1.
Green Park.
Una
grande distesa di prato mi circondava aumentando il senso di
libertà
che cresceva al passare del tempo. Alti alberi erano piazzati qua e
là e rendevano l'aria molto più piacevole e
rilassante. Questo era
''Green Park'', uno dei pochi luoghi in cui amavo stare.
Mi
trovavo seduta su una delle tante panchine di legno - la stessa in
cui risiedevo ogni pomeriggio da ormai tre anni - con il secondo
volume del mio libro preferito:''The hope of an angel never dies''.
''Tu
non mi conosci William, non sai nulla di me. E la domanda mi sorge
spontanea, sai? Perché mi segui? Pensi per caso che sia una
stupida?
Posso sentire la tua presenza ovunque, e dico seriamente! Cosa vuoi
da me?''
Lessi tutto d'un fiato
assaporando ogni parola, d'altronde mi trovavo a leggere la parte
più
importante del racconto, chi è che l'avrebbe fatto?
Sicuramente
quasi tutte le persone che vivono di ogni frase di un libro, che si
lasciano trasportare da un mondo apparentemente diverso dalla
realtà,
da tutto ciò che li affascina, senza far ricorrenza a tutti
i
personaggi che non potranno mai fuoriuscire dal libro. Ed io,
chiaramente, ero una di quelle persone.
«Evelyn, anche tu qui?» disse una voce dietro di me. Non appena mi voltai, scoprii il volto grazioso della signorina Grimwork. Esile, alta e bellissima, veniva invidiata da tutte le persone che posavano gli occhi su di lei, senza nessuna eccezione. Quel giorno indossava un semplice vestito azzurro che faceva risaltare il colore dei suoi occhi, i capelli erano sciolti e ricadevano in grandi boccoli dietro la schiena. Aveva su per giù trentacinque anni e risultava certamente più giovane.
«Salve!» dissi scuotendo la mano in segno di saluto. «Oh, si. Vengo ogni pomeriggio in questo posto, ma è la prima volta che la vedo qui.»
La donna sorrise guardandosi intorno. «Infatti è la prima volta che vengo di pomeriggio. Preferisco la mattina, a dire il vero.»
«La
penso esattamente come
lei, ma purtroppo la scuola non me lo permette.» feci
spallucce
mentre mi sistemavo la treccia sulla spalla. La signorina Grimwork
mostrò nuovamente la sua fila di denti perfetti e, con la
mano
destra, si spostò un ciuffo di capelli dal viso.
«Ti lascio alla
tua lettura.» indicò il libro.
«Arrivederci!» disse quasi come se
gli aspettasse qualcosa di eccitante alla fine della nostra
chiacchierata.
Mormorai un ''arrivederci'',
ma era ormai troppo lontana per poterlo sentire. Si
potevano notare i suoi lunghi capelli biondi che ondeggiavano
allegramente,
mossi anche a causa del vento. Un leggero sbuffo fuoriuscì
dalle mie
labbra e, dopo aver chiuso gli occhi per alcuni istanti, li riaprii e
voltai pagina.
''Capitolo
12: Come può un angelo innammorarsi di una ragazza come
Camille? O
meglio, come può innammorarsi dell'impossibile?''
«Niente
è impossibile.»
dissi ad alta voce, attirando l'attenzione di un ragazzo che
risiedeva su una panchina non troppo distante dalla mia.
Moro alto, magro e decisamente coerente. Ogni pomeriggio, alle quattro e dieci minuti precisi, varcava il cancello del parco e andava a sedersi portando con sé un libro. Molte volte lo trovavo immerso nei suoi pensieri e, contemporaneamente, fissava un punto inconcepibile di fronte a sé. Lo osservavo mentre leggeva con attenzione, tante di quelle volte cercai di capire a cosa pensava, e più fallivo più mi ci impegnavo.
''L'amore
non ti rende forte, l'amore ti uccide lentamente.''
E
quando riuscii a perpecire, tramite il labbiale, il
significato di quella frase, mi sentii
sprofondare nel sentimento.
Non
poteva assolutamente
essere considerato un ragazzo facilmente conquistabile, lui era
diverso, una diversità che lo rendeva nettamente superiore a
tutte
quelle persone che avevo conosciuto. Difficilmente parlava con
qualcuno, si limitava semplicemente a sorridere ed a scuotere la mano
in segno di saluto. Se gli avessero mai proferito parola, dal mio
punto di vista, sarebbe risultato una delle persone più
intelligenti
di questo mondo. Era vittima, intrappolato nelle sue paure ed
insicurezze che lo spingevano ad allontanarsi ed a creare un muro di
resistenza, che poi poteva facilmente crollare agli occhi di chi
sapeva amare. Eppure non ero mai andata oltre ad un semplice sorriso
in segno di saluto poiché mi sembrava inopportuno
disturbarlo
durante la sua lettura, mi limitavo ad osservarlo. La paura e il
timore era parte di me.
Portava degli occhiali –
ovviamente da vista – neri che, molto spesso, gli scivolano
dal
naso. Mi divertito a guardare in che modo se li spingeva nuovamente
su con leggero imbarazzo, le sue guance si coloravano sempre di
più.
Si chiamava Zayn, o almeno quello era il nome che avevo sentito
pronunciare, quella volta, da una bambina che lo aveva gentilmente
salutato sfiorandogli i capelli. Questo era tutto ciò che
sapevo su
di lui.
Alzai
lentamente lo sguardo
dal libro e lo posai sul viso del ragazzo. Il suo volto assunse
un'espressione sorpresa, come se qualcuno l'avesse visto mentre
faceva qualcosa di segreto, e le guance si tinsero improssivamente di
rosso.
