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Autore: Mirin    20/01/2014    1 recensioni
A Francesca, perché questo è il cinquecentocentoquattordicesimo giorno che ci conosciamo.
A Francesca, perché “non riesco a descrivere quanto ti voglio bene” è una palla, so benissimo come fare. Perché se io fossi stata un uomo -nonché un figo del calibro di Nara porcapaletta Shikamaru- e un bravo scrittore, probabilmente la storia sarebbe andata esattamente così.
Shikamaru batte un piede a ritmo della canzone dei Coldplay che scorre nelle sue orecchie tramite gli auricolari in ear. È il 20 Gennaio di un anno particolarmente importante per lui: il 2007.
Correva infatti l’inverno del precedente (anno), quando un magnate dell’editoria lo aveva contattato per il suo manoscritto Sotto il Nocciolo, che aveva riscosso grande interesse nell’azienda e a cui si voleva offrire una possibilità unica: venire pubblicato. Shikamaru aveva balbettato emozionato s-sì e l’uomo dall’altra parte della comunicazione era scoppiato a ridere.
[...]
Nel Settembre dello stesso anno, Shikamaru aveva deciso -con sardonico divertimento- di infiltrarsi in una di quelle community, un GDR con l’ambientazione delle sue storie.
[...]
Poi, era arrivata lei. iYamiNo.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A Francesca, perché oggi è il suo compleanno e mi ha costretta a rimanere sveglia fino all’una di notte.
A Francesca, una delle persone a me più care, con la quale il litigio arriva, ma si supera.
A Francesca, questa ragazza che compie diciassette anni e non si vergogna di farsela con una quindicenne.
A Francesca, perché le voglio un bene dell’anima, e a cui importa più questa dedica iniziale che la storia, che, ok è una ShikaIno, ma è una ShikaIno strana, e a lei le cose strane non piacciono.
A Francesca, che ogni volta che può, si sveglia alle tre e mezzo del mattino per stare con me due ore scarse.
A Francesca, che è la ragazza più bella del mondo, che mi ha dedicato Hey There Delilah, che è la mia non-fidanzata, la mia compagna di fanshipping compulsivo e role-playing estremo, la mia confidente, la persona che sa tutti i cazzi miei e dei miei amori destinati a non finire, “Pasquale questo”, “Davide l’altro”, “Shikamaru stesso” e “Shikaku medesimo” –soprattutto gli ultimi due.
A Francesca, perché questo è il cinquecentocentoquattordicesimo giorno che ci conosciamo.
A Francesca, perché “non riesco a descrivere quanto ti voglio bene” è una palla, so benissimo come fare. Perché se io fossi stata un uomo -nonché un figo del calibro di Nara porcapaletta Shikamaru-
e un bravo scrittore, probabilmente la storia sarebbe
andata esattamente così.


Quando si parla di roleplaying, in questa storia, si parla di GdR online. Se non sapete cosa sia, Wikipedia ha una pagina intera a disposizione sull’argomento.

