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Autore: Pandora86    21/01/2014    6 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
 
Capitolo 22.
 

“Un po’ d’acqua sarebbe gradita” esclamò Mito spezzando il silenzio che si era venuto a creare dopo la sua entrata teatrale.

Rukawa gli lanciò una bottiglia che l’altro afferrò al volo.

Sendoh sorrise, non aspettandosi riflessi meno pronti.

Dopo essere entrato dalla finestra, Mito si era avvicinato alla porta tendendo l’orecchio.

Rukawa e Sendoh erano rimasti in silenzio, aspettando di poter parlare liberamente.

“Tutto ok” aveva affermato Mito allontanandosi dalla porta.

“Gli allenatori dormono al secondo piano, una stanza è proprio sotto la tua” si era spiegato poi.

“Aveva appena spento la luce quando mi sono arrampicato, ma sempre meglio controllare”aveva aggiunto con un sorriso furbo.

“Ci conviene comunque non fare troppa baldoria” si era, infine, raccomandato con altri due che avevano annuito con il capo.
 

Sendoh lo osservò bere direttamente dalla bottiglia, rimanendo affascinato dal suo pomo d’Adamo.

Mito era quanto di più virile avesse mai visto.

Scosse il capo, provando ad allontanare quei pensieri poco adatti al momento.

“Fortuna che Rukawa ha una stanza con un albero di fronte!” esclamò, più per distrarsi che per altro.

Mito lo guardò scettico, allontanando le labbra dalla bottiglia.

“Guarda che l’albero è stato l’ultima ipotesi!” lo corresse bonario.

“Eh?!” lo guardò perplesso l’altro.

“Idiota!” diede il suo contributo Rukawa.

Sendoh lo guardò storto.

Mito ridacchiò.

“Ci sono sempre le grondaie” si spiegò e Rukawa annuì con il capo.

“Suppongo sia inutile dirti di lasciare la finestra aperta, in futuro. Posso sempre aprirla dall’esterno” gli fece l’occhiolino e il numero undici incurvò le labbra in un sogghigno.

“Teppista!” esclamò poi rivolto a Sendoh, mimando le virgolette con le dita.

Il numero sette scosse la testa divertito.

“Allora” continuò Mito sedendosi a terra a gambe incrociate.

“Immagino tu voglia sapere come sta Hana dopo la vostra visita notturna” domandò rivolto a Rukawa che annuì con il capo.

“Visto lo scherzetto che mi avete combinato, dovrei lasciarti cuocere nel tuo brodo.
Tuttavia, sono di buon umore stasera” e ghignò.

“Non ti nasconderò nulla, però” aggiunse ritornando serio e Rukawa annuì nuovamente con il capo.

“L’incidente in partita non è stato uno scherzo e se i medici hanno ordinato riposo totale” e marcò la parola, “un motivo ci sarà”.

“Comunque” continuò alleggerendo il tono, “Hanamichi si era già alzato dal letto senza permesso e la visita di questa notte è solo costata qualche antidolorifico in più” spiegò
Mito, chiaro come sempre.

Rukawa non provò neanche a nascondere il sospiro di sollievo che uscì dalle sue labbra, non rinunciando a un’ennesima occhiataccia rivolta a Sendoh.

“Se sono qui” continuò Mito deciso, “è più che altro per assicurarmi” e calcò bene sulla parola scandendola lentamente, “che non ci saranno più sorprese” concluse rivolto ai due.

“Più si fanno eccezioni, più la riabilitazione si allontana” continuò a spiegare.

“Ed io potrei decidere di arrabbiarmi sul serio” terminò definitivamente.

“Nh!” annuì Rukawa.

“Non preoccuparti!” parlò Sendoh.

“Quello che volevamo sapere-”

Uno sbuffo contrariato del numero undici lo interruppe.

“Quello che volevo sapere” si corresse, “l’ho saputo!”.

“Bene!” rispose Yohei indisponente.

“Allora io vado!” disse alzandosi.

“Per Hanamichi, ti tengo informato” concluse rivolto a Rukawa che annuì con il capo.

“Aspetta!” si alzò a sua volta il numero sette.

“Adesso è venuto il mio turno!”.

Yohei sbuffò.

“Sei peggio di una zecca!” lo riprese, a metà tra lo scocciato e il divertito.

“È uno dei miei pregi” rispose Sendoh allegro.

“Io voglio dormire!” intervenne Rukawa, guardando storto il numero sette.

