Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: funklou    19/01/2014    17 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
___________________________________________________________________________
Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Two Banner (2) photo BANNER_zps8739bdb7.jpg




I didn't want to leave you.

Luke stringeva forte la mano di Avril, come se fosse stata l'unica ancora a cui aggrapparsi. Sentì una sensazione di nostalgia divorarlo velocemente, ed era una delle cose peggiori che avesse mai provato. Faceva stare male. Le gambe erano deboli, pensava quasi di non poter continuare a scendere le scale. 
Calum ci stava proprio bene tra quelle braccia. Ashton piangeva silenziosamente, e il moro si univa a lui. 
Luke si fermò. Avril gli strinse a sua volta la mano, come a certificare la sua presenza. Poi i due si staccarono e Luke si sentì due paia di occhi addosso. In particolare, aveva quegli occhi verdi incastrati nei suoi, e proprio non poteva lasciarli. Rivede ogni cosa, dentro a quel verde. Rivide loro due, prima di quel 13 aprile, e la fottuta sensazione iniziava quasi a mozzargli il fiato. 
"Ehi, Luke." iniziò Calum, asciugandosi gli occhi con la manica della felpa. "St-stavo... Niente, come stai?" 
Luke respirò a fondo, e l'aria gli si bloccò dentro. Fece finta di nulla, deglutì a vuoto, percependo il battito del cuore rallentare. Poi Ashton abbassò lo sguardo, e Luke poté riprendere fiato. 
"Bene. Tu?" 
Finì di scendere le scale, con la mano sudata ancora intrecciata in quella della ragazza. Non aveva più voglia di picchiare Ashton. Voleva solo prendersi a pugni da solo, perché quel veleno insinuato dentro di sé, che sprigionava nostalgia, era davvero fastidioso. 
"Sto bene anche io." replicò Calum, nonostante Luke continuasse a guardare solo ed esclusivamente Ashton, il quale aveva rialzato lo sguardo, giusto per distruggerlo ancora di più. "Dovresti sapere alcune cose, credo." 
Ma Luke aveva paura, e forse non voleva saperle. Eppure, annuì con la testa e aspettò che Ashton cominciasse. Quest'ultimo aprì la bocca, ma le parole non gli uscirono. Allora si andò a sedere sul divano, e quasi si poteva sentire il suo cuore col battito accelerato. Anche Calum si sedette di fianco a lui, allora si accomodarono anche Luke ed Avril.

6 marzo 2011. 
Ashton non aveva per niente voglia di andare a scuola, quel giorno. Se solo non fosse stato per Emily, che l'aveva quasi minacciato, se ne sarebbe stato tutto il giorno sul letto, o al massimo avrebbe suonato la sua adorata batteria. 
Probabilmente era troppo buono. Gli piaceva vedere le labbra della gente stendersi in un sorriso sincero, lo faceva sentire bene con se stesso, e questo era molto più importante della sua felicità.
Aveva quindici anni e uno spirito allegro inimitabile. Andava tutto bene, perché non sentiva la mancanza di assolutamente nulla. Anzi, non capiva i visi tristi dei suoi compagni, in fondo si trattava solo di vivere e prendere la vita così come veniva. Amava sentirsi bene con se stesso, così cercava di prendersi cura del suo aspetto fisico, partendo sempre dai suoi capelli. Luke l'avrebbe sfottuto per il resto dei suoi giorni, ormai lo sapeva, ma non gli importava niente. 
Non si sforzava a ridere, perché Ashton era semplicemente felice. C'era solo una cosa che risultava nero su bianco in quel periodo: l'atteggiamento di Emily. Ma non lo odiava. Odiava solo alzarsi per andare a scuola, tutto qua. Eppure, era un ottimo studente. 
Gli venne voglia di tornare indietro e far finta di non essere mai arrivato al cancello quando, prontamente, Emily sbucò fuori dal parcheggio del Norwest Christian College. 
Quella ragazza era una forza della natura. 
"Amore!" lo salutò, col sorriso a trentadue denti. 
Gli lasciò un bacio sulle labbra, piuttosto sbrigativo, e questo bastava ad Ashton che "Ehi." l'accolse. 
Un battito di ciglia, occhi che si cercano, labbra su labbra, una sola frazione di tempo ed eccoli lì, i vuoti che vengono colmati. 
"Luke prima ti stava cercando, ha detto che il prossimo motorino glielo devi comprare te." gli comunicò Emily, serrando poi la bocca per reprimere una risata. 
"E' ancora fissato con quella storia? Dio mio! Ora dov'è?"
