Prologo
we accept the
love
we think we deserve
‘’You’ll
never love yourself half as much as I love you You’ll never
treat yourself right darlin’ but I want you to. If I let you
know I’m here for you. Maybe you’ll love yourself
like I love you, oh. I’ve just let these little
things slip
out of my mouth because It’s you, oh It’s you,
It’s you. They add up to and I’m in
love with you.
And all these little things.’’
Il rumore della porta che si chiuse fu l’ultimo suo ricordo;
e non fu solo una porta che si chiuse, fu una porta che
sigillò un pezzo della mia vita lasciandomi dentro cocci,
rimpianti e lacrime. I segreti, d’altronde, servono per
nascondere la verità; e spesso la verità
è indispensabile nasconderla. Per non riempirsi di ferite.
Per continuare a vivere.
E’ cosi, con queste parole che si
lasciano cullare dalle strofe di quella canzone che per fin troppo
tempo aveva accompagnato i miei pensieri – i più
profondi e inaccessibili che avevo cercato di nascondere persino e
soprattutto a me stesso -, che termino di scrivere. E’
così che abbandono uno tra i miei hobby – una tra
le mie qualità – che ho ritenuto essere per tutta
la vita, ogniqualvolta ne sentissi il bisogno o la
necessità, una valvola di sfogo per liberarmi dal peso di
quel flusso di parole che difficilmente fuoriuscivano dalla mia mente,
e dalla mia bocca, per lasciarmi vivere serenamente. E’
così che lascio al passato un’altra piccola parte
di quel me stesso che avevo tanto odiato fin quando non avevo
incontrato lui a cui devo dare il merito di tutto; il merito di
elogiarmi per quel che sono; il merito di avermi fatto affrontare
faccia a faccia tutte quelle paure che da sempre e per sempre avevo
creduto che avrebbero avuto la meglio su di me; il merito di avermi
fatto abbandonare le mie insicurezze; il merito di avermi amato. Ma
è comunque lui, per quanto paradossale possa essere, il
motivo per cui ho deciso di lasciarmi alle spalle ogni cosa potesse
riguardarmi e ricordarmelo. Ed è così che mi
allontano da quella scrivania che, sin da quando ero un giovane
adolescente, ho considerato il mio personale spazio di mondo, la mia
ancora di salvezza, l’unica in grado di salvarmi da quel
mondo orribile e diabolico nel quale ero cresciuto, l’unica a
essere veramente in grado di creare attorno a me quella
‘bolla’ invalicabile e indistruttibile nella quale
mi ero adoperato, già da tempi più remoti, a
ricreare una copia di mondo perfetto per me. Mi ritrovo a fissare
qualcosa di indefinito al di fuori della finestra – come se
quel traffico improvviso creatosi a causa di una moltitudine di
macchine che dal nulla si sono materializzate o le persone che
imprecano e gesticolano come degli ossessi fuori di senno fossero dei
centri di interesse per me. I pensieri, tuttavia, tornano ad
accumularsi fino a non entrare più nella mia testa tanto che
sento un improvviso mal di testa colpirmi e spero, anche se solo per un
istante, che possa avere la forza di porre fino a tutto ciò.
Piove. Oggi come allora. E’ un altro triste giorno qui a
Londra. E’ la ‘stagione delle piogge’
– come la maggior parte dei meteorologi afferma -, e per
quanto io possa amare questo tipo di clima perché, oltre a
permettermi di rimanere chiuso dentro casa con un buon libro da leggere
e una tazza di tè fumante, riesce a rendermi estraneo a
tutto ciò che non mi riguarda da vicino – e da
parecchio tempo a questa parte quasi tutto ha perso il mio interesse -,
ora, invece, non lo sopporto.
In queste situazioni sembra come se il mondo goda della mia sofferenza,
mi remi contro e rida di me, facesse tutto il possibile per ricreare
quella giornata in ogni più piccolo particolare.
Ho i ricordi offuscati ma sono quasi certo di ricordare che fosse
iniziata
come una buona giornata, di quelle classiche in cui ti svegli di buon
umore e l’unico obiettivo che vuoi portare a termine
è arrivare alla fine ed affermare di poter essere orgoglioso
di te stesso. Eppure, contro ogni aspettativa, non fu così.
E’ un giorno che mi ricorderò sempre come uno dei
più triste della mia vita. Fu l’inizio della fine.
Ma ricordo bene un particolare: la pioggia. E’ per questo che
ora non sopporto questo tempo uggioso. Lo odio, perché mi fa
riaffiorare alla mente tutto ciò che invece vorrei
dimenticare.
Lui. La pioggia. Lui, di nuovo. La pioggia… E
ancora lui. Semplicemente.
Tuttavia, un inaspettato brivido percorre la mia fragile schiena e
istintivamente afferro da per terra il primo indumento che riesco a
prendere.
Una felpa. La sua felpa. Una delle poche cose che
involontariamente mi sono rimaste ma che, nonostante tutto, voglio
tenere con me a ricordarmi che qualcosa di bello, di reale, ci abbia
uniti, a prova che un tempo lui sia appartenuto a me. La annuso e sento
ancora il suo profumo: è una fragranza di cui difficilmente
mi scorderò: apparteneva a lui. Apparteneva a noi.
Ma ogni fine ha un inizio.
Sono un ragazzo come tanti. Che punta
l’irraggiungibile, desidera l’impossibile, cerca
l’invisibile e sogna l’incredibile. Ho sempre
creduto che la bellezza della vita sia quella che si può
respirare nell’attimo. Quell’impercettibile momento
in cui senti che un’energia ti scorre dentro.
Quell’incontrollabile istante che scorre
nell’infinito svolgersi della trama del tempo. Per me, tutti
noi, siamo gente normale in un mondo pazzo. Non voglio smettere di
pensare che la vita non sia il quadro dell’artista, non
l’immagine racchiusa nella cornice. Il senso che questa vuole
trasmettere. Continuerò a guardare oltre il quadro.
Continuerò ad ascoltare una melodia… E non un
insieme di note. Continuerò a credere che in questa strada
fatta di illusioni ci sia ancora spazio per chi crede che si possa
sognare. E cammino su quella strada… Sperando ci sia un
senso.
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Ciao a tutti, ragazzi e
ragazze di EFP. Questo è il mio primo prologo che scrivo e
pubblico in assoluto su un sito simile. Non nascondo la mia paura nel
pubblicare una storia che, forse, molti di voi considereranno
''controversa''. Ma questo sono io ,un ragazzo che, come spero capirete
da ciò che leggerete, si lascia trasportare dalle sue paure
e dalle sue insicurezze; un ragazzo timido, introverso ma al contempo
solare come lo stesso protagonista. Spero che, in un modo o nell'altro,
avrete la pazienza di leggere ciò che scrivo così
da conoscere sempre meglio non solo i personaggi, ma anche una parte di
me che solo tramite la scrittura riesce a fare capolino attraverso
quello spiraglio di luce che raramente si presenta nel mio piccolo
mondo, fin troppo a lungo rimasto nell'ombra che spero, alla fine di
questa esperienza, riesca a fuoriscire del tutto. Vi ringrazio
anticipatamente per il vostro appoggio.
Un abbraccio, G.