Shikamaru batte un piede a ritmo della canzone dei Coldplay che scorre nelle sue orecchie tramite gli auricolari in ear. È il 20 Gennaio di un anno particolarmente importante per lui: il 2007.
Correva infatti l’inverno del precedente, quando un magnate dell’editoria lo aveva contattato per il suo manoscritto Sotto il Nocciolo, che aveva riscosso grande interesse nell’azienda e a cui si voleva offrire una possibilità unica: venire pubblicato. Shikamaru aveva balbettato emozionato s-sì  e l’uomo dall’altra parte della comunicazione era scoppiato a ridere.
Quindi, il 14 Febbraio del 2006, nelle vetrine di tutte le librerie del paese era apparso un libriccino dalla copertina bianca, scritte in Arial marrone ed una fotografia dai colori spenti di due ragazzi stesi l’uno sopra l’altra sotto le foglie morenti di un imponente nocciolo.
Il romanzo aveva riscosso un incredibile successo presso il pubblico, del quale la parte più giovane aveva intessuto un fandom straordinariamente ampio ed articolato. Nel Settembre dello stesso anno, Shikamaru aveva deciso -con sardonico divertimento- di infiltrarsi in una di quelle community, un GDR con l’ambientazione delle sue storie; per quanto fosse uno scrittore di professione, non riusciva ad entrare nel meccanismo della composizione a quattro mani, soprattutto perche seguire lo sviluppo degli eventi senza stabilire una trama preesistente non era mai stato un sistema proprio del suo metodo di elaborazione. Quelle sfide lo snervavano quanto entusiasmavano, non aveva mai portato una giocata in porto, soprattutto perché alla lunga prendeva noia dei suoi compagni: aveva scoperto a sue spese che il roleplaying non era niente meno del sesso, c’era bisogno del partner giusto che seguisse gli stessi ritmi e si trovasse sulla propria lunghezza d’onda. Già di per sé non era un tipo molto aperto alle nuove esperienze, se poi queste si trasformavano in un conflitto sentimentale, era meglio lasciar perdere da subito.
Poi, era arrivata lei. iYamiNo.
La prima volta che avevano giocato assieme era stata quasi una barzelletta: la sua struttura era elementare, la sua esposizione brutta di forma quanto di contenuto, senza contare alcuni errori di ortografia.
Ma non aveva iniziato a scrivere -a ruolare come lo correggeva lei con pedanteria- per le sue (scarse) capacità, ma per la dolcezza che mostrava in privato. Non aveva mai scambiato più di qualche parola con i suoi compagni di gioco, ma lei… passavano tutta la notte a discutere.
Delle loro vite, delle loro scarse storie d’amore, delle famiglie malandate che “con un po’ di scotch sta’ a veder che si tengon su”, dei viaggi fatti o solo onirici, delle loro disavventure quotidiane.
Ma il loro argomento più frequente era quello, Sotto il Nocciolo.
Lui era colpito dal modo in cui lei aveva distorto la sua trama ed ammirava -per non dire “era divertito”- la profonda fede che riponeva nella AiRiku –la coppia, che lei chiamava ship, riguardante due personaggi secondari della sua storia. Non aveva mai avuto il cuore di rivelarle che il realtà Riku avrebbe sposato Nami, la straniera, ma a lei non sembrava importare il futuro del ragazzo, bensì il suo presente.

 
FIN QUANDO SHIKAMARU-SAN NON SCRIVERA’ “RIKU SCOPO’ NAMI” IO CONTINUERO’ A SHIPPARE LUI E AI. SONO PERFETTI!

In realtà, anche se Shikamaru avesse avuto il coraggio, non avrebbe saputo come fare.
Aveva sorvolato su un dettaglio importante durante le sue infinite conversazioni su Skype con Ino –questo il vero nome della ragazza-: chi diavolo lui fosse. Insisteva di chiamarlo con il suo nick, Koichiro, ogni volta che Ino chiedeva un qualche indizio sulla sua vita privata rispondeva con giusto l’essenziale –“ho trentun’anni, sono single, vivo da solo a Tokyo”-, ed evitava ogni volta possibile le telefonate di Ino, quando lei -nel bel mezzo della notte, ovverossia all’apice delle loro discussioni- gli chiedeva di passare alla “comunicazione orale”, con uno smile malizioso, lui accampava ogni genere di scusa: cellulare scarico, dimenticato al lavoro, smagnetizzazione della scheda, disattivazione del numero a causa di un problema del gestore. Una volta, persino, fece finta di essersi addormentato davanti allo schermo per non rispondere al suo “hey, KoKun, ti va di sentirci un po’?”.
Ormai il legame con Ino era diventato saldo, non avrebbe sopportato un suo allontanamento quando la verità, inevitabilmente, sarebbe salita a galla. Lei era la parte più bella della sua giornata, dormiva otto ore al mattino in modo di restare sveglio alla sera e parlare con la ragazza il più possibile, ne aveva parlato a tutti gli amici più stretti, si preoccupava per lei, ci teneva.
Era certo che Ino -con il suo carattere forte- non avrebbe reagito bene alla scoperta, le aveva mentito per troppo tempo perché superasse tutto senza rancore, senza risentimento, e lui non riusciva ad accettarlo.
Lei, contro tutte le sue aspettative, era diventata una parte importante della sua vita e non avrebbe accettato di perderla senza lottare.
Quando lui, alla fine, aveva dovuto cedere una minuscola parte di verità alla curiosità incontrollabile di Ino ed ammettere che scriveva -anche se per conto proprio-, Ino ne fu entusiasta.