Circa cinque giorni fa, Luke gli aveva raccomandato di parcheggiargli il motorino a scuola, siccome Ashton doveva avere un mezzo per andare a lezione di batteria. Eppure, quando uscì, il motorino era scomparso. E Luke probabilmente non si era mai arrabbiato così tanto come quella volta. 
"Penso sia nel giardino con gli altri. Ora, però, devo andare. Ricordi? Ho l'esame di spagnolo." 
"Sì. Allora ci vediamo più tardi. Okay?" 
Emily gli regalò un ultimo sorriso, prima di abbracciarlo e sistemarsi meglio la borsa.
"In bocca al lupo!" le gridò, quando ormai era quasi giunta all'entrata. 
Si diresse, allora, verso il giardino, intravedendo già quelli che erano i tre suoi migliori amici. 
Luke stava immancabilmente copiando i compiti da Calum, quando Ashton "Io dico che questo anno non lo passi." esordì, facendolo trasalire. 
Luke alzò la testa dal libro e lo fulminò, con in sottofondo le risate di Calum e Michael.
"Gliel'ho detto anche io." intervenne Michael. 
"Ma stai zitto, tu! Ché non hai nemmeno la decenza di copiare." lo ammonì Ashton, scoppiando in una delle sue solite risate. 
Michael sbuffò. Forse, l'unico che si salvava, era Calum. O almeno, portava i compiti stracolmi di errori, eppure li portava. 
Ashton scosse la testa, strappò dalle mani di Luke il libro di economia e l'altro "Ash, non fare lo stronzo!" lo rimproverò. 
"Andiamo, deficiente, ti passo il mio libro se ti chiama per correggere gli esercizi."
E l'espressione di Luke, prima dura e arrabbiata, si estese in un sorriso. Era questo, quello che andava bene ad Ashton. 
"Comunque, rivoglio il mio motorino, sia chiaro." 
"Sì, sì. Andiamo in classe, ora." lo liquidò, alzando gli occhi al cielo.

"Hai sentito di Emily con Hemmings?" sentì dire, passando per il corridoio. 
Se c'era una cosa odiosa di quella scuola, erano proprio le voci che circolavano tra quei corridoi. Mai vere, mai confermate. 
Ormai, Ashton ci aveva fatto l'abitudine. Ci si adatta. Si fa finta di niente. Però, odiava il fatto che alcune persone pensassero che lui fosse quello debole, quello tradito e quello troppo buono per lasciare Emily. 
Conosceva Emily, e conosceva anche Luke. Erano stati insieme mesi fa, questo lo sapeva, ma poteva anche scommetterci: non c'era più niente, tra loro. 
Continuò comunque a camminare, dirigendosi verso la classe della sua ragazza. Attese lì, con la schiena contro il muro. Poi Emily uscì, più allegra che mai e "Emy!" la chiamò Ashton. 
Lei si girò di scatto. Aggrottò la fronte, presa alla sprovvista da quella visita. Ma poi si rilassò e, alzandosi sulle punte, gli regalò il secondo bacio della giornata. 
"Ho preso una A nell'esame di spagnolo!" annunciò. 
Ed Ashton rimase sconcertato. A nello scritto di spagnolo? Probabilmente, in quella scuola, era la prima volta che qualcuno prendesse il massimo dei voti in spagnolo. 
"Come diavolo hai fatto? Ti sei mangiata un libro di spagnolo?" 
Lei esplose in una risata fintissima, così schifosamente preoccupante, quasi da contorcerti le interiora. Diventò paonazza. 
"Emily?" 
"Sì?"
"Tutto bene?" 
Lei deglutì vistosamente e "Certo." gli rispose. "Era facile, ieri ho studiato tutto il pomeriggio." 
Ashton, con ancora un'espressione confusa dipinta sul viso, si ritrovò ad annuire. "Beh, allora brava." le concesse, accompagnando la frase con un mezzo sorriso. "Andiamo a mensa con gli altri?" 
Emily annuì, ma Ashton lo vide. Un decimo di secondo, così corto ma così importante. Vide la sua ragazza voltarsi e cercare qualcosa all'interno della classe, che forse non avrebbe mai trovato. Cercò gli occhi di qualcuno, ma in quell'aula, l'unica persona presente era il prof Harvey. 
Sentì un brivido attraversagli il corpo. Strinse forte la mano di Emily nella sua e fece finta di nulla, combattendo contro se stesso per reprimere quegli occhi in cerca di qualcuno che non fosse lui. 
Andarono a mensa e si sedettero con Luke, Michael, Calum e alcuni ragazzi della squadra di nuoto. La verità era che Ashton aveva paura di stare da solo con lei, perché odiava imbattersi con la tristezza. E sapeva bene che, sotto a tutto quello, ci potesse essere solo qualcosa di terribilmente triste. 

