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Autore: Marra Superwholocked    20/01/2014    2 recensioni
Il Dottore non dimenticherà mai Anna.. Una compagna di viaggio totalmente fuori dagli schemi, così simile a lui.
"Si mise più comodo, accavallò una gamba per creare un supporto su cui scrivere e cominciò descrivendo la tempesta di quella notte."
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ci serve un piano


Il Dottore era ancora paralizzato a terra, incastrato tra i vari cavi che si erano riversati a terra e che ora gli impedivano di alzarsi normalmente in piedi, avendo rotolato sulla griglia come un sacco di patate. Aveva gli occhi sbarrati e pronti al peggio: quei colpi alla porta li aveva sentiti bene. Chiunque vi era fuori li aveva ripetuti più volte e le sue orecchie non si erano mai sbagliate nel contarle: batterono alla porta quattro colpi veloci ogni quattro secondi, per quattro volte.
Ansimava, terrorizzato e impietrito, con lo sguardo sulla porta e le mani tremanti che cercavano di capire l'intreccio dei cavi attorno alle sue gambe.
“Dottore! Che succede?!” gli urlò Anna.
Non la sentì: aveva il sangue che gli pulsava forte nelle orecchie, che diventarono bordeaux in pochi secondi.
Knock, knock, knock, knock.
La quinta volta che bussarono, il Dottore parve tranquillizzarsi un po'. Forse non era chi pensava fosse.


“Oh, caro mio scricciolo. Voglio dirtelo subito: non era lui” chiarì subito il Dottore.
Il povero animaletto stava ancora cinguettando freneticamente nel tentativo di impedirgli di perdere di vista un'altra volta la sua predatrice. La ragazza, una bionda con gli occhi da gatta, se ne accorse e si nascose meglio tra i girasoli.
“Dottore, voltati, per favore!” Lo scricciolo non aveva quasi più voce da come urlava per farsi sentire.
Lui, finalmente, lo guardò negli occhi e aggrottò la fronte. “Come dici? Voltarmi?”
La bionda sentì le parole del Dottore e come una pantera albina camminò nel campo in direzione opposta alla sua preda: non era ancora pronto.
Lo scricciolo spiccò il volo per mostrargli da che parte dovesse guardare e il Dottore si alzò in piedi, si girò subito, ma non vide nessuno.
Solo, ancora una volta.
Senza capire cosa stesse succedendo, il Dottore tirò fuori il suo cacciavite sonico e lo puntò di fronte a sé; se lo riportò davanti al viso e lo analizzo bene. Tutto normale, zero pericoli. Tornò alla sua cabina, vi entrò – lì si sentiva più al sicuro – e ricominciò a scrivere.