POTRESTI ESSERE IL NUOVO SHIKAMARU-SAN!
LOL, non mi ritengo così bravo.
DAI, FAMMI LEGGERE QUALCOSA!
Allora Riku si piegò sulla bocca di Ai con un sorriso sghembo, di predatore affamato ma ancor di più deciso a non dare soddisfazione alla sua preda, a tacere il fatto che essa costituisca il nutrimento del suo essere, e la baciò con un ardore ed una passione tale che Ai si sentì bruciare del fuoco sacro dei templi di Tokyo, ardevano tutti nel suo stomaco, proprio tra la pancia e il bassoventre, per quell’amore rubato ad una fiaba, ad una principessa.
 È BELLISSIMA, LO SAI? NON CREDEVO FOSSI COSI’ BRAVO A SCRIVERE!
Grazie, ma Shikamaru è più bravo.
CERTO, MA ALMENO SARAI DEGNO DI PULIRGLI LE SCARPE. u.u


 
Un po’ alla volta, Ino aveva iniziato a passargli i suoi scritti, e lui -da bravo insegnante severo- aveva iniziato a correggerli e a farle notare con pazienza gli errori di forma. Quando lui, roso dal desiderio di sapere, aveva chiesto ad Ino perché si ostinasse a raggiungere un’accettabile correttezza nello stile, lei gli aveva confessato che lo faceva per inseguire il suo sogno.

Quale sogno?
DIVENTARE UNA GIORNALISTA.
 
Era stato uno shock per lui. Non riusciva a vedere Ino, con la sua costante ricerca di nuovi sogni, di risate da donare, di balsami per il cuore infranto dalle decine e decine di uomini che la sfruttavano solo per il sesso, Shikamaru la vedeva impegnata nel settore pubblico, magari con i bambini. Ino aveva una pazienza infinita, adorava i bambini e spesso gli aveva mandato alcuni video dei suoi nipoti di pochi anni, sarebbe stata una magnifica insegnante d’asilo.
 

CREDI DAVVERO? IO, UN’INSEGNANTE?
Beh, perché no? In fondo sei brava, sei paziente ed ami i bambini.
SARCASMO?
Sinceramente, non so come fai. Io odio i bambini: non sono innocenti, sono cattivi e detestabili. Come disse messer Firestone l’infanzia è un inferno.
TI SBAGLI. I BAMBINI SONO LO SPECCHIO DELLA SOCIETA’, SE ESSA NON FOSSE COSI’ COMPLICATA DALLE CONVENZIONI SOCIALI. IMMEDIATEZZA, PUREZZA, SVINCOLO DAI COSTUMI, NESSUN PROBLEMA PER NESSUNO.
Non sempre la sincerità paga, Ino.
TI SBAGLI, KOIKUN.

 

Era ormai Dicembre, nell’aria si sentiva odore di abete sintetico e di decorazioni impolverate, quando il GDR che frequentavano organizzò una quest natalizia. Shikamaru non avrebbe voluto prendervi parte, ma Ino e la sua Francis lo avevano implorato fino al nervosismo, fino alla pazzia e poi allo sfinimento; così lui e Cameille si erano uniti alla cerimonia virtuale.