Passarono tre, o forse quattro giorni. Non li aveva contati, Ashton. Ma più ne passavano, e più la sensazione che qualcosa non andasse bene aumentava. Cercava di nascondere il suo turbamento dietro ai suoi sorrisi, ma Luke era troppo attento per non accorgersene. 
Quando quel giorno arrivò a scuola, infatti, Luke non accennò nemmeno una volta la questione del motorino. Semplicemente, appoggiato al muro della scuola, con un cappello di lana in testa che copriva i capelli biondi e piastrati in avanti, Luke Hemmings lo guardava. Anzi, più precisamente, gli esaminava l'anima. Ed Ashton si sentì come se gli avessero appena fatto una lastra, e il suo migliore amico avesse in mano tutti i risultati. Tremò solo al pensiero perché, quei risultati, non li aveva neanche lui. 
"Ashton." 
Aveva colto una specie di severità, dentro al suo nome. Iniziava ad odiarlo, pronunciato in quel modo.
"Ciao." e non mise su nessun tipo di sorriso. 
Aveva perso in partenza, con Luke. Ti leggeva, ti privava di ogni tua corazza.
"Stai bene?" 
Era andato subito al punto.
Si guardarono senza fiatare. Si guardarono e si parlarono attraverso quegli occhi. "Emily." sputò Luke. 
Aveva capito subito. Non poteva non capire, uno come lui. Esclamò quel nome sottolineando il fastidio che quella ragazza gli procurava: dopo essersi lasciati, avevano creato un insano rapporto, basato prevalentemente sull'odio. Luke gli diceva di stare attento, perché sosteneva che Emily amasse per convenzione, per la paura di rimanere sola, per lo scopo di innescare gelosia nelle persone e, in questo caso, in lui.
Ashton annuì.
L'altro scosse la testa e "Cos'ha fatto?" domandò. 
"Non lo so, è questo il problema. E' strana, pericolosamente strana. Va bene a scuola, sì, ma sembra sempre tesa."
Luke sembrò pensarci su. "Ne avete parlato?" 
Ma, proprio appena finì di pronunciare la frase, Michael apparve di fianco a loro. "Parlare di cosa?" si mischiò nella conversazione. 
"Due." fu pronto Ashton a rispondere. 
Zaino su una sola spalla, capelli disordinati e insoliti, occhi di ghiaccio e sempre distaccati. 
Michael Clifford era davvero un amico strano. Strano ma okay perché, con la sua stranezza, si stava bene. 
"Niente, Emily fa la misteriosa e qui abbiamo un esemplare maschio che sopporta pene d'amore." spiegò Luke, facendo ridere Ashton.
"Io non soffro pene d'amore." gli diede un leggero pugno sul braccio e "Che potenza, porca miseria!" lo prese in giro. 
"Okay, voi due siete un caso perso. Ma, comunque, ho visto che Emily ha preso il massimo dei voti in ogni esame. Secondo me, quella ragazza, già dall'anno prossimo, la prenderanno in una università." disse Michael, passandosi poi una mano sulla sua frangia lunga, che accarezzava il viso fino ad arrivare sulla guancia.
"Wow." 
"Il massimo dei voti? Va bene che è intelligente, ma questa cosa è assurda." commentò Ashton che, come stava facendo ormai da giorni, cercava di placare la sua preoccupazione. 
"Avrà studiato bene." intervenne Michael. "Però ora è meglio se entriamo in classe, altrimenti Ashton sclera per un ritardo." 
Il diretto interessato lo guardò malissimo. "Ehi! Non è vero! E' solo che mia madre poi mi fa la predica." 
Michael e Luke risero, e insieme entrarono a scuola, seguiti poi da un Calum che correva per raggiungerli.
Quel giorno, l'unica ad arrivare tardi a scuola, fu Emily.

Le ore di lezione, bene o male, passarono. Bene o male perché, dopo la quarta ora, Luke fu interrogato ed Ashton dovette impegnarsi per suggerirgli ogni cosa, ma senza farsi scoprire. Non sembrava, ma era un'impresa alquanto complessa. "Grazie! Oggi, al bar delle quattro strade, ti offro una Coca Cola. O, se vuoi, anche tre." gli aveva detto. Allora Ashton aveva riso, perché in quel bar loro avevano gratis ogni cosa. 
Emily, invece, era arrivata in ritardo di minimo trentacinque minuti alla prima lezione, mentre all'ultima era uscita e non era più tornata.
Ashton, alle 14:59, era un filo teso. Mancava un minuto e poi sarebbe andato a cercarla in ogni parte della scuola. Era ora di affrontare la realtà, era ora di smetterla di nascondere i problemi. 
La campanella suonò. Il suo cuore prese a battere fortissimo. 
"Allora oggi al bronx?" gli chiese Luke.
