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Autore: Gretomma    21/01/2014    5 recensioni
“Harold.” Lo chiamo accostandomi al suo petto.
Che bella sensazione.
Sospiro.
“Dimmi dolcezza.”
Ahhh...
“Ti voglio bene.”
Okay, non so da dove mi sia uscita.
Non glielo avevo mai detto.
Ma è vero.
Si ferma e mi abbraccia.
Mi stringe forte, in mezzo al marciapiede.
“Ti porto in un posto.” Mi sussurra all’orecchio.
Si stacca dall’abbraccio e mi afferra una mano, cominciando a correre.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PICCOLA PREMESSA: Questa fan fiction probabilmente alcuni di voi hià l'avevano iniziata a leggere, perchè la sto pubblicando per la seconda volta.
Ebbene sì, perchè una tizia me l'aveva segnalata all'amministrazione per un motivo inesistente -.- e mi è toccato cancellarla.
Bene, tizia, io non mollo, sappilo.
E ti conviene guardare sotto il letto prima di andare a dormire e.e
Ho dovuto anche cambiare il titolo, sebbene così sia abbastanza antiestetico, ma vabé.
Eh, niente.
Sper vi piaccia/ripiaccia(?)

Cats__




PERCHE' LA VALIGIA SI PORTA 

E LA PORTA NON SI VALIGIA?






“Oh, mamma, andiamo! Ti sto praticamente supplicando in ginocchio!” esclamo.
Ed è vero, sono veramente in ginocchio davanti a lei, che invece se ne sta seduta sul divano a leggere una rivista, incurante delle mie suppliche.
Scuote la testa, probabilmente anche seccata che gli stia ‘rovinando’ la sua interessantissima lettura.
“Perché?!” sbotto alzandomi in piedi ed allargando le braccia, scocciata.
“Londra è troppo lontana, e non posso mandarti lì per un tuo capriccio.” Risponde sicura.
“Mamma, non è un semplice capriccio. Ti rendi conto che mi hai detto solo ora che tu ed Anne –madre di un quinto dei miei idoli- siete grandissime amiche?! Solo ora! In diciannove anni di vita che ho! Assurdo.” Concludo buttandomi sul divano accanto a lei.
“E tu ti rendi conto che mi stai chiedendo di andare via dall’Italia, per andare a Londra, a vivere da lei?” controbatte, tranquillamente.
“Ma mi ha invitata!” insisto, cederà.
Deve cedere.
“Per essere gentile!”
“E mi ha detto di non fare complimenti, se voglio andare ci vado!”
“Vedo che non ti fai di questi problemi.”
“Esatto! Mi serve solo il tuo consenso... anzi, ora che ci penso...” mi illumino “Sono maggiorenne! Posso fare le mie scelte da sola!” alzo le braccia, vittoriosa, ed improvviso un balletto.
“Certo, ma io non ti darò i soldi.” Smonta tutta la mia felicità, voltando una pagina di ‘Vogue’
 
“Greta, renditi conto che è la seconda volta in un giorno solo che sto supplicando una persona. Almeno tu, assecondami.” Scongiuro la mia migliore amica al telefono –in vivavoce- mentre mi lacco le unghie di uno smalto rosa.
Quel dannatissimo smalto.
Era di un colore perfetto, uno di quelli che preferivo, ma ci avevo messo tipo due anni a trovarlo.
Una volta avvistato in una profumeria, ne avevo fatto razzia, e credo che ora ne abbia una quantità sufficiente per questa vita e la prossima.
“Giulia, non so se ti rendi conto che mi stai chiedendo di accompagnarti a Londra contro la volontà di tua madre.” Dice con la voce sporca di sonno, alle cinque di pomeriggio.
Bah.
“E che problema c’è?! Davvero, non ti capisco. Sei sempre stata tu quella che si buttava, quella avventuriera. E daiiii!”
“Cazzo, Giù, non urlare...” borbotta.
“Greta... Grè? Oh, andiamo ti sei addormentata?” non risponde e chiudo la chiamata.
Fanculo.
Avete presente quando si dice che i migliori amici ti stanno vicini nel momento del bisogno?
A quanto pare non è vero!
 
