Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: IreChan    20/01/2014    4 recensioni
" Parlami di lui. Di Giovanni, di mio padre, parlami di come l'hai conosciuto, di come avete deciso di... Avermi e perché... Mi avete... respinto” [...] “ Dimmi del Team. Voglio sapere tutto. Almeno ora che... lui è sparito. ”
----
Memorie di Atena dopo l'ingresso nel Team Rocket.
( Silverspawnshipping )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Giovanni, Silver, Team Rocket
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
HTML Online Editor Sample

Una spinta, poi un'altra. I loro bacini, di nuovo, cozzarono violentemente.
Gli unici rumori che si udivano nell'ufficio, non propriamente adibito a quello scopo, erano l'ansimare e il gemere di lei e il respiro affannoso di lui.
Le ondate di piacere l'avevano del tutto disinibita, era priva di freni, ormai. Gemette ancora, digrignò i denti e gli artigliò la schiena con tutta la forza di cui era dotata- non molta, a dirla tutta.
L'uomo, per tutta risposta, fece un affondo ancora più potente, e poi uno e un altro ancora. Non ci volle molto prima che raggiungesse il culmine del piacere, per poi riversarsi in lei.
Senza pensare, come sempre, alle conseguenze del gesto, si abbandonò completamente a lui. Ma una cosa, una sola parola che aveva gridato senza curarsi di soffocare la voce, la ridestò dall'oblio in cui stava scivolando.

“Atena!”

Nella foga aveva detto il suo nome. Nonostante quel loro "accordo" andasse avanti già da alcune settimane, era la prima volta che succedeva, la prima volta che non si controllava fino a giungere a quel punto.
Al contrario, lei aveva involontariamente chiamato più volte il suo nome in quella circostanza, ma per ricevere in risposta nient'altro che il suo respiro affannoso.
Quella volta era stato lui a farlo. Ed era la prima volta che sentiva il suo nome uscire da quelle labbra.
I suoi occhi del colore del fuoco, sgranati, si sollevarono verso il suo volto. Per la prima volta si guardarono negli occhi durante l'amplesso. Per la prima volta lei si avvicinò, poggiando le proprie labbra sulle sue.
Ma ecco che, dopo pochi istanti, si ritrovò a terra. La sua testa era troppo confusa per capire come potesse essere successo e si limitò, per un lasso di tempo non ben definito, ad osservare Giovanni che, in fretta e furia, recuperava i suoi indumenti da terra.
Maledizione a lei. Un solo gesto, pochi secondi di sentimenti rubati alla foga dell’atto le sarebbero costati chissà cosa.
Si alzò in piedi, decisa a fare qualcosa.
Il mondo, però, prese a girarle attorno. Si dovette appoggiare alla scrivania per non cadere. Miracolosamente riuscì a non crollare.
Il capo non diede segno di essersene accorto, sembrava, più che altro, desideroso di rivestirsi nel tempo più breve possibile. Con pessimi risultati.
Inspirò a fondo e si mise nuovamente a sedere sulla massiccia scrivania, sperando che quei capogiri svanissero nel minor tempo possibile. Probabilmente erano dovuti all’agitazione, all’essersi alzata di colpo, a qualcosa del genere. Non aveva altre idee a tal proposito.
Inspirò ed espirò.
Nonostante tutto tardavano a scomparire.
Chiuse gli occhi.

“Spostati.”

Atena, ormai, aveva imparato a capire come comportarsi con lui, sia quando faceva il gentiluomo che quando si comportava da perfetto boss. E nella seconda opzione, come in quel caso, obbedirgli sarebbe stata la cosa migliore da fare.
Così, come richiesto, si alzò.
E crollò a terra, in preda a vertigini sempre più forti.
In seguito non avrebbe saputo dire il motivo per il quale la reazione tempestiva dell’uomo l’aveva così sorpresa ma, in quel momento, nonostante la confusione che regnava sovrana nella sua testa, si stupì moltissimo quando si precipitò su di lei. Per aiutarla.

“Temevo mi avrebbe lasciata lì, sa, Capo?”

Biascicò, con la voce impastata dalle alterazioni della sua percezione della realtà. Le sfuggì una patetica risatina.
Lo vide avvicinarsi al suo volto. Per un folle istante pensò che stesse tentando di baciarla.
Invece, avvicinò le labbra al suo orecchio.

“Questo non è un gioco.”

Sibilò.

“Non è un gioco e noi non stiamo giocando a fare i fidanzatini.”

Quelle parole la colpirono più duramente di una pugnalata. Quell’avvenimento di nemmeno qualche minuto prima l’aveva illusa, in qualche modo, l’aveva illusa sul fatto che potesse provare qualcosa per lei, che non volesse solo il suo corpo. E invece no. Non erano i bacetti, né le effusioni da innamorati che lui voleva. Desiderava solo quello che aveva vinto e quello che avrebbe potuto portargli dei vantaggi.

“E ora rivestiti. Riprenderemo dopo.”

