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Autore: cavanaugh    20/01/2014    6 recensioni
Montava ogni mattina alla quarta fermata e scendeva davanti all'ospedale, lo guardavo sempre ammaliata perché non poteva esistere un umano tanto bello, era innaturale quasi come il fatto che pur non conoscendolo mi veniva sempre in mente in ogni momento della giornata ogni suo movimento, ogni suo sussurro al cellulare, ogni suo saluto all'autista che guidava sempre la circolare 18, tutto.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"A volte devi stare lontano dalle persone che ami, ma non significa che le ami di meno, a volte questo te le fa amare ancora di più."  -The Last Song
 

Era sul pullman che montavo ogni mattina per recarmi a lavoro, ed era sul pullman che lo vidi per la prima volta con quei suoi occhi verdi che fissavano il vuoto, e quei ricci che gli cadevano ogni volta sul viso e non gli lasciavano un momento di tregua. Montava ogni mattina alla quarta fermata e scendeva davanti all'ospedale, lo guardavo sempre ammaliata perché non poteva esistere un umano tanto bello, era innaturale quasi come il fatto che pur non conoscendolo mi veniva sempre in mente in ogni momento della giornata ogni suo movimento, ogni suo sussurro al cellulare, ogni suo saluto all'autista che guidava sempre la circolare 18, tutto.

Quella mattina ero seduta al mio solito posto davanti alla seconda porta della circolare, con la schiena posata allo scomodo sedile, la testa appoggiata al finestrino, e gli occhi intenti a seguire le piccole gocce che continuavano a scontrarsi contro il finestrino. Come ogni mattina lui montò, non aveva un posto fisso si metteva dove era libero, il destino volle che uno tra i pochi posti rimasti fosse quello accanto al mio.

Cosa stavano combinando il mio cuore e il mio stomaco in quel momento non lo riuscivo ancora a capire, erano impazziti quasi come quando ad un bambino regalano un nuovo giocattolo, erano emozionati, soprattutto il cuore, lo percepivo era come una fortissima tachicardia.

Respirai il suo profumo era menta o forse vaniglia o forse menta e vaniglia insieme, era dannatamente incantevole volevo imprimermelo delle narici, volevo ricordarmelo fino a ché non avrei potuto respirarlo nuovamente. Mi tremavano le mani, le nascosi sotto la borsa che avevo in grembo, e cercai di guardarlo con la coda dell'occhio, era immobile come sempre con gli occhi a fissare la disinteressante anziana davanti a lui; mossi una mano troppo velocemente e la mia borsa finì a terra rivelando il suo contenuto, respirai cautamente, per non perdere il controllo e cominciare ad urlare a me stessa che ero un'ingrata ed avevo appena fatto una orrenda figura davanti ad un bellissimo ragazzo. Mi chinai a raccogliere la borsa e infilai cellulare, portafoglio, agenda e spazzola dentro ma mancava qualcosa, il regalo per mio fratello, ero quasi sicura di non averlo dimenticato in negozio com'era di mio solito fare, lo avevo preso per forza.

"Questo deve essere tuo" una voce, o meglio la sua voce, richiamò la mia attenzione mi voltai lentamente e i suoi occhi mi stavano guardando teneramente, il suo bellissimo sorriso con tanto di fossette era rivolto a me, stava tenendo nelle mani il regalo per mio fratello e me lo stava porgendo.

"S-si" balbettai fissandolo ed afferrando l'oggetto.

"Un gioco cruento per una ragazza" sorrise rivolgendosi a ciò che mi aveva appena restituito, Call Of Duty, uno stupido giochino per la Playstation che mio fratello tanto bramava.

"Oh, no, non è mio è per mio fratello" sorrisi al riccio riponendo il regalo nella borsa.

"Non piace a te?" 

"La trovo una cosa per maschi" affermai abbassando lo sguardo.

"Anche le donne si arruolano" disse, e poi si spiegò "Voglio dire anche le donne giocano, mia sorella lo fa sempre" mi strizzò l'occhio.

"Non sei coerente" gli feci notare scherzosamente.

"Perché no?"

"Hai detto che è cruento per una ragazza, e adesso mi dici che anche tua sorella ci gioca"

"Questo è vero" fece finta di pensarci un po' e poi disse "Ma forse dovevo specificare che era cruento per una ragazza come te, mia sorella è sfacciata, credo che l'unica cosa di cui abbia paura è la morte, non ha limiti, ma tu, ti vedo ogni mattina, e sembri come sempre indifesa, debole, piccolina, e ho pensato che non fossi affatto portata per queste cose" si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo da me. 