Lui deglutì ed annuì. L'altro gli lanciò uno sguardo interrogativo, ma Ashton scosse la testa, facendogli capire che non avesse niente. 
Sguardi, cenni del capo, sfioramenti. Questi erano Luke ed Ashton. Così stretti da non sapersi più staccare. 
Salutò Michael e Calum, uscì per primo dalla classe, spalancando velocemente la porta. Nel corridoio c'erano solo cinque persone, ma sapeva che tra poco sarebbe stato quasi soffocante. Si affrettò, quindi, a cercarla con lo sguardo in ogni spazio. Andò al piano superiore, poi a quello ancora più su. Entrò nei bagni, negli sgabuzzini. Andò in segreteria a chiedere se Emily fosse già uscita da scuola. La signora gli disse che no, era ancora nella struttura. Allora sì, che le mani di Ashton iniziarono a sudare. 
Ritornò al piano di sotto, diede un'occhiata veloce nelle varie classi. Niente. Emily sembrava sparita. 
Uscì dalla porta principale e si sedette sulle scale. 
Aspettò. Osservava le gocce di pioggia che cadevano prepotentemente e che si infrangevano sul suolo. Il vento che gli scompigliava i capelli, il freddo che gli si insinuava sotto pelle.
Erano passati circa venti minuti, quando udì dei passi. Una camminata leggera. Una che assomigliava senza dubbio a quella della ragazza. Si girò e vide Emily con ancora una pigna di libri in mano, lo sguardo assente e una sola maglia a coprirla dalla tempesta. 
"Emily." la chiamò, serio.
E ad Emily caddero i libri dalle mani, e la bocca le si schiuse, così come gli occhi si spalancarono. 
"Non hai freddo?" 
E lei non parlò neanche questa volta. Ashton si alzò, le raccolse i libri e "Cosa stavi facendo?" continuò ad interrogarla. 
Emily gesticolò, partì con un "I-io..." ma si bloccò. Lasciò che le braccia le cadessero lungo i fianchi.
Ashton sentiva il freddo dentro di lui. Nella testa gli passavano così tante cose, che non riusciva ad ascoltarne nemmeno una. 
"Cosa sta succedendo? Ti prego, Emy, parla. Di' qualcosa. Mi spaventi."
Ed era vero, perché Ashton era totalmente impaurito. Amava la felicità, lui. Cosa diavolo era quell'ansia che gli stava divorando lo stomaco? Probabilmente il cuore, andando di questo passo, gli sarebbe salito in gola. 
"Non sta succedendo niente, Ash. Sto tornando a casa..." diede come risposta lei.
Teneva lo sguardo basso. Era una cosa spaventosa. "Alza gli occhi, mentre mi parli. E una studentessa non va a casa alle 15:35, cazzo." 
Ed ecco che la paura si trasforma in rabbia. 
"Avevo un esame da-"
Ashton le prese il mento tra l'indice e il pollice della mano e lo fece scattare verso l'alto, in modo che Emily lo guardasse dritto negli occhi. Lei trasalì e smise di parlare. 
"Non è vero." disse lui. 
Non era vero perché Emily non era capace di mentire quando guardava negli occhi una persona. E lei aveva smesso di parlare. 
Ashton era un blocco unico, in quel momento. Tremava, eppure aveva ancora la forza di restare duro con lei.
"Dimmi cosa cazzo stai facendo in questi giorni! Mi eviti il più possibile, sembri impaurita quando mi vedi e Dio mio, fai cose stranissime!" 
Forse, Ashton stava urlando. Forse, aveva perso, per la prima volta, il controllo. E tutta la sua serenità, che tanto lo caratterizzava, era stata sostituita con questa miscela di rabbia e paura.
"Cosa stavi combinando l'altro giorno, dopo l'esame di spagnolo? Perché stavi guardando quel coglione di Harvey, prima di venire via con me?!" 
Una frazione di secondo. Lo stesso battito di ciglia, le stesse labbra che rimangono serrate, gli stessi occhi che si incastrano gli uni negli altri. 
"Perché ci scopo!" urlò lei. 
Poi portò le mani alla bocca, se la tappò forte, come se avesse paura di ciò che ne era uscito. Gli occhi le si ingrandirono spropositatamente. 
I libri che poco prima Ashton teneva in mano caddero, per la seconda volta, a terra. Ashton non aveva più fiato, dopo tutte quelle frasi sconnesse che aveva gridato. Deglutì, e la gola risultò completamente secca. Fece un passo indietro, finendo nella zona non riparata dal tetto della scuola. La gocce si impossessavano dei suoi vestiti, li inzuppavano, li scurivano.