Cameille osservò Francis nel suo vestito lungo da sera, rosso, senza spalline, i suoi lunghi guanti neri e gli immancabili bracciali borchiati che coronavano il suo abbigliamento da ragazza costretta con le catene a delle convenzioni che non sono proprie, che esibisce le proprie bandiere scarlatte di lacrime insanguinate al mondo intero. Le si avvicinò come un colibrì, silenzioso, in punta di piedi, e le alitò sul collo «Sei bellissima.»

Dopo un’ora e mezza, la risposta.


Il respiro di Cameille aveva fermato i battiti del cuore di Francis, che si era sentita venire meno nelle ginocchia e il respiro corto sulle labbra. Le parve quasi che Cameille potesse avvertire il battito impazzito del suo cuore attraverso le pulsazioni fuori controllo della sua giugulare, ma fu rapida a prendere il controllo di sé, girandosi verso di lui con aria inquisitoria che nascondeva una certa malizia. «Adulatore» lo accusò con tono melenso, quindi si mise a sistemargli la cravatta come al solito annodata di fretta, tipica di un uomo sempre con la testa da un’altra parte come lui.


Shikamaru aveva riletto per dieci minuti la stessa frase, certo che non potesse essere stata Ino a scrivere quella poesia in prosa. Quella subita dalla ragazza era una vera rivoluzione: faceva sfoggio di un lessico elegante e completo, un linguaggio stilnovistico ed un’impeccabile precisione anche in periodi da dieci coordinate.
Incredulo ed inebetito, l’aveva contattata in chat.
22.13
Ino…?
;)

23.37
ADESSO POSSO DIVENTARE UNA GIORNALISTA, KOIKUN?
Ti troverò io un aggancio, perdio.

Poi un giorno, il fulmine a ciel sereno.
Era a casa di un amico, a fumare in tranquillità una sigaretta spezzata con aria placida, quando il suo cellulare iniziò a vibrare. Vedendo il numero, sbiancò. Aveva già evitato le sue telefonate per tre giorni, non poteva astenersi dal rispondere questa volta.
Ino non gli diede neanche il tempo di mormorare “pronto?” con voce flebile, lei esalò senza fiato: «ho i biglietti.»
«Per cosa, disgraziata?»
«Per Tokyo Centrale.»
Aveva i ticket del treno. Quelli per venire a trovarlo.
«Quando arrivi?» la sua voce non tremava così tanto da quando la madre, all’età di quindici anni, lo aveva scoperto a masturbarsi.
«Domani l’altro a mezzogiorno.»
Due giorni appena di anticipo per prepararsi psicologicamente ad incontrare la sua condanna. Non che avesse solo paura, per carità, era anche felice -ed è un eufemismo- di vederla in carne ed ossa, di sorriderle con i suoi denti anziché con uno smile, di vedere arrossire le sue guancie anziché un emoticon giallastra. Euforico, a dir la verità. Audacemente eccitato.
Finalmente, avrebbe sentito Ino.
Finalmente, Ino.

