Perfectly
Good Heart.
*quattro
settimane
dopo*
Un fischio acutissimo si propaga
nell’aria. Scott ed io
ci tappiamo le orecchie strizzando gli occhi
“scusate” cinguetta Abigail
ridacchiando a mo’ di scusa mentre si affretta a rimette
apposto le
apparecchiature con cui stava giocando.
E’ una bella giornata
primaverile, fuori splende il sole
e le persone, rimaste chiuse in casa durante i lunghi mesi invernali,
cominciano ad uscire per le strade gustandosi il tepore e
l’aria fresca. Io,
Abigail e Scott, il mio manager, siamo rimasti chiusi tutto il giorno
nello
studio; obiettivo? Completare il quinto album. Dopo circa 5 ore di duro
lavoro
Scott aveva proclamato che l’album era pronto, le canzoni
perlomeno erano state
completate e le basi decise, dovevo solo inciderlo, ma fin dal primo
momento,
non ne ero stata troppo convinta.
Riascoltavo ancora le canzoni,
mentre discutevo
animatamente con Scott, per me l’album non era completo,
mancava ancora
qualcosa. Abigail, che mi aveva fatto compagnia, cominciava ad
annoiarsi ed
aveva fatto proprio quello che sarebbe stato meglio non fare, giocare
con i
suoni.
Il fischio si disperde
nell’aria lasciandomi le orecchie
formicolanti e sono costretta a massaggiarmele con un po’ di
vigore,
leggermente divertita dall’imprevisto, ma anche profondamente
scocciata
dall’aria da bastian contrario che Scott continuava ad ostentare.
“Taylor,
l’album è pronto, non so’ cosa tu voglia
ancora…” mi dice con l’aria di chi
spiega che uno più uno fa due. Roteo gli
occhi e li piazzo su Abigail che intanto sta’ cantando nel
microfono della
stanza di registrazione, stona parecchio, ma è anche
divertita da tutto quello;
come se fosse una bambina è
impossibile
farla stare ferma. Devo solo ringraziarla comunque, senza di lei mi
sentirei
molto meno spronata ad andare avanti. Schiocco appena le labbra, come
se
fossero una frusta “l’album è il
mio” fulmino il mio manager con lo sguardo e
lui non fa altro che scrollare il capo.
Lo guardo prendere la giacca e
avviarsi alla porta, ma
poi si ferma, proprio sotto l’arcata di legno “hai
20 giorni prima
dell’incisione, voglio che l’album sia pronto e
messo fuori per il 13 Giugno.
Non un giorno di più” mi dice con un tono che non
ammette repliche, poi esce
senza aggiungere altro.
“Taylor Alison
Swift” Abigail esce dallo studio di
registrazione con l’aria di una che ne sa una più
del diavolo e comincia a
girarmi attorno, senza smettere di fissarmi con quell’aria
maliziosa che dopo
tre giri mi irrita ancora di più e mi fa girare la testa.
Come al solito non
riesco a dirle niente che sia cattivo, chiudo gli occhi e mi massaggio
le
tempie, sto per chiedere ad Abigail di aiutarmi in qualche modo quando
la sento
trafficare con la mia borsa. Apro un occhio, poi anche
l’altro, mi tolgo le
mani dal viso “che stai facendo?” le chiedo mentre
la guardo prendere il mio
cellullare.
Non mi risponde.
“Abigail
Anderson!” esclamo a metà tra
l’esasperato e il
divertito. Sembra non sentirmi mentre continua a digitare qualcosa sul
telefono. Mi avvicino e le punto le dita nei fianchi, so’ che
soffre tanto il
solletico, infatti non appena la tocco fa un salto di mezzo metro prima
di
cominciare a ridere “no, niente. Guardavo una cosa su
Facebook” dice mentre prende
fiato dalle risate prima di rimettere il cellulare al suo posto.
*quella
sera*
Il panino cucinato da Abigail ha
qualcosa di
stomachevole, ma non glielo dico, non vorrei offenderla. La vedo andare
in giro
tutta trionfa per casa, coperta di salsa da capo a piedi, i capelli
raccolti in
una coda che permetteva a ciuffi ribelli di svolazzare qua e la. Quella
ragazza
è tutto fuorché una cuoca.
Mando giù
l’ultimo boccone della cena quando il telefono
comincia a squillare all’impazzata. Rispondo con
difficoltà, ho ancora le mani
sporche di salsa e olio “pronto?” dico senza
leggere il nome che brilla sullo
schermo e per poco non cado dalla sedia.
Lancio un’occhiata ad
Abigail che sembra in procinto di
dire che non è colpa sua, qualunque cosa si tratti.
“Uhm… ok. Si,
domani. Ciao” poso il cellulare sul tavolo
ed alzo un sopracciglio in maniera critica fissando la mia amica.
“Che…
c’è?” mi chiede un po’
preoccupata.
“C’è
che tu non ti fai mai i fatti tuoi. C’è che mi
rovini l’esistenza, mi obblighi sempre a fare cose assurde
senza un filo di
logica; c’è che non hai un minimo di
ritegno” mi alzo dallo sgabello e mi
avvicino lentamente scura in volto alla mia amica “agisci
sempre senza mettermi
al corrente delle tue intenzioni” un altro passo e le sono
vicinissima, potrei
tirarle una testata “c’è che se fossi
uomo ti bacerei!” esclamo.
Lei sembra non capire. Un attimo
prima sembra che io la
voglia uccidere, un secondo dopo sto ridendo di felicità. La
prendo per le
spalle “qualcuno ha accettato di fare una collaborazione con
me! So’ cosa
mancava al mio album!”
Comincio a ballare senza darmi un
contegno ed Abigail,
ancora incerta, si sente in dovere di chiedermelo
“cosa?”.
Mi fermo interrompendo una
piroetta e la fisso sorridendo
“Ed Sheeran.”.
Spazio autrice:
Ciao a tutti!
Come vedete questo capitolo non
è un granchè, so’ bene
che mi dilungo con le varie vicissitudini, ma spero comunque che non vi
abbia
annoiato. Comunque potete recensire lo scritto, a me farebbe solo tanto
piacere
ricevere i vostri pareri! E magari mi aiutate anche a migliorarmi.
Detto questo, spero di rendere
meglio con il prossimo
capitolo.
Alla prossima J
Enjoy yourself! <3