Sembrava apparentemente calmo. Ma non aveva smesso neanche per un secondo di guardare negli occhi di Emily. 
"Dovevo... Dovevo passare assolutamente questi esami, Ash. Lo sai bene. E io... Non lo so." parlava flebilmente, quasi sussurrando. 
Poi puntò lo sguardo a terra, incastrò le mani nei capelli. 
Ed Ashton era ancora lì, ormai fradicio. 
"Non dire una sola altra parola." le intimò, più severo che mai. 
Era freddo sia fuori che dentro. 
"Mi dispiace." gli disse Emily, dirigendosi verso di lui. 
Gli circondò il busto con le mani, e lui non ricambiò. Restò inerme per poco, poi le prese il braccio e la scostò. 
"Puttana." le disse, quasi bisbigliando. 
Fece un altro passo indietro, poi cominciò a camminare sul serio, ad attraversare il parcheggio del Norwest Christian College e ad andarsene. 
Aveva dentro di sé troppe cose per assimilarle tutte. Li sentiva, i pezzi del suo cuore, che vagavano all'interno, conficcandosi da ogni parte. Si fermò sul marciapiede e vomitò anche l'anima. Restò piegato per qualche secondo, poi si rialzò, si pulì la bocca con la manica della felpa e continuò a camminare. Non la smise finché non arrivò alla porta di casa sua. Entrò, lasciando orme di acqua ad ogni passo. E, prima di salire le scale, sua madre comparve alla sua destra. Gli corse incontro, vedendolo in quello stato, ma poi si fermò. 
Una mano sulla bocca, occhi sbarrati, viso preoccupato.
"Dio mio, Ashton! Che è successo?!" 
Ma lui cominciò a salire le scale, lasciandosi indietro la donna allarmata.
"Ashton! E' stato Luke?!"
Si voltò, la guardò e la rabbia iniziò ad accecarlo. Detestava sua madre quando metteva in mezzo Luke. In tutte le cose.
Tirò un pugno al muro del corridoio, sentendo poi un dolore lancinante. Entrò in camera sua e sbatté la porta. Si buttò sul letto, strinse forte i denti e riuscì a reprimere le urla. 
Voleva urlare, prendere a calci qualsiasi cosa. Invece, Ashton Irwin, preso alla sprovvista dal dolore, pianse. 
Si immaginò il corpo esile di Emily, sotto a quello robusto e orrendamente prepotente di Hervey, e percepì un altro conato salirgli in gola. 
Dimenticò quante volte vomitò, quello schifo giorno. Cercò di dimenticare anche le scene che irrompevano nella sua testa, ma sembravano indelebili. Non riusciva a credere come potesse un adulto impossessarsi del corpo di una quindicenne. E lo sconvolgeva di più il fatto che quella quindicenne fosse proprio la sua ragazza. Come poteva mandare a puttane la sua dignità per delle ottime valutazioni? 
Restò così, sul suo letto, con lo sguardo perso nel vuoto, dei vestiti inzuppati, la mente annebbiata dalle immagini, accompagnate dal rumore della pioggia che sbatteva sulla sua finestra. 
Mandò un messaggio a Luke, gli disse che il giorno dopo non sarebbe potuto venire a scuola, e si scusava per non essersi presentato al bronx. Lasciò cadere il cellulare sul pavimento, raggiunse il bagno e si fece una doccia calda. 
Il problema era che, anche a fine giornata, il profumo di Emily era ancora inchiodato sulla sua pelle. 

Ashton non si presentò a scuola, il giorno dopo. Così come non si presentò il giorno dopo, e quello dopo ancora. Stava semplicemente in camera, con addosso un pantalone della tuta e una maglia stralarga. Anche i suoi capelli avevano perso importanza, e questo era davvero assurdo. Il terzo giorno, però, sentiva davvero il bisogno di dirlo a qualcuno. Prese il cellulare, fece scorrere i nomi della rubrica e arrivò fino alla L. Premette il tasto verde e, dopo un primo squillò, riattaccò.
Non poteva.
Non sapeva come dirlo.
Non poteva distruggere ancora di più la dignità di Emily. 
Sospirò, si passò velocemente una mano tra i capelli e decise.
Sua madre. Lei andava bene. 
Allora scese le scale e andò alla ricerca della donna. La trovò in salotto, mentre metteva a posto dei fogli nei cassetti.
"Mamma."
La voce gli uscì rauca. Non parlava più da tre giorni. 
Lei sussultò un po', lasciò i fogli e spalancò gli occhi alla vista di suo figlio. Ed Ashton non voleva nemmeno immaginare che aspetto avesse in quel momento.
"Buongiorno, Ash. Tutto bene?" si avvicinò a lui, probabilmente per poggiargli una mano sulla fronte e valutare la febbre. Ma Ashton fece un passo indietro e "Devo dirti una cosa." annunciò.
