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Autore: Balaclava    21/01/2014    2 recensioni
"E non potevo più nascondermi. Ero nuda, in ogni senso. E non riuscivo a ricordare perché mi fossi coperta per tutto quel tempo. Cole era davanti a me. E io potevo scegliere come volevo che finisse. E scelsi la cosa che per me era la più pericolosa, più stupida e meno appropriata a Isabel Culpaper."
Per chiunque abbia voglia di riscoprire i lupi di Mercy Falls e, in particolare, Isabel e Cole ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A te che io

ti ho vista piangere nella mia mano

fragile che potevo ucciderti

stingendoti un po'

e poi ti ho visto con la forza di un aereoplano

prendere in mano la tua vita

e trascinarla in salvo

(A te, Jovanotti)

 

COLE

 

Procedevamo verso i confini della penisola stipati in due macchine: io e Sam nella macchina rossa, Grace, Rachel e Isabel in quella di Sam.

Isabel quella mattina indossava un paio di leggins finta pelle più aderenti di qualsiasi altro indumento avessi mai visto, una canottiera aderente con dei tagli orizzontali sulla schiena e dei manicotti neri. I capelli corti la facevano sembrare ancora più sexy. Non c'erano dubbi: aveva dato fuoco alle micce. Sembrava pronta a fare la cubista in un locale notturno.

Ci fermammo nel parcheggio di un edificio moderno ed entrammo dalla porta principale.

Ci affidarono ad un ragazzo che aveva si e no due anni in più di me e, come ci spiegò lui stesso, figlio del proprietario.

Era molto alto e aveva capelli biondi e ricci, che a volte scostava dalla fronte con un gesto di studiata noncuranza. Gli occhi azzurri ci scrutavano da sopra il naso picco e dritto. Guardai Isabel, che sembrò gradire quella vista. Guardai lui, e mi sembrò che la cosa fosse reciproca.

 

ISABEL

 

Dopotutto non mi era andata così male. Avevo pensato di dover flirtare con un signore di mezza età senza capelli. Il ragazzo non era niente male.

Ci scortò attraverso ampie sale che descrisse a Grace nei minimi dettagli, spiegando dove avrebbe potuto sistemare i fiori e le decorazioni.

Io mi limitavo a guardarlo e a volte lui ricambiava. Una volta gli feci l'occhiolino e lui si affrettò a distogliere lo sguardo.

Le sale si susseguivano, e man mano, con mia crescente irritazione, immaginavo come le avrebbe arredate mia madre. Fiori secchi, soprammobili, vasi e quadri.

Infine ci recammo nel giardino. Qua e là spuntavano statue e fontane all'apparenza antiche, i cespugli erano curati e dei piccoli sentieri portavano alla fontana più grande di tutte.

Le fronde floride che si chiudevano sopra di noi davano una sensazione di intimità e riservatezza. A questo punto il ragazzo disse che ci lasciava per un po' in modo che potessimo ammirare tutto con più tranquillità.

Avvicinai un ragazzo che ciondolava lì vicino (che era venuto per sua sorella maggiore), scoccando qualche volta uno sguardo oltre la spalla per controllare che Cole mi vedesse. E lui era sempre lì a scrutarmi cupo, ostentando indifferenza.

Poi raggiunsi il giovane che ci aveva fatto da guida.

 

COLE

 

Quando finalmente pensavo che ci fossimo liberati di quello stoccafisso, Isabel lo fermò e iniziò a parlarci amabilmente. La vidi chinarsi appena per sussurrargli qualcosa all'orecchio e lui ebbe modo di sbirciare la sua scollatura. Quando lei si scostò, si affrettò a distogliere lo sguardo. Povero scemo, non ci sapeva proprio fare.

Malgrado tutto, cominciavo ad averne abbastanza. Mi dava troppo fastidio vedere Isabel che gli posava una mano sul petto o lui che accidentalmente le sfiorava i capelli.

Poi, Isabel fece cadere di proposito qualcosa dalla minuscola borsetta e si chinò a raccoglierla.

Dalla mia posizione, vidi esattamente ciò che vide lui: la canottiera le scivolò in alto, rivelando la sua schiena candida e le due piccole fossette appena sopra il piccolo lembo di pizzo nero della biancheria che spuntava dai leggins. Poi allungò il braccio per raccogliere la cosa che le era caduta e la spallina della canottiera le scivolò dalla spalla. Quando si alzò, la spallina si abbassò ulteriormente, rivelando un po' più del dovuto.

Il ragazzo era paonazzo e dopo aver balbettato qualcosa che riguardava un impegno urgente, se ne andò. Ne avevo davvero abbastanza, così uscii dagli alberi deciso a parlarle, ma lei mi precedette.

-Piaciuto lo spettacolo, Cole?- disse, voltandosi.

-Non proprio- dissi, brusco.-Ma se vuoi fare la puttanella non è un problema mio.- aggiunsi, oltrepassandola e puntando a Rachel.

 

ISABEL

Cercai di rimanere calma. Quando mi voltai non c'era traccia né di Rachel né di Cole.