Sendoh lo fulminò con lo sguardo.

“E allora dormi” rispose con tono ironico.

Era evidente che stesse cercando di mandarlo via.

Ma Sendoh non si sarebbe fatto mettere da parte.

“Se non te ne vai, impossibile!” arrivò dritto al punto il numero undici.

“Non ho intenzione di andarmene!” si avvicinò il numero sette.

“Posso sempre prenderti a calci!” lo fronteggiò Rukawa.

“Va bene!” intervenne Mito frapponendosi tra i due.

“Per quanto sarebbe divertente vedere che vi azzuffate, rischiate di farmi scoprire!” esclamò con tono divertito.

“Aspettami nella tua stanza” disse poi serio, rivolto a Sendoh.

“Sì, lo so in che stanza sei” continuò, anticipando la domanda.

“Come sapevo in che stanza si trovava Rukawa!” gli appuntò con un sorriso sghembo.

“Come faccio a fidarmi?” lo guardò attentamente il numero sette.

Yohei sbuffò.

“Va bene! Per stavolta ti credo!” disse ancora il giocatore.

“Se lo fai andare via”continuò rivolto a Rukawa, “mi trasferisco in pianta stabile nella tua stanza” lo minacciò, avvicinandosi alla porta.

“Tzè! Imbecille” lo salutò calorosamente Rukawa.

Un ultimo sguardo rivolto a Yohei e Sendoh uscì.

Mito aspettò che fosse andato via prima di parlare.

“Suppongo tu debba dirmi qualcosa, visto la fretta che avevi nel cacciare Sendoh”.

Rukawa annuì con la testa.

“Che intenzioni hai?” domandò, chiaro come sempre.

“Eh?!”.

Yohei lo guardò interrogativo.

Rukawa lo fulminò con lo sguardo.

“Da quando sei diventato il mio confidente?” lo sfotté ironico.

“Anch’io ho fatto una promessa” disse lentamente, sapendo che l’altro avrebbe capito.

“E intendo mantenerla!” concluse, rimarcando il concetto.

Yohei sbuffò, sentendosi a disagio.

“Hana è troppo protettivo!” disse invece, sperando di sviare l’argomento.

“È preoccupato, perché rinchiuso lì dentro” lo corresse Rukawa.

“Credi che me la sia cercata una situazione del genere?” gli domandò allora Mito.

“Speravo solo che mi lasciasse in pace, quando gli ho detto quelle cose!” sussurrò, più rivolto a se stesso che all’altro.

“Ma hai ottenuto l’effetto contrario!” gli fece notare il numero undici.

“Non l’avevo previsto”gli rispose a tono Yohei con sguardo indisponente.

“Ovvio!” rispose Rukawa con tono saccente.

“Ma adesso” riportò la questione all’argomento principale, “che intenzioni hai?”.

“Che cosa vi ha detto esattamente Hanamichi?” domandò invece Mito sviando, ancora una volta, la domanda.

Ma Rukawa non ci cascò.

“Se non te lo ha detto il do’hao, non vedo perché dovrei dirtelo io” lo guardò storto, infastidito da come l’altro cercasse continuamente di cambiare argomento.

Mito lo guardò, sinceramente sorpreso.

“Come fai a sapere che Hana non mi ha detto niente?” domandò curioso.

“Tzè! Altrimenti non lo avresti domandato a me!” gli fece notare l’altro con tono ovvio.

“Sto perdendo colpi” valutò Mito massaggiandosi gli occhi e sedendosi nuovamente a terra.

“O forse continui a pensare a tutti come una massa di idioti” lo riprese Rukawa con tono duro.

Aveva fatto una promessa e, visto che erano in argomento, tanto valeva dire quello che pensava.

Senza mezzi termini, come sempre.

Yohei notò il tono e s’indispose.

“Se ti avessi considerato un idiota” e marcò sulla parola, “non ci staresti insieme” scandì lentamente.

“Quello non riguardava te” lo fronteggiò Rukawa.

“I fatti non erano tuoi” aggiunse, indurendo ancora di più il tono.

“E invece sì” lo corresse Yohei.

“Hanamichi è più di un fratello, per me!” sibilò velenoso.

“Non erano in gioco i tuoi sentimenti” parlò allora chiaro Rukawa, visto come l’altro cercasse di sviare.

“Cosa intendi fare adesso?” domandò, per la terza volta in pochi minuti.

“Come se lo sapessi!” sospirò stanco Yohei.

“E allora?” chiese spiccio Rukawa.