"Beh, allora dimmi." 
Lasciò passare alcuni secondi. "Emily... Oddio, non so davvero come dirtelo."
"Ti prego, dimmi che non ti ha tradito con Luke."
"Mamma! Smettila, Luke non deve c'entrare in ogni cosa." la rimproverò. 
"Okay, però va' avanti."
Ashton stava pensando a troppi modi per dirglielo, ma nessuno sembrava andare bene. 
"Lei-lei, come posso dirtelo? Si vende per dei bei voti." concluse infine. 
Sua madre rimase immobile. 
"Ashton, lo sai bene che non mi piace quando la gente scherza con me. Per favore fai il serio."
"Perché dovrei mentirti su una cosa del genere? Con che scopo?"
Ed Ashton avrebbe davvero voluto che quello fosse tutto uno scherzo. Avrebbe voluto rivederla fuori dal cancello della scuola, per accoglierlo con un bacio. Ora, invece, non avrebbe più toccato nemmeno un suo centimetro di pelle senza provare schifo. 
Sua madre parve paralizzarsi. Aprì bocca, poi la richiuse. Delle emozioni scombinate tra loro sembrarono attraversarle il viso.
"Questo vuol dire che Emily fa una cosa simile al prostituirsi?" 
Ashton annuì piano. Forse non l'aveva neanche notato, sua mamma, quel cenno di capo. Eppure, buttò le sue braccia intorno al suo corpo, strinse suo figlio, ed Ashton pensò che forse qualcuno avesse sentito un minimo del suo dolore. Ma non trovò poi così tanto conforto, in quell'abbraccio. Ormai, il dolore ce l'aveva insinuato dentro.
"Domani ci devo andare lo stesso, a scuola. Non posso saltare altre lezioni." le disse.
Lei annuì, gli sistemò i capelli ed Ashton se ne andò in camera, con un peso meno ingombrante da nascondere.

Era giovedì ed Ashton, come aveva detto, si presentò a scuola. Davanti al cancello, però, Emily non c'era più. Sentì un vuoto farsi spazio dentro di lui, e cercò in tutti i modi di reprimerlo quando incontrò Michael. 
"Ashton! Finalmente!" esclamò, andandogli incontro.
"Ciao." 
Lo abbracciò, perché quelle cose che sentiva attorno a sé erano sicuramente braccia. Non ricambiò, ma era sicuro che Michael non se ne sarebbe nemmeno accorto.
"Si sente quando non ci sei." continuò, "Ci si abbassano le medie in qualsiasi materia."
Questa cosa, invece, doveva far sicuramente ridere. Un sorriso sarebbe dovuto andar bene, allora.
Ormai, Ashton ragionava così. Insensibile ad ogni cosa, se non alla tristezza che lo consumava notte e giorno. Non sentiva più niente. 
Arrivò anche Calum, che lo salutò a sua volta calorosamente ed entrarono in classe. 
Luke arrivò con una mezz'ora di ritardo, più o meno, e questo era più che normale. Si cercarono con gli occhi e, nel frattempo, dentro ad Ashton si azionarono le istruzioni per i movimenti da compiere per non far scoprire niente.
Allora, gli sorrise. Poi si sistemò il ciuffo e ritornò al suo quaderno. Sembrò aver compiuto tutto correttamente, perché anche Luke gli sorrise.

Verso la fine della terza ora, qualcuno bussò alla porta. Ashton stava leggendo la regola di matematica che gli era appena stata spiegata, quando sentì il suo nome. Alzò lo sguardo, trovando degli occhi puntati su di lui.
"Cosa?"
"Potresti venire nell'ufficio del preside?"
Oh. Questo era imprevisto. Ashton si alzò, un po' incerto per quello a cui sarebbe andato incontro. Un po' incerto anche perché sentiva che Emily c'entrasse sicuramente qualcosa. Prima di uscire dalla classe, però, cercò un'altra volta quegli occhi azzurri. 
Luke lo stava già guardando. Gli bastarono quegli occhi sicuri, per uscire e seguire il bidello.
Lo condusse fino ad una stanza in cui non era mai stato. Poi, se ne andò, ed Ashton rimase da solo, perso nelle sue incertezze. Poggiò la mano sulla maniglia, la strinse e fece un respiro profondo. Quando, però, aprì la porta, ciò che trovò davanti lo rese ancora più incerto. Perché in quell'ufficio non c'era solo il preside ma, di fronte a lui, seduti su due poltrone, i suoi genitori lo stavano aspettando. 
"Cosa ci fate voi qua?" esordì con fare accusatorio. 
"Può accomodarsi, Irwin." parlò una voce che stava dietro alla scrivania. 
