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Autore: alwayswithgreenday    19/01/2014    2 recensioni
Quando dici di essere pronto al peggio, non sei mai pronto veramente.
E questo Frank lo capì quando la sua monotona vita fu bellamente mandata a puttane dall’imminente trasferimento a Belleville, citta del suo tanto odiato cugino, e all’incontro di tre ragazzi del posto. In particolare di uno di essi; Gerard. Che oltre a fargli scoprire nuove verità su se stesso, lo porta a vivere per la prima volta la sua vita sul filo del rasoio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno seguente mi svegliai molto tardi, la testa e le ossa mi facevano un male assurdo, mi sentivo stordito, segno che con lo sballo dell’altra sera avevo ottenuto l’effetto desiderato.
Il freddo  pizzicò le punte intorpidite delle dita dei miei piedi, costringendomi a raggomitolarmi ancora di più tra le coperte spesse e morbide. Cercai di ricordare con precisione i dialoghi interiori che avevo formulato l’altra notte, ma nella mia testa si affollavano solo ricordi confusi e risate ovattate.
E non era proprio questo che volevo?
Avevo avuto bisogno del mio momento di distacco da tutto ciò che mi circondava. La realtà mi stava sommergendo; onde imponenti di nuove consapevolezze, pronte a spazzare via ogni mia certezza, minacciavano di abbattersi su di un me convinto di poter riuscire a evitare l’inevitabile nascondendosi dietro un vecchio, fragile e malandato ombrello di autoconvinzioni. Ma non ero abbastanza coraggioso da accettare queste nuova parte della mia sfera personale che stavo scoprendo.
La domenica sembrò scorrere velocemente tra qualche sigaretta e un paio di birre scolate a casa del mio unico amico e mi ritrovai catapultato in un batter d’occhio nella noiosissima routine scolastica.
Tutto sembrava svolgersi come da copione. Solite prese in giro da parte dei professori, solite insufficienze, il solito essere ignorato dai compagni di classe, i miei soliti piagnistei su quanto odiassi quel posto e il solito Ray che li stava ad ascoltare. Ma mancava però qualcosa. O meglio qualcuno.
Gerard. Da quella sera al pub non l’avevo più visto. Neanche Ray l’aveva più nominato, il che era strano, visto che Mikey e suo fratello erano spesso oggetto dei suoi interminabili aneddoti.
Vagai per i tre giorni seguenti per i corridoi affollati del mio istituto, sperando invano di scorgere la figura del moro e di quel mingherlino dall’aria schizzata, ma nulla.
Si, potrà sembrare patetico, ma l’ansia e la preoccupazione mi stavano corrodendo. Insomma, non venivano a scuola da giorni e nessuno sembrava preoccuparsene. E se fosse successo qualcosa a quei due? L’ultimo ricordo che avevo di loro era: un individuo talmente ubriaco da non riuscire a tenersi in piedi sulle proprie gambe e un ragazzo apprensivo sull’orlo di un crollo psicologico causato dalla troppa preoccupazione per suo fratello. 
E se avessero fatto… non so, un incidente d’auto tornando a casa dal concerto? Mi immagino già la scena. Mikey che tenta di guidare. Gerard, preso da un attacco di ubriachezza molesta che inizia ad infastidire il guidatore facendo sbandare l’auto nell’altra corsia.. O.. o.. giù da un ponte..
 Oh, cazzo! Ma cosa sto dicendo? NO! No.
Porca puttana odio il me melodrammatico, tragico e pessimista.
Pensa positivo, Frank.
Forse saranno tornati dentro al locale e avranno incontrato un gruppo di fan che stravedevano per loro, si saranno fermati a bere qualche altra birra e se la saranno spassata in dolce compagnia di alcune di quelle tipe e..
Avvertii una fitta precisamente alla bocca dello stomaco, come se mi avessero appena inferto uno di quei pugni che ti impedisce di respirare per un tempo che sembra infinito. Provai un senso di fastidio mai provato fino ad ora, un ingiustificata rabbia mi si annidò nel petto..
E’ forse gelosia?
 Beh, se fosse così.. i miei complimenti.
Bella cazzo di visione positiva, Frank. Va bene non farla finire in tragedia per loro, ma ti prego.. un po’ di amor proprio abbilo anche tu!

Scossi la testa come a voler scacciare il conflitto interiore con la mia coscienza.
Ma ripensandoci bene, era proprio questo che facevo ogni volta in situazioni analoghe. Mille supposizioni, i più impensabili colpi di scena, assurde conclusioni, film da oscar insomma.. ma facevo di tutto, tranne che mostrare interesse verso qualcuno. Non volevo affezionarmi. Ero un debole, totalmente incapace di accettare critiche, rifiuti e addii. Affezionarmi avrebbe significato per me firmare un contratto vincolante con l’autodistruzione.