Yohei lo guardò, sentendo il suo fastidio crescere.

“Non si può programmare tutto!” continuò il numero undici con un tono così ovvio che fece indisporre Yohei ancora di più.

“Sì, infatti” gli diede ironicamente ragione.

“Adesso vado da Sendoh e vedo cosa ne viene fuori!” continuò sarcastico.

“Esattamente!” rispose Rukawa, avvicinandosi al letto.

“Si chiama vivere” gli spiegò pratico, prima di chiudere gli occhi.

Per i suoi standard, infatti, aveva parlato anche troppo.

Anche se sapeva che per Mito, e quindi per il do’hao, ne era valsa la pena.
 
***
 
Sendoh sentì bussare piano la porta e fu veloce ad aprirla.

Mito aveva mantenuto la parola.

Lo vide entrare alla svelta e fu veloce a richiudere la porta alle sue spalle.

“Allora?” gli domandò Yohei con tono neutro.

“Allora niente!” rispose Sendoh con tranquillità andandosi a sedere sul letto.

Yohei lo squadrò perplesso.

“Non sei tu che volevi vedermi?” gli fece notare con ovvietà.

“Sì” acconsentì il giocatore.

“Ma io ho parlato anche troppo. Pensavo che anche tu avessi qualcosa da dirmi” gli fece notare tranquillo.

“Non mi hai chiesto niente della visita a Sakuragi” aggiunse poi, ritornando serio.

“Non pensi che Hana mi abbia raccontato tutto quello che volevo sapere?” bleffò l’altro.

Ancora un po’, e quei tre lo avrebbero spedito dritto filato al primo manicomio.

Di certo, una crisi di nervi era assicurata.

Il fatto che poi nessuno, prima Hanamichi e poi Rukawa, gli dicesse nulla di quello che era avvenuto la notte precedente lo stava facendo letteralmente impazzire.

L’unica possibilità, a quel punto, era Sendoh.

Ma Yohei non si sarebbe di certo abbassato a chiedere, palesando così di essere all’oscuro di tutto.

“E tu non vuoi sapere cosa penso io a riguardo?”.

La voce del giocatore lo riscosse dai suoi pensieri.

Riguardo a cosa? Si ritrovò a domandarsi Yohei.

Lui, una mezza idea di quello che si erano detti, l’aveva.

Il problema era, per l’appunto, che si trattava di un’idea.

Non aveva dati certi e continuare a trattare il numero sette come un nemico non lo avrebbe di certo aiutato.

Lo aveva allontanato in modo sgarbato, e Sendoh lo invitava a uscire.

Lo aveva liquidato con delle frasi da psicopatico, e Sendoh correva da Hanamichi.

A quel punto, anche lo stratega più scadente avrebbe capito che continuando in quel
modo avrebbe ottenuto l’esatto contrario di quello che si voleva.

Cosa poi volesse in realtà, Yohei, ancora non lo sapeva.

Troppi erano i cambiamenti, e troppo poco il tempo per rifletterci su.

Si chiama vivere!

Le parole di Rukawa gli tornarono alla mente.

Secondo l’opinione di tutti, infatti, Yohei avrebbe dovuto buttarsi e vedere cosa sarebbe successo.

Beh, forse lanciarsi a occhi chiusi in quella storia non l’avrebbe mai fatto.

Però, essere un po’ più amichevole, e soprattutto sincero, con il giocatore, gli sembrava un buon compromesso.

“Hana non mi ha detto nulla, in realtà” ammise con tono scocciato, sedendosi a terra.
I suoi occhi guardavano tutto fuorché il giocatore.

“E neanche Rukawa” aggiunse Mito dopo qualche istante e Sendoh poté chiaramente scorgere il tono contrariato dell’altro.

Il numero sette lo guardò con tenerezza.

“Avresti potuto chiedere direttamente a me!” gli suggerì gentile e Yohei sospirò.

“Cosa ti ha detto Hana?” domandò con un tono di voce bassissimo.

Tuttavia Sendoh lo udì perfettamente.

“Meno di quello che credi!” lo rassicurò.

“Mi ha, infatti, solo dato delle informazioni, ma mai una volta mi ha raccontato dei tuoi stati d’animo!” aggiunse.

Yohei annuì, comprendendo ciò che l’altro volesse dirgli.

“Ti ha raccontato di mio padre!” disse sicuro e Sendoh annuì.

“Non guardarmi con compassione” lo riprese Yohei duro. “Lo detesto!”.