Ashton si voltò, osservò il preside e fece come gli era stato detto. Si sedette di fianco a sua madre, immaginando già che tipo di discorso sarebbe potuto avvenire di lì a poco. 
"Ho convocato te e i tuoi genitori per un piccolo incidente di percorso, come saprete bene."
"Tanto piccolo non mi pare." intervenne Ashton. 
"Ash, per favore." lo richiamò la madre. 
Ma Ashton avrebbe voluto continuare a parlare, a dire la sua, a far uscire quella rabbia repressa. Però, stette zitto e restò a fissare il preside, che quasi lo stava graffiando con lo sguardo.
"Stavo dicendo, ho una proposta da farvi. Il Norwest Christian College è una scuola prestigiosa, piuttosto famosa e con una delle migliori reputazioni. Non mi sembra il caso, quindi, rovinare tutto per una piccola questione. Potremmo, come dire, stipulare un patto. Cosa ne dite?"
Ashton guardò sconvolto i suoi genitori. Avevano sentito le stesse cose? 
"Che tipo di patto?" domandò suo padre.
"Beh, vostro figlio è uno dei nostri migliori allievi e pensiamo che possa costruirsi un buon futuro. Per questo, abbiamo contattato l'Haileybury College, con cui siamo in stretti rapporti. E' una scuola privata, sì, ma ci siamo già organizzati su tutto. Avrete le vostre spese coperte, e in più vostro figlio potrà dormire nella sua propria casa, e non direttamente al college. Ah, dimenticavo: potrà anche non frequantare ogni singolo giorno le lezioni. Basta che si presenterà ad ogni giorno di verifica." spiegò il signore, utilizzando sempre più un tono persuasivo.
Ormai, Ashton aveva smesso di far aumentare la rabbia dentro di lui, perché quest'uomo stava degenerando. Gli stava implicitamente proponendo di allontanarsi da quella scuola per evitare che la questione si diffondesse e rovinasse gli affari. Era molto più che assurdo. Ma era molto più orrendo che sua madre "Dove si troverebbe?" gli avesse chiesto. 
Allora Ashton tirò indietro la sedia e si alzò. Camminò fino alla porta e, mentre stava per varcare la soglia, "A Melbourne." udì.



La stanza era silenziosa.
La voce di Ashton sembrava ancora rimbombare tra quelle mura. 
Ashton osservò le mani intrecciate di Luke ed Avril, e vide che le nocche di lui erano bianche. Voleva guardarlo in faccia, ma aveva la testa abbassata. Sentì un singhiozzo irrompere nella stanza, e lo percepì come un pugno nello stomaco.
Luke stava piangendo, per la millesima volta, per lui.
Avril gli passò una mano tra i capelli e "Ehi..." gli sussurrò.
"Quindi, tu mi hai lasciato per una fottuta scuola? Per colpa di una fottuta puttana?" 
Ciò che stava uccidendo Ashton era la disperazione che Luke incastrava in ogni parola. Ci vide tutta la sofferenza che aveva patito per colpa sua, che piano piano si stava diringendo verso di lui e che lo stava contaminando.
Le persone dovevano ricordarselo che erano una cosa unica, loro due. E se Luke stava male, quel dolore se lo prendeva un po' anche Ashton.
"No. Inizialmente, i miei erano contrari a questo trasloco. Anche perché, per una cosa di così poco valore, non aveva senso. Tu lo sai come sono, io non avrei detto niente in qualunque caso. Il fatto è che, dopo l'episodio del lago, mia mamma è andata fuori di testa. La sentivo urlare nei corridoi dell'ospedale, diceva che doveva trovare una soluzione per allontanarmi da te. E questa soluzione, evidentemente, era mandarmi a Melbourne. Aveva collegato le due proposte, e il risultato è stato questo." 
E, senza accorgersene, anche Ashton aveva iniziato a piangere. Aveva il respiro irregolare e le mani erano un tremolio unico. Si ricordò che quella era la prima conversazione vera e proprio che facesse con Luke, dopo essersene andato da Sydney. Si ricordò di ogni cosa, di ogni emozione provata in quel periodo. Si sentì di nuovo giù, si sentì come se fosse proprio in quel momento sul treno diretto a Melbourne.
"Perché non me l'hai detto, quel giorno? Perché hai attaccato la chiamata?" gli domandò, inceppando le parole, con le lacrime che gli scorrevano sul viso. "Non ci saremmo mai arrivati a questo punto. Sono morto chissà quante volte senza te, Ashton."
"Non me ne sarei mai andato di mia spontanea volontà, cazzo. Non avrei mai voluto farti del male. Me ne sarei fatto anche io, così." 