La sua playlist è scorsa dieci volte da quando è in stazione, ma di un treno in partenza da Sapporo neanche l’ombra. Shikamaru incrocia le braccia al petto ed alza lo sguardo alle nuvole che la cupola trasparente gli permette di osservare. Il cuore nel petto tace, la sua mente tace, e grazie a Dio l’insonorizzazione passiva degli auricolari gli permette di non sentire il ronzio impazzito di vespe che sono i curiosi accalcatisi a qualche metro da lui. Mai come adesso, odia i suoi fan. Non gli importa che Ino sia una sua fan -una sua lover, come si era definita più volte-, ora il detesta tutti. È nervoso ed intrattabile, e lo sa, ma non riesce a porvi rimedio.
Lights will guide you home un paio di palle, Chris, ma grazie per l’interessamento.
Arrivati alla diciottesima ripetizione, qualcosa si muove: una testa a punta appare in lontananza.
La voce metallica annuncia che l’espresso da Sapporo è in dirittura d’arrivo al binario nove, e Shikamaru vuole solo morire. Il cuore gli batte così forte da essere fastidioso, le mani sono gelide come i mille brividi che gli scorrono nel corpo, rafforzati dall’inverno ghiacciato di Tokyo sulla nuca, sembra quasi avere il Parkinson tanto trema, i suoi tessuti nervosi non collaborano, si sente andare in shock anafilattico, chiude gli occhi ma si sente soffocare, li apre ma si sente piangere, l’unico pensiero stabile è che è fottuto, completamente.
Non può crederci, crederci in modo fisico, credere che Ino sia lì, a quanto?, cento metri?, assurdo. Impossibile.
La vista gli balla davanti e si dà del coglione, sente una paura immensa cadergli addosso come la lastra appuntita di disperazione che prima gli graffiava la schiena.
Come avvolto da un eterea nebbia, il treno scivola verso il limitare del binario, quasi gli voglia dare tutto il tempo di scansarsi prima di essere investito da Ino e dagli occhi blu -l’ha sempre immaginata con gli occhi blu, non sa spiegarsi il motivo- che l’avrebbero guardato confusi per poi spalancarsi d’orrore, delusione, dolore.
Qualcosa gli vibra in tasca ma non gli presta attenzione perché è impegnato a tendere il collo alla ricerca di Ino, della sua figura, sebbene non sappia neanche come sia fatta –non si sono mai scambiati foto, un po’ per riluttanza di Shikamaru nello svelarsi, un po’ per imbarazzo. Passano di fianco a lui due turiste occidentali che lo segnano a dito senza preoccuparsi dell’educazione, qualche ragazza ebrea con il velo azzurro sui capelli che lo spia con timidezza da sotto le ciglia, ma non riconosce Ino in nessun passante; ha sempre romanticamente pensato che avrebbe capito subito chi Ino fosse tra la folla, ma adesso che si trova in quella la realtà gli pare assai più amara.
«Disturbo?» chiede una ragazza a voce bassissima, un cappellino da baseball nero in jeans calcato sulla testa.
Shikamaru neanche si accorge della sua esistenza, preso ad osservare la fiumana di pendolari scesi dai treni, ma per caso abbassa lo sguardo e vede il suo libro stretto tra le mani della giovane, e per quanto abbia detto di odiare i propri fan, nulla corrisponde a verità; perciò con voce raddolcita risponde: «Affatto.»
La ragazza sorride, rassicurata, e gli porge tremante la copia di Sotto il Nocciolo assieme ad una penna.
«A chi lo intesto?» mormora, lo sguardo che sfreccia da gonna a tailleur, da scarpe a stivali col tacco, da pashmina a sciarpa, pare quasi posseduto.
«Potrebbe scriverci un suo pensiero?» le guance della fan sono in fiamme.
Shikamaru traccia le parole senza neanche guardare.


 
HO CREDUTO FOSSE LA LONTANANZA A FARMI MALE, POI HO SPERATO FOSSE LA MIA INCAPACITA’ DI FARTI STARE BENE, MA ORA CHE ASPETTO DA MEZZ’ORA E TRE QUARTI DI VITA IL TUO DANNATO TRENO, IL TUO ARRIVO, COMPRENDO. È L’ATTESA, PRINCIPESSA, È L’ATTESA.
 