Non riuscivo a credere a ciò che aveva appena detto il ragazzo al mio fianco, lui mi vedeva ogni mattina, e allora chissà se anche lui aveva le mie strane sensazioni addosso, chissà se anche lui ogni volta che vedeva il numero diciotto sorrideva, se quelle poche mattine in cui io mancavo all'appello sulla circolare lui si chiedesse dov'ero, cosa stavo facendo, perché non c'ero. Mi vedeva ogni mattina, era ciò che aveva detto, era ciò che aveva causato come una specie di arresto cardiaco dentro la mia cassa toracica, come se mi avesse appena squarciato con attenzione il petto per non farmi male e mi avesse preso il cuore in mano, come se adesso lo stesse stringendo fino a mozzarmi il respiro. Indifesa, fragile, piccola era però così che i suoi occhi mi vedevano, non riuscivo a vederla una cosa molto positiva ma mi sforzavo di farlo, sotto sotto sapevo che io lo ero davvero, ero indifesa quando mia madre mi urlava contro che ero una delusione, ero debole quando mi fidavo troppo di una persona, ero piccola quando camminavo per le strade e la gente mi squadrava da capo a piedi per il mio strano colore di capelli. 

"Non volevo assolutamente offenderti" lo disse frettolosamente perché notò il mio mutismo e i miei occhi a fissare il vuoto. Offendermi? non si rendeva conto che mi aveva donato un piccolo pezzo di felicità, non si rendeva affatto conto. 

"Anche io ti vedo ogni mattina" fu l'unica cosa che riuscii a dire. 

"Sono Harry, piacere" mi tese la sua mano con lo splendido sorriso che non aveva tolto dal suo viso un solo secondo.

"Rose, piacere mio" continuavo a fissarlo imbambolata, gli strinsi debolmente la mano e mille scintille passarono per il mio corpo, ecco! anche lui riusciva a sentirle? le sentiva? oh, avrebbe voluto risolvere quella confusione che aveva addosso, quel senso di mancanza di qualcosa che cresceva dentro di lei. 

"Dove vai ogni mattina?" domandò.

"A lavoro" 

"Dove lavori? se posso sapere"

"Ad un ristorante, faccio la cameriera e tu?" feci una pausa e "tu dove vai ogni mattina?"

"In ospedale" il sorriso era sparito, era come se un velo di dolore e tristezza gli si fosse catapultato sul bellissimo viso.

"Oh.." sussurrai soltanto abbassando lo sguardo.

"Mia mamma sta molto male" mi spiegò. 

"Mi dispiace" dissi soltanto. 

Non parlò per molto tempo anzi la conversazione di quel giorno con Harry finì lì, mi rivolse un saluto quando scese davanti all'ospedale e io ritornai a fissare quelle odiose gocce che si schiantavano sul finestrino prima di arrivare alla mia fermata e dirigermi verso il mio odioso lavoro. 

 

Il mio cuore tornò a battere all'impazzita la seconda mattina che si mise a sedere vicino a me e mi salutò allegramente ed anche la terza mattina e forse anche la quarta, la quinta mattina però rischiai di prendere un infarto perché oltre al solito saluto mi disse che avevo dei bei capelli quel giorno e la cosa tenera era che non avevano nulla di nuovo i miei capelli quella mattina, li portavo sempre in quella maniera, quel suo tentativo di conversazione fu una spinta per me.

"Harry" lo richiamai al mio fianco sfiorandogli la spalla, si voltò e io continuai "Tu che lavoro fai?"

"Faccio parte del Royal Army" mi sorrise, e giuro che quel sorriso poteva sciogliere anche il cuore più duro, era maledettamente perfetto. 

Era un militare, solo in quel momento notai quanto massiccio era, quelle spalle larghe e muscolose da cui si intravedevano le vene, la sua straordinaria altezza, e le sue gambe lunghe piene di muscoli. Il ragazzo che tanto mi piaceva della circolare 18 faceva il militare, chi l'avrebbe mai detto. 

"Da quanto?" domandai incuriosita. 