Luke alzò lo sguardo e lo conficcò in quello di Ashton.
Lacrime che si aggiungevano a lacrime, sofferenze che si mischiavano a sofferenze, mancanze che venivano incontro ad altre mancanze, pezzi di cuore che rivenivano individualizzati, un tempo persi.
Ashton sentì il cuore impazzire, alla vista di quell'azzurro acquoso.
"Per quanto tempo sei stato in ospedale?"
"Circa venti giorni, di cui due in coma."
"Porca troia." lo sentì imprecare a bassa voce, passandosi poi le mani sul viso. "Credevo di averti ucciso."
"Non avresti dovuto darti delle colpe non tue. Mi ero spinto troppo a largo ed ora non ricordo nemmeno ciò che successe dopo." 
"Mi dispiace." disse Avril, intromettendosi in quella conversazione. "Mi dispiace per...per la storia Emily, ecco." 
Ashton scosse la testa, come a dirle: "Non fa niente."
Ora, infatti, non faceva davvero più niente. Era solo una cicatrice.
Poi una suoneria si espanse per la stanza, ed Ashton sentì una vibrazione provenire dalla sua tasca. Estrasse il cellulare, osservò lo schermo e il nome 'Mamma' gli fece tornare in mente il casino in cui si era cimentato. Doveva tornare a Melbourne, doveva trovare una spiegazione plausibile per quella sua fuga.
Stava per premere il tasto verde quando "Ashton." sentì il suo nome, pronunciato da una voce che conosceva bene. 
Alzò di scatto la testa, e ciò che vide fu Michael seduto sul secondo gradino delle scale. Probabilmente era lì da quando aveva iniziato a parlare. La prima cosa che notò furono i suoi capelli: sparati all'aria, con del bianco ai lati ed una cresta nera. Era cresciuto. I lineamenti erano diversi, gli occhi più impenetrabili e anche il suo modo di vestire era differente. Si esaminarono entrambi per secondi interminabili.
Poi Michael si alzò e scese le scale. Camminò in sua direzione, e ciò che fece fu la stessa cosa del giorno in cui tornò a scuola dopo alcune assenze a causa del suo stato pietoso. Quella volta, l'abbraccio lo sentì. Forse perché Michael lo stava stringendo davvero forte, come se non avesse più voluto perderlo. Come se fosse bastata una volta, ed ora aveva una paura insana che potesse accadere di nuovo. Come ad avere la conferma di star tenendo tra le braccia il vero Ashton, e non più quello frammentato dei ricordi.







Hei people!
Allora, come prima cosa: il trailer è finito, è già su youtube. Il problema è che si vede solo dal pc, e non da altri dispositivi come cellulari. Dio, sta cosa mi manda in bestia. Se qualcuno di voi ha idea di come risolvere questo problema, potrebbe contattarmi? Grazie :)
Comunque, tornando alla storia. Non so che idee vi eravate fatte voi, ma ecco come sono andati i fatti. Non c'è molto da commentare, perché la tristezza di Ashton e ciò che gli è stato imposto è commentabile da solo. Inizialmente, però, i suoi genitori non era d'accordo con la proposta. E' stato più il fatto del lago, a convincerli. A convincere soprattutto la madre. Lei sostiene molto del fatto che Emily tradisca suo figlio con Luke, e che Luke sia un ragazzo che Ashton non debba frequentare, in quanto è una cattiva influenza. Come avevo detto in un altro capitolo, tra Luke ed Emily e tra Luke e la mamma di Ash non c'era un buon rapporto. E questo capitolo spiega bene il perché.
E poi, alla fine, penso che il gesto di Michael abbia una grande importanza. Perché abbracciarlo significa mettere via ogni sofferenza patita e accettare il suo ritorno, nonostante tutto. 
Luke, però, se ne rimane lì. E qui c'è da capire se lo lascerà tornare a Melbourne o se imiterà ciò che ha fatto Michael. 
Lo scoprirete.
Prima di andare, però, saluto Veronica che,come dice lei, è la mia più grande fan lol quindi, beh, ti ringrazio :)
E, ovviamente, devo ringraziare anche tutte voi, che leggete, che recensite, che non so più cosa fate ma okay, vi voglio davvero bene.
AH, mi stavo dimenticando di dirvi una cosa. Spesso, mi chiedono se, siccome questa storia tratta 'accuratamente' di droga, mi droghi anche io. Quindi, ve lo scrivo qua: no, non mi drogo. Anche perché ho solo quindici anni, non vorrei uccidermi così presto lol
Ciao belle, ora mi metto a leggere tutte le recensioni del 22simo capitolo <3
In ogni caso, questo è il trailer, non so se lo vedrete: 
http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY

il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr
  
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: funklou