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Autore: caelicola    05/06/2008    0 recensioni
Piccola, sciocca idea. Quando Carla alzò lo sguardo, la porta si stava già chiudendo alle Sue spalle.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lui

 

Quando Carla alzò lo sguardo, la porta si stava già chiudendo alle Sue spalle.

Non immaginava, nemmeno lontanamente, di poterne sentire la mancanza così rapidamente e così intensamente, come un forte pugno nello stomaco, che per qualche secondo ti lascia con la sensazione che non riuscirai a respirare mai più.

Eppure era ora che se ne andasse, e dopo il primo, devastante, attimo di dolore, Carla fu investita da un altrettanto totalizzante sollievo.

Libera.

Sola.

Finalmente.

 

Si alzò dal divano, contemplando con occhio umido di nostalgia e al tempo stesso felicità il tavolino da caffè finalmente sgombro di ogni paccottiglia.

L’angolo sud del salotto era pervaso dalla luce della finestra, una luce ambrata, calda e polverosa di metà pomeriggio primaverile, e Carla strizzando gli occhi riusciva a leggere i titoli dei libri accatastati sotto la finestra.

Il cuscino del divano era ancora stropicciato, ancora impregnato della Sua presenza e del Suo odore.

Decise repentinamente che l’avrebbe lavato.

Anzi, meglio, l’avrebbe portato al lavasecco a farlo pulire.

Anzi, meglio, l’avrebbe buttato via.

Anzi, meglio, l’avrebbe bruciato.

 

Insomma, qualcosa ne avrebbe fatto, possibilmente qualcosa di drastico e irreparabile.

Tanto drastico e irreparabile quanto tutto quello che Lui aveva fatto a Carla.

 

Andando in cucina sbattè l’anca contro l’angolo del mobile in corridoio, e per la prima volta in molti anni potè imprecare liberamente, senza timore che Lui la sentisse e la punisse.

Si rese conto solo allora che, per gli ultimi cinque anni, non aveva fatto altro che vivere nel terrore.

La paura.

 

La paura è strana, pensò Carla, e strettamente legata all’amore.

Si può amare così tanto una creatura che fa così tanta paura?

Si può amare così tanto una creatura che non fa alcuna paura?

Non se lo spiegava, Lo amava perchè le faceva paura o le faceva paura perchè Lo amava, non lo sapeva, non riusciva a capire, non riusciva a smettere di pensarci.

 

Di pensare a Lui.

 

Ai Suoi occhi gelidi e intensi.

Ai Suoi passi tanto silenziosi che non sentiva mai alcun Suo movimento.

Al Suo contegno sempre sdegnato e altero, dentro il quale leggeva un infinito rimprovero e disprezzo.

Al modo capriccioso che aveva di chiedere sempre più di quanto lei potesse darGli.

 

No, a ripensarci bene, non le mancava per niente, non le sarebbe mai mancato.

 

Perchè forse, a volte, la paura sa essere più forte dell’amore, e quando quegli uomini Lo avevano portato via lei non aveva nemmeno avuto il coraggio di guardarLo negli occhi.

E ancora adesso, mezz’ora dopo la Sua partenza, non riusciva neanche a pensare il Suo nome.

Era solo Lui, nella sua mente, come se ricordare il Suo nome fosse una prova inconfutabile che Lui era esistito davvero, nella sua vita, nella sua casa.

 

Si preparò una tazza di caffè, che Lui odiava.

Non mise zucchero, non mise latte, che Lui amava.

Si sedette dando le spalle alla porta, che non faceva da cinque anni, per paura che Lui le arrivasse alle spalle senza che lei se ne accorgesse.

 

Sorseggiò lentamente, cercando di trovare un ricordo piacevole, almeno uno, di quei lunghissimi cinque anni, e ne trovò solo due.

 

Il primo risaliva alla seconda settimana della loro convivenza, lei leggeva con le gambe rannicchiate sul divano, Lui dormiva al sole, con la testa posata sulle sue caviglie e il resto del corpo allungato dietro di Lui, e il peso e il calore di quella testa morbida l’aveva confortata oltre ogni cosa.

Ma allora l’incubo non era ancora cominciato.

 

Il secondo era di qualche giorno prima, quando Lui aveva per la prima ed unica volta fatto qualcosa di carino per lei, nella fattispecie dato la caccia a una falena che la perseguitava.

 

Cinque anni ridotti in due momenti, due emblematici momenti della Sua esistenza.

 

La Sua pigrizia e la Sua ferocia.

 

L’accidia e la crudeltà.

 

Si alzò di scatto, buttando il resto del caffè nel lavandino.

Basta, era ora di smetterla di vivere nel passato, aveva fatto quella telefonata e ora era libera.

Poteva anche pensare al Suo nome senza tremare.

Poteva dirlo ad alta voce senza che Lui si manifestasse lì.

Poteva.

E lo fece.

 

“Batuffolo”.

 

Perchè a quell’ora, quel gatto infernale aveva una nuova padrona.

  
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