Sopravvivere alla lontananza da Bob, il mio migliore amico lì a Newark, era già stata una gran cosa per me.
Che poi… dovrei dire ex- migliore amico. Litigammo di brutto prima della mia partenza.
Sentii gli occhi pizzicare non appena rispolverai dal vecchio cassetto dei ricordi, stipato in un angolo della mia mente, il dolore che provai in quel momento.
-Allora, mi stai ascoltando si o no, nanerottolo?- sbuffò inacidito Ray dai piedi del mio letto.
L’avevo invitato li in casa mia con l’intento di prepararci per il test di matematica imminente,ma sapevamo entrambi che nessuno dei due avrebbe aperto libro. Diciamo che era una scusa per poterci annoiare a vicenda.
Gli lanciai uno sguardo seccato per poi tirargli in piena faccia il volume di matematica. –Non chiamarmi in quel modo, comunque no. Non ti stavo ascoltando.- tornai a stravaccarmi comodamente sul piumone. Lo sentii imprecare per poi riprendere a parlare
-Dicevo, prima che tu ti isolassi nel tuo mondo autistico, che mi sono pienamente rotto il cazzo di questa merda e che devo assolutamente filarmene a casa prima che mio padre torni. Sai, tecnicamente ero in punizione, mi ha beccato a fumare in bagno.- trattenne a stento una risata che io debolmente contraccambiai.
–Ci sentiamo stasera, d’accordo?-
Annuii e ci salutammo, nell’uscire il riccio incrociò la figura di mia madre che stava proprio per fare il suo ingresso in camera mia.
-Ti ricordi che giorno è oggi. Vero, Frank?- chiese speranzosa mia madre, dopo aver salutato anch’essa Ray e averlo visto uscire di corsa dal portone.
-Giovedì?- domandai certo che quella fosse la risposta che avrebbe voluto sentirsi dire di meno in quel momento.
-Il compleanno di zia Lucy. Io dovevo preparare la torta e tu dovevi andare a comprare il fottut… il REGALO! Ora ti ricordi!?- sbottò lei sopprimendo un catastrofico ed imminente attacco d’ira. Era esasperata, al limite.
Bello schifo di figlio che ero.
 Mi spalmai la mano sulla fronte, scioccato da quanto la mia memoria fosse andata a farsi fottere. Negli ultimi quattro giorni mi avrà chiesto di farle questo favore almeno un centinaio di volte, ed io, sempre troppo occupato a crogiolarmi nella mia pigrizia, avevo declinato il buon proposito di uscire di casa per comprarle quel fottuto regalo, rimandando al giorno successivo.
-il regal… stavo giusto uscendo! Ho cacciato Ray proprio per questo! Dovevo uscire a comprare il regalo!- cercai invano di far credere a mia madre che non le stessi mentendo spudoratamente, ma il suo sguardo dubbioso mi fece desistere dal continuare. Mi infilai le scarpe e la giacca, presi il cellulare e i soldi che mia madre mi aveva dato e mi diressi verso il centro in cerca di qualcosa da comprare per la cena di stasera.
 
Stavo girovagando per negozio ormai da un po’. Passo svogliato, sigaretta accesa stretta tra le labbra e davvero poche idee regalo per salvarmi il culo. Lo strascicare dei miei passi si infranse nelle piccole pozzanghere d’acqua create dalle piogge della mattinata trascorsa e percepii il freddo insediarsi fin sotto la maglia pesante di lana che indossavo sotto il giubbotto. Rabbrividii ed alzai la testa puntando il mio sguardo fisso sull’insegna di un negozio.
‘Bijouxbijoux’
‘bigiotteria’ andiamo sul classico, a quella bigotta oca imbellettata piacerà di sicuro. E poi, il commesso indossava solo una camicia in cotone, segno che i riscaldamenti erano accesi ed io li fuori… rischiavo l’ipotermia. Lasciai cadere la sigaretta quasi del tutto finita sull’asfalto bagnato e mi avvicinai alla porta.
La spinsi, il campanello suonò avvertendo il personale della mia presenza e mi lasciai avvicinare da una donna la quale targhetta laccata in oro lasciava intravedere il nome ‘Anne’.
Sorrise e un – Come posso aiutarla, signore?- mi disse. Alzai il sopracciglio e la guardai sconvolto. Signore? Il dio denaro ci sapeva fare. Con i suoi poteri sovrannaturali era riuscito a rendere me, Frank Anthony Thomas Iero Junior Terzo, un fottuto… Signore?
Bah. La situazione cominciava a divertirmi. Che avesse ragione Ray e fossi un po’ autistico? Nel mio mondo le formalità erano sconosciute e tutta questa falsa gentilezza, questo attaccamento ai soldi del cliente, mi sconcertavano.