Restituisce di malagrazia il libro alla giovane e di nuovo si allunga per cercare Ino.
«Un mio amico è un suo grande ammiratore, sa» sta dicendo la ragazza, che sotto il cappello nasconde una lunga chioma di sole.
Maledizione, seccatrice, non vedi che sono impegnato?! Dio, quanto odio le fangirls! sorvola sul fatto che conosce il termine fangirls grazie ad una di queste.
«Come si chiama?» risponde, esasperato, prendendo il cellulare. Avrebbe chiamato Ino, a quel punto, tutto à meglio di quella tortura.
«Koichiro, credo. Non lo so con esattezza.»
Shikamaru si ghiaccia.
«Non lo sai?» domanda, consapevole in modo quasi doloroso.
«È sempre molto vago» confessa con aria colpevole, attorcigliandosi i capelli attorno ad un dito con fare nervoso «vede, ci siamo conosciuti su Internet.»
«E tu invece, come ti chiami?»
«Yamanaka Ino, Nara-san.»
Il mondo si ferma in quel preciso istante e decide di esplodere tutto insieme.
Shikamaru la guarda fulminato, ma Ino sta già cercando qualcosa in borsa. Il telefono.
«Le dispiace attendere solo un minuto? Lui dovrebbe essere qui nei dintorni, sa, dovevamo vederci oggi in stazione, però lui è un idiota pigro, si figuri che… oh, squilla, yokatta!... non le sto a dire quante ne combina, davvero…» ma Ino si interrompe. Il telefono ha smesso di squillare e una voce le ha risposto dall’altro lato. La stessa voce che ha parlato, nello stesso istante, con lo stesso tono divertito e seccato, di fronte a lei.
Shikamaru la vede alzare lo sguardo terrorizzato, gli occhi blu -lo sapeva che dovesse avere gli occhi blu, maledizione!- increduli, sbarrati dalla paura.
L’iPhone che Shikamaru teneva in mano si schianta sul pavimento della stazione, lo schermo va in mille pezzi mentre l’uomo serra le braccia attorno alla figura esile di Ino in un stretta quasi assassina.
Lei è con lui, adesso.
E mai l’avrebbe lasciata andare.

Ino salirà il primo gradino del treno.
«Non posso credere che tu riesca ad essere così magro dopo i tre cheeseburger che hai mangiato!» lei riderà e Shikamaru si appoggerà contro lo stipite di alluminio, la guarderà sorridere ed arrossire, esitare un po’ e alla fine sputare il rospo: Ino è curiosa per natura e non può trattenersi dall’esporre un dubbio.
«Era per me? La frase, intendo.»
«Il libro è tuo, no?» Shikamaru farà il finto tonto ed Ino gli rifilerà una sberla sulla spalla.
La voce metallica annuncerà che il direttissimo per Sapporo è in partenza dal binario nove e Shikamaru si avvicinerà di più ad Ino, spinto da una strana corrente elettrica
«Magari vengo io a Sapporo, il mese prossimo» mormorerà, ed Ino lo guarderà con un’espressione strana in volto.
«Perché non la settimana prossima?»
«Perché abbiamo una role in corso e dobbiamo finirla, hime
Settantatre giorni dopo
«Shikamaru! Smettila di mordermi il braccio!»
Centodue giorni dopo
«Shikamaru, non mordermi le labbra così forte quando mi baci!»
Duecentoquaranta giorni dopo
«Shikamaru, ti prego, sì! Mordimi di più, così, più forte! AH!»
Quattrocento giorni dopo
«Hai visto? Mi è rimasto il segno! Se lo fai di nuovo, dormi sul divano, Nara!»
Cinquecentoquattordici giorni dopo
«Sai che hai scritto cincipessa su quella dedica?»
 
ladie’s a gentleman! (author’s corner):
Auguri, Fra.
Non siamo fidanzate, gente, e questa fiction è proprio ShikaInoLove solo alla fine. All’inizio è più ShikaIno friendship (malatissima, ma è sempre friendship) ma, come ho detto nelle note iniziali, il corpo della fiction è l’amicizia tra me e la mia Fra, la fine è quello che sarebbe successo se io fossi stata Shikamaru. Non è nessuna rivelazione shock della serie LUKESONOTUOPADREOMFG, lei lo sa che se l’amassi un pelo di più non sarebbe più amore d’amicizia ma amore di scopamento romantico, quindi ok. Questa frase non ha un senso logico, ma va bene lo stesso.
Buon compleanno, Fra.
Buon compleanno, cincipessa.
Giuro su Dio che se non trovo i font family di tutti i font che ho usato per differenziare il testo non pubblico la fiction.
Kiss,
Ladie.
   
 
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