Madison Square Garden
Tariq guarda il soffitto e muove piano le dita, come se fossero le bacchette della batteria, suonando un ritmo immaginario, che è solo nella sua testa, quasi ricordando quando era un promettente batterista e non un comune galeotto, con dei furtarelli alle spalle e della violenza ingiustificata su una donna. Il suo compagno di cella, Alessandro, un ricco imprenditore che sta in cella per frode, si mordicchia le unghie, e guarda Tariq che ad occhi chiusi continua a muovere le dita, sempre più veloce, sempre più frenetico, come se stesse suonando al Madison Square Garden. Non ci sono più le mura, c’è solo la sua batteria, una chitarra che suona nella sua mente ed una voce roca che canta parola quasi senza senso, c’è anche gente che urla forte, chiama il suo nome, e lui ride, mentre suona, sempre più contento, sempre più soddisfatto del suo lavoro. Poi la musica si spegne, ed anche le urla, Tariq apre gli occhi e l’unica cosa che vede è una ragnatela sull’angolo del muro della cella.