Pensai un attimo alla risposta. Volevo prendere a mia zia un qualcosa di economico e davvero.. brutto. Qualcosa che la facesse sentire in imbarazzo al solo pensiero di dover fingere di essere piacevolmente colpita dal mio regalo. Qualcosa che la facesse sentire a disagio come faceva lei con me quando mi ricopriva di battutine riguardo al mio aspetto.
 Sarebbe stata la mia rivincita. Ed ora sapevo esattamente cosa dire.
-Emh… in realtà si.- un ghigno mi comparve sul volto.
-Volevo acquistare un gioiello brutto ed economico, per  una donna sgradevole e decisamente di poco valore.- La commessa sgranò gli occhi, quasi non le scoppiai a ridere in faccia. La sua bocca si allargò a formare un cerchio perfetto e tentò più volte di rispondermi o di riprendersi da quella mia risposta così schietta, ma non ci riuscì. Si limitò a scomparire tra gli scaffali, cercando qualcosa che potesse soddisfarmi.
 
Comprai uno dei bracciali più brutti che si fossero mai visti in circolazione. E non ero mai stato così felice di regalare a un qualcuno un oggetto così antiestetico e sgraziato.
Soli quattro dollari e novantanove cents. Aprii la mano nella quale tenevo stretto il resto abbondante.
-Ed ora un regalo anche a me- Me l’ero meritato un premio, su. Se non per l’originalità dell’idea, me lo meritavo per il sadismo con cui mi stavo godendo il mio piccolo assaggio dell’imminente vendetta per tutti i digiuni che mi aveva fatto patire. Verdura! Non mi sembrava di chiedere poi troppo, no? E che cazzo.
Sfilai dalla tasca il cellulare per guardare l’orario.
-(18:05)- lessi. Perfetto.  Avevo circa venti minuti per arrivare fino al negozio di cds e vinili e tornarmene a casa per prepararmi a quella stupida cena.
 Entrai quando mancava ormai poco alla chiusura delle saracinesche. Dovevo sbrigarmi.
Mi arrestai solo quando fui ad un passo dalla sezione rock/ punk/ metal. Troppe leggende della musica, così tanti album e così poco tempo per scegliere. Direi che questa era una tortura psicologica al limite dell’accettabile.
Quando lo vidi. QUEL CD. Mi bastò leggere il titolo per rimanere senza fiato. Lo volevo a tutti i costi. Spalancai gli occhi incredulo, lo cercavo da così tanto.. a Newark non avevo mai trovato nulla di simile nel minuscolo, nonché unico, negozio di dischi della città.
Era sulla terza fila dei ripiani più alti e per l’ennesima volta in vita mia maledissi la mia fottuta statura. Mi alzai sulle punte dei piedi tendendo la mano per afferrare il cd degli Smiths, quando vidi qualcosa svettare da sopra di me. Qualcuno afferrò il cd con nonchalance facendo una leggera pressione sulla mia schiena. Persi l’equilibrio e per poco non finii sopra la distesa di articoli esposti, se non fosse stato per quella stessa mano che mi afferrò per la vita tirandomi a se ed evitandomi una pessima figura davanti a tutti. Feci per girarmi a ringraziarlo, ma nessuno sarebbe mai stato psicologicamente pronto ad affrontare un tale shock.
Mi voltai completamente e giuro che non credetti ai miei occhi quando misi a fuoco l’individuo che ora era di fronte.
Un bicchiere take away della starbucks nella mano destra, nell’altra il cd degli Smiths . Un sorriso strafottente ad attraversagli il viso e dei capelli corvini ad incorniciarglielo. Gerard. Sentii il cuore accelerare e mi impedii categoricamente di urlare. Sia per la gioia di averlo rivisto sano e salvo e nello smentire le mie soap mentali dei giorni a precedere, sia per lo spavento, la sorpresa e l’imbarazzo che mi investirono nel vederlo.
Si rigirò il cd nella mano guardandolo con attenzione, poi tornò a guardarmi con lo stesso sguardo enigmatico di poco prima. Un altro tuffo al cuore. Di questo passo i miei buoni propositi di non svenire o farmi venire un attacco cardiaco sarebbero andati a farsi fottere.
-Beh, ci vediamo.- disse con voce pacata ed irritante, per dirigersi poi con passo lento verso la cassa.
Stava per comprarsi il MIO cd? Di uno dei MIEI
 gruppi preferiti? Nonché l’ultima copia disponibile nel negozio? Il MIO premio? Il MIO meritatissimo premio?
No, assolutamente. Neanche l’apparizione del fantasma di Jimi Hendrix avrebbe potuto permettersi di soffiarmi da sotto il naso quel cd.