“Non ti sto guardando con compassione!” si affrettò a chiarire il giocatore.

“Dovresti aver capito che i miei sguardi significano tutt’altro!” aggiunse con un sorriso tenero.

“Bene!” volse lo sguardo Yohei cercando di nascondere il disagio provato a quelle parole.

“Perché io non ho bisogno di lui!” si affrettò a spiegargli.

“Tu non hai bisogno di nessuno!” continuò per lui Sendoh.

“Esattamente!” rispose Yohei con scherno.

“Uno dei tuoi amici mi ha detto una cosa strana!” continuò Sendoh.

“E Hanamichi non ti ha illuminato in proposito?” gli domandò ironicamente Yohei.

“No!” rispose Sendoh, ignorando volutamente il sarcasmo.

“Questa è una cosa che voglio sapere da te!” gli spiegò e Yohei lo invitò, con il capo, a continuare.

“Hanno detto di averti visto con uno strano sguardo, quando sei rientrato dall’appuntamento con me!” incominciò il giocatore.

“Non era un appuntamento!” lo corresse Yohei e Sendoh ridacchiò.

“Hanno anche aggiunto che solo altre due volte ti hanno visto con quell’espressione!” disse ancora Sendoh.

Yohei lo guardò sinceramente perplesso.

“Tipo?” domandò e Sendoh lesse la sincerità in quella domanda.

Provò quindi a spiegarsi meglio.

“Hanno detto che, entrambe le volte, solo Sakuragi è potuto starti accanto!” concluse non avendo più elementi per spiegargli ciò che intendeva.

Yohei si prese un istante per riflettere.

“Credo…” incominciò lentamente.

“Forse ho capito a cosa si riferivano” sussurrò, rivolto più a se stesso che all’altro.

Sendoh capì che era andato, con la mente, a ricordi lontani.

Ricordi dolorosi.

E, ancora una volta, rimase ammirato dallo sguardo di Mito.

Il dolore, adesso che Yohei aveva deciso di abbassare la maschera, era evidente.

Tuttavia, Sendoh non avrebbe catalogato quel dolore come disperazione.

Yohei, nonostante soffrisse a chissà quali ricordi, sembrava essersene fatto una ragione.

Sembrava un dolore di chi si aspetta esattamente che le cose vadano in quel determinato modo.

Era composto lo sguardo di Mito.

Solo una velata traccia di malinconia.

Nient’altro, infatti, trapelava.

E Sendoh ne fu ammirato perché stavolta Yohei non si era circondato da una maschera di freddezza ma, al contrario, lasciava intendere quello che provava.

Il giocatore considerò che per Mito le lacrime dovessero essere utopia.

Era abituato a gestire il dolore, non perdendo il suo sangue freddo.

Era abituato a darsi un contegno, sempre e comunque.

Fu per questo che si alzò, andando a sedersi vicino all’altro.

Yohei lo guardò, ma non disse nulla a riguardo.

“Suppongo tu voglia sapere quali sono i due avvenimenti” disse, massaggiandosi gli occhi con il pollice e l’indice.

“Solo se ti va” lo rassicurò Sendoh.

Yohei lo guardò ridacchiando.

“Certo, così andrai di nuovo da Hana” ridacchiò ancora.

“No!” si unì alla risata Sendoh.

“Ora che sono al ritiro sarebbe un po’ più difficile!” disse allegro, come se quello fosse l’unico motivo che potesse impedire un’eventuale visita al numero dieci.

“Ah, ecco!” scherzò di rimando Yohei.

“Sakuragi ha fatto abbastanza. Ed io avevo bisogno di sapere contro cosa combattevo!” aggiunse Sendoh, ritornando serio.

Mito annuì di rimando, comprendendo perfettamente il significato delle parole dell’altro.

“Sono state…” incominciò lentamente.
Sendoh si fece attento.

“Sono state le volte in cui ho visto mio padre” spiegò Mito con un sussurro.

Il numero sette, nonostante avesse la conferma delle sue ipotesi, non lasciò trapelare nulla dalla sua espressione.

Sendoh sapeva, infatti, che se Yohei avesse scorto anche un minimo accenno di tristezza nei suoi occhi, avrebbe interrotto immediatamente quella confidenza, catalogando il tutto come compassione.

E Mito detestava essere compatito.

Perché doveva dimostrare a se stesso di non aver bisogno di nessuno, come gli aveva confermato pochi minuti prima.