Quel giorno indossava dei
jeans e un maglione blu, sopra la camicia, che gli dava l'aria del
perfetto ragazzo studioso. Il ragazzo si passò una mano fra
i
capelli buffamente scompigliati e sorrise alzando prima un angolo
della bocca, e poi l'altro.
«Oh, scusami. Mi sono accorta solamente adesso di aver parlato ad alta voce, non volevo distrarti dalla tua lettura.» mi scusai con incertezza e abbassai lo sguardo sul libro appoggiato sulle sue ginocchia. Zayn portò una mano all'estremità della pagina e la girò con delicatezza, come per paura di rovinarla. Fantastico, pensai, bel modo di iniziare una conversazione.
Il
ragazzo, con mia grande
sopresa, alzò gli occhi dal libro e sorrise nuovamente.
«Nessun
problema, non mi hai infastidito, anzi, condivido il tuo
pensiero.»
disse con un leggero accenno di balbettio. Potevo chiaramente leggere
la curiosità nei suoi occhi mentre il suo sguardo balzava
dal mio
volto al libro che tenevo fra le mani. Provai a pronunciare delle
parole che poteva spingerlo ad osservarmi ancora e, magari, ad aprire
un discorso, ma la sua attenzione non era più rivolta verso
di me.
Chiuse il libro che precedentemente era poggiato sulle sue gambe e
inizio a frugare nelle tasche.
Lo sentii mormorare e dopo
pochi secondi tirò fuori un foglio piegato e una matita.
Zayn
l'afferrò e iniziò a tracciare delle linee
indistinte sul foglio.
Sorrisi inconsciamente e tornai sulle righe del mio libro.
''...ma per William non era semplicemente un compito, ma qualcosa che amava fare, perché, dopo tutto, Camille era molto di più di questo.''
Infilai
il segnalibro fra le
ultime due pagine che avevo letto e chiusi lentamente il libro. Il
tempo era lievemente peggiorato ed alcune raffiche di vento si
manifestavano facendo ondeggiare la chioma degli alberi e i fiori sul
prato. Green Park era completamente vuoto, fatta eccezione per me e
il ragazzo alla mia destra.
Mi strinsi nel mio giubbotto
e portai il libro fra le mani. Era praticamente impossibile
continuare a leggere con quel vento: le pagine non facevano altro che
girarsi da sole e, molte volte, mi avevano anche fatto perdere il
segno.
Poggiai i gomiti sulle
ginocchia e le mani sotto il viso. I capelli scompigliati mi
solleticavano le guance e, con un leggere sospiro, chiusi gli occhi
concentrandomi sul rumore che producevano le foglie in movimento.
«Si mamma, torno subito, non devi preoccuparti.» disse Zayn facendomi riaprire gli occhi. Si trovava in piedi, con il libro in un mano e il telefono nell'altra.
«Arrivo tra pochi minuti, okay? No, mamma, non devi fare assolutamente nulla, ti prego.» si torturò il labbro con i denti, come se fosse preoccupato del comportamento della madre. Il suoi occhi incontrarono i miei e le sue guance si colorarono improvvisamente di rosso.
«Perfetto,
arrivo.» e
infilò il cellulare nella tasca dei pantaloni. Il suo
sguardo era
ancora posato su di me, cosa che mi fece sentire in imbarazzo, e
l'unica cosa che feci fu sorridere. Di conseguenza gli angoli della
sua bocca si incurvarono, e subito dopo si affrettò a
sistemarsi il
libro sul petto e le maniche delle camicia. Ogni piccolo gesto
compiuto da lui risultava qualcosa di interessante. Sempre.
Zayn diede un'ultimo sguardo
ai suoi vestiti e si diresse verso il cancello del parco. Mentre si
incamminava notai che, dal libro che portava fra le mani,
scivolò un
foglio piegato, ma il ragazzo sembrò non accorgersene. Mi
alzai
dalla panchina di legno e corsi velocemente a raccoglierlo.
«Hey!» urlai scuotendo la mano, ma Zayn aveva già sorpassato il cancello.
Poggiai le mani sulle ginocchia per recuperare il fiato mentre il vento mi spostava i capelli verso sinistra. Afferrai il foglio, che stava quasi per volare seguito dal vento, e lo rigirai fra le mani. In quel momento combattei con la voglia di aprirlo, inutile nascondere la mia curiosità, ma non lo feci. Decisi di restituirglielo il giorno dopo, nel solito posto, seduti sulla solita panchina.
Spazio autrice:
Salve a tutti!
Questo è il primo capitolo della mia nuova Fanfiction.
Purtroppo è uscito un po' corto e terribilmente noioso, ma prometto che farò di meglio nel prossimo capitolo. Ho dovuto spiegare la situazione per farvi capire meglio il carattere della protagonista, di cui non si sa ancora il nome (lol) e di Zayn.
Inizialmente ero molto indecisa su quale ragazzo scegliere per questa Fanfiction, ma dopo aver visto la foto che si trova alla fine dello 'spazio autrice', ho avuto un'illuminazione improvvisa.
Ovviamente il carattere del ragazzo è completamente inventato da me, poiché Zayn è una persona piuttosto diversa da quella che ho raccontato io nel racconto.
Comunque, spero che, a differenza mia, questo capitolo vi piaccia, e mi farebbe molto piacere ricevere un po' di recensioni per sapere cosa pensate della storia :), naturalmente non voglio obbligare nessuno, sia ben chiaro.
Al prossimo capitolo! Grazie dell'attenzione ;).
P.s: Mi scuso per gli eventuali errori, ma alcune volte scappano alla vista.