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Autore: Charly_92    21/01/2014    0 recensioni
Perchè le cose cambiano, che ci piaccia o no.
L'amicizia è come un filo. E può lasciarci legati per sempre o spezzarsi.
Questo succede a Rebecca e Sara.
Amiche da sempre, ma diverse come due facce della stessa medaglia.
Come il sole e la luna.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 SoleLuna
 

Rebecca e Sara si conoscevano fin dai tempi dell’asilo, nate a distanza di appena cinque mesi l’una dall’altra. Rebecca a fine luglio, prematura, e Sara a fine dicembre, perfettamente a termine.
Erano profondamente diverse: Rebecca dalla carnagione olivastra, gli occhi di un caldo color nocciola, i capelli neri e ricci che non se ne stavano mai al loro posto.
Sara invece aveva la pelle chiarissima, di quelle che si bruciano subito sotto al sole anche con il più alto dei fattori di protezione, i capelli fini, biondi e lunghissimi, due bellissimi occhi verdi. Silenziosa e riservata la prima, più petulante e rumorosa la seconda.
Perfino nello scrivere erano differenti: mentre Rebecca scriveva con la destra, Sara era l’unica della classe ad essere mancina. Ma a parte queste particolarità, erano migliori amiche.
Avevano passato insieme le elementari e le medie, sempre nella stessa classe.
Era normale trascorrere i pomeriggi l’una a casa dell’altra a giocare insieme una volta finiti i compiti, a raccontarsi chissà quali segreti, a firmarsi sui diari con nomi in codice, a rivelarsi reciprocamente le prime piccole cotte che duravano pochi giorni e poi più.
I giorni d’estate erano i loro preferiti: le intere settimane passate in trasferta a casa di Sara, in mezzo alla campagna, tra i cani e i gatti, i suoi genitori che portavano a casa il latte fresco delle mucche della loro stalla, i giochi con le sorelle maggiori, i film che da sole non avrebbero potuto vedere.
E poi i pomeriggi in piscina, le gite di un paio di giorni fuori paese, l’albergo della nonna di Rebecca, le notti passate nel divano letto a ridere e scherzare cercando di non prendere sonno.
Non che le due andassero sempre d’amore e d’accordo: Sara era piuttosto permalosa e questo la rendeva oggetto di prese in giro a scuola, soprattutto da parte dei ragazzi.
A tratti diventava persino egocentrica ed egoista, capace di grandissime arrabbiature e una campionessa nel tenere musi lunghi.
Rebecca era più calma ed equilibrata con tutti e riusciva sempre a farla ragionare in qualche modo: le loro litigate non duravano più di qualche ora.
Ma allo stesso tempo vi erano momenti in cui Rebecca si rinchiudeva, silenziosa, pensando a chissà cosa, con una strana malinconia addosso che su di lei pareva già troppo adulta.
Poi si riaccendeva, come se nulla fosse successo, ma Sara non era mai stata in grado di comprendere quei suoi momenti di estraniamento.
Un’altra cosa che le due ragazzine condividevano era il corso di danza classica. Avevano iniziato insieme a dodici anni, sicure di poter contare l’una sull’altra in quella nuova esperienza, ritrovandosi a passare bellissime ore in quel mondo fatto di chignon, di collant rosa e body neri, di morbide mezze punte e le idolatrate quanto temibili punte, di esercizi noiosissimi alla sbarra e le tanto agognate pirouettes.
Ma arrivò per entrambe il momento della scelta delle scuole superiori: Rebecca, molto portata per gli studi da sempre, in particolare nelle lingue e nello scrivere temi, scelse il liceo.
Sara, con una mente più portata per la matematica, scelse ragioneria. Era triste non essere più in classe insieme dopo tutti quegli anni, ma le due si tranquillizzarono a vicenda, visto che le due scuole appartenevano al medesimo comprensorio e avrebbero comunque avuto modo di vedersi.
All’inizio fu così: trovavano sempre un momento per salutarsi, davanti la porta prima dell’inizio delle lezioni, in cortile all’intervallo, alle lezioni di danza, scambiandosi le reciproche opinioni sui compagni, le materie, i professori.
Eppure, lentamente, il sottile filo che aveva sempre legato Rebecca e Sara fin dall’infanzia, si assottigliava sempre più. A Rebecca fu chiaro quando chiamava Sara a casa e in sottofondo sentiva sempre la voce di un’altra ragazza, Laura, compagna di scuola di quella che aveva sempre considerato la sua migliore amica. La stessa amica che ora non la ascoltava nemmeno più, troppo impegnata a ridacchiare e parlare sottovoce con la nuova arrivata, per ascoltare lei all’altro capo del filo.
Rebecca, che aveva già compreso tutto, ancora una volta più grande della sua età, non fece alcuna scenata.
Fece ciò che le riusciva meglio: silenziosamente, si allontanò sempre più dalla vita di Sara. Il loro addio fu reciproco, senza bisogno di parole, ma consapevole da parte di entrambe.
A sedici anni, quando Rebecca lasciò la scuola di danza, lasciò anche l’ultimo pretesto per sentire Sara. Ormai avevano entrambe altre amiche, altri interessi, luoghi diversi da frequentare.
Si rincontravano sporadicamente, a feste o compleanni di amici comuni, si risentivano in maniera altrettanto occasionale per cose sciocche e di poco conto: gli auguri per le varie festività, il proprio compleanno.
Poche parole, perché ormai era chiaro che non ci sarebbe stato più molto da dirsi.
Un giorno Rebecca, ormai ventunenne, studentessa universitaria, stava facendo benzina e, da lontano, la vide.
Indecisa se chiamarla o meno, scelse che il clacson facesse il lavoro al posto suo. Sara sobbalzò, voltandosi. Distolse l’attenzione dalla sigaretta che stava fumando per correrle incontro.
Si salutarono, chiedendosi l’un l’altra informazioni sulle famiglie, sugli studi.
Sara le confessò di avere abbandonato l’università e di stare per riaprire un bar nel suo paese di campagna con l’aiuto delle due sorelle maggiori.
“Apriamo oggi! Dovresti proprio venire prima o poi a fare un salto!” Le propose Sara.
“Già, è vero.” Rispose Rebecca.
Ma entrambe sapevano che probabilmente, quell’incontro, non sarebbe avvenuto mai.
E si allontanarono, Rebecca in macchina verso casa, Sara a piedi in attesa che sua sorella venisse a prenderla.


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Non che mi faccia impazzire, ma non avevo mai postato una original.
Spero che possiate darmi dei pareri su come scrivo, che è la cosa più importante.
Spero che sia gradita (mi sento di specificare che dovevo scrivere un breve componimento che avesse come tema l'abbandono. Forse così assume più senso, ma ribadisco che non sono molto soddisfatta.)

 
  
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