E non so quale Dio mi diede la forza di chiedere
-Dove credi di andare, scusa?- con voce autoritaria rivolgendomi a Gerard. Lui si bloccò, poi si girò a guardarmi e sono certo che si stesse trattenendo dallo scoppiarmi a ridere in faccia. Era davvero così patetico il mio tono di voce?
-A pagare il mio cd.- asserì ovvio. Quel sorriso che avevo notato sin da subito, sembrò centuplicare il suo livello di sfacciataggine. Dov’era il Gerard adorabile del primo giorno? Quello distrutto del palcoscenico? Quello misterioso del retro del pub? Sembravano tutti essersi dissolti nel nulla.
Quel tipo era lunatico. Fottutamente imprevedibile.
-L’ho visto prima IO. Me l’hai praticamente tolto dalle mani!- sbottai acido avvicinandomi.
Lui non si tirò indietro, anzi. Si avvicinò talmente tanto da farmi pentire di aver mosso anche un solo passo. Da vicino era ancora più bello. Da mozzare il fiato. Arrossii impercettibilmente abbassando per un attimo lo sguardo e puntandolo sulle punte rovinate delle mie scarpe.
-Un po’ di gratitudine, su! Ti ho salvato la vita, dovresti essermene riconoscente.- ancora quel sorriso.
Una malsana voglia di spaccargli la faccia si impossessò di me. Strinsi i pugni a tal punto da sentire le dita intorpidirsi.
-Sbaglio o sei stato tu a spingermi? Se stavo per cadere era solo colpa tua.- risposi a tono cercando di afferrare il cd dalle sue mani che lui prontamente ritrasse prima che potessi riprendermelo. Il breve contatto tra le nostre dita mi fece rabbrividire, ma lui non parve accorgersene, forse troppo divertito dalla mia presa di posizione. La stava decisamente prendendo come una.. sfida. –Se non fosse stato per me..- si avvicinò ancora di più, sentivo il suo respiro caldo all’aroma di caffè infrangersi sulla mia pelle –non l’avresti mai visto così da vicino.- rise, sbottando sarcastico sventolandomi ciò che teneva saldamente in mano davanti agli occhi. Sbaglio o mi stava dando del nano?
Mi feci rosso in viso dalla rabbia e mi avventai su di lui prendendolo per la giacca. –Mi stai prendendo per il culo?- sputai velenoso.
-E’ tutto apposto?- la voce lontana e seria di un commesso ci fece voltare entrambi. –Si, non si preoccupi. Il ragazzino è solo un po’ suscettibile- disse con tutta la calma del mondo Gerard per poi abbassare il tono di voce a un sussurro, come se volesse confidare un segreto a quell’uomo, fingendo che io non esistessi –probabilmente ha il ciclo, sa.. le prime donne..-
Ma come cazzo si permetteva? Quel… quel… quel pallone gonfiato! Sentii l’ira crescere a dismisura. Strinsi la presa sulla stoffa del giacchetto, tanto da sentirlo quasi sfilacciare sotto la mia salda presa. –Giuro che, usciti di qui, ti sfondo il culo.- lo minacciai a denti stretti.
Sorrise portando una mano sulla mia guancia. Era così morbida e accogliente.. sembrava fatta per accarezzarmi in quel mod… ma cosa stavo dicendo?!
Avvicinò le labbra al mio orecchio e bisbigliò con una malizia disarmante – sarei lieto di ricambiarti il favore, dolcezza.-
Sentii lo stomaco aggrovigliarsi, il viso completamente in fiamme e il cavallo dei pantaloni… fottutamente stretto.
Dio, ma cosa mi stava succedendo!?
Incapace di fare o dire altro lasciai la presa sulla sua giacca e lo guardai allontanarsi da me trionfante. Lo vidi comprare The Queen is dead e prima di sparire, come suo solito, si voltò un ultima volta dicendomi
-Magari un giorno di questi potresti venire da me, ho un cd degli Smiths che è la fine del mondo!-
Si scostò una ciocca di capelli che gli era caduta sulla fronte e mi sorrise vittorioso.
Rimasi li impalato, le braccia abbandonate lungo i fianchi e un espressione indecifrabile sul volto.
La sfida.. l’aveva decisamente vinta lui.
*SPAZIO AUTRICE*
Eccomi tornata, capitolo undici!
Devo dire che non mi dispiace.
E poi... non ci ho messo un eternità come l'altra volta a d aggionare, no?
Ci ho messo molto comunque, ma spero che vi piaccia il risultato.
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate e se volete linciarmi verbalmente per la mia
lentezza nel postare i capitoli... sfogatevi pure nelle recensioni skjfb c.c
Un bacione,
-Gee. x
  
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