"Non molto, un anno e mezzo non contando l'addestramento" 

"E' dura?" fissai i i suoi occhi "Intendo stare lontano dalla tua famiglia" 

"Si, ma questo è ciò che io voglio fare, sono abituato" 

"E adesso però sei tornato" affermai. 

"Ho un permesso speciale, nel weekend lavoro, in settimana sto qua a badare a mia mamma" alzò lo sguardo e fissò il cielo al di fuori del finestrino, anche quel giorno pioveva. 

"Lavori nel weekend?" 

"Dalle 13 del venerdì fino alle 24 della domenica" annuì convinto. 

"Sei coraggioso" gli sorrisi. 

"Faccio solo ciò che mi piace fare, è più un atto di egoismo" 

"Salvi delle vite, è più un atto di altruismo" lo canzonai annuendo energicamente. 

"Non sempre c'è la possibilità di salvarle, faccio il possibile" si strinse nelle spalle. 

Non dissi niente e rimanemmo per molto tempo in silenzio. 

Mentre io me ne stavo a sbuffare ogni giorno al ristorante lui badava a sua madre malata in ospedale e nel weekend andava a combattere varie guerre sperando di riuscire a tornare vivo e di salvare più vite possibili, era incredibile, incredibile lui, incredibile il fatto che una persona può nascondere molte cose di se stesso e incredibile che il destino mi avesse fatta incontrare proprio con lui. 

"Io non giro molto spesso per il paese, ho dimenticato ogni cosa di qua" indicò un punto a caso della strada "che ne dici se un giorno di questi facciamo un giro?" propose. 

"Certo" sorrisi. 

Ero così ingenua, non sapevo cosa avrebbe riservato il destino per me, forse quel mio 'Certo' aveva cambiato qualcosa o forse no, fatto sta che stavano per cominciare i mesi migliori della mia vita. 

 

Ci baciammo per la prima volta sulla circolare dopo la nostra prima uscita, nei nostri soliti posti ormai, con le mani strette come se da un momento all'altro uno dei due potesse scappare, la sua bocca incollata alla mia, il suo profumo di vaniglia mescolato alla menta dentro ai miei polmoni, e le lingue che si cercavano si sfioravano quasi disperatamente, era un bacio così tanto passionale ma anche confuso, durò a lungo non sentivo nemmeno più il mio respiro, mi stava nuovamente squarciando il petto, aveva nuovamente preso possesso del mio cuore, le sue labbra così morbide erano irresistibili, non potevo farne a meno, avevo aspettato troppo quel momento. 

Andammo al cinema come secondo appuntamento, voleva vedere 'The Last Song', per tutta la durata del film non si azzardò nemmeno un secondo a lasciarmi la mano e di tanto in tanto lasciava piccoli baci sui miei capelli, mi sentivo protetta al sicuro tra le sue braccia, era il mio angelo, i miei sentimenti crescevano ogni giorno di più, desideravo solo lui, era tutto. 

Il giorno di San Valentino montai sulla circolare e la prima cosa che notai fu un enorme mazzo di rose rosse, più mi avvicinavo e più da dietro spuntavano dei riccioli castani, mi buttai addosso a lui e mi baciò come solo lui poteva fare prendendosi ogni parte di me, rubando ogni cellula del mio corpo e firmandola per far vedere al mondo che io ero sua, volevo essere sua. 

Quando conobbi sua sorella Gemma era il nostro mesiversario, sette mesi pieni d'amore, ci aveva preparato lei una cenetta in casa sua e mi aveva perfino prestato un suo vestito per quell'evento speciale, mi aveva fatto mille e mille complimenti su quanto ero carina e su quanto i miei capelli le piacessero, poi ci aveva lasciati alla nostra piccola festa dicendo che lei doveva andare a fare bungee jumping e in quel momento anche nel mondo in cui parlava ricordai come l'aveva definita Harry la prima volta, sfacciata e lo era sul serio. 

Ricordavo bene perfino quei quattro mesi in cui era dovuto tornare all'esercito erano stati strazianti, piangevo il mio dolore ogni notte sperando che sopravvivesse ogni minuto che passava in guerra, pregando per lui perché era la mia ragione di vita, era entrato a far parte della mia monotona vita e l'aveva fatta diventare migliore, non potevo nemmeno immaginare come sarebbe stato senza di lui, non ce la facevo proprio, faceva maledettamente male, mi distruggeva il cuore, ogni notte lontana da lui un pezzettino del mio fragile cuore cadeva in frantumi. 