Maledetto, Dio santo, quanto lo odiavo.

Mi sedetti su una delle panchine e aspettai che Grace e Sam ne avessero abbastanza, dopodichè mi infilai in macchina e tornammo alla penisola.

 

Nei giorni a seguire, l'unica cosa che ricevevo da Cole erano sguardi truci. Non iniziava mai una conversazione con me, ed era piuttosto frustrante, visto che rimanevamo soli molte volte. D'altronde, non intendevo cedere.

Al momento, assistevo Grace, che cercava di camminare dignitosamente su un tacco dieci, in vista del matrimonio.

-Ma perchè non ti metti un paio di ballerine se queste non le sopporti?- le chiesi. Non capivo davvero la sua fissazione.

-Perchè Sam si aspetta esattamente questo: un paio di ballerine. Non voglio... essere così prevedibile.- disse, incerta.

Si rialzò e ricominciò a camminare, rigida come un baccalà. Per l'ennesima volta, inciampò e cadde di lato sul letto, poco distante da dov'ero seduta io. Aspettai che si rialzasse e ricominciasse a camminare su e giù per la stanza, ma non lo fece. Dopo un po' mi accorsi che singhiozzava. In imbarazzo, non fiatai né feci altro per qualche minuto ma poi non potei più ignorare il suo pianto: le spalle erano scosse e aveva il viso affondato nelle mani.

Non sapevo proprio cosa fare, ero spiazzata. Non mi sarei mai aspettata di vedere Grace scoppiare in lacrime per un paio di scarpe.

Mi chinai, esitando, su di lei. Le scostai i capelli dal viso e le chiesi cosa la turbasse.

-Troppo... presto.. sono... i miei...- cercava di parlare tra le lacrime, ma il pianto era diventato talmente violento da lasciar trapelare solo qualche parola sparsa.

Ero basita.

Le feci appoggiare il capo contro la mia spalla. Fu una delle poche situazioni che mi mise veramente in difficoltà, fino ad allora. Aspettai che si calmasse un po', e ci vollero parecchi minuti.

Alla fine disse esattamente così:-Non sono pronta.-

E lo disse con tutta la risolutezza di questo mondo, come se non fosse affatto un problema, ma un dato di fatto. Un'informazione, fredda e sterile.

E se possibile, fui ancora più sorpresa.

-Co-cosa?-

-Non sono pronta a sposarmi. Sono da poco maggiorenne, Isabel. E i miei non lo sanno. Come farò a sposarmi senza che i miei lo vengano a sapere? Non... non ce la faccio, mi sembra una cosa troppo importante e... grande, per me.-

-Grace Brisbane, queste sono cazzate.- liquidai le sue proteste con un gesto della mano.-Mi sembri una rammollita. Ma dov'è Grace?! Tirala fuori, per favore, perchè questa versione mi da sui nervi! Tu e Sam... insomma, siete come il modello della coppia perfetta. Siete talmente innamorati da fare invidia. Siete solo così... giusti, insieme. Nessuno potrà mai dire che non vi amate. Neanche i tuoi genitori. Quindi dillo anche a loro se ci tieni. Ma smettila di fare la vittima.-

A quel punto si raddrizzò. Nei suoi occhi riuscivo a scorgere la fierezza e la determinazione tipiche di Grace.

-Isabel, ti ricordi che Sam era accusato di omicidio? E di chissà che altro?- chiese, sembrava contenere a stento la rabbia. Non parlai, ma la mia espressione doveva farlo da sola. Me ne ero completamente dimenticata, tra i lupi, la penisola, la cura... -Koenig ci ha procurato un avvocato. Io ho raccontato cose false. Ho dovuto. Ero sotto giuramento, davanti alla famiglia di Olivia. Davanti a John. E ho raccontato di essere stata con Sam dal momento della mia scomparsa. Di non averlo lasciato un attimo. Avevo giurato. I miei non erano presenti e avevo il terrore che entrassero da un momento all'altro, che scoprissero che non ero con Rachel in un altro paese. E credimi non puoi capire quale peso ti si posi sulla coscienza una volta che hai giurato cose false! È un peso che mi schiaccia. Anche se sono sicura come lo sono di amare Sam, che lui non avrebbe fatto niente ad Olivia. E per quanto io possa essere forte qualche volta cedo. Ho ceduto quando mi sono resa conto che era l'ulimo anno di Sam. Ci sono cose davanti alle quali non posso rimanere di ghiaccio. Qualche volta devo cedere. Tutto questo- la penisola, la cura, il processo, i miei genitori e adesso anche il matrimonio- è fin troppo, anche per me.-

Per un momento sembrò arrabbiata a morte, furiosa, ma poi si rialzò e si asciugò le lacrime. Si tolse i tacchi. E uscì.

 

 

 

 

Buongiorno!

Eccomi dopo un lungo periodo di assenza ;( spero vi piaccia!

Per fine serie sto raccogliendo un po' di curiosità sulla scrittura di questa storia, quindi se avete cose da chiedermi o curiosità, io sono qui :*

Alla prossima, Mostrina2

  
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