Continuò ad ascoltare ciò che l’altro aveva da dirgli, invitandolo a continuare con un cenno del capo.

“Una volta, la prima, è stata per caso” continuò a parlare Mito, massaggiandosi gli occhi.

“La seconda, invece, mi accompagnò Hanamichi”.

A quelle parole, il giocatore agì d’istinto.

Sendoh gli afferrò la mano, intrecciando le dita alle sue.

Mito lo guardò ma qualcosa nello sguardo dell’altro fermò la protesta sul nascere.

Negli occhi di Sendoh non vedeva la pietà che tanto detestava.

Solo uno sguardo serio e attento. Solo uno sguardo pronto ad ascoltarlo e riconoscente per quelle confidenze condivise.

Fu questo che lo spinse a parlare ancora.

“Mia madre non né sa nulla!” spiegò Yohei, perdendosi a osservare le lunghe dita del giocatore intrecciate alle sue.

“In entrambi i casi, ha fatto finta di non conoscermi” concluse chiudendo la mano a pugno e poggiandovi sopra la guancia.

“Perché la seconda volta sei andato da lui volontariamente?” domandò Sendoh a voce bassa.

“Per dimostrare a me stesso che la sua indifferenza non mi toccava!” rispose immediatamente Yohei.

“E ha funzionato?” chiese ancora il giocatore.

Yohei lo guardò supponente.

“Ovviamente…” e si bloccò.

Gli occhi attenti dell’altro gli fecero morire le parole in gola.

Ovviamente sì, avrebbe voluto rispondere.

Ma, di fronte a quello sguardo, non riuscì a mentire.

“Più o meno” scelse una mezza verità.

“Perché ti ostini così tanto con me?” domandò allora Yohei.

Sendoh, che si aspettava quella domanda, fu veloce nella risposta.

“Perché sei tutto quello che cerco!”.

“E poi, stavolta, tocca a me dirti qualcosa!” aggiunse con un sorriso rassicurante.

Yohei alzò un sopracciglio con aria incuriosita.

“La Torre Nera!” disse Sendoh.

Lo sguardo di Mito si fece attento.

“L’autore di quel disegno mi aveva incuriosito ancora prima di conoscerti” gli rivelò.
Mito lo guardò perplesso.

“E quando sei andato via, l’altra sera, mi hai ricordato le sensazioni che provai nel vedere quel disegno anni fa, sulla copertina della rivista” gli sorrise gentile.

“E questo, cosa dovrebbe significare?” domandò Mito che non riusciva a cogliere il collegamento.

“Non lo so!” ammise Sendoh ridacchiando.

“Ma sei tutto quello che cerco!” ripeté, ritornando serio.

Afferrò l’altra mano di Yohei portandosela alle labbra e sfiorandola con rispetto.

“Fredde!” disse in un sussurro non interrompendo neanche per un istante il contatto visivo con gli occhi di Yohei.

Occhi che lo guardavano sorpresi.

Occhi che gli diedero la conferma di quello che pensava.

Yohei non si imbarazzava al pensiero di andare a letto con qualcuno o a parlare di sesso.

Ma le manifestazioni di affetto, quelle sì che lo mettevano a disagio.

Andare a letto con qualcuno poteva essere catalogato un fatto meccanico, nella mente di Mito.

Sendoh era, infatti, sicuro che l’altro gli avrebbe risposto qualcosa del genere se glielo avesse domandato.

La tenerezza, invece, gli era sconosciuta.

E Sendoh era pronto a rimediare a questa mancanza.

Detestava essere toccato, eppure non rifiutava quei contatti, così come non aveva rifiutato la sua mano nella loro uscita.

Segno che quello che Mito provava non era tanto fastidio, quanto sbigottimento.

Il giocatore poteva leggere chiaramente la confusione sul suo sguardo.

“Sono sempre fredde” disse ancora Sendoh sul dorso della sua mano, e vide Mito deglutire.

“Mani che possono creare capolavori!” continuò ancora.

“Non faccio niente di speciale!” si difese Mito con voce incerta.

“Resta con me, stanotte” gli chiese allora Sendoh, vedendo gli occhi dell’altro tingersi di stupore a quella richiesta.

Resta con me!”.

Continua…

Note:

Dato che la storia si avvia alla fine, in questo capitolo abbiamo l’ultimo dialogo tra Mito e
Rukawa, e vediamo come si rapportano nel loro particolare legame di amicizia.

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.

Come sempre, attendo i vostri commenti.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86
  
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