E ora, ero in aeroporto ad aspettarlo insieme a sua sorella, avevo il cuore in mano e l'ansia a mille avevo aspettato così tanto di rivederlo, avevo promesso a Gemma che non avrei pianto, ma più si avvicinava l'ora del suo ritorno e più sentivo le lacrime farsi spazio tra i condotti lacrimali. Sentimmo che il suo aereo era arrivato e nello stesso istante sentii il mio respiro farsi irregolare, le mie gambe cominciare a tremare e le lacrime già avevano preso a scorrere Gemma mi strinse forte la mano quando un intero esercito fece capolino dall'enorme porta con su scritto 'Arrivi'. 

Lo avrei potuto riconoscere anche tra milioni e miliardi di persone, quei riccioli sbarazzini, quegli occhi che ti mozzano il respiro e soprattutto il suo sorriso sempre presente, aveva ancora la divisa ed in mano aveva tre borsoni enormi, cercava di farsi spazio con lo sguardo per cercarci, ma non gli detti tempo perché gli corsi incontro. Mi buttai addosso a lui e piansi piansi più che potevo, lui lasciò andare le borse e mi prese in braccio le sue lacrime mi solleticarono il corpo, mi sussurrò innumerevoli volte nell'orecchio quanto mi amava e quanto ero bella, io non riuscivo nemmeno a proferire parola, gli accarezzavo il viso per accertarmi che lui fosse lì sul serio. 

La sensazione che stavo provando in quel momento era indescrivibile, Harry era tornato era lì con me, dopo tutti quei mesi potevo nuovamente averlo con me, potevo baciarlo, potevo sfiorarlo, abbracciarlo sentirlo mio. Era l'unica cosa che davvero desideravo nella mia vita, lo volevo mio per sempre. 

Gemma lo abbracciò anche lei con le lacrime agli occhi e poi uscimmo per dirigerci a casa. 

 

 

Eravamo stesi sul suo letto dopo aver fatto l'amore per la milionesima volta quel giorno, avevo la testa appoggiata al suo petto e lo abbracciavo mentre lui mi toccava i capelli. Ogni volta che facevamo l'amore mi batteva forte il cuore e avevo un mancamento forte dove sentivo un vuoto che subito veniva colmato da lui e dalle emozioni travolgenti che lui mi causava, ad Harry lacrimavano sempre gli occhi da quanto sentimento e passione metteva. Era bellissimo.

"Se non mi avessi conosciuta?" interruppi un tranquillo silenzio.

"Penso che ti avrei cercata ovunque" era serio, lo sapevo.

Mi avvicinai e gli lasciai un bacio casto sulle labbra morbide. 

"Oggi ti porto da mia mamma" disse sorridendo apertamente.

In quegli undici mesi non avevo incontrato sua mamma una sola volta, Harry e Gemma me ne avevano parlato ma non mi avevano mai permesso di incontrarla, sua mamma sapeva di me, sapeva che stavo con Harry e una settimana prima che partisse gli aveva chiesto se poteva portarmi a conoscerla, accettai, ero felice di conoscere la loro mamma. Gemma mi aveva spiegato che sua madre passava più tempo in ospedale che a casa, chissà per cosa, Harry non me l'aveva mai detto. 

"Sono felice di conoscerla" dissi sorridendo.

"Anche lei lo è" 

"Che tipo è tua mamma?" chiesi curiosa. 

"Penso che persona più umile non esista, mia mamma è talmente buona che una volta un signore le chiese se era la reincarnazione del Madonna – rise – , mi ha sempre sostenuto in tutto sia me che mia sorella, non ci ha mai abbandonati come ha fatto mio padre, era sempre lì per noi, sempre" sospirò e aggrottando la fronte guardò fuori dalla finestra "Ma non continuerà ad esserci a lungo, purtroppo”.

“Perché dici questo?”

“E' malata, Rose, lo sai” mi guardò negli occhi “Ha.. ha un tumore” i suoi occhi erano lucidi.

L'aveva detto, sua madre aveva un tumore, dal dolore che trasparivano i suoi occhi potevo percepire quanto era stato doloroso dirmelo anche se in quel momento capii che lui si fidava ciecamente di me.

“Mi dispiace, Harry, io ti sono vicina sia a te che a Gemma” ammisi passandogli una mano sulla guancia.