“Ehi, Giulia, ciao.”
“Ciao, c’è... uhm. C’è Greta?” chiedo alla madre che mi era venuta ad aprire la porta di casa sua.
“Oh, sì sì. Sta dormendo, ma se tu la svegliassi, mi faresti un favore.”
Don’t worry babe.
“No problemo. Detto fatto.” Dico, correndo su per le scale e spalancando la porta della sua camera.
“BUONGIOOOORNO!” e mi butto sul letto.
“Mh... chi è?” borbotta rigirandosi dall’altra parte. Ma non si accorge che si rigira troppo, finché non cade dal letto.
Intanto io rido come una sguainata.
“Oh, vaffanculo.” Borbotta massaggiandosi la testa.
“Ti sta bene.” Affermo mettendomi sul suo letto a gambe incrociate.
“Fammi indovinare.” Si siede sul letto anche lei “Sei qui per convincermi a venire con te a Londra.”
“Esatto!” salto su euforica “Dai, incontreremo gli One Direction!”
“Ma se hai detto che tua madre non ti manda!”
“E chissene! Uso i miei risparmi, siamo maggiorenni, dai Grety.” Provo con gli occhi dolci. Si passa una mano nei capelli marroni e lisci.
“Primo: non mi chiamare Grety. Sai che non mi piace.” Si lo so perfettamente, ecco il perché invece lo faccio. “Secondo: quando dovremmo partire?” sospira.
“Domani!” alzo le mani al cielo, mentre lei mi guarda come se avessi detto che non vedo l’ora che finisca il mondo.
“Domani?! Ma sei matta?” annuisco e lei si butta sul letto, esasperata.
“Dai, dobbiamo cominciare a cercare un lavoro. E tanto vale iniziare su!”
“Su questo hai ragione... ma sei sicura che Anne ospita anche me?”
“No.” Le sorrido.
“E allora che cazzo stai cercando di convincermi a fare?!”
“Dai ma qualcuno che ti ospita lo troviamo!”
“Certo, mi sembra logico, vado in giro per le case a suonare tutti i campanelli come i Testimoni di Geova e a chiedere ospitalità.”
“Dai, ti prego. Non vuoi davvero vedere il tuo Louis?”
“Giù, Louis, anche se dovessi per qualche assurdo motivo incontrarlo e conoscerlo, sta con Eleanor.”
“Pff! Dettagli.” Ruota gli occhi al cielo “Allora, andiamo?”
 
“Non posso credere che alla fine tu mi abbia davvero convinto...” borbotta Greta, mentre saliamo sull’aereo.
Sua madre, al contrario della mia, aveva subito pensato che fosse un’ottima idea.
Non so se per ottima idea si riferisse al fatto che la figlia sarebbe andata in Inghilterra, o al fatto che si sarebbe tolta una persona in più da casa sua.
Bah.
In ogni modo ce l’avevo fatta, e non potevo davvero credere che sarei andata a vivere a casa di un mio idolo.
Gesù, a pensarci sembra impossibile.
“Oddio...” Greta comincia a respirare profondamente mentre stiamo decollando.
“Che hai?” domando.
“Non mi piacciono moltissimo gli aerei...” afferma guardando giù dal finestrino.
“Nah, non pensarci e rilassati.” È l’ultima cosa che dico prima di infilarmi le cuffiette. E ascoltare il loro ultimo album. Un capolavoro, come tutti gli altri, del resto.
Mi addormento, ma mi sveglio poco dopo grazie all’urlo della deficiente che ho come amica.
“Che cazzo hai?” domando seccata.
“Stiamo precipitando. Giulia, stiamo per morire.” Mi si appiccica addosso, sotto lo sguardo stralunato di tutti i passeggeri. “Sappi che ti ho sempre voluto tanto bene. E che quando dicevo che non ti sopportavo e che non ti volevo più parlare non era vero. Cioè, in quel momento ero davvero arrabbiata, magari, ma non così tanto. Capisci?” conclude il suo monologo guardandomi impaurita.
“Io ho solo capito che sei una cretina! Stiamo solo atterrando.”
“Dici?”
“Dico!”
“Ah... avevo temuto il peggio.” Si rilassa appena. “Giù?” mi chiama poco dopo.
“Eh?”
“Chupa!” sbuffo, cercando di non notare mentre si piscia sotto dalle risate.
“Giulia...” ritenta mentre stiamo per atterrare.
“Che vuoi?”
“Perché la valigia si porta e la porta non si valigia?”

Dio, qualunque cosa io abbia fatto, mi sento in colpa. Davvero, ma chiudile quel cesso, per favore.
  
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