stessa posizione, stesso sguardo annoiato, ma per nulla familiare, fu portata a chiedersi se non stesse sognando, magari da un momento all’altro sua madre sarebbe entrata in classe, l’avrebbe afferrata per una mano e, insieme, sarebbero volate via, ma sembrava tutto troppo reale. “Gavriel” sussultò e lentamente voltò il capo nella sua direzione, facendola sobbalzare, gli occhi sgranati e le gambe che le tremavano mentre si perdeva negli occhi rossi di lui. Rossi diamine! Rosso fragola, rosso papavero, rosso sangue. Distolse immediatamente lo sguardo scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, c’era sicuramente qualcosa che non andava.
Le prime tre ore passarono in fretta, Scienze, Religione e Inglese, tutte materie in cui lei andava piuttosto bene. Alexia non si era più voltata a guardare Gavriel, provava un’inspiegabile sensazione d’inquietudine, sentiva i suoi occhi cremisi puntati su di lei, sentiva che da un momento all’altro se lo sarebbe ritrovato davanti, che l’avrebbe squartata o divorata o ancora più semplicemente tutte e due. Le venne da ridere, ma si trattenne, sarebbe stata una risata nervosa e se quello non fosse stato un sogno, non sarebbe stato bello ritrovarsi tutti gli occhi puntati addosso che la guardavano straniti, semplicemente si impose la calma e funzionò benissimo. Almeno fin quando non suonò la ricreazione.
Quel giorno toccava a Benedetta scendere per prendere i panini al camioncino, facevano una volta ciascuno perché preferivano restare in classe in inverno. Diede i soldi all’amica e si avvicinò al termosifone. Avrebbe preferito scendere lei a prendere freddo, in classe erano rimasti solo lei e Gavriel. Di solito anche Julia e Carmen restavano in classe, ma proprio quel giorno avevano deciso di scendere, le insulto mentalmente ed estrasse il cellulare dalla tasca del giubbotto e controllò face book, nessuna notifica e nessun messaggio però. Sbuffò rinfilandolo in tasca ma, alzando lo, sguardo di ritrovò Gavriel a pochi centimetri di distanza, notò che era molto più alto di lei, probabilmente c’erano quasi 30 cm di differenza fra loro, “Cerca di intimidirmi?”, lo guardò in faccia, ma evitò di incrociare il suo sguardo, l’espressione seria sul volto le metteva ansia e si chiese se anche ai suoi compagni facesse effetto, se lei si sentisse così solo perché era la prima volta che lo vedeva e se anche lei avrebbe potuto pronunciare il suo nome con la stessa disinvoltura di Benedetta. Le labbra Gavriel s’incurvarono in un sorrisetto, ecco, lo sapeva, era finita, l’avrebbe ammazzata li, probabilmente sgozzata, poi le avrebbe aperto il torace e avrebbe divorato tutto, anche i suoi organi interni, restò comunque a fissarlo, significava guardare la morte in faccia no? Per quanto fossero insensati quei pensieri ci credeva davvero, la morte aveva un buonissimo odore di muschio e acqua di mare, il viso perfetto in tutti i suoi lineamenti e le labbra carnose piegate in quel sorriso spaventoso e seducente, non l’aveva certo immaginata così. Ad un tratto parlo e Alexia si ritrovò a fissare le sue labbra e a godersi la voce vellutata che pronunciavano poche parole di cui non capì il significato – Deh. -, fece una pausa, - Akai ni…ark fiin nust? -, le sue mani poggiate sulle spalle di Alexia e il capo leggermente inclinato, - Non credo di aver capito. -, rispose lei alzando su sopracciglio. Il sorriso del ragazzo si spense, al suo posto un’espressione disgustata, -Tu non capisci?. -, questa volta parò con un accento che non riconobbe, - Almeno sai chi sono? -, chiese con tono irritato, lei scosse la testa e il volto di Gabriel s’illuminò nuovamente – Sei tu! Non conosci la mia lingua ma sei tu! -, scoppiò a ridere afferrandola per i fianchi e alzandola – Quegli stupidi continuavano a parlarmi come se mi conoscessero, tu sei l’unica a essere rimasta normale perché era te che cercavo! -, la mise giù e si allontanò di qualche passo, - Devo presentarti agli altri al più presto, va bene? -, lei lo guardò più sconvolta che sorpresa, le parlava come se fosse un’amica che non vedeva da molto tempo, lui doveva averlo notato perché poggiò una mano dietro di lei, sul muro e con l’altra le accarezzò una guancia abbassandosi alla sua altezza, - Devi solo fidarti me, va bene? -, aveva di nuovo incrociato il suo sguardo e non poté fare altro che perdercisi e annuire con il capo.

Angolino:
OMG, non posso credere che qualcuno sia arrivato fin qui, mi ero ripromessa che se mai avessi pubblicato una storia non avrei fatto la modesta ma sarei stata oggettiva, ma è praticamente impossibile, sono nervosissima *-*
Beh, che dire, questa è la mia prima storia, scritta così, per scazzo, era da un po’ che mi frullava per la testa di pubblicare una delle mie storie ma nessuna mi è mai sembrata degna…o forse sono solo pigra e rimando sempre...
Sì, decisamente la seconda.
Ovviamente questo capitolo è dedicato alla mia pucciosissima Benedetta! Sorpresa!! <3
Mi scuso per eventuali virgole fuori posto e orrori grammaticali.
Grazie ancora per aver letto, al prossimo capitolo!
Akari_Suzuki
  
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