Le intimò bruscamente, aiutandola a rimettersi in piedi.
Atena barcollò ma, quantomeno, riuscì a non cadere. Man mano riprendeva lucidità e, di conseguenza, avvertiva sempre più insistentemente spifferi d’aria fredda che lambivano la sua pelle nuda.
Recuperò i vestiti e li indossò più lentamente del dovuto, mentre avvertiva il suo sguardo penetrante che non perdeva d’occhio un movimento.
Quello che non fu affatto lento, però, fu il suo congedo e la sua fuga da quell’ufficio.
Aria.
Aveva bisogno di una boccata d’aria.
Quelle stanze e quei corridoi la stavano facendo diventare claustrofobica.
Sì, sarebbe uscita all’esterno. Ne aveva bisogno.
A larghe falcate percorse i corridoi della base e cercò disperatamente con lo sguardo una qualunque porta d’accesso a una balconata, o qualcosa del genere. Le serviva solo aria.
Finalmente la trovò, quella porta. E la spalancò con forza, quasi come un’annegata nel disperato tentativo di tornare in superficie.
Quel violento e improvviso rumore fece sobbalzare chi aveva avuto la stessa idea prima di lei.
L’ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento.

“Ciao, rossa.”

Sghignazzò Maxus, aspirando grandi boccate di fumo dalla sigaretta accesa. Atena si mise a tossire.

“Cosa ci fai qui?”

Sbottò lei, senza convenevoli.

“Potrei chiederti la stessa cosa.”

Sghignazzò l’uomo, espirando una gran quantità di fumo dalla bocca, probabilmente per infastidirla.

“Non eri troppo impegnata a portarti a letto il Capo per andare in giro per la base?”

Continuò, sbeffeggiandola.
Lei tacque non solo per le continue provocazioni dell’altro, ma anche per la nausea che quelle dense nubi grigie le stavano causando.

“Hai intenzione di scoparti qualcun altro ora, dolcezza?”

Questa volta, lei rispose. Sibilando insulti.
L’altro generale ridacchiò sempre più esaltato e, dopo un ultimo, prolungato sbuffo di fumo, si decise a buttare la sigaretta a terra e a schiacciarla sotto la suola dello stivale.

“Ne vuoi una anche tu, rossa?”

Chiese, sempre sghignazzando, ma ora sembrava più guardingo. Lo vide ripetutamente spiare dietro di lei, probabilmente in caso arrivasse qualcuno. A quanto pareva gli era tornato in mente il suo sfortunato incontro di poche settimane prima con il capo.
Le si avvicinò.
L’odore della nicotina le pervase sempre più insistentemente le narici, causandole un conato di vomito, che riuscì eroicamente a trattenere.
Strano, pensò. Aveva sempre tollerato, bene o male, quei miasmi. 
Ma tentò di non darlo troppo a vedere, o lo avrebbe incoraggiato a provocarla sempre più. Biascicò, dunque, una risposta non molto educata in relazione a quegli affari e dove avrebbe potuto metterseli, provocando uno scoppio di risate isteriche da parte sua. Proprio come quel giorno.

“E-Esilerante! Dovresti vederti in questo momento. Dov’è lui, adesso? Non ti senti più tanto sicura, ora che non c’è, vero?”

Le fece, con la voce disturbata da quelle risa sguaiate. Interessante, però, come non l’avesse mai chiamato per nome. Come una sorta di timore reverenziale. Questo le venne anche confermato quando, poco dopo, lo vide guardarsi nuovamente intorno, nemmeno l’avesse evocato.
Nonappena si fu accertato che Giovanni non si trovava nelle vicinanze, alzò le spalle, enfatizzando ancor di più quella sua ridicola posizione scomposta.

“So quanto ti possa dispiacere ma ora devo congedarmi. Ho dei programmi da seguire-a differenza tua-e... delle reclute da maltrattare.”

Riprese a ridacchiare tra sé e sé. Solo lui poteva trovare divertenti le sue parole. E il fatto di punzecchiarla nonappena ne avesse avuto l’occasione.
Atena lo congedò con un cenno della testa. Lui si voltò.
Ma, nel momento esatto in cui aveva pensato di essere riuscita a liberarsi di lui, ecco che ritornò sui suoi passi.

“Ah, e fossi in te mi farei dare una controllatina. Non mi sembri troppo... in forma, se così si può dire.”

E finalmente se ne andò.
Cosa intendeva con quelle parole? Allora si era accorto del suo andamento traballante e della sua nausea. Ma, in un caso normale, non gliel’avrebbe fatto notare, ne era certa. Ma allora...
Oh no.
Perché era stata così cieca?
Non era possibile. Non doveva essere possibile.  Certamente si trattava di una casualità.
Nausea e capogiri... No. Poteva essere solo quello.
All’improvviso si ricordò delle parole di lui.

Questo non è un gioco.

No. E solo ora l’aveva davvero capito.
Si portò le mani alla sommità del capo.
I giochi erano terminati già da un po’. E lei se n’era accorta solo in quel momento. Quando ormai era troppo tardi.



---
Angolino autrice:

Salvesalve a tutti! Eccomi di ritorno con il capitolo "clou". Insomma, capite cosa intendo. Questa parte è stata un parto (?), ci ho lavorato ore e ore di fila per almeno una settimana. Ma volevo fare le cose per bene.
Dunque, come al solito grazie a tutti coloro che mi seguono, leggono o recensiscono. Spero di sentire presto vostri pareri sulla piega che sta prendendo questa storia! Ps: l'editor fa i capricci, stasera. L'html è un po' sfasato. Provvederò, giuro.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: IreChan