Lui chiuse gli occhi sotto il mio tocco e non disse niente, rimase a farsi coccolare e piano piano le palpebre scesero a coprire quelle pupille verdi che tanto adoravo.

 

Harry era uscito un attimo con sua sorella a parlare con il dottore, io ero rimasta dentro con sua mamma.

Era una ventina di minuti che eravamo arrivati in ospedale, Harry mi aveva presentato a sua mamma e avevamo parlato del mio lavoro, di quello di Harry, dello strano modo in cui io e lui ci eravamo incontrati e così era passato quel lasso di tempo prima che arrivasse il dottore a parlare con i due figli.

“Sei davvero carina” sua madre ruppe quel imbarazzante silenzio.

“Grazie, signora”

“Chiamami, Anne!” mi regalò un caldo sorriso.

“Grazie, Anne” ripetei nuovamente, permettendomi di sedermi sulla sedia vicino al suo letto.

“Ad Harry piaci molto”

“Anche a me lui piace molto” sussurrai.

“Si vede quando lo guardi o quando parli di lui, nei tuoi occhi si accende qualcosa, sorridi e nemmeno te ne accorgi” mi accarezzò debolmente la mano e sorrise nuovamente.

“Io lo amo” fu un sussurro, non ero nemmeno sicura più di tanto di averlo detto a lei, sembrava che lo stessi dicendo più a me stessa.

“Anche lui ti ama, mi parla sempre di te quando viene qua!”

“Oh!” mi tappai la bocca con entrambe le mani, non mi sarei mai aspettata che Harry parlasse di me così spesso a sua madre, mi chiesi se anche prima di conoscermi accennava a sua madre di me, di quella indifesa, debole, piccola ragazza dai capelli rosa sulla circolare 18. Stava per dire qualcos'altro quando entrarono Harry e Gemma in stanza e dallo sguardo dei due capii che non era stata una chiacchierata allegra.

 

Andavamo spesso in ospedale da sua mamma ormai a volte ci andavo anche io sola con Gemma, era piacevole parlare con loro, mi raccontavano sempre di quello che combinava Harry da bambino, e io gli parlavo un po' di me.

Quella mattina andammo in ospedale io ed Harry da soli, sua mamma stava ancora dormendo così rimanemmo in sala d'attesa per non disturbarla.

“Sta male” sussurrò il riccio guardando in basso.

Lo abbracciai perché non sapevo cosa dirgli, lo abbracciai con tutto l'affetto che avevo in corpo, in momenti come quelli gli abbracci sono molto più utili e veri delle parole.

“Ieri non riusciva nemmeno a parlare” aveva gli occhi lucidi e la voce strozzata per cercare di non piangere “Rose” fece una pausa in cui si coprì il viso con entrambe le mani “Mia mamma è arrivata alla fine” e dal gemito finale capii che aveva preso a piangere.

Gli tolsi le mani dalla faccia e gli scoccai un bacio sulla guancia, cercai anche un fazzoletto nella borsa per asciugargli le lacrime.

“Cosa ti ha detto il dottore ieri?” mi riferivo ad una chiamata urgente che aveva dovuto fare la sera prima di cui lui aveva preferito non parlarne.

“La spostano di reparto..” pianse ancora e io gli asciugavo le lacrime.

“Dove la mettono, amore, dove?” gli presi il viso tra le mani.

“E' tra i malati terminali” scoppiò, mi abbracciò stretta, piangendomi addosso tutto il dolore per molto tempo, tirò un calcio a delle sedie ma non lo fermai lo lasciai fare sapevo che quella era tutta la rabbia che aveva represso, sapevo che si chiedeva perché proprio sua madre? Perché una mamma così buona?

 

Otto giorni dopo quella conversazione con Harry sua madre morì.

Eravamo seduti tranquilli a pranzo, io Harry e Gemma.

Arrivò quella chiamata dall'ospedale e da lì ricordo le cose molto male, successe tutto così velocemente, ci alzammo dal tavolo e corremmo in ospedale, sua madre ormai era morta però.

Gemma si rinchiuse negli orridi bagni dell'ospedale e ne uscì quasi due ore dopo distrutta, le infermiere la fecero mangiare ma dovette correre in bagno a vomitare tutto, la mandarono in psichiatria per quella notte, urlava e sbatteva sedie, porte e persino persone, fu molto brutto da vedere.