Anna si diresse verso il Dottore con passo deciso ed il cuore colmo di paura; lo aiutò a liberarsi dai cavi così come lui aveva fatto con lei sulla spiaggia.
“Anna, stai indietro. Non ho idea di chi, o cosa, ci sia là fuori” la ammonì lui. Si rialzò in piedi, confortato nell'udire una sesta volta battere alla porta, e si avviò verso l'uscita. Spalancò velocemente le porte e dovette abbassare di molto lo sguardo per guardare in faccia chi lo stava chiamando. Ci mise un po' a capire dove si trovasse e subito dopo spalancò gli occhi.
“Dottore, allora?” bisbigliò Anna da dietro la consolle del Tardis.
Lui era quasi paralizzato dalla meraviglia e dalla paura nel medesimo istante. Era di fronte a degli ominidi con la pelle quasi rocciosa, secca e piena di crepe, arida. Pensava che i Pikeyani si fossero estinti anni addietro e, invece, eccoli là che gli puntavano addosso le loro armi-laser, pronti a farlo fuori una volta per tutte. Li aveva sconfitti già una volta, con un volto differente, ma la curiosa cabina attirò la loro attenzione e la riconobbero immediatamente.
Il Dottore alzò subito le mani in un gesto di arresa, cercando anche di limitare la visuale dell'interno del Tardis, dove c'era ancora Anna: non voleva metterla in pericolo.
“Chi c'è lì dentro?” grugnì un soldato con l'arma ben salda tra le mani quando sentì un leggerissimo fruscio degli abiti della ex sirena.
“Ah, nessuno, è solo la cons-..” ma il Dottore non riuscì nemmeno a terminare la frase che lo stesso soldato che poco prima aveva parlato lo spinse di lato e accennò ad un passo verso l'entrata. Lui lo fermò.
“L'ultima volta che hai mandato in aria i nostri piani con te c'era una biondina che chiamavi Polly. Ora chi hai convinto a rovinare altre popolazioni?” gli chiese il soldato, alto la metà del Dottore.
Lui rimase in silenzio; in parte, il soldato aveva ragione.
Anna aveva aiutato una giovane tartaruga a liberarsi da un anello di plastica buttato in mare dagli umani, rischiando così di farsi mordere, lottato contro baleniere e contro squali bianchi: dunque, non aveva nulla da temere. Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e rizzò la schiena; fece qualche passo avanti. “Eccomi” disse guardando dritto negli occhi il piccolo alieno dai minuscoli occhi asciutti. Il cuore le batteva all'impazzata mentre camminava decisa verso il soldato che le fece segno di tendere i polsi. Lei eseguì l'ordine e dopo un paio di secondi si ritrovò con le mani unite da un lampo azzurrognolo che fungeva da manette. Tremava dalla testa ai piedi e non si seppe spiegare il motivo di quel gesto finché lei e il Dottore, entrambi ammanettati, non furono scaraventati all'interno di un veicolo fluttuante per trasportarli al Palazzo di Giustizia.
“Perché l'hai fatto? Potevi rimanere al sicuro fino al mio ritorno!” le chiese con un filo di voce.
“Non ti lascio solo” replicò lei guardandosi i piedi. “Dove ci stanno portando?”
Il Dottore staccò lo sguardo dai suoi occhi blu e fissò le sue mani; sudava freddo al ricordo delle urla di Polly, ma non disse nulla.
Quello fu un silenzio che Anna fiutò come un ricordo molto doloroso e il suo istinto di sirena, che le era rimasto nonostante la trasformazione, non si sbagliava.
“Stiamo andando.. al Palazzo di Giustizia” sbottò lui con il tono della voce abbassato di un'ottava.
Giustizia. Quella parola non prometteva nulla di buono.
Scesero dal veicolo facendo un leggero salto prima di toccare terra. Dopodiché un altro soldato, del tutto uguale a quello che li aveva ammanettati, li scortò dritti dritti in un'ampia sala dalle pareti grigie e tristi, con drappeggi di velluto nero che pendevano dall'alto soffitto impreziosito da grossi diamanti – unico punto luce in quella specie di tomba. I Pikeyani credevano che vedendo quell'ambiente, luogo di numerosissime cerimonie pubbliche chiamate Supplizi in cui i detenuti venivano picchiati a mani nude o frustati, la gente evitasse di compiere crimini, i quali comprendevano anche guardare negli occhi il re.
Il Dottore ricordava bene le ore passate in questo luogo di tortura e, per i cinquecento anni successivi, le urla di Polly gli risuonarono in testa. Non poteva permettere che tutto ciò accadesse di nuovo. Non glielo avrebbe permesso.
Il soldato passò il testimone ad una guardia che li condusse, minacciandoli con la stessa arma dei militari, per un intricato labirinto di corridoi finché non giunsero ad una porta totalmente nera e liscia come marmo appena levigato. La guardia bussò col battente a forma di diamante e subito dopo aprì la porta. Abbassò lo sguardo e presentò i due prigionieri come il Dottore e la ragazza venuta dall'oceano terrestre.
Il re alzò gli occhietti pallidi. Non era per nulla diverso dagli altri suoi simili; indossava un abito lungo che lo faceva sembrare più alto, ma quando mise piede a terra Anna poté notare che, in realtà, l'altezza era dovuta ad uno sgabello di velluto nero.
“Guarda a terra!” le suggerì il Dottore bisbigliando e lei obbedì subito.
Anna e il Dottore si fecero sempre più vicini man mano che il re avanzava per studiarli e, con loro grande sorpresa, quando gli fu ad un passo di distanza i suoi occhi arrivarono all'altezza di quelli dei due prigionieri grazie ad una molla che cresceva sotto le sue scarpe. Un'invenzione che il Dottore aveva sempre ammirato di questa specie aliena.
“Dottore.. Finalmente ci conosciamo!” cominciò il re. “Sono re Frynjuan XVII, ma a voi concedo l'onore di chiamarmi semplicemente Maestà.” Fece una piroetta in modo da far svolazzare l'abito ma quello, lungo circa tre metri, si arrotolò su se stesso facendolo sembrare un idiota mentre tentava di ricomporsi. “SMETTETELA DI RIDERE!” urlò in direzione dei due prigionieri che stavano ridacchiando sotto i baffi. Spostò il vestito con non poche difficoltà poi richiamò una guardia: “Portateli nelle carceri! Subito!”
Anna e il Dottore furono spinti con forti manate lungo gli oscuri corridoi di prima. Nella mente del Gallifreyano venivano elaborati complessi calcoli e ragionamenti. “Come possiamo scappare? Come posso fermarli?” continuava a chiedersi.
E poi gli venne in mente l'acqua.

   
 
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