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Autore: Madelyne Scott    19/01/2014    3 recensioni
[ HiroMido | Angst, Introspettivo, Sentimentale | Giallo (tematiche delicate) | What if...? | dedicata alla mia MogliaH perchè ne aveva desiderio (?) ]
"Per Hiroto fu come una secchiata d’acqua gelida che lo risvegliava da un sonno privo di sogni. Arretrò, lasciando che la fotografia cadesse e che il vetro si infrangesse, sino a toccare il muro con la schiena. Toccò inavvertitamente l’interruttore della luce, ritrovandosi al buio, nel momento in cui si abbandonava e scivolava a terra, guardando con occhi sbarrati e vacui davanti a sé.
Fu il dolore."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I miss you
 
Uno sbadiglio sfuggì dalle labbra tirate del rosso, il cui unico desiderio, in quel momento, era andare a casa e abbandonarsi sul letto, magari accoccolato al compagno.
Perciò, spento il computer e stiracchiatosi leggermente, sistemò in fretta e furia i fogli sparsi sulla scrivania, desideroso di entrare in macchina e raggiungere il calore della casa che condivideva col compagno nel minor tempo possibile.
Sorrise leggermente, ripensando al fatto che Midorikawa aveva lasciato il lavoro subito dopo aver terminato le proprie mansioni, promettendogli una serata tranquilla e rilassante dopo tutto quel lavoro.
Controllò le ultime cose e uscì dall’ufficio, spegnendo la luce e chiudendo la porta, apprestandosi a tirare fuori le chiavi dell’intero studio, quando sentì una vibrazione, seguita quasi immediatamente da uno squillo, provenire dalla tasca della giacca. Mentre vi infilava le dita chiare per afferrare il cellulare, il suo pensiero vagò istantaneamente al compagno, ma si ritrovò interdetto: quello che lo stava chiamando era un numero che non conosceva.
- Pronto? Sono Kira Hiroto, il presidente del Kira Group, posso aiutarla?- rispose, portando due dita all’asticella destra degli occhiali e sfilandoseli. Dall’altra parte, l’uomo sentì come un respiro soffocato, poi risuonò debole la voce di una giovane.
- Hiroto?- l’interpellato, vagamente confuso, sbatté le palpebre diverse volte.
- Fuyuka? Sei tu? Cosa c’è, è successo qualcosa?
Silenzio. Il rosso sentiva il respiro dell’infermiera vibrare, come se stesse tentando di darsi un contegno e non scoppiare a piangere; tuttavia, un singhiozzo penetrò dalle sue labbra, attraversando l’apparecchio e giungendo alle orecchie di Kira.
- È Ryuuji.
L’uomo sbarrò gli occhi, come se fosse stato pugnalato al cuore.
- Un incidente, gli è venuto addosso un tir il cui conducente era sotto effetto di stupefacenti.
- Cosa?! Cosa, come sta Ryuuji? È ferito? È grave? Lo stanno operando?- Hiroto parlava rapido, quasi senza respirare. Un altro singhiozzo.
- Ryuuji…- l’uomo si portò una mano al petto, deglutendo nonostante il nodo alla gola e stringendo le dita attorno alla camicia. Non voleva sentirlo.
- … È morto.- le ultime sillabe erano poco più di un sussurro, eppure lo colpirono come se fosse stato un urlo. Restò immobile, impassibile, senza pensare. Quasi non udì –o non volle udire- il flebile ‘Mi dispiace’ da parte dell’amica, che ora piangeva apertamente, mentre lasciava scivolare il telefono a terra.
Un incubo.
Era solo un incubo.
Doveva esserlo. Per forza.
 
♪◊♪
 
Non sapeva come fosse riuscito a tornare a casa. Non ricordava nemmeno il tragitto che aveva seguito con la macchina, in effetti era come se la sua mente fosse completamente vuota.
Non aveva pianto. Era come privo di qualsiasi cosa, perfino di lacrime. Entrando in casa, però, si sentì morire dentro. Quelle mura, che qualche ora prima si prospettavano così calde ed accoglienti, in quel momento erano fredde e ostili.
Non si diede la pena di accendere la luce, né di chiudere le persiane nonostante diluviasse. Effettivamente era bagnato, e stava gocciolando sul pavimento pulito, ma non gliene importava.
- Tanto…- disse, prima con apatia e poi con tono aspro – Tanto era Ryuuji a preoccuparsi sempre di come dev’essere la casa.
Sentendo le sue stesse parole, il rosso sentì montare dentro un’indescrivibile rabbia bollente.
Si diresse in soggiorno, dove accese la luce per non andare a sbattere contro qualche mobile. Strinse i pugni: in ogni angolo vedeva qualcosa scelto personalmente dal verde, cosa che non faceva che aumentare il suo risentimento.
Si avvicinò al tavolino che faceva bella mostra di sé al centro della stanza, sul quale era delicatamente posato un vaso cinese in porcellana contenente una rosa rossa, ormai appassita.
- Questo vaso è il preferito di Ryuuji…- In preda all’ira, afferrò l’oggetto e lo scaraventò contro un muro; l’impatto lo fece andare in pezzi, e sulla vernice azzurrina rimase una chiazza scura.
- Seguilo!- gridò, per poi voltarsi nuovamente. Con foga iniziò a rovesciare mobili e a mandare in cocci statuine e soprammobili, tutte cose che ricordavano lo stile e l’ottimo gusto di Midorikawa.
Andò avanti così per una buona mezz’ora. Giunto nella camera da letto, con un filo di sangue che gli rigava una guancia, frutto di un coccio volato a causa dell’impatto con il pavimento, prese a rovistare nei comodini.
Ad un certo punto, le sue iridi turchesi si posarono su una cornice argentata, all’interno della quale era conservata una foto dei due, ancora ragazzi: erano in un parco giochi e, mentre il più giovane sorrideva all’obbiettivo, tenendo in mano due stecche di zucchero filato, il rosso gli lasciava un leggero bacio sulla guancia, mantenendolo per la vita.
Per Hiroto fu come una secchiata d’acqua gelida che lo risvegliava da un sonno privo di sogni. Arretrò, lasciando che la fotografia cadesse e che il vetro si infrangesse, sino a toccare il muro con la schiena. Toccò inavvertitamente l’interruttore della luce, ritrovandosi al buio, nel momento in cui si abbandonava e scivolava a terra, guardando con occhi sbarrati e vacui davanti a sé.
Fu il dolore.
Lacrime calde presero ad appannargli la vista, per poi ustionargli il viso chiaro e infrangersi a terra, macchiando il parquet tirato a lucido, mentre innumerevoli singhiozzi prendevano a squarciargli il petto. Era come se una lama gelida lo trafiggesse allo stomaco, andando a divorare con le sue fiamme ghiacciate tutto ciò che lo circondava.
Nello stesso momento, la consapevolezza di aver perso una parte di sé per sempre gli piombava addosso, pesante e opprimente tanto da non farlo respirare.
In pochi secondi, Kira si rese conto che non avrebbe più avuto la possibilità di vedere quelle meravigliose iridi color liquirizia, di affondare le dita fra i capelli morbidi del compagno, di stringere quei fianchi piccoli, di assaggiare quella pelle scura e dolce.
Si portò le mani alla testa, prorompendo in un pianto disperato.
 
♪◊♪
 
Era passata una settimana.
Il rosso era rimasto in casa, rifiutando ogni contatto con il mondo esterno, non presentandosi nemmeno al funerale del compagno, che si era tenuto due giorni dopo l’incidente.
Era stato avvisato da Nagumo. Lo aveva chiamato per sapere come stava, e probabilmente per riferirgli della cerimonia, ma lui gli aveva chiuso il telefono in faccia non appena ebbe udito la stupidissima quanto inutile domanda.
Durante tutte le ore consecutive alla telefonata, Haruya aveva lasciato numerosissimi messaggi in segreteria, e non solo lui: alla fin fine, tutti i suoi amici avevano tentato di stabilire un contatto con lui, ma non c’era stato verso.
Poi, dopo i primi giorni, nessuno lo aveva cercato più, e a lui andava bene così.
Infondo, aveva sempre odiato l’ipocrisia delle persone; loro non potevano sapere quanto a lui mancasse il suo Ryuuji, quanto soffrisse attimo dopo attimo senza di lui.
Ogni giorno che passava sentiva qualcosa abbandonarlo, come la sabbia scivola fra le dita. Era come se non avesse più la forza per vivere.
La sua forza era Ryuuji.
Aveva smesso di mangiare. Non si muoveva. A volte riusciva a trascinarsi chissà come in cucina per bere un sorso d’acqua, ma se provava a mandar giù qualcosa di solido gli veniva la nausea.
Si sentiva già morto.
Lui era già morto, quindi perché insistere nell’andare avanti?
 Aveva persino smesso di piangere.
Eppure, il dolore restava lì, e sembrava farsi più intenso e intimo ogni secondo che passava, come una ferita talmente profonda che non potrebbe rimarginarsi mai più.
In alcuni momenti gli passava per la testa Masaki: se non aveva capito male, in uno dei messaggi Nagumo gli diceva che sarebbe rimasto da loro. Per lui era la soluzione migliore, non gli sarebbe servito vederlo in quello stato dopo aver subito già diversi traumi, povero ragazzo.
Ma solitamente, il suo chiodo fisso era un altro.
Sollevando la testa verso il soffitto, Hiroto si chiedeva cosa avesse potuto pensare Midorikawa nell’istante in cui quello stramaledetto tir aveva colpito l’auto.
Forse niente, si ripeteva solitamente. Gli piaceva pensare che in quel modo non avesse sofferto. E il barlume di un sorriso mesto faceva muovere quasi impercettibilmente i muscoli del suo viso, spegnendosi ancor prima di poter prendere forma.
Ma gli sarebbe piaciuto, in un certo senso, che il verde avesse pensato a lui, prima di morire.
Che pensiero idiota ed egoista.
Sentì un groppo in gola, mentre una nuova ondata di dolore, questa volta anche fisico, si preparava ad attraversarlo.
- Ngh!- il rosso si raggomitolò, tremante, scosso da brividi di sofferenza.
Erano tre giorni che andava avanti così.
Tre giorni di dolori all’addome e vomito.
E lui era rimasto impassibile, desideroso che tale tortura terminasse il prima possibile.
E sapeva che il suo desiderio era prossimo all’essere realizzato, perché neanche la più atroce delle torture era lontanamente paragonabile a ciò che provava lui.
Rabbia, rimorso, dolore, troppe cose che si mescolavano e si confondevano nella sua mente confusa.
Poi, senza un vero e proprio motivo, iniziò a ricordare diversi episodi che credeva aver dimenticato, tutti piacevoli, tutti con il suo Mido-chan.
Quasi sorrise fra le lacrime a quello stravagante epiteto, che sapeva d’infanzia.
Che sapeva di loro.
E fu quello il suo ultimo pensiero, che gli lasciò un debolissimo sorriso sulle labbra.
Il suo preziosissimo, amatissimo Mido-chan.
 
*Angolo autrice*
Sonodifretta,quindisaròbreve
Allora, questa idea mi è venuta perché la mia MogliaH aveva voglia di una HiroMido Angst.
Per questo gliela dedico ♥
Ma anche perché le voglio bene, perché dovevo dedicarle una ff da secoli e perché ci siamo conosciute esattamente quattro mesi fa uwu
Eeeh sì, proprio il diciannove settembre ♥
Quindi, ti voglio bene Kis-chan ♥
Allora, qui non c’è molto da spiegare, di trama non c’è quasi nulla.
Il finale non mi piace c-c
E il titolo non c’entra una mazza ewe
Ah, forse scriverò un finale alternativo.
Non so, ditemelo voi.
E fatemi anche sapere come trovate questo scempio, sappiate che non mi offendo!
Ora però vado, come vi ho detto sono di fretta~
Un abbraccio a tutti voi belliH
La pesca~
  
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