Harry si mise a sedere sulla sedia vicino al letto dove prima era stesa sua madre e rimase lì, non mangiò, non parlò, non dormì, non pianse. Ormai era distrutto, cercavo di scuoterlo, di parlargli lo baciavo lo abbracciavo ma era sotto shock, le infermiere mi chiesero di andarmene e di lasciar fare a loro, anche lui andò in psichiatria per quella notte. Io dormii in macchina e piansi disperatamente.

 

Non riuscivo più a scherzare o anche solo sorridere con Harry, mi chiamava ogni giorno, andavo a casa sua, stavamo sul divano a guardare la TV che nemmeno ci interessava; non facevamo più l'amore, mi baciava poco, e non mi abbracciava quasi mai.

Mi sembrava di averlo perso, piangevo sempre, perfino a lavoro, chiedevo consiglio ad una psicologa su come fare ad aiutarlo, ma nulla era sufficiente, il mio Harry era sparito.

Gemma era partita, era andata ad una famosa università in America, lei ed Harry non si sentivano più molto spesso, si e no una volta a settimana.

In quel momento, Harry spense la televisione, e si voltò verso di me.

“Rose devo parlarti” disse con voce grave.

“Dimmi” sussurrai.

“Ho preso una decisione”

Mi stava facendo malissimo il cuore era come se qualcuno ci stesse buttando forti massi sopra, come se lo volessero schiacciare, annientare e forse ci stavano riuscendo.

“Si?”

“Torno fisso nell'esercito” non mi guardò negli occhi.

Lo sentii e lo sentì anche lui, il rumore del mio cuore annientato, fece dannatamente male lui lo stringeva di nuovo, ma questa volta non faceva attenzione a non farmi male, questa volta lo stava stringendo con forza lo macinò con tutto il suo dolore e la sua rabbia.

“Non puoi” mormorai con voce spezzata.

“L'ho già detto al mio comandante, parto tra due giorni”

“Non puoi” ripetei nuovamente mentre una lacrima solcava il mio viso.

“Rose io ti amo e voglio continuare a stare con te, ma ho bisogno di andarmene da qua” mi strinse la mano.

“Andiamocene insieme allora, non lasciarmi qua da sola”

“Sono solo un peso per te” mi asciugò le lacrime.

“Giuro che non lo sei, amore” sussurrai con il poco ossigeno che mi era rimasto dentro.

“Rose io partirò, ti amo, ma partirò” parlò con voce ferma, vedevo che cercava di non piangere.

“Ti amo, Harry” e poi buttai le braccia al suo collo stringendolo forte e piangendo.

Facemmo l'amore dopo tanto e quella fu l'ultima volta, l'ultima in cui lo vidi per quello che era, sorrise anche se aveva le lacrime agli occhi, mise tutto l'amore che aveva in corpo e io ricambiai piangevo sussurrandogli che lo amavo mentre lui mi baciava ogni parte del corpo mentre per l'ultima volta eravamo un tutt'uno. Quanto l'avevo amato, se respiravo era solo grazie a lui.

In quel momento capii quanto l'arrivo di una persona può sconvolgerti la vita, da quando c'era lui tutto era cambiato, in meglio ovviamente, più lo guardavo e più le lacrime scendevano e più nella mia testa apparivano vecchi ricordi che non avrei mai dimenticato. Harry era stata l'unica persona a far battere il mio cuore veramente, se se ne andava cosa ne sarebbe stato di me?

“Sei la mia vita” disse spingendosi un ultima volta dentro di me.

“Ti amo così tanto” sussurrai, e poi venimmo insieme.

Mi baciò disperatamente, quel bacio assomigliava molto al primo che ci eravamo dati, era così talmente voluto da entrambi, per l'ultima volta percepii il suo amore attraversarmi ogni cellula, atomo del corpo.

“Non voglio dimenticarmi di te” dissi.

“Hai mille ricordi che ti ricorderanno di me quando non sarò vicino a te e poi ci vedremo, promesso” sussurrò abbracciandomi. Un abbraccio così non me l'aveva mai dato, era uno di quegli abbracci veri, speciali di quelli che ogni volta che abbracci un altra persona ti senti come delusa perché nessun abbraccio sarà mai all'altezza di quello, ne cercherai sempre uno più perfetto ma ti renderai conto che l'unico perfetto era quello. Lo strinsi anche io, chiudendo gli occhi e imprimendo nella mia testa quell'immagine, quella sensazione, per sempre. Speravo.

 

Quella fu l'ultima volta che lo vidi, partì, aveva promesso di salutarmi ma non lo fece. Cambiò numero di telefono, passai davanti a casa sua, ma l'unica cosa che trovai fu un cartello con su scritto 'Vendesi', chiamai sua sorella ma nemmeno lei rispondeva, capii che era la fine.

Si, la fine della mia storia d'amore, ovviamente, ma soprattutto la fine per me, perché senza di lui come avrei fatto? Non avrei fatto nulla, potevo solo continuare a respirare anche se dentro ero morta.

Nessuno sembrava veramente capace di potermi aiutare, nemmeno io stessa potevo farlo.

Mia mamma diceva che prima o poi l'avrei dimenticato e sarebbe diventato solo una piccola parentesi della mia vita, ma come si fa a dimenticare? Me lo chiedevo, ma non trovavo risposta.

Come si fa a dimenticare qualcuno a cui a donato te stessa? Come si fa a dimenticare qualcuno che hai amato fino alla fine? Non era psicologicamente possibile.

I giorni passavano, i mesi passavano, arrivò la primavera, ma dentro di me sentivo sempre l'inverno, un freddo impossibile da sopportare, quel freddo che ti brucia. Odiavo quelle rose che crescevano nel giardino di casa, sembravano fatte per gente felice e io semplicemente non lo ero, le odiavo. Un giorno le strappai via tutte. Mia mamma non mi rivolse la parola per due giorni.

Mi ero licenziata già da un bel po', adesso facevo la mantenuta, stavo sempre in casa, uscivo solo per prendere la posta, non facevo altro.

Solo una mattina decisi che la mia vita doveva continuare, così andai alla fermata della circolare 18.

E montai, appena mi misi a sedere cominciò una lotta, le lacrime volevano uscire, il cuore voleva scoppiare, io volevo morire. Ma strinsi forte la borsa, strizzai gli occhi talmente forte che avevo paura di averli incollati, scossi la testa per mandare via ogni brutto ricordo.

La quarta fermata. Ecco qui mi fece dannatamente male il petto e lo stomaco, era deserta, non c'era nessuno ad aspettare la circolare, l'autista la ignoro e continuò avanti. Guardavo in alto per fermare le lacrime, mi misi una mano sul petto e respirai cautamente. Dolore.

Passammo anche l'ospedale, scese una donna anziana e nessun altro, forse sentii scendere anche un po' del mio dolore, perché dopo aver passato quei due punti dolorosi e pieni di storie, alzai la testa, guardai davanti a me e alla fine sorrisi. Lo feci, sorrisi perché potevo, lo feci perché capii che ero viva, perché il mio cuore stava battendo. Potevo ringraziare solo una persona per avermi insegnato a vivere, era Harry, era il mio unico vero amore, mi aveva insegnato a combattere, ad amare, a rialzarmi dopo le cadute, a voler bene, a respirare.

Decisi di chiudere il ricordo di Harry dentro uno speciale cassetto nel mio cuore, potevo aprirlo ogni volta che volevo, ricordandomi che lui c'era stato, che ci eravamo amati, che era stato il mio amore per molto tempo, i nostri ricordi più remoti erano tutti lì, non sarebbero mai andati persi.

Non ebbi più notizie di lui, mesi dopo mi fidanzai e presi perfino una laurea dopo essere tornata a scuola. Amavo il mio ragazzo attuale, lo amavo davvero.


 

Il ricordo di Harry viveva ancora in me comunque, lo avrei ricordato per sempre. 

 

Spazio autrice

 

Ciao! questa è la mia prima one-shot e anche la prima primissima storia che pubblico su efp, sarei molto felice di sapere cosa ne pensate, accetto anche qualsiasi critica per migliorare. :)

La storia mi è venuta in mente un giorno mentre ero in pullman, il pullman 18 ahah, ed è montato un ragazzo che a occhio e croce era un militare e be da lì l'ho pensata tutta ahah.

Comunque grazie in anticipo a chiunque avrà voglia di leggerla e magari, si, recensire :)

Un bacio, a presto, spero!  


Crediti a maliksdurex per il bellissimo banner c